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Autore: SpreadYourWings98    05/04/2015    0 recensioni
«Cos'hai da fissare?»
Gli occhi dorati della ragazza percorsero veloci la figura del ragazzo di fianco a sè.
«Io... Non ti sto fissando.» rispose titubante.
Sul viso del moro nacque un sorriso ironico.
«Lo facevi eccome.»
Alle orecchie di Molly Price era parsa tanto una risposta divertita e infastidita. L'incoerenza di quelle due emozioni sovrapposte l'affascinò in un modo inaspettato.
«Come fai a dirlo comunque? Non mi hai guardata neanche per un secondo.»
«Lo sento.»
«E' impossibile.» fù la sua constatazione risoluta. 
[...] «Io posso,» affermò deciso, «perchè sono un fottuto cieco, okay?»
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Fanfiction ambientata in un contesto romantico, nel quale non mancheranno situazioni bizzarre e magiche.
Un'intreccio tra la storia romantica di Ezra e Molly e le fiabe più amate dal popolo - cito quelle di Cappuccetto Rosso e quella di Biancaneve - rivisitate decisamente in chiave moderna, che creano un racconto fiabesco e realista al contempo nella nebulosa e immaginaria cittadina di Grayspot.
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STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Sea's tales

Capitolo 1






 
«Si erano avvicinati troppo al campo nemico.» 

 

Odore metallico ovunque.                 
L'odore di sangue si percepiva persino a quella distanza. 
Non importava quanto avevano perso, ormai, erano così vicini. 
Il corpo del ragazzo stisciò fino alla roccia più vicina, presto il silenzio lo inghiottì. 
Sistemato il fucile sulla spalla, si preparò a fare fuoco. 
L'iride, diventata scura per l'unione di tutte quelle emozioni troppo forti per la sua giovane età, si concentrò sul mirino.  
Il vento creava forme armoniche con la polvere che alzava e i raggi del sole accentuavano il miscuglio delle diverse tonalità di verde smorto che formavano la sua uniforme. Gli altri soldati erano appartati in punti strategici, ma non sicuri.

«Cosa l'ha spinta a fare un gesto tanto estremo quanto avventato?» il giornalista allungò il microfono verso il moro. 
«L'istinto.» asserì quest'ultimo. La tristezza rimase celata ad occhi indiscreti. 


Ancora silenzio. Dito sul grilletto. Dilatazione della pupilla. 
Gli è esplosa una sensazione nel cuore; la paura. 
Doveva rimanere nascosta, l'avrebbe fatto uccidere. 
Gli tremarono le mani, per un attimo. Un attimo che gli costò caro. 
Il vuoto venne riempito da aerei di guerra, le bombe vennero sganciate, e tante vite bruciate. 
Qualcuno però sopravvisse, con qualche ammaccatura in più.
Un grido si era alzato dal suolo infuocato; un misto di terrore e guerra.

«Andrà tutto bene, Ezra. Tutto...» 
La donna strinse a sè il corpo del figlio, martoriato da quell'ultima crisi epilettica. 
Singhiozzò e bagnò una buona parte del lenzuolo che copriva il corpo del ragazzo fino al torace. 
«Signora»
Una mano rassicurante ora le porgeva l'appoggio.
«Suo figlio sta bene ora, deve solo riposare,» asserì l'uomo in camice bianco, «e lo deve fare anche lei.»

Il viso della donna era rimasto segnato dalle tante stagioni e dalle crescenti preoccupazioni per il figlio. 
Ezra, una volta, era un ragazzo come tanti. La sua vita adolescenziale si cominciava ad intrecciare con un futuro sempre più roseo e fruttuoso. Poi successe; dal nulla o poco più. 
Una mattina - una calda mattina di giugno - il ragazzo aveva preso in considerazione l'idea di fare carriera nell'esercito. 
In breve tempo diventò la sua ossessione, la sua condanna. 
Fù ripagato in modo brutale; l'ambizione, la dedizione, i principi e le sue forze ricambiate in cecità. 
Se solo non si fosse così avvicinato. Se solo non avesse stuzzicato il nemico. Se solo avesse abbassato l'arma. 
Quante vite sarebbero rimaste, ancora? 
Quindi, ditemi, giovani soldati, quanti corpi senza vita vedete da lassù?
Quanta morte si estende per queste lande di fuoco? 


