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Autore: dailyhim    05/04/2015    0 recensioni
"Non rischierai, lotterai come hai sempre fatto. Vedrai sarà talmente facile che non te ne accorgerai neanche" le sussurrò mentre lei si adagiava leggera sul letto.
Si sforzò di credere stupidamente alle sue parole anche se si sentiva ormai senza speranze. Il medico d'altronde era stato chiaro.
"ti voglio bene" gli disse mentre l'infermiera le sistemava la flebo nel braccio sinistro.
Una lacrima scese visibilmente dal viso del ragazzo che deglutì prontamente accennando un lieve sorriso.
Poi le prese la mano e l'accompagnò fino alla fine del corridoio. Percepiva la pesantezza di ogni singolo secondo e cercava di assaporare ogni singolo istante passato con lei in quei momenti, con la speranza che non fossero gli ultimi.
*Tratto dalla storia*
Claire, una ragazza di 17 anni, scopre di avere una malattia cerebrale che la costringe a passare mesi in ospedale con una madre con cui litiga di continuo e con un fratello che cerca di mantenere unita la famiglia, ma proprio in quel reparto incontra un ragazzo che la aiuterà nel suo difficoltoso percorso di crescita e forse di guarigione.
Genere: Drammatico, Fluff, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Mercoledì mattina Claire sarebbe ritornata a scuola. Si alzò che le tapparelle della sua finestra erano già state tirate su e il sole entrava liberamente illuminando l’intera stanza. La prima cosa che notò con piacere era la scomparsa del mal di testa che da ormai quasi tre settimane la accompagnava al risveglio con il solito stordimento. Fu una cosa totalmente inaspettata. Sorrise, per un attimo la sua testa aveva deciso di darle la tanto agognata tregua, quasi le sembrava che fosse ritornato tutto alla normalità, a quella consuetudine di svegliarsi ogni mattina semplicemente stanca per la scuola e non per dolori aggiuntivi e ciò le diede una spruzzata di euforia. Quasi quasi le venne voglia di preparare una crostata di lamponi, la torta preferita di sua madre, e persino di andare a trovare nonna nel pomeriggio trascinandosi Drake dietro. Se il mal di testa non fosse ricomparso più, allora non avrebbe dovuto neanche tornare dal dottore, né tanto meno andare dallo specialista. Questa sì che era una bella notizia. Avrebbe ripreso la sua vita da diciasettenne normale e non da diciasettenne impasticcata come lo era divenuta nell’ultimo periodo.
 Fantasticò beatamente per cinque minuti buoni, prima di accorgersi di essere incredibilmente ritardo, talmente assorta era nei suoi pensieri. La sveglia infatti, quella mattina, per qualche astrusa ragione decise di non suonare e così di non svegliarla. Sgusciò fuori dal letto non appena vide l’ora sull’orologio rosso accanto alla scrivania, si precipitò in bagno per darsi una veloce sciacquata e corse giù per le scale cercando di saltare più gradini possibile per fare prima. In cucina trovò un Drake intellettuale impegnato a leggere chissà cosa sul giornale spaparanzato sulla sedia con i piedi appoggiati su uno dei quattro sgabelli blu che circondavano il tavolo di legno, mentre sua madre era fuori a stendere la biancheria sugli stendini nel giardino sul retro. La donna avanzava avanti, prendeva un capo, lo appendeva e tornava indietro, e poi ancora avanti e indietro, con scatti fulminei e meccanici da far impressione.
“Ecco la bella addormentata nel bosco!” esordì Drake non appena vide la sorella lasciarsi cadere sulla sedia con un sonoro sospiro, alludendo anche al suo pietoso aspetto fisico.
“Non ho avuto il tempo di pettinarmi” si giustificò lei afferrando una fetta di pane e spalmandoci sopra energeticamente un po’ di marmellata.
La stufetta era accesa in cucina quella mattina, rendendo l’ambiente più caldo del solito, talmente caldo che Claire si dovette levare a malincuore la sua adorata vestaglia bianca da notte che ogni mattina la teneva al caldo mentre sorseggiava il cappuccino, per poi posarla su un altro sgabello dietro di lei.
“Stamattina è più nervosa del solito” iniziò Drake scrutando sua madre dalla cucina che ora si era messa a spazzare. Scaraventava foglie di qua e di là con una tale foga che pareva volesse sradicare anche l’erba e il terriccio.  
“Fantastico” commentò Claire in risposta, fingendosi non particolarmente interessata.
“Magari metterò dei tranquillanti nella sua spremuta” propose il ragazzo spostando lentamente la tenda per osservarla meglio. L’espressione facciale della donna era particolarmente simile a quella di un bambino quando gli si ruba il ciuccio, ma le rughe visibili sul suo viso tradivano un po’ quell’immagine da neonato col broncio.
