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Autore: SakiJune    06/04/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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- Waterstones è una famosissima libreria di Londra. Indovinate dove si trova? :P Esatto.
- Le linee della metropolitana verde e gialla, guardacaso, passano sia da Tower Hill (vicino alla Torre di Londra) che da Embankment (la stazione accanto a quella di Charing Cross, a due passi da Trafalgar Square).
- McGillop è idiota. Punto. Ma gli voglio bene.


Lavorare al Monitoraggio Eventi non era umiliante di per sé, Kedred ci aveva tenuto a sottolinearlo quando il Dottore era venuto per il matrimonio. Semmai non era gratificante, e di sicuro non era il mestiere per cui era venuto al mondo; lo portava ad isolarsi e a rimuginare. Ma la parte peggiore, che non avrebbe mai raccontato a Thistle né a nessun altro, stava nel dover dividere gran parte della giornata, seppure in postazioni differenti, con qualcuno che avrebbe preferito non rivedere mai più. In tutta coscienza, non lo considerava direttamente responsabile della morte di Ash, non più di quanto ne avesse avuto colpa Jack, o qualunque altro studente coinvolto nella bravata di quella terribile notte… eppure guardarlo in faccia gli dava ancora i brividi.

Era un evitamento reciproco che in quei primi anni aveva funzionato abbastanza bene. Si era chiesto se a sua volta anche Blynexus non si sentisse a disagio in sua presenza, ed era giunto alla conclusione che sì, era così, senza dubbio…

Se si fosse confidato con il Dottore, questi gli avrebbe ricordato che lui stesso aveva causato la morte dei suoi compagni, quand’era all’Accademia, e in un modo ben più atroce, e che sentirsi addosso sguardi carichi d’odio aveva avvelenato i secoli successivi, finché infine non era fuggito. Forse l’avrebbe anche spinto ad ammettere che Ashred era comunque condannato, che le sue possibilità di stabilizzarsi ricevendo il nucleo simbiotico e diventare un Signore del Tempo a tutti gli effetti erano scarse, se non quasi nulle. Forse… avrebbe dovuto incolpare se stesso, perché nascondere agli altri le sue condizioni era stato un errore, eppure…

“Non voglio la compassione degli altri. Non so che farmene, Ked, tanto varrebbe restarmene in casa a piagnucolare.”

E lui sapeva bene cosa significasse vivere rinchiuso, perché aveva trascorso tutta la Guerra del Tempo fra le mura di Deeptree, circondato da TARDIS morenti, con il suo taglio di capelli fuori moda, lottando nei sogni agitati per non lasciar sbiadire il ricordo di sua madre.

“Sei sicuro? Dovresti fare molta attenzione. Non potresti comunque frequentare i corsi di Telepatia e Controllo Mentale, per compensare dovresti mantenere dei voti alti ma fare uso dei concentrati il meno possibile… e potrebbe non bastare comunque”

“Ma io voglio andarci lo stesso! Anche Jackjamin ci andrà, quest’anno, io non voglio essere diverso! Non voglio!”

Si era chiesto se avesse sbagliato a portarlo a visitare Lungbarrow, quella stessa estate, e ad aver lasciato che socializzasse con i figli del Dottore. Ma era il minimo che un bambino della sua età dovesse vivere… E poi tutto era accaduto da sé, non c’era più stata ragione per continuare a pensarci, era stato più semplice vivere il presente. L’aveva visto crescere e studiare e innamorarsi, perché no, non gli era sfuggito nulla, lo sapeva… sapeva che avrebbe seguito Jack sino all’inferno e ritorno.

Ma non c’era stato ritorno, per nessuno dei due.

- Ho preso per sbaglio il suo blocco di memoria. Ecco.

Kedred aggrottò la fronte e ringraziò bruscamente, tenendo gli occhi bassi. Nexus sembrava volergli dire qualcos’altro, ma deglutì e tornò alla sua postazione.

Avrebbe dovuto fermarlo? Mettere da parte i risentimenti, dirgli che era tutto dimenticato, che gli augurava il meglio-

No, non adesso.

