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Autore: Paganel    05/04/2015    1 recensioni
Zoe è una ragazza di diciotto anni, in crisi per la sua recente rottura con il suo ragazzo, John, partito per l'Europa e avendola lasciata sola, in balia di lacrime e depressione.
Justin Bieber è il secondo protagonista della nostra storia. Il classico bad boy che pensa solo a conquistare le ragazze e non limitandosi solo a quello. Lui e Zoe si odiano fin dai tempi delle elementari, ma qualcosa cambia.
Justin, per scommessa, vuole portarsi a letto Zoe - e farla innamorare - che accetta, ma dopo quella notte, le cose non saranno più le stesse.
Zoe comincia ad innamorarsi di Justin e lui lo stesso, ma dovrà trovare il modo di dirle la verità senza che lei si arrabbi, sperando che le cose rimangano le stesse.
[STORIA MOMENTANEAMENE SOSPESA]
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Heartbreaker - capitolo 24

Justin

Una settimana dopo.

Era stato un giorno difficile  e nel contempo bellissimo. Strano, vero? Come può il giorno di un funerale di tre persone essere nel contempo uno dei giorni più belli? Beh, per come la vedevo io, mentre cantavo potevo sentire mio padre e i miei fratelli cantare con me, vivere attraverso la mia musica, parlarmi. In quel momento giurai di sentirli proprio vicini a me. Mi parve di vederli sorridere tra la folla, ma poi ricontrollai e il posto che credevo occupassero era vuoto. Era stata solo una mia immaginazione, sicuramente.
Che ne sarebbe stata della mia famiglia ora che eravamo solo io e mia madre? Tutto era cambiato nel giro di... un mese(?) da quando iniziò tutto con Zoe.
Niente era più come una volta e dovevo cominciare a capacitarmi del fatto che non avrei più dovuto aspettare all'aeroporto mio padre e i miei fratelli. Se Zoe sarebbe rimasta accanto a me, ce l'avrei fatta. In caso contrario, non sapevo affatto cosa mi sarebbe successo.
Mi stesi sul mio letto continuando a riflettere. Dopo quel pomeriggio avevo capito cosa volevo fare. Volevo cantare per permettere ai miei cari di rivivere e di sentirli più vicino. Volevo sentire quella sensazione per l'eternità.
Era arrivato il momento di dire addio al Justin di una volta, e di dire ciao a quello nuovo.
Rimasi a guardare il soffitto per non so quanto tempo. Piansi, ascoltai musica, piansi. Già, il Justin nuovo piangeva molto spesso.
Mia madre entrò.
-Tesoro?- la guardai nei suoi occhi vuoti sentendo a mia volta una sensazione di vuoto dentro di me.
-Si, mamma?- mi alzai a sedere, ignorando il fatto che avessi gli occhi e le guance bagnate. Speravo che anche lei le ignorasse nonostante fosse mia madre, e questo fece. Mi asciugai il viso in fretta.
-C-c'è Ryan sotto- disse, con voce rotta. Sapevo meglio di chiunque altro che vedermi star male la faceva soffrire. Mi alzai per abbracciarla.
La strinsi forte. Non ci voleva, dannazione. Lei era così piccola e debole. Sarebbe crollata prima o poi, e io non ero sicuro di poterla sorreggere. Ma avrei fatto di tutto per lei. Me lo ripromisi in quell'istante stesso in cui le sussurrai all'orecchio parole dolci: -Mamma, non accadrà nulla finché sarò io a proteggerti. Te lo prometto.-
Questo la fece scoppiare di più a piangere, ma probabilmente non per la tristezza. Forse le avevo dato un po' di forza. Feci un piccolo sorriso.
Scesi le scale passandomi la mano tra i capelli per ravvivarmi la cresta e lo vidi lì, davanti all'ingresso. Quando si accorse della mia presenza rimase a guardarmi. Mi chiesi per quale strano motivo mi stesse fissando, e la mia vena ironica ebbe la meglio. Mi cacciai le mani nelle tasche dei pantaloni neri della tuta.
-Beh? Vuoi un poster?- feci un mezzo sorriso e lui ridacchiò scuotendo la testa. Mi appoggiai al muro accanto alla porta guardandolo interrogativo. Cosa voleva dirmi?