Claire rise ironica.  “Tranquillanti?! Con quella ci vorrebbero come minimo dosi massicce di potenti sonniferi solo per tenerla a bada per dieci minuti”.
“Non hai tutti i torti! Si muove peggio di un robot e poi stamani non ha smesso un secondo di dare ordini. E’ come se fosse un dittatore spietato” commentò lui ridendo assieme a sua sorella, anche perché nel frattempo si era versato accidentalmente un po’ di caffè addosso, bagnando anche una pagina di giornale dove si parlava dei poteri miracolosi dell’agopuntura.
“Un giorno scriverò un libro intitolato I pregi di avere una madre come Kappler” annunciò lei finendo di mangiare un pezzo di banana.
“Allora Claire ci voglio essere anche io nella storia, chissà magari fai anche carriera come scrittrice e io divento famoso” ipotizzò Drake con lo sguardo perso.
“Certo che ci sarai! Racconterò di come alla mattina mentre la bomba ad orologeria armeggiava in giardino, tu ti sbrodolavi allegramente il caffè sulla camicia”
“Immagino che includerai anche una lunga e dettagliata descrizione del tuo look mattutino stile moglie del Grinch a partire dai capelli fino alle tue pantofole dei sette nani. Per non parlare poi del tuo modo ingegnoso di scendere le scale come se fossi uno stambecco epilettico” ribatté il ragazzo lasciandosi scappare una risata.
“Drake sono in ritardo, non mi interessa di assomigliare ad uno stambecco epilettico mentre scendo le scale solo perché ho saltato velocemente alcuni gradini.”
“La prossima volta ti faccio un video mentre lo fai e poi metto la sigla di Heide in sottofondo, vedrai quanto diventerai popolare su Youtube” propose lui valutando già probabilmente che tipo di telecamera usare.
“Ti ringrazio per le dolci parole sbrodolino, ma ora devo proprio andare. E se ti azzardi adesso a farmi un video mentre corro allegramente a scuola perché sono dannatamente in ritardo, riferirò alla nostra madre Kappler che a otto anni le rubavi tutti i gioielli per regalarli alle ragazze in cambio dei loro baci sulle guance” rispose lei al fratello mentre finiva di inghiottire l’ultimo boccone.
Una volta arrivata sull’uscio della scuola dovette fermarsi una manciata di secondi per riprendere fiato e per recuperare le forze dopo una lunga e faticosa corsa, ma a parte questo tutto risultava nella norma. Grandi masse di alunni si stavano dirigendo verso le loro classi. Alcuni sembravano semplicemente disperati, altri, messi peggio, erano sull’orlo di una crisi di nervi e sbatacchiavano in aria libri di varie materie come filosofia, storia e inglese, imprecando e mugolando. Altri ancora come lei si guardavano intorno con i propri libri in spalla cercando di individuare facce famigliare tra il gregge umano e tentando di frenare gli incontrollabili sbadigli. 
Appena entrò in classe salutò Jasper, un tipetto della sua classe leggermente schizzato, il quale quando la vide le ricambiò il saluto. Jasper era un ragazzo alquanto esile ma alto, aveva i capelli scuri e gli occhi color nocciola. La sua carnagione ricordava molto quella di Willy Wonka e per qualche strana ragione portava anche degli occhiali simili ai suoi, motivo per il quale più volte fu paragonato ad una mosca. Con lui non parlava quasi nessuno a parte Claire, Stephany e altri due ragazzi della loro classe, la maggior parte della gente lo aveva sempre evitato perché era considerato da tutti “diverso”. Claire invece aveva trovato qualcosa di speciale in lui, che nessun altro ragazzo che conosceva di quella scuola aveva, l’umiltà. Jasper era incredibilmente sensibile e generoso nei confronti di tutti anche nei confronti di coloro che non lo erano con lui, ecco perché la ragazza ci si affezionò subito. Che le importava del fatto che non fosse molto normale? Quello era un ragazzo con un cuore d’oro.
“Claretta! Come mai non sei venuta a scuola questi giorni!” esclamò piombandole accanto con una voce più alta di almeno sei ottave rispetto al normale.
“Eh...Non stavo molto bene e allora avevo deciso di stare a casa” rispose lei accertandosi di non essere diventata sorda all’improvviso, massaggiandosi l’orecchio sinistro.
“Oh sì, sì. Capisco. Hai fatto bene Claretta. Sì, sì.” Affermò allontanandosi da lei, sempre continuando ad annuire da solo, in preda ad uno dei suoi soliti atteggiamenti bizzarri, come quello di parlare e discutere con sé stesso.
La ragazza posò il suo zaino sul banco, massaggiandosi le spalle e stirandosi le braccia. Tirò fuori il diario e controllò l’orario della giornata. “Matematica, Storia, Inglese, Inglese di nuovo, e alla fine Storia dell’Arte” lesse a mente.