La luce filtrava dagli spazi della tendina sporca, creando giochi di luce con la polvere che danzava nell'aria.
L'elettrocardiogramma segnava il battito regolare di un ragazzo che era rimasto bloccato in un sonno
che era destinato a terminare a breve. 
Il buio cominciò a dipingersi di ombre più chiare, investite dal sole mattutino che aveva invaso
prepotentemente la stanza numero 21 del Grayspot Hospital.
Ezra emise un lamento, spostando di un poco il candido tessuto dalle braccia. 
I suoni gli arrivavano ovattati alle orecchie e gli girava vorticosamente la testa; 
il moro tuttavia si costrinse ad aprire gli occhi, cosciente, tuttavia, di trovarvi solo una visuale color pece. 
Quelle ombre luminose, si. Era sicuro di averle viste.
Purtroppo, però, le sue aspettative rimasero deluse; vide solo nero.
La porta emise un cigolio e una persona fece il suo ingresso.
«Ezra, vedo che ti sei svegliato,» affermò con tono annoiato l'uomo in camice bianco «come ti senti?»
Sì udì un foglio che veniva girato. Probabilmente erano i suoi risultati,
chissà a quali strambi esami avevano sottoposto il povero ragazzo.
Ezra storse il naso.
«Bene, suppongo.» sussurrò il moro. 
«Cosa mi è successo? Non ricordo nulla. Siamo in ospedale, giusto? Come ci sono arrivato?» chiese con enfasi.
«Un'altra crisi epilettica, Ezra.» affermò il medico. Quello che ci fù dopo fù un lungo minuto di silenzio tombale.
«Hai qualche ricordo?... Hai qualche idea di cosa avrebbe potuto provocare la crisi?» azzardò l'uomo in bianco mentre scriveva sui fogli.
Il moro si fece attendere, ripercorrendo la giornata precedente e passando sotto esame tutti i suoi ricordi. 
La mattina del giorno prima si era svegliato di buon umore: aveva aiutato sua nonna facendole la spesa, 
si era poi preoccupato di recarsi in posta per pagare delle bollette, si era iscritto ad corso per ciechi e poi era tornato a casa per aiutare l'anziana a preparare la cena, per quanto poteva. 
La madre aveva lavorato dall'alba fino al tramonto e lui si era preso cura della sua vecchia.
Poi la sua memoria cominciava a sgretolarsi; frammenti di ricordi confusi li giravano in testa. 
Una divisa verde, un gusto metallico e un giornale locale che vantava almeno tre anni da quando era stato stampato.
«Si erano avvicinati troppo al campo nemico.» era il titolo, che aleggiava a grandi caratteri, in alto e al centro, sulle carte ormai ingiallite.
«Il nostro esercito ha perso molti uomini provando a concludere l'impresa, finita in una tragedia.» il sottotitolo.
Un blocco che il ragazzo ancora non riusciva a superare, ci stava lavorando da tre anni, giù di li.
«...Probabilmente qualche ricordo del periodo della spedizione.» il ragazzo non aggiunse altro, in tono afflitto, sapendo che il medico sapesse a cosa si riferisse.
«Verrai dimesso questa sera o, se urge, domani mattina.» asserì l'uomo laureato, firmò qualcosa e abbandonò la stanza.
Ezrà si ritrovò solo. Almeno, finchè la porta non cigolò nuovamente ed un passo affrettato irrompesse in quel silenzio.
Inizialmente pensò al dottore, poi pensò ad un infermiere che fosse venuto a controllare la situazione o, ancora, uno specializzando che avesse sbagliato camera.
Un odore famigliare gli investì le narici e comprese di aver sbagliato; un misto di vaniglia e cannella.
Quest'ultima sfogliò gli esami imprecando sottovoce, sicuramente perchè era rimasta nel pallone,
e convinta che il moro non l'avesse sentita.
Ezra sorrise beffardo, riconoscendone anche la voce stizzita.
«Allora... emh... tu sei...» ella non aveva alzato sicuramente gli occhi dai documenti, 
perchè avrebbe riconosciuto all'istante quello sguardo vitreo e cristallino che però non poteva guardare, oltre al solito sorriso strano.
«Ezra.» finì lui, attirando allora lo sguardo della mora sulla sua figura.
Assaporò l'aria tesa e imbarazzata che si era andata a creare per il silenzio che era calato.
«Quello del bar?»
«Ciao Molly, non immaginavo che facessi l'infermiera. Scusa, ma non sei troppo giovane per essere laureata?»
Il fiume di parole che le invase le orecchie la destabilizzò per poco.
«Eh?» sussurrò «che ci fai in ospedale?» chiese incuriosita dalla sua presenza, proprio li.
In quel momento quel paio di occhi cielo si rabbuiarono.
La ragazza sfogliò i fogli e, concentrandosi meglio, si avvicinò al letto dove il corpo di lui sostava comodamente.
«Non sono un'infermiera, aiuto solo mia mamma. Tipo gavetta, si. Mia mamma è capo reparto qui, quindi posso, ecco.» affermò imbarazzata, ma con un sorriso che lui colse.
Il giovane annuì ricambiando l'alzata dei due angoli della bocca. Fù grato per quel cambio di argomento.
«Tua mamma ha chiamato e ha chiesto se può passarti a prendere questa sera, guardando i risultati,» e li fissò ancora per poco, un pò incerta.
«Direi che va bene!» sorrise compiaciuta di sè.
Ci aveva messo qualche giorno per ambientarsi in quel posto e per imparare per bene a leggere gli esami.
Aveva ancora qualche difficoltà, ma ce la stava mettendo davvero tutta.
«Ora vado, devi riposare.» asserì lei con un leggero sorriso prima di lasciare la stanza e il suo momentaneo paziente.
«A presto Molly.» sussurò Ezra, sicuro di essersi fatto sentire.
Infatti così era stato.
21, pensò la mora fissando la porta chiusa dalla quale era appena uscita.