-Siccome so che con il tuo cazzo di orgoglio non saremmo andati da nessuna parte, e mi sento anche un tantino in colpa, sono venuto a chiederti scusa- mi guardò, in attesa.
Incrociai le braccia al petto, poi sorrisi:-Era ora.- esclamai.
Spalancò la bocca, ma si limitò a scuotere la testa soltanto.
Lo invitai a bere qualcosa. Mi aveva fatto incazzare come un matto, mi aveva fatto un torto. E se non fosse venuto lui, ammetto che non avrei fatto il primo passo. Non facevo mai il primo passo.
Ma questo è il mese dei cambiamenti, ricordai a me stesso con una fitta al petto.
Per distogliere l'attenzione dai miei pensieri, andai verso lo stereo per diffondere la musica rap per la stanza.
Kanye West occupò il silenzio che si era formato.
Era... strano, recuperare i rapporti dopo quasi due settimane di evitarsi. Strano ed imbarazzante.
-Come va con Anne?- chiesi, per rompere il silenzio.
Avevo completamente dimenticato, fino a quel momento, che il mio migliore amico aveva una sorta di relazione con la migliore amica della mia ragazza.
Fece un sorriso, facendomi intendere molte cose.
-Va.- rispose, senza togliersi quel sorriso ebete dalla faccia.
-Qualche dettaglio in più?- lo pregai scherzosamente.
Mi raccontò di come il loro rapporto si era evoluto dopo il nostro litigio, di come passavano praticamente ogni giorno assieme, di come litigavano in continuazione e facevano pace in maniera piuttosto... movimentata. Scoppiai a ridere.
-E tu con Zoe?- chiese.
Fu il mio turno di sorridere come un coglione.
-Qualcosa mi dice che il nostro Bieber ha finalmente trovato l'amore- sorrise a sua volta.
Gli tirai una pacca sulla nuca, ma non potei fare a meno di ammettere a me stesso che Ryan aveva perfettamente azzeccato.
Scoppiò a ridere: -Quindi ti sei innamorato!- mi diede una leggera spinta.
Sbuffai e gli tolsi la mano dal mio braccio: -Chiudi quella bocca, prima che ti spacchi tutti i denti- dissi. Non saprei dire se fossi serio o scherzoso.
Ridacchiò prima di mollare la presa e congiungere le mani sotto il mento.
-Non c'è niente di male nell'ammettere di essere innamorati. Io, per esempio, credo di essere innamorato di Anne- ghignò, godendo della mia espressione a metà tra l'incazzato e l'imbarazzato.
-Buon per te- ridacchiai e canticchiai le parole di Kanye West e Jay-z in No Church in the wild.
Sbuffò, capendo che non sarebbe andato molto lontano cercando di far uscire dalla mia bocca le parole "Amo Zoe".
Dovevo ancora superare la fase "Dillo agli amici". Era già tanto se l'avevo ammesso davanti a lei. E poi quella dei parenti, anche se non sapevo nemmeno se avevo qualche zio nelle vicinanze. La sensazione di vuoto tornò.
Ryan rimase a casa mia a giocare alla play e mia madre scese solo per prepararci un te, poi non la rividi più.
Alle sette di sera lasciò casa mia dopo una giornata passata a giocare alla play e mangiare. Mi mancavano i vecchi tempi, ma non ero più il Justin di una volta. Capitava raramente che sorridessi ultimamente, non scherzavo come era mio solito, non uscivo più.
Non mi riconoscevo più.
Prima di salutarmi del tutto,Ryan mi disse: -Ah, quasi dimenticavo... adesso che Zoe e te avete chiarito, Anne ci terrebbe un sacco a fare un'uscita a quattro.- rise della mia espressione schifata. Forse non ero poi così diverso.
Mi salutò con la mano e io rimasi lì, sulla porta d'ingresso, a fissare la strada illuminata dai lampioni.
Chi aveva ucciso mio padre e i miei fratelli?
Mi chiusi la porta alle spalle, addentrandomi nel buio della notte.


Zoe'pov

Passare un'intera giornata con Anne. Dimenticavo quanto fosse estenuante.
Mi aveva obbligata a raccontarle ogni particolare sulla storia mia e di Justin, ogni istante passato insieme a lui, ogni emozione.