Infilò la memoria nell’apposita fessura e questa si chiuse; la scaletta dei sistemi da controllare per quel giorno iniziò ad apparire sul monitor, Rilassò le spalle e si concentrò, preparandosi a selezionare il più urgente in base alla criticità delle precedenti rilevazioni.

 

- Blynexusevendalleraph è richiesto nell’ufficio del supervisore.

Kedred lo udì sussultare e uscire dalla stanza in tutta fretta, pensando amaramente che nulla cambiava, tutto si distruggeva e nulla cambiava...

Una delle scritte lampeggiò. Mosse due dita dallo schermo verso l’esterno e fece apparire l’immagine olografica del sistema, settandola all’epoca segnalata. Quando lo raccontava a Ryndane, le lasciava credere che fosse come un bel gioco, ma la verità era molto diversa; aveva assistito ad episodi piuttosto spiacevoli. E per quanto si trattasse di una ricostruzione virtuale, sapeva che quell’evento era accaduto o doveva accadere davvero, a milioni di parsec di distanza.

Come a dargli ragione, uno dei pianeti esplose improvvisamente in una nebbia rossa.

Kedred lo fissò, rabbrividendo, poi si guardò attorno. Non aveva controllato le coordinate, ma gli parve un sistema conosciuto… stava per chiudere temporaneamente l’ologramma e connettersi alle mappe, ma si rese conto di avere la soluzione davanti agli occhi.

Era tutto così orribilmente semplice.

Proprio come… come il disegno di un bambino.

- No… no… no!

Non pensò a ciò che stava facendo. Se ci avesse riflettuto, avrebbe compreso che non poteva essere una coincidenza, che qualcuno stava usando entrambi per giungere ad un fine molto preciso. Ma come poteva riflettere? O anche solo pensare?

Le carte si materializzarono tra le sue mani e formarono un cubo luminoso...




Blynexus si aspettava di essere stato scoperto dai suoi superiori, ed era più sollevato che rassegnato, in effetti. Quell’incarico segreto gli era sembrato un’opportunità, ma a causa di esso sentiva di aver superato un limite - era disgustato da se stesso, senza mezzi termini. Eppure, quando gli era stato proposto, era sembrato una buona scorciatoia per non dover scontare quella punizione per intero, e accedere agli esami in un tempo ragionevole. Aveva esitato, quando gli era stato detto che avrebbe dovuto ingannare il professor Kedredaselus (nella sua mente lo chiamava ancora così, nonostante in quelle stanze non esistessero più titoli o riconoscimenti, nonostante fossero trattati alla pari, come esseri ugualmente indegni); si sentiva già abbastanza in colpa nei suoi confronti… ma forse egli non lo odiava già? Cosa sarebbe mai cambiato, anche se avesse rifiutato?

 

Non fu il suo supervisore, colui che si voltò ad accoglierlo. Era qualcuno per cui lavorava da un tempo molto più recente.

- Non capisco, signore. Sarei venuto a farle rapporto una volta finito il turno, non c’era bisogno di scomodarsi.

Vansell schioccò le dita e un monitor sulla parete si accese. Nexus sapeva dei droni che controllavano costantemente il loro lavoro, non fu quindi così sorpreso di ciò che vide trasmesso. Finse un atteggiamento complice, sforzandosi di sembrare naturale: - Capisco. Notizie che escono dal pianeta senza autorizzazione. Finirà di nuovo tra le sbarre…

- Non per molto, non per un’infrazione del genere - ammise Vansell, apparentemente deluso. Si era aspettato una reazione più eclatante da parte di Kedred, in effetti. Doveva sistemare qualche dettaglio...

- Ma avrò la mia ricompensa?

- Oh, sì. - Vansell si riscosse dai suoi pensieri ed esibì un sorrisetto. - Anche subito.

Il ragazzo lo vide estrarre lo staser e indietreggiò, boccheggiando. - No, non può farlo. Il mio Kithriarca la trascinerà davanti all’Alto Consiglio…

- L’Alto Consiglio esegue i miei ordini, sebbene a sua insaputa. E per quanto riguarda il signore di Blyledge, io e lui abbiamo avuto una lunga chiacchierata. Non sarai rimpianto.