Il fisso della finestra era di un colore tenue, tipo celeste fresco, rivestito dal lucido.
Una gamba affusolata spuntava da esso, muovendosi ritmicamente seguendo la musica degli auricolari; 
al piede una converse sfilacciata, rossa come il sangue.
La cenere della sigaretta raggiuse il suolo, poco più sotto la finestra, diventandone un tutt'uno.
La schiena di Molly era appoggiata sul muro della cucina e l'altra gamba rimaneva incrociata sul ripiano, dove la ragazza si era sistemata.
Si portò il filtro tra le labbra e aspirò, riempendone di catrame i polmoni.
Sorrise, godendosi quello spettacolo che si presentava raramente in quella città: una Grayspot soleggiata e fresca.
Si sentiva nell'aria l'odore dolciastro dei fiori e della primavera in arrivo. Metà marzo.
Così prese un profondo respiro e unì il gusto quasi aspro della sigaretta - che a volte le sembrava un misto di nicotina e miele - al profumo floreale di stagione.
Il sole spuntava dietro una coltre nebulosa leggera e decisamente bianca, pura come la più rara delle perle, e investiva con i suoi raggi tutto il villaggio.
Le goti della mora avevano assunto una leggera sfumatura rosea, 
dovuta al calore che quella fonte luminosa offriva, e alla quale la ragazza non era abituata a esserne esposta. 
Qualche rondine si liberò dal cielo, sotto lo sguardo incantato e assente di lei,
alla quale il sorriso non era sceso dalle carnose labbra.
Ragionò su come sarebbe stato poter andare dove avesse voluto, volare sul mondo e visitare ogni posto.
Ovvero, come fosse stato essere libera.
Aveva poco da lamentarsi, era felice e la sua vita pareva normale, ma non noiosa. Eppure, le mancava qualcosa.
Quel qualcosa di indefinito che ti fà seccare la gola, che ti blocca il respiro, che ti fà farnetificare.
Quel qualcosa che sai di dover avere, ma che non sai cosa sia. Quale forma abbia, di quale essenza sia fatta.
Che ce l'hai sotto il naso, ma che non ti accorgi che sia così, finchè il destino non ci mette lo zampino.
Ad interrompere i pensieri della diciassettenne, ci pensò un ragazzo con una maglietta a righe, bianca e blu.
I pantaloni della tuta, scuri come le notti di Dicembre, erano leggermente mossi dal venticello di marzo, e i suoi occhi, quegli occhi blu come il mare, si erano posati gentilmente sulla figura della giovane Price.
La guardava, sempre con quel cipiglio divertito a rinfrescare il suo viso, a qualche passo di distanza.
«Molly.» affermò lui. Non era un saluto, nè una domanda. Era una semplice constatazione; lei era lì e lui lo sapeva.
«Ancora non so come ci riesci, cavolo!» esultò quest'ultima.
Sentendosi nominare, il suo sguardo era corso istantaneo su Ezra, si era tolta le cuffiette e non potè fare a meno di esporre quell'osservazione. Tutte le volte che i due si erano incrociati per Grayspot o che si erano incontrati, 
non aveva mai mancato di fare quella frase sorpresa e stupita.
Sorrisero contemporaneamente.
«E tu non ti stanchi mai di farmelo notare.» commentò il moro con finto disappunto,
il che fece esplodere l'ilarità fragorosa della ragazza.