A parlare di lui ero consapevole che gli occhi mi brillassero, ero felice.
Proprio lui che mi aveva fatta soffrire come un cane, si ritrovava ad essere la persona che più mi riempiva di gioia.
Lo amavo, ed era da un giorno intero che non lo sentivo. Anne mi aveva detto che Ryan sarebbe andato da lui e che avrebbero passato una giornata tipica da uomini. Forse, per Justin, era proprio quello che ci voleva. Si conoscevano da secoli, e solo Ryan era in grado di risollevare un minimo il suo migliore amico che era il mio ragazzo.
Mentre guardavo il soffitto della mia camera, pensai a tutto il percorso da un mese ad allora. Agli alti e bassi, alla scommessa, e mi ritrovai ad essere stranamente contenta di tutto quanto. Stavo bene con lui, e se niente di tutto ciò fosse successo, come sarebbe andata la mia vita?
Se John non fosse mai partito per l'Europa, saremmo rimasti insieme?
Solo stando con Justin mi rendevo conto che l'amore che provavo per lui, rispetto a quello del mio ex, era molto più intenso. Con Justin ne stavo passando tante: più con lui che nel mio anno di relazione con John.
Se non ci fossimo lasciati, sarei rimasta in quello stato, credendo che quello fosse amore, ma forse non del tutto. Forse ci volevamo bene, ma non eravamo pazzamente innamorati l'uno dell'altra.
Un tuono risuonò, seguito da un lampo e facendomi sobbalzare. I temporali non mi facevano impazzire, soprattutto di notte. Era una fobia che avevo sin da bambina, anche se non sapevo bene da cosa mi fu provocata.
Presi di corsa il telefono e mi infilai le cuffiette nelle orecchie, cercando di attenuare il rumore della pioggia fuori dalla finestra.
Guardai lo schermo del cellulare. Nessun messaggio. Forse era stato talmente bene con Ryan che non mi aveva scritto. D'altronde ci vedevamo ogni giorno, se per un giorno fossimo rimasti "distanti" non sarebbe successo niente.
Eppure, con tutto l'accaduto, non mi fidavo completamente di Justin. E se si fosse fatto del male?
Dovevo smetterla di pensarci, mi regardii. Non aveva senso preoccuparsi per niente. Justin stava bene, dannazione.
Chiusi gli occhi, lasciando che la musica mi rilassasse e cercando di non preoccuparmi per il mio ragazzo che non avevo sentito per tutta la giornata.
Respirai a fondo, concentrandomi solamente sulle parole, ma anch'esse, come ogni cosa che non c'entrasse minimamente con Justin, mi ricordava lui, e il fatto che per lo meno dovessi chiamarlo.
Mi morsi il labbro, avrebbe pensato che lo stessi assillando. Non volevo dare l'idea di essere la tipica fidanzata gelosa.
Proprio in quel momento, faticai a distinguere un suono ovattato, che scambiai come parte della canzone.
Poi quel rumore si ripeté, il che mi fece pensare che non potesse essere qualche effetto della melodia della canzone, così mi tolsi le cuffiette, cercando di sentire meglio.
Ancora quel rumore.
Qualcuno stava bussando nel vetro.
Mi girai di scatto e quasi mi spaventai a vedere qualcuno fuori dalla porta finestra, i vestiti zuppi. Quando mi resi conto che era proprio Justin, mi alzai di scatto e andai ad aprirgli la porta-finestra che dava sul giardino.
Lo guardai preoccupata. -Justin! Dio, che ci fai qui?- lo feci entrare, ignorando il fatto che era bagnato dalla testa e i piedi e che di conseguenza stava bagnando tutto il pavimento della mia stanza.
Non potei non notare che era la seconda volta che piombava in casa mia bagnato fradicio, solo che in quel momento non potevo ribadirglielo. Aveva un viso sconvolto, gli occhi.. Dio, quegli occhi. Erano sconvolti, e capii all'istante. Gli presi il viso tra le mani. -Justin, amore, è tutto okay. Ci sono qua io. Vieni, dannazione, ho ancora i tuoi vestiti asciugati dell'altra volta- lo trascinai verso il bagno, accesi la luce, cercando di fare il più piano possibile essendo consapevole che i miei dormivano.