- Ma ho visto… ho visto le mie incarnazioni future. Ne ho viste sei… io...

Vansell scosse la testa. - E tu avresti voluto diventare un Signore del Tempo, quando ignori una delle regole più semplici della teoria temporale? Gli eventi possono essere riscritti. Il futuro che hai visto sta per essere cancellato… ora.

Premette il pulsante una, due volte.

Schioccò la lingua nello stesso istante in cui il corpo di Blynexus colpì il pavimento con un tonfo e sospirò. Questo non faceva parte del piano originale, ma gli sembrò una degna conclusione.





Senza perdersi in convenevoli, il Curatore si rivolse al giovane a cui, più di mille e cinquecento anni prima, aveva chiesto di portare il dipinto nell’Archivio Nero e che si era fatto catturare dagli Zygon come un idiota. - Avete qualcosa che mi appartiene.

- Mi dispiace, - tagliò corto lo scienziato, dimostrandosi ancora più idiota di quello che pensava - non abbiamo potuto recuperare quel fez.

- Seriamente, dottor McGillop? Pensa che abbia trascinato qui le mie ginocchia malandate per un pulciosissimo e ridicolo copricapo?

Era incredibile che ricordasse il suo nome. - Credevo…

- Già. Ora, posso capire che uno Zygon, per quanto intelligente, per quanto esso stesso si avvalga di una naturale capacità mimetica, possa venire ingannato da un potente filtro di percezione. Posso anche ammettere che abbia confuso il Dottore, e per ben quattro volte, ah! che sciocchi. Ma non ha ingannato me.

- Capisco. No, beh, non capisco, perché non sono riuscito ancora a farmi un’idea di chi lei sia in realtà. Ma dovrà aspettare che torni la dottoressa Stewart, qualsiasi cosa stia cercando.

- Nemmeno se le dicessi che, se mi lascia qualche momento con la sua assistente, posso sbloccare i suoi ricordi?

Se prima era nervoso, il giovane entrò in allarme. Si sentiva responsabile, in assenza di Kate, questo poteva comprenderlo. - Inizio a pensare che lei non sia il benvenuto, qui. Mi permetta di accompagnarla, e prenda un appuntamento con…

Osgood sgusciò da dietro la porta e lo prese per un braccio. - No, aspetta! - McGillop fece per metterlesi davanti, ma lei era determinata. - Ho sentito tutto. Non penso che stia mentendo.

- Osgood, allontanati, non so che intenzioni abbia.

Strano, pensò lui, gliel’aveva appena spiegato.

- Se Kate si fida di lui, devo farlo anch’io. So che non vuole farmi del male.

Il Curatore sorrise. Per un istante lei ebbe una sensazione inspiegabile.

- Non ci siamo ancora presentati come si deve. - Lui le tese la mano: era grande e robusta. - Sono il professor John Thomas Smith.

- Mi… mi chiamano Osgood.

- A questo punto potevano chiamarti Benton.

- Ce ne sono già due, alla base - replicò lei. Era una battuta spiritosa, o almeno l’intenzione era quella, ma non aveva idea del perché le fosse venuta voglia di scherzare. Era terrorizzata, eppure...

- Non ne dubito. - Il professor Smith aveva un sorriso trasognato, come se fosse sul punto di scoppiare a ridere o a piangere o entrambe le cose insieme. Notò che lei aveva tirato fuori l’inalatore, ma la fermò. - Non ne hai veramente bisogno.

- È che... quando sono nervosa... non riesco a respirare.

- Certo. E il filtro di percezione inizia a fare meno effetto. Tutum-tutum. Tranquilla, passerà. - Prima che McGillop potesse impedirglielo, fece un passo in avanti e le sfiorò una tempia con due dita, lasciandole indugiare un poco. - Da ora, pian piano ricorderai chi sei, e se lo vorrai… sai dove trovarmi. - Si sfilò un biglietto da visita dal taschino della giacca e glielo porse. Avrebbe voluto indugiare a sfiorarle la mano, afferrarla e attirarla a sé. Ma non era ancora il momento, e non voleva causare altro scompiglio, perciò fece per andarsene.

- Aspetti!

