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Autore: hopelessfever    05/04/2015    0 recensioni
«Lei, così fredda ed al tempo stesso così calda mi aveva rubato il cuore, da quel momento avevo letteralmente perso la testa.
Non c'era bisogno di dirlo, l'ho capito sin dal primo momenti in cui l'ho baciata che mi apparteneva.»
Ecco a cosa stava pensando Sophie in quel momento, mentre era tra le sue braccia.
Vi prego di recensire in modo tale che io possa migliorare la storia seguendo i vostri consigli.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Era una di quelle lunghe fredde notti d'autunno, il vento faceva sbattere le finestre, la pioggia scendeva lentamente, ne sentivo rimbombare il suono contro le tegole del tetto, era tutto così profondamente rilassante che mi addormentai dolcemente. La mattina seguente mi svegliai con i raggi del sole che filtravano dalla finestra, mi misi le pantofole e andai in cucina. I miei genitori erano seduti e stavano facendo colazione, non si guardavano neanche, erano tutti e due troppo presi dai loro apparecchi telefonici senza un apparente motivo, cercai di farmi notare muovendo le braccia e dicendo lievemente 'Buongiorno', ma nulla. Mi faci un caffè e mi sedetti sul divano a guardare nuovamente le solite serie televisive del mattino e pensai 'un giorno faranno delle nuove puntate, basta crederci', era una di quelle serie tv che pensano di far ridere ma in realtà non fanno mai ridere nessuno, tranne qualche assurda persona che probabilmente la sera prima si era presa una delle sbronze più grandi della sua vita, insomma, la solita americanata.
Mia madre improvvisamente mi parlò: -"Sophie, tra un po' preparati, andiamo a pranzo dai nonni."
Rimasi sconvolta. Non vedremo i nonni da sì e no, cinque mesi, francamente mi ero scordata della loro esistenza.

Un'ora dopo ero in auto, accanto a me la mia sorellina stava cercando in tutti i modi di uscire dal seggiolino, inutile direi, era legata peggio di un salame.
Arrivammo dai nonni che ci accolsero con un caloroso abbraccio, odio gli abbracci però mi sembrò così strano, sentì lievemente la pelle morbida di mia nonna ed il suo dolce profumo, sapeva di cannella, così dolce e delicata allo stesso momento. 
Mi fecero le solite domande che si pongono sempre in questo genere di occasioni: -"Come va a scuola Sophie? Il ragazzo sta bene? Tu stai bene?"
E naturalmente dovetti fingere che andasse tutto bene.
A scuola vado veramente male, non mi impegno minimamente, ogni giorno da quasi un anno esco di casa e vado in un bosco a fotografare ogni singola cosa che mi capita, mi rifugio in una piccola casetta abbandonata e sviluppo le mie foto in una camera oscura, è così rilassante. Tra l'altro, secondo me i professori non si sono accorti della mia assenza. Per quanto riguarda il ragazzo è inesistente, così come il mio star bene, sono entrambi svaniti nell'aria, un po' come la mia anima.
Dopo il momento delle 'chiacchiere' andammo nella sala da pranzo, la nonna aveva preparato del pollo arrosto e mi disse: -"Serviti pure tesoro!" -"Sono vegetariana.."
Vidi i suoi occhi spalancarsi, il suo dolce sorriso svanì, si mise quasi a piangere.
-"Tranquilla nonna, mangerò le verdure, giustamente non lo sapevi"
Ed il sorriso tornò sul suo volto.
Durante l'ora di pranzo la conversazione passò da me ed Angelica, al lavoro, ad un crociera, alla scuola, la società, per poi concludersi con un freddissimo "Alla prossima!", secondo me avrebbero dovuto dire "Ci vediamo tra altri cinque mesi!". Tornammo a casa e così con noi tornò anche la solita routine della domenica pomeriggio, starcene seduti sul divano ad interpretare la solita famiglia americana felice che guarda un film. Sembriamo la brutta copia di una brutta seria televisiva degli anni '50, eppure a noi va bene così.

