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Autore: sfiorisci    06/04/2015    3 recensioni
Anno 3265.
La Terra non esiste più. Gli esseri umani hanno sfruttato tutte le sue risorse, fino a quando questa non è divento un pianeta morente. Un gruppo di scienziati riesce a mettere in salvo parte della popolazione portandola su Xaral, un pianeta con le stesse caratteristiche della Terra. Con la loro partenza sperano di poter mettere fine alla malvagità e la sete di potere degli uomini, ma purtroppo vengono delusi: coloro che avevano salvato si impongono sulla popolazione nativa, massacrando gli Xaraliani.
Anno 4065.
Evelyne è una ragazza fortunata, o per lo meno questo è il pensiero dei suoi dottori. Il suo corpo è stato ritrovato quasi in fin di vita in seguito all'esplosione di un palazzo. Il prezzo per la sua vita è stata la memoria: non ricorda nulla dell'incidente o della sua vita prima di esso, non ricorda amici, familiari e neppure il suo nome. L'unica cosa che sa è la sua età, diciotto anni, confermata dai dottori. Tutta l'eredità del suo passato è una medaglietta con scritto "Evelyne" appesa al collo.
Lentamente, riuscirà a mettere insieme i pezzi del suo passato, scoprendo che il suo destino è collegato a quella misteriosa popolazione, massacrata molti anni prima.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo VI
 
Quando, la mattina seguente, Evelyne aprì gli occhi, non si rese conto che qualcuno la stava abbracciando. Dovette vedere le muscolose braccia di Ashton che le cingevano la vita prima di ricordare cos’era successo la notte prima e, ripensandoci, la ragazza sorrise leggermente imbarazzata. Non era sicura che fosse la prima volta nella sua vita che baciava un ragazzo – continua a non ricordarsi nulla di ciò che era accaduto prima dell’incidente – ma era sicura che, da quanto aveva memoria, era la prima. Evelyne non si era mai innamorata prima di quel momento e mai si era sentita così felice. Posare le labbra su quelle morbide del ragazzo aveva il sapore di una promessa inespressa fra i due, una promessa silenziosa che parlava di amore, protezione e gioia, nonostante le continue difficoltà che avrebbero dovuto affrontare. Prima di quella sera, Evelyne, non aveva nemmeno mai pensato a cosa volesse dire essere stretta da un ragazzo e, dopo aver passato tutta la notte fra le sue braccia, poteva affermare con decisione che era una delle migliori sensazioni del mondo.
La giornata era iniziata e il sole splendeva alto nel cielo, ma nella mente della ragazza c’era ancora la volta celeste ricoperta di stelle in cui avevano suggellato il loro amore con un bacio. Dopo quel tocco delicato, quasi troppo, non ce n’erano stati altri, così come non c’erano state parole: la nottata era trascorsa fra sorrisi smaglianti e timidi sguardi e ad entrambi andava bene così. Sentivano lontano l’amore dei gesti plateali o delle grandi promesse: lei stava ancora scoprendo il mondo, mentre lui aveva aperto il suo cuore per la prima volta. Entrambi avevano ancora molto da imparare e, iniziare la loro storia con tranquillità, sembrava la cosa giusta.
Senza riuscire a togliersi di dosso il sorriso che le si era stampato in volto, Evelyne, scostò delicatamente il braccio di Ashton e uscì dalla tenda, felice come non mai di essere viva. Tutto le appariva migliore: il cielo sembrava più blu, il sole più raggiante, l’erba più fresca… non tornò alla realtà fino a quando non vide Kevin Fort che la fissava con confusione.
«Evelyne?» le chiese, come se non credesse che lei fosse lì.
«Buongiorno Kevin» gli rispose, raggiante.
«Ero venuto a svegliare Ashton, non avrei mai creduto di incontrare te. Vi siete per caso scambiati tenda questa notte?»
«No, noi in realtà…» Evelyne arrossì molto prima di poter dare la risposta «In realtà abbiamo dormito insieme».
«Ah» fu il commento secco di Kevin. Di certo non era il tipo di uomo che si scomponeva per notizie così futili, ma dall’espressione che aveva in faccia si capiva che la scoperta doveva averlo sorpreso non poco.
«Ma non c’è stato nulla fra noi, abbiamo solo dormito» precisò Evelyne, prima che l’Ibrido potesse pensare che fra i due fosse accaduto qualcosa di strano.
«Evelyne…» mormorò Kevin, sospirando «Non credo che questo possa farti bene, data la situazione».
«Che intendi?» gli domandò la ragazza, con l’euforia della notte precedente che andava scemando. Perché non avrebbe dovuto approvare il suo rapporto con Ashton? Non c’era nulla di male a voler tentare di iniziare una storia.
«Ho vissuto abbastanza a lungo per conoscere qual è la reazione di una ragazza quando la persona di cui ti innamori ti spezza il cuore. È doloroso, così tanto da far perdere la ragione e, in tempi di guerre come questi, non è l’ideale che tu impazzisca» le spiegò.
«Come fai a dire che mi spezzerà il cuore?» chiese Evelyne, sorda agli avvertimenti dell’Ibrido.
«Oh, Evelyne» esclamò lui, con un’espressione tenera in volto e una nota di dispiacere nella voce «Non è chiaro?».
 
La spiegazione dei timori di Kevin fu chiara solo dopo quando l’Ibrido la portò a parlare con Mark. L’uomo aveva raccolto tutta la roba di Ashton nel suo zaino – ad eccezione della tenda in cui il ragazzo continuava a dormire – ed era in trepidante attesa che suo figlio si svegliasse.
«Non vedo l’ora, sono così felice» continuava a ripetere, mentre sul viso gli era comparsa un’espressione radiosa.
«Cosa sta succedendo?» gli chiese Evelyne, senza capire lo strano comportamento dell’uomo.
«Ce ne andiamo» rispose Mark «Io e mio