- Sì, ragazza? - Si appoggiò al bastone e tornò a voltarsi verso di lei, accarezzandola nuovamente con lo sguardo.

- Ho... paura.

- Oh. - Si massaggiò la radice del naso, come per un mal di testa incipiente o una brutta notizia da dover rivelare. - Forse ne avrai molta di più quando scoprirai la verità, ma ormai… non sarebbe possibile né giusto tornare indietro, non trovi? A proposito, scendi a Embankment.

Lei lo guardò senza capire.

- La metro qui fuori. La verde o la gialla, non fa differenza. A presto.



Quella sera, tornato da Cardiff con l’ultimo autobus, Malcolm la trovò raggomitolata nel suo solito angolino. Il racconto di McGillop era stato abbastanza sconnesso, ma aveva parlato con Kate al telefono e gli era sembrata ottimista al riguardo, fermo restando che non le piaceva parlare con lui dell’argomento - ma, finché fosse rimasta bloccata in Perù, le avrebbe fatto comodo avere un paio d’occhi di sua fiducia a vigilare.

- Come ti senti? Cosa ti ha fatto?

Non si accorse che lui era troppo calmo. Dopotutto aveva bisogno che lo fosse, che la rassicurasse. - Niente. Sto bene. Ho solo… ricordi quando ti dissi che lo Zygon mi parlò di mia sorella? Ora credo di ricordare il suo viso. Solo questo, ma è piuttosto forte.

- Ed è davvero più carina di te? - Lui alzò le sopracciglia in una smorfia buffa.

- Oh, sì. Decisamente.

Le toccò il naso. - Non ti credo, non su questo. -  Lei arrossì, ma per entrambi qualcosa era cambiato. Per lui era cambiato tutto, ma non poteva rivelarglielo. - D’ora in poi andrà sempre meglio. Anche se dovessi scoprire qualcosa di molto doloroso, sarà la verità e troverai la forza di affrontarla. Credimi, è molto meglio del buio. È molto meglio del vuoto, e… no, non sarebbe stato giusto riempirlo con qualcos’altro.

“Che ne sai, tu, del vuoto e del buio?” pensò lei, improvvisamente consapevole della distanza incolmabile tra loro.




Giunsero come incubi a svegliarla nel cuore della notte, a scuoterla e rivoltarla dal profondo verso l’esterno. Come rigurgiti di un’altra lingua nella sua gola, le tolsero il respiro. Come nuvole viola su un cielo color arancio bruciato, la cullarono in un tremito pieno di stupore.

“Iseult era bella come il sole e bionda come il grano, ma Palamedes era forte, proprio come lui, e scuro come una notte senza stelle a proteggere la loro promessa d’amore”

- Mamma?

“La vita è così antica laggiù

più antica degli alberi

più giovane delle montagne,

soffia come il vento…”

- Papà?

Si era toccata il braccio, là dove le era stato impiantato il filtro. Bruciava ancora.

(Waterstones. Era una bella parola. Sembrava il nome di una delle Grandi Case di Gallifrey)

E le bruciavano gli occhi per quella luce troppo chiara. Non riusciva a immaginare di farlo davvero, per quanto in quegli anni avesse cercato di convincersi che non le importasse di lui… dirgli che su Gallifrey avevano bisogno di una promessa solenne e della prova finale, altrimenti-

- Ked…

Soffocava d’angoscia e di terrore, mentre strani veicoli sfrecciavano davanti a lei, e la gente la urtava passando. Non poteva stare per sempre sotto quel portico, doveva trovare la forza di muoversi. Dall’altra parte di quella piazza, oltre la colonna e le fontane

(l’acqua rifletteva la luce, faceva male, tanto male)

l’avrebbe ritrovato… avrebbe conosciuto il suo ultimo volto.

Ma quando aveva mosso i primi passi, qualcuno aveva gridato dietro di lei. E poi c’era stato solo un rumore assordante, e dolore, un dolore insopportabile che l’inchiodava a terra…

Aveva allungato una mano per cercare di tirarsi su - era intrisa di sangue.

Gli occhi le si chiudevano, ma si era sforzata di tenerli aperti, e quando l’aveva guardata di nuovo… era intrisa di luce.

 

 

   
 
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