 

I giorni passavano in fretta, i miei genitori erano sempre convinti che io andassi a scuola, ed ogni giorno mi inventavo delle storie su quello che avessimo durante la giornata e loro come sempre ci credevano. Un pomeriggio non appena tornai a casa allegra perché avevo scattato la foto ad un cervo vidi mia madre in cucina che piangeva, si avvicinò e mi abbracciò. Vidi le sue lacrime scorgerle il viso, qualcuna era finita sul mio maglione, aveva il trucco colato, dov'era finito il suo bellissimo sorriso?
-"Mamma che succede?"
Le parole non uscivano dalla sua bocca, solo piccoli gemiti.
Balbettando mi disse -"No-no-nna è morta."
In quel momento mi bloccai, non sapevo che fare, dovevo piangere? Dopo tutto non avevo mai passato tanto tempo con lei, la vedevo due volte l'anno, non avevamo il solito rapporto 'nipote-nonna', quasi non ricordo il suo nome. La presi e la strinsi forte.
Quei giorni furono tristi in casa Johnson. Mia madre non uscì mai dal letto fino al giorno del funerale, mio padre si occupò delle faccende di casa ed io rimasi chiusa in camera con Angelica, era troppo piccola per capire cosa stesse succedendo. Il sabato ci fu il funerale, non avevo mai visto tanta gente piangere per qualcuno, qualcuno che dopo tutto non conoscevo neanche. Un'anziana signoria fece un discorso lunghissimo e angosciante su come lei e mia nonna fossero amiche da 60 anni, si erano conosciute a scuola durante una litigata per una bambola a quanto pare. Una di quelle solite storielle da funerale che cercano di strapparti un sorriso senza successo. Successivamente mio nonno parlò del loro amore, un amore che lui definì come 'eterno'. Trovai il suo discorso interessante, parlò di come si fossero conosciuti, del loro primo appuntamento, del primo bacio, dei loro figli e di quanto li amassero, li consideravano delle 'creature perfette', erano sposati da 50 anni, mia nonna aveva 20 anni quando si sposò ed io non ne avevo la minima idea. Loro avevano il loro piccolo infinito, così come io ho il mio.

Qualche giorno dopo mia madre si riprese e tornò a fare le sue solite faccende, tornò ad essere la madre distaccata di sempre ed io la solita figlia troppo stupida per andarmene di casa, tanto che ci rimango a fare? Non mi guarda nessuno.
Una mattina non appena arrivai nel bosco vidi la porta della casetta aperta, non sapevo se essere spaventata o se dovessi fregarmene e sfidare il presunto 'ladro' a mani nude, mi avvicinai comunque. Guardai al suo interno e vidi una ragazza. Aveva dei lunghi capelli rossi, le lentiggini sul volto, gli occhi verdi ed una pelle bianca e delicata come la porcellana.

-"Ciao!" mi disse.

-"Hey"

-"Mi dispiace essere entrata qui ed esserci rimasta, pensavo fosse abbandonata, ho notato le tue foto e sono voluta rimanere per guardarle un po'."

-"Mh, tranquilla."

-"Ah, piacere, Celeste."

Celeste, ma che diavolo di nome è Celeste? Chiamati Azzurra, Viola, Rosa, o che ne so, ma non Celeste. Non si può nemmeno considerare un colore il celeste, non è ne azzurro ne viola, è un misto trai due colori ma è pallido!

-"Piacere Sophie."

-"Hai un nome molto carino!"

-"Grazie, pure il tuo lo è." 

No, non è vero, mi fa abbastanza schifo.

-"Ti ringrazio, allora, come stai?"

-"Bene, tu?"

-"Bene, ti ringrazio."

-"Bene."

E dopo quel 'bene' la nostra conversazione finì.

 
   
 
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