Mi seguiva muto come un pesce, lo sguardo vacuo, e ogni volta che mi puntava addosso quei suoi occhioni color nocciola, non potei che paragonarla ad una pugnalata dritta al cuore.
Aveva una crisi.
-Amore?- ripetè, come in stato di trance. -Zoe, tu mi ami?-
Mi bloccai dal prendere i suoi vestiti asciutti dal cesto della roba stirata e mi voltai verso di lui.
Era così vulnerabile come l'avevo visto solo un'altra volta. Le gocce d'acqua che gli scendevano come lacrime sul viso, e non seppi distinguere se fossero lacrime vere. Il labbro inferiore tra i denti e il petto che si alzava e abbassava freneticamente.
Gli ri-presi il viso tra le mani. -Justin, io ti amo. Ti amo. Te lo giuro.- Lo guardai dritto negli occhi, scuotendogli un attimo il viso per riscuoterlo. Non potevo sopportare di vederlo così, non ancora.
Mi prese i polsi con entrambe le mani dolcemente e mi bacio il palmo di ciascuna. -Anche io ti amo.- mi disse. Poi, con un tono più incrinato: -Qualcuno li ha uccisi, Zoe. E io devo scoprirlo. Questa cosa mi sta... mi sta logorando da settimane. Non ce la posso fare, mi rode lo stomaco e la notte non riesco a dormire. Mi devi aiutare. Ti prego, ti prego... aiutami- disse, e in quell'istante crollò in ginocchio, piangendo a dirotto.
Colta alla sprovvista e addolorata a quella vista, mi inginocchiai di fronte a lui. Il capo era chinato verso il pavimento e si coprì il viso con le mani mentre piangeva come un bimbo.Gli poggiai le mani sulle spalle, frenando l'impulso di piangere con lui. Quella vista mi straziava. Non era giusto che un ragazzo di diciotto anni vivesse così. Non era giusto, e avevo paura che nemmeno io sarei riuscita ad aiutarlo.
Lui, come riscosso dal mio tocco, mi circondò in un abbraccio, affondando il viso tra i miei capelli. Sentii il suo fiato sul collo e lacrime bagnarlo. I suoi capelli bagnati mi bagnarono il viso, e in poco tempo anche io mi bagnai con lui.
Ma non mi importava.
Era Justin la mia priorità, e sperai che lui mi vedesse come costante nella sua vita, come lui era la mia.
Se, alla nostra età, si dovevano affrontare così tanti ostacoli, questo amore sarebbe durato per sempre? Lo sperai, perché mi innamorai ancora di più di lui quando alzò lo sguardo su di me -gli occhi gonfi e rossi per il pianto, la mandibola contratta e le sopracciglia aggrottate, come se trattenere le lacrime fosse dannatamente difficile- e mi resi conto che se mi avesse lasciata -perché io non l'avrei mai fatto- sarebbe stata la mia distruzione.
Mi inumidii le labbra e gli accarezzai delicatamente la guancia, delineandone i contorni della mandibola con la punta delle dita, percependo il mio sguardo addolcirsi.
Gli passai una mano sulla fronte, nel tentativo di rilassare i suoi lineamenti duri. Gli occhi mi pizzicarono per quella vista -era troppo, troppo bello- ma trattenni le lacrime, sorridendo leggermente.
Poi, con il tono più dolce che riuscii ad usare, gli dissi: -Cambiati i vestiti, adesso, o ti prenderai qualcosa.-
Lui fece come gli dissi, più rilassato rispetto a prima, e si alzò dopo di me.
Gli passai i vestiti e lui si tolse i propri zuppi mettendosi quelli asciutti.
I capelli erano ancora umidi, e li strofinò con un asciugamano, spettinandoli e dandogli un'aria più sexy.
Lui era sexy con qualsiasi cosa, punto.
Uscimmo dal bagno in silenzio, le nostre dita intrecciate, e ci avviammo verso il mio letto. Scostai le lenzuola e mi distesi, invitandolo a fare lo stesso. Nonostante la reazione di poco prima, Justin mi prese tra le braccia facendomi accoccolare contro il suo petto, e appoggiò la guancia sulla mia fronte.