Molly si accinse a spegnere la sigaretta sul muretto, al di fuori della finestra, che fungeva da davanzale esterno.
Il leggero rumore che produsse quest'ultima, scontrandosi con la fredda e umida superficie,
venne colta dall'udito fino di lui che, dopo averle regalato un'espressione severa,
le disse scocciato «Smettila di fumare e vieni con me a farti un giro, piuttosto!».
La mora allungò le braccia verso di lui che, sentendone la presenza, le afferrò aiutandola a scendere dalla finestra.
La severità, che aveva alloggiato per qualche secondo sul viso del giovane, si dissolse  in poco tempo,
dopo che vibrazioni positive raggiunsero il suo corpo. Difatti, lei sorrideva, più radiosa che mai.
«Dove si va oggi?»
«Passeggiata nei boschi?» propose lui.
«Andata!».
In realtà, lui, non aveva nessuna capacità straordinaria in più degli altri.
Ovviamente, gli anni di cecità avevano contribuito ad affinare il resto dei sensi, ma di certo non faceva miracoli.
La verità era che, ogni qualvolta che Molly gli era con lui o vicino,
il suo olfatto registrava una dolce fragranza di vaniglia mista a quella fresca e vivac della cannella.
Era un profumo che ormai aveva impresso nel cuore, nel cervello, e che avrebbe dimenticato con non poca fatica.
Molte volte aveva pensato che lei adoperasse profumi particolari,
ma ben presto si era reso conto che quello era proprio l'odore della sua pelle.
Fresca come la primavera, frizzante come l'estate. Un turbine di colori; ecco come immaginava Molly Price.
Perchè, anche se non aveva mai visto la sua figura con le pupille, poteva immaginare le sue fattezze, i tratti somatici,
le gesta e i modi di fare.
La sua risata gli era arrivata più volte ai timpani facendogli nascere la convinzione che lei gesticolasse molto con mani e braccia.
Aveva sicuramente la chioma folta e scura, lo aveva percepito nell'istante in cui, per sbaglio, una volta le aveva sfiorato i capelli, credendo di toccare un suo braccio o una sua mano, chiedendone l'attenzione. Erano lunghi e spessi, una qualità che solo capelli scruri potevano possedere. Sapeva che aveva le labbra carnose, unico motivo, secondo lei, per il quale potesse mettersi qualche volta il rossetto.
Quelle labbra...
Aveva in mente una figura minuta, ma peperina. Cominciando a conoscere Molly,
di certo non poteva dire che fosse un tipo tranquillo e monotono.
In sè racchiudeva l'essenza delle stagioni più calde, i colori più brillanti dell'arcobaleno e il fuoco del fato.
In altro modo non riusciva a considerarla.
Dopo l'incontro in ospedale lei si era incuriosita ancora di più ma, non essendo un'esperta in medicina ed essendo completamente negata nel campo, non aveva capito la motivazione della presenza di lui in quel posto così spoglio e malinconico che era il Grayspot Hospital. Così avevano cominciato a parlare, in un pomeriggio freddo di Febbraio,
dopo essersi incontrati per puro caso in erboristeria.
Lei comprava tisane depurative per la donna che l'aveva portata in grembo,
lui erbe aromatiche e medicine naturali per la sua nonna malata.
Dopo alcune settimane, sorpassato di gran lunga lo strano modo in cui si erano conosciuti, i due erano diventati ottimi amici.