“Nooo, matematica alla prima ora non ci voleva! Mi riporterà sicuramente il compito della scorsa settimana, e ho fatto un macello!” rifletté a voce leggermente alta mentre prendeva una ciocca di capelli castani scuri e li fermava con una molletta nera in testa, in modo che non le sarebbero ricaduti in faccia.
“Sempre pessimista sei Claire!”
La sua migliore amica Stephany era in piedi davanti a lei ancora con lo zaino in spalla e con uno sguardo di disapprovazione stampato in faccia che si addolcì all’istante quando Claire le corse in contro per salutarla.
“Non sono pessimista!” ribatté leggermente offesa.
“Eh dai un po’ sì, non hai ancora visto il tuo compito e sei già sicura di averlo fatto male. E poi abbiamo fatto gli esercizi insieme, con me come insegnate dovresti essere riuscita a prenderla una piccola sufficienza!” esordì speranzosa Stephany.
“Altrimenti sarebbe una tua sconfitta personale vero donna?” commentò Claire.
“Sì cara, molto personale”.
Risero entrambe disponendo il materiale di matematica sul banco.
L’aula nel frattempo si era riempita di tutti i suoi compagni di classe, sia di quelli che avrebbe evitato volentieri, sia di quelli che invece ebbe piacere nel rivedere, che comunque rappresentavano la minoranza della classe. La maggior parte delle sue compagne erano tutte altamente materialiste ed egocentriche, a parte poche eccezioni come Stephany, mentre i maschi o erano schizzati come Jasper, o erano incredibilmente secchioni, così devoti allo studio che raramente uscivano a prendere una boccata d’aria. In sostanza la sua classe era tutt’altro che unita, si respirava un’aria di menefreghismo collettivo non appena si varcava la porta di quell’aula.
Quando entrò la professoressa Mrs.Guodle tutti gli alunni si alzarono dalle loro sedie e la salutarono con un sonoro “Buon giorno professoressa”, fingendosi contenti di rivederla mentre alcuni iniziarono a cospirare piani diabolici alle sue spalle. Claire una volta seduta aspettò pazientemente che la professoressa facesse l’appello mattutino e che la chiamasse per farle vedere la verifica.
Dopo dieci minuti Claire iniziò a perdere le speranze quando l’insegnante, come percossa da un fremito, balzò sulla propria sedia e si ricordò del fatto che non le aveva ancora consegnato il compito.
“Abbigail Claire.” flautò la donna facendo cenno alla ragazza di venirle incontro alla cattedra. Da un’alta pila di fogli l’insegnante ne estrasse uno, dopo essersi assicurata che fosse il compito di aritmetica dell’alunna. “Sei sulla buona strada” decretò porgendole il foglio sul quale c’erano scritte diverse equazioni, alcune delle quali contenevano segni rossi qua e là. Il sorriso della donna si fece radioso quando notò la faccia stupita di Claire alla vista dell’otto meno scritto sul retro accompagnato da una firma sghemba.
Ritornò a sedersi che ancora non ci credeva. Nella sua carriera scolastica la matematica era sempre stata la sua più acerrima nemica, e mai nella sua vita si sarebbe aspettata di prendere un voto così alto per i suoi standard.
“Bravissimaaaa!” le urlò in faccia Stephany appena vide il risultato, scompigliandole i capelli come si farebbe ad un cane.
“Te l’ho detto che ce l’avresti fatta! Dimmelo sono un genio!” disse Stephany spostandosi una ciocca di capelli con fare esperto.
“Grazie, grazie, grazie!!!!” ripeté Claire abbracciando l’amica che in parte era l’artefice del bel voto.
Stephany non era molto portata per le materie classiche come invece lo era Claire ma era un genio assoluto in quelle scientifiche. Lo era sempre stata e data la sua dote aveva partecipato anche a numerose gare provinciali e regionali di logica, ottenendo spesso ottimi risultati.  
Claire si sentiva al settimo cielo, primo perché le erano sparite le emicranie e poi perché era riuscita a salvarsi la media di matematica che negli ultimi mesi si stava dirigendo verso voti oscillanti tra quattro e cinque. Era talmente euforica che la mattinata passò in un batti baleno e presto si ritrovò sul vialetto diretta verso casa con una sorriso stampato in faccia a ridere e scherzare con Stephany. Quasi non avvertì la stanchezza dei giorni passati e non la sfiorò neanche la paura che tutto potesse tornare a come era prima, ormai quelli le sembravano lontani ricordi sbiaditi come un paio di fotografie. Ma è risaputo che, quando ci ritroviamo a guardare le nostre vecchie foto, i ricordi, anche i più dolorosi, riaffiorano inevitabilmente a galla. 
   
 
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