Sentivo le punte dei suoi capelli solleticarmi, umide, ma non mi importava. Lui era lì, lo potevo toccare ed era mio, potevo sentire la consistenza dura dei suoi muscoli sotto il tessuto della maglietta, il suo petto che si alzava e si abbassava lentamente, come se avesse paura che respirando normalmente mi avrebbe fatto scostare.
Lo baciai appena sopra al cuore, che batteva regolarmente contro le costole, e lo sentii trattenere il respiro.
Mi ri-accoccolai contro il suo petto, appoggiando il visto nell'incavo del suo collo. Quella vicinanza mi faceva sentire sempre più fortemente l'amore che provavo per lui, facendomi mancare, per un minuto, quando eravamo un corpo solo...
-Grazie.- disse, rompendo il silenzio. Alzai lo sguardo su di lui, che a sua volta lo teneva puntato su di me. Gli occhi nocciola luccicavano nella notte.
-Voglio dire.. prima, in queste due settimane.. mi sei stata vicina, dandomi prova di amarmi, tu. Proprio tu, che mi odiavi- prese un gran respiro e io lo fissai a bocca aperta.
-Non pensavo che qualcuno mi volesse bene così tanto da prendersi cura di me- sussurrò, guardando fisso davanti a sè.
Gli accarezzai la mandibola e gli girai il viso verso di me, in maniera che mi guardasse: -L'ho fatto perché ti amo, e perché il dolore che senti tu l'ho sentito anche io. Qui. -Gli posai una mano sul cuore. -Ti amo abbastanza da soffrire con te. Non potrei mai lasciarti da parte, e tu non potrai andare avanti fingendo che il dolore non ti logori l'anima. Io sono qui per portar questo fardello con te. Non è questo che fanno le persone che si amano?- sentii gli occhi bruciare. Fissai i suoi occhi, che iniziavano a brillare, dandomi prova che anche lui fosse quasi sul punto di piangere, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso. Scese una lacrima.
Si girò completamente verso di me, in modo che i nostri visi fossero l'uno di fronte all'altro, costringendosi così a staccarsi da me.
Sentii la sua mancanza come vuoto, ma poi quel vuoto venne colmato dalla sua mano che mi accarezzava il viso con delicatezza, asciugandomi le lacrime che ormai scendevano.
-Farei lo stesso per te, lo sai? E se non l'ho ancora fatta finita, se sono ancora qui, anche se ferito, è per merito tuo. Ti amo, Zoe.-
Scoppiai a piangere ancora più forte, commossa dalle sue parole. Avrebbe fatto lo stesso per me, lo sapevo, e se questo non era amore, allora cos'era? Non poteva essere una semplice cotterella adolescenziale. Quello era di più. Molte relazioni sarebbero terminate dopo un simile problema di portata enorme come quello che stavamo attraversando. Ma noi no. Noi eravamo ancora lì, più forti di prima.
I nostri occhi si fissarono gli uni sugli altri, i nostri sguardi si incrociarono.
Mi morsi il labbro. Il suo respiro era così vicino che potevo sentirlo muovermi i capelli dolcemente.
Lo volevo maledettamente tanto. Era quasi un dolore fisico, il bisogno di sentirlo vicino, il fatto di sentirlo dentro di me.
Era così che ci si sentiva, ad essere completamente innamorati, persi l'uno dell'altra? Con John non l'avevo mai provata, e io che credevo di essere innamorata di lui.
Ormai era un capitolo chiuso della mia vita, ed ero pronta ad iniziarne uno nuovo con l'uomo che ne aveva e ne stava passando di tutti i colori, in continuazione e che in quel momento si trovava davanti a me. Sapevo che insieme ne avremmo passate ancora tante, e volevo godermi ogni cosa insieme a lui, bella o brutta che fosse.
-A che pensi?- sussurrò Justin, accarezzandomi il viso come se fossi un diamante prezioso e non la ragazza che lo stava risollevando da tutto quel fardello.
Sbattei gli occhi per madar via le lacrime e scossi la testa, sorridendo leggermente. -Al capitolo chiuso della mia vita.- gli circondai il collo con le braccia attirandolo sopra di me, in modo che i nostri visi fossero più vicini.