Il fresco si tramutò in gelo, il cielo si ricoprì di nubi, i colori dei prati, illuminati dalla stella solare, si erano ingrigiti sotto le ombre delle nubi.
«Non sarebbe meglio tornare indietro?» commentò il moro, sentendo l'odore pungente dell'umidità sopraffargli i polmoni.
Quella piccola cittadina continuava a farsi riconoscere.
«Ma va! Quando ci ricapita una giornata così?» la mora voleva aprofittare del poco bel tempo che era rimasto,
prima del solito temporale.
Si erano incamminati ai confini della città dove, oltre i campi fioriti, nascevano delle folte vegetazioni; i boschi.
Circondavano la città e si estendevano per alcuni kilometri.
Quasi nessuno partiva da Grayspot attraversandoli, prendevano tutti la strada asfaltata che gli uomini avevano costruito come connessione con il mondo esterno.
Era sempre stata una città abbastanza isolata ma quella strada, che si apriva tra la macchia grigia e l'autostrada statale,
era un vero e proprio ponte intermediario che aveva richiesto l'abbattimento di una striscia verticale e retta di arbusti boschivi.
Per non parlare di tutte leggende metropolitane e popolane che avevano terrorizzato da secoli il villaggio.
Leggende come «L'oro degli elfi» o «L'incubo del fanciullo», alle quali Molly mai aveva dato peso o credenza.
Anzi, la cosa la incuriosiva a dir poco: camminare per i boschi, raccogliere quei meravogliosi fiori
che nascevano solo nei prati o in zone strategiche - nella boschiva -,
seguire il corso degli innumerevoli ruscelli o sfamare qualche gatto selvatico; a Molly facevano piacere tutte quelle piccole cose.
Non che fosse una visitatrice frequente - nonchè l'unica - ma, qualche volta,
usava la scusa di voler un buchè di fiori freschi per la casa.
Con Ezra poi, le visite erano state costanti negli ultimi tempi.
Quel giorno però, l'aria si era fatta inaspettatamente pesante, colma di elettricità statica e fastidiosa.
Molly storse il naso, sentendone l'odore pungente, e si guardò intorno.
Quello che vide fù una scenario tetro e suggestivo; sui boschi era calata una coltre bluastra - se non grigia, come i nuvoloni che invadevano e sporcavano la limpidezza del cielo -, la boscaglia si era fatta più fitta del solito e addentrarsi le parve un'idea sconsiderata - per un attimo - per il semplice fatto che l'interno della foresta era oscurata dalla mancanza di sole, rendendo l'atmosfera lugubre.
Ezra, che percepiva il tremare indistinto delle foglie, si mosse verso di lei.
«Una cosa veloce, va bene?»
Lei gli sorrise, grata e gli afferrò la mano, addentrandosi nei boschi con il moro.