Lui si mise sopra di me puntellandosi sui gomiti per reggere il suo peso. Mi baciò la punta del naso. -Quello in cui ci odiavamo come pazzi?- ridacchiò. -Perché io ti odio ancora tanto.- disse, mordendosi il labbro mostrando un sorriso malizioso che mi fece sciogliere. I suoi occhi brillavano.
Risi. -Anche io, tanto.-
Per qualche secondo rimasimo in silenzio, l'una tra le braccia dell'altro, a guardarci negli occhi, fino a che i miei non scesero fino alle sue labbra piene leggermente umide e rosee. Avrei voluto baciarle, sentire la loro consistenza, e poi...
E poi la nostra barriera si ruppe e le nostre bocche si incontrarono come treni in corsa. Ci fu uno scontro di denti, tanto era forte, poi il ritmo si placò e le labbra di Justin cominciarono a muoversi sulle mie in maniera più dolce, ma intensa di desiderio che mi fece sciogliere come gelatina tra le sue braccia.
Mi chiesi come un singolo bacio si ripercuotesse su ogni singola parte del corpo.
Le sue mani non rimasero ferme un minuto. Vagarono su di me come se desiderasse toccarmi da una vita, nonostante fossi la sua ragazza.
Era dalla litigata famosa che non facevamo sesso, ma quella volta era diverso. Era la prima volta che lo facevamo dopo esserci messi insieme.
Non c'era nessuna scommessa di mezzo, c'era solo desiderio e... amore.
Le sue mani mi accarezzarono le coscie partendo dal ginocchio facendomi rabbrividire e insinundosi leggermente sotto la stoffa dei miei pantaloncini.
Salirono lungo le natiche da sopra il tessuto e le sue dita si insinuarono nell'elastico chei miei pantaloncini, e la sua bocca mi baciò prima sull'angolo della bocca, poi sul mento, insinuandosi nell'incavo della gola, percorrendo un percorso lungo l'incavo del collo, lungo la clavicola, abbassandomi allo stesso tempo i pantaloncini, seguiti dalle mie mutandine.
Ero di nuovo esposta a lui dopo settimane, e non mi ero mai sentita così ammirata, a mio agio nuda sotto di lui.
Mi guardò con desiderio, con avidazione, come se io fossi la preda e lui il predatore.
Mi inarcai sotto di lui desiderando il contatto diretto con la sua pelle.
Insinuai le mie mani sotto la sua maglietta, portandola su man mano che le mie mani salivano lungo il suo petto, fino a sfilargliela del tutto.
-Toccami- sussurrò lui con voce roca e sexy che mi fece sentire ancora più umida là sotto.
Non me lo feci ripetere due volte e gli accarezzai il petto, gli addominali, i muscoli a v appena sopra i pantaloni e la striscia di peli che arrivava fino al pube... e insunuai la mano nei suoi pantaloni, prendendo in mano la sua lunghezza.
Si immobilizzò, trattenendo il respiro, mentre io lo accarezzavo come se fosse un oggetto prezioso. La sua mascella si indurì come piaceva a me. Ogni volta che lo faceva, ero argilla fresca nelle sue mani. Dovevo dirglielo che trovavo quel suo tic molto, molto sexy.
Dopo un po' che lo accarezzavo, lui mi bloccò il polso, con un espressione che la diceva lunga sul fatto che si stesse trattenendo.
-No, non voglio venire adesso.- disse e dolcemente mi tolse la mano dai suoi pantaloni, facendomi mugulare in disapprovazione.
Rise. -Avrai altro tempo per farlo, piccola.- mi guardò maliziosamente, e io mi sciolsi. Amavo quando mi chiamava "piccola".
Distolse lo sguardo dai miei occhi e lo puntò sul mio corpo, sul mio seno, coperto dalla canottiera.
-Penso che questa sia di troppo.- disse, sfilandomela in un battibaleno, facendomi rimanere completamente nuda sotto di lui.
-Mh, senza reggiseno. Approvo.- sorrise maliziosamente e si morse il labbro, mentre dalla clavicola partiva con una scia di baci lungo il solco tra i seni, su un seno e infine sull'altro facendomi inarcare la schiena. Non ce la facevo più. Lo volevo. Lo volevo da star male.
Rise sommessamente quando arrivò all'ombelico. -Mi vuoi, piccola?- continuò a torturami con quella lingua. Dio, quella lingua.
Annuii con enfasi, enfatizzando il fatto che lo volessi. In quel momento.
Continuò la scia di baci fino a lì. Al mio punto debole.
Sussultai quando cominciò ad accarezzarmi con la lingua.
Gemetti mentre gli afferravo i capelli per attirarlo di più a me.
Inarcai i fianchi per assecondarlo, sentendo vampate di piacere percorrermi tutto il corpo. Dalla testa fino alla punta dei piedi, intorpidendomi.
Dopo un po' smise, facendomi mugugnare ancora in disapprovazione.
-Justin- mugulai, facendolo ridere. Stronzo.
Lui tornò a baciarmi, con sulle labbra il mio sapore. Gli tirai i capelli attirandolo di più a me mentre con la lingua mi schiudeva le labbra per insinuarsi nella mia bocca.
Inarcai la schiena facendo toccare i nostri punti più sensibili, facendogli capire che cosa volevo, e facendolo grugnire.
Le mie dita si insinuarono nell'elastico dei suoi pantaloni, ansiosa di togliere quell'inutile ostacolo e quelli, insieme ai boxer, furono per terra in un attimo.
Ora eravamo intrambi nudi. Non c'era nessun ostacolo a fermarci e finalmente potevamo avere entrambi quello a cui ambivamo da settimane.
I nostri centri si toccarono ancora facendo gemere entrambi.
-Cazzo. Cazzo. Cazzo.- sentii Justin imprecare.
Lo guardai. -Cosa?- chiesi, preoccupata.
Mi guardò, gli occhi annebbiati dal piacere. -Non ho i preservativi. Io... non l'avevo programmato.- ammise, mordendosi il labbro, il che mi fece sorridere.
Da qualche settimana avevo iniziato a prendere la pillola, solo che non gliel'avevo mai detto perché... beh, non era il momento.
Mi guardò confuso. -Stai ridendo?-
Eravamo entrambi nudi, sul mio letto, i miei genitori che dormivano nel piano superiore, e lui che imprecava per il preservativo.
Gli accarezzai il viso, sorridendo. -Prendo la pillola da qualche settimana, puoi andare tranquillo.-
Lui sembrò un misto di sollievo, sorpresa, stupore. -Ah grazie a Dio.- disse, facendomi ridacchiare mentre mi baciava il collo. Ridacchiammo mentre ci baciavamo, fino a che non entrò in me. Sussultai per la sorpresa e per il piacere, mentre lo sentivo. Ogni centimetro di pelle.
-Dio... Cazzo, Zoe. Ti sento, è stupendo..- disse sulla mia bocca, socchiusa per i gemiti che stavo facendo fuori uscire.
Gli circondai i fianchi con le gambe spingendolo ancora di più dentro di me mentre ad ogni spinta sentivo un sentimento diverso.
Amore. Desiderio. Piacere.
Lo strinsi forte a me mentre ci sussurravamo parole di promesse, di amore, parole sporche.
Lo amavo, dannazione. Era mio, e se stavamo superando questa, potevamo superare tutte le incombenze della vita.
Venni insieme a lui, sfinita e con la pelle imperlata di sudore. Uscì da me e si accasciò nel materasso affianco a me.
Mi prese tra le braccia stringendomi forte a sé. -Ti amo, Zoe Dixon. Ti amo.- e mi baciò tra i capelli.
Mi addormentai con il sorriso sulle labbra.

****

La pioggia aveva cessato di cadere, lasciando un odore acre nell'aria. L'aria era umida e afosa, il terreno fangoso e la luna che stava cedendo posto all'alba.
C'era un leggero venticello che muoveva i miei capelli da una parte e dall'altra, facendomi stringere di più nella mia coperta.
Tra le mani il mio telefono. Un messaggio che diceva: "Esci in giardino" da un numero sconosciuto.
Mi ero svegliata tra le braccia di Justin che dormiva pacificamente. Tutti i lineamenti che ultimamente erano duri, tesi, erano invece rilassati. Le labbra piene leggermente socchiuse e il suo fiato che mi sfiorava la fronte.