«Qui non c'è Molly, torniamo indietro o hai intenzione di rimanere qui tutto il giorno?!» disse il giovane con tono stizzito.
«Ti sei per caso messo ad annusare tutti i fiori o mi stai raccontando una palla?» fù la risposta di lei.
«Si, l'ho fatto.»
Il tono rassegnato e scherzoso di Ezra fece intendere alla giovane che avesse seriamente annusato tutti i fiori e lei, in tutta risposta, si mise a ridere.
E, anche se il ragazzo non avesse conosciuto la fragranza di quel fiore, sarebbe potuto andare ad esclusione e, appena sentito un odore sconosciuto, l'avrebbe chiamata per controllare.
Si voltarono entrambi e continuarono l'esplorazione, alla ricerca di quel famigerato Geranio dei prati.
Era una pianta candida e leggiadra, dal colore chiaro e meraviglioso qual'era il lilla.
Quasi fosse stato partorito dagli dei.
Un fiore che nasceva nelle zone bochive verso giugno ma che, in modo inusuale,
fioriva sempre in quel periodo, per poi spegnersi alla fine della primavera.
La mora si inginocchiò nuovamente, rovistando tra le foglie e la vegetazione, e trovandovi nuovamente nulla.
«Accidenti!» esplose la giovane Price, mettendosi in piedi. «Non ho trovato di nuovo nulla! Tu hai trovato qualcosa?» 
Intanto, il cielo, cupo e carico di pioggia, prometteva solo acqua piovana e scrosciante.
Il vento era diventato più rigido e forte, l'oscurità era ancora scesa su quelle zone, raggiungendone le profondità.
Dopo una manciata di secondi, non sentendo la risposta del ragazzo, la mora si voltò.
Quello che vide la congelò sul posto, mozzandole il repiro e accelerando la frequenza cardiaca del suo cuore.
Le sembrò persino che il tempo si fosse fermato e che non seguisse più la sua melliflua andatura.
Il moro era in procinto di cadere al suolo, gli occhi sbarrati - probabilmente per il dolore - e un tremore coporeo costante.
La paura aveva assalito quel viso che tanto la rassicurava e che, in quel momento, esprimeva una tacita richiesta di aiuto.
Il poco che le retine di lei registrarono fù la punta di una freccia, che spuntava dalla spalla destra di Ezra e il sangue, che dal punto ferito sgorgava copiosamente, sporcandone la maglia e arrivando fino alle scarpe sportive che indossava, passando per i pantaloni in una scia di morte.
Nello stesso momento nel quale il corpo del giovane cadde con un tonfo sordo al suolo, Molly Price emise un urlo straziante.
L'ultima cosa che vide fù il chiarore di un fulmine, che sguarciò il cielo - proprio come il suo urlo aveva squarciato il silenzio - e al quale ne seguirono tanti altri.
Poi vide solo oscurità e nero, che le avvolsero la vista.
Per qualche momento, prima di perdere completamente i sensi, si sentì come lui.
Come Ezra, che non poteva vedere. Si sentì allo stesso modo.
Non un'altra sensazione, non in un'altro modo.
Quella stessa sensazione straziante.

 
Continua...



 


Happy Easter and good evening, girls!
     

Comincio con dirvi buona pasqua a tutti! E buona sera, ragazze!
Buone vacanze!! Okay, deliri a parte...
Eccomi qui con il primo capitolo - spero che vi piaccia,
mi sono impegnata davvero sisi - con una svolta davvero interessante.
Chi ha colpito quasi - tranquille non morirà - a morte Ezra?
Cosa si cela nei boschi?
Che cosa succederà ai nostri protagonisti?

Io, Ezra e Molly vi aspetteremo e - tra strane creauture, qualche elfo di luce qua e là e una rivisita al mondo fiabesco trasformato in versone contemporanea - vi accoglieremo nella tetra e spettacolare Grayspot, in tutti i suoi lati immaginabili!
Bacioni e alla prossima!

- Rea. 
  
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