Avevo visto il mio telefono illuminarsi sul comodino, e cercando di snodare l'intrico di coperte e braccia in cui ero incastrata, riuscii ad afferrare il cellullare leggendo il messaggio. Mi ero alzata avvolgendomi in una coperta nonostante fossi nuda.
Cercando di non svegliarlo, mi ero avviata verso la porta-finestra e l'avevo aperta, addentrandomi nell'aria notturna.
Mentre mi guardavo intorno confusa, appoggiai il piede nudo su qualcosa che sembrava liscio al tatto. Abbassai lo sguardo notando un foglio di carta ai miei piedi. Mi abbassai per prenderlo senza che la coperta mi scivolasse di dosso e lo raccolsi. Entrai in camera e sedendomi sul letto, lo lessi.
"Domani pomeriggio, alle 16, al parco. Non mancare o il tuo fidanzatino ne risentirà, ancora."
Cominciai a sudare freddo, spostando lo sguardo su Justin che dormiva. Ignaro di tutto quanto.
Mi mossi inquieta sul posto e rimasi a guardarlo. Era così bello che ancora non potevo credere che fosse mio.
Mi allungai e gli accarezzai la fronte imperlata di sudore con fare protettivo. Si, sarei andata. Chiunque mi avesse scritto quel bigliettino, era il responsabile della morte di Jeremy, di Jasmyn e di Jaxon, e non avrei permesso che lui ne risentisse ancora. Non lo meritava.
Mi stesi accanto a lui, avvolgendomi nella coperta con cui mi ero alzata prima e rimasi a guardarlo.
La luce lunare giocava sul suo viso creando ombre facendomi venir voglia di tracciare con le dita tutte quelle ombre e giochi di luce.
-Smettila di fissarmi.- disse, cogliendomi di sorpresa. Sussultai.
E se mi avesse visto leggere quel biglietto?
-Cosa?- sussurrai, stupidamente.
Lui aprì gli occhi e sorrise, gli occhi socchiusi per il sonno.
-So di essere bello, ma non ti hanno mai detto che è maleducazione fissare qualcuno?- La sua voce addormentata e roca, il modo in cui mi guardava, lo sguardo assonnato, mi fecero venir voglia di...
Lo colpii con la mano sul braccio. Era tornato lui. Ridacchiò. -Smettila, credino.-
Ero diventata rossa come un peperone. Ero convinta che stesse dormendo e che per questo potessi permettermi di guardarlo quanto mi pareva.
Eppure essere colta in fallo mi fece sentire una bimba in imbarazzo, anche se non c'era niente di male.
-Sei arrossita?- sentii la sua voce sul mio orecchio, poi i suoi denti ne mordicchiarono il lobo.
Scossi la testa, negando l'apparente verità.
-Bugiarda.- disse, cingendomi la vita con un braccio attirandomi a sé, inspirando il profumo dei miei capelli, stringendomi come si stringe l'oggeto più caro che si ha.
Mi accoccolai tra le sue braccia, stringendo a pugno la mano che teneva il bigliettino, stroppicciandolo.
-Mi piace fare la parte della maniaca, comunque.- dissi, riferendomi al fatto di averlo fissato.
Sorrise sulla mia fronte. -Come darti torto. Basta guardarmi per innamorarsi.- si vantò come non faceva da tempo, il che mi riempì di gioia.
Mi finsi infastidita. -La smetti di essere così vanitoso? Mi basta poco per rimetterti nella mia lista nera.- socchiusi gli occhi, con uno sguardo fintamente minaccioso.
Si portò una mano sul cuore, fingendosi ferito. Tutto il dolore, la crisi di qualche ora prima sembrava sparita.
-Ma... essere vanitoso fa parte della mia natura!- si finse ferito nel profondo. Sbuffai e gli diedi una leggere spinta, prima di riaccocolarmi nel suo petto. Ridacchiò e mi strinse nuovamente a sé, e rimasimo così, in silenzio. Non servivano parole, perché tutte quelle che c'erano da scambiarsi ce le eravamo già dette, e continuavamo a dircele, con i gesti e con gli sguardi.
Mi riaddormentai, pensando al bigliettino. Se loro erano gli assassini dei parenti di Justin, l'avrebbero pagata cara. Molto cara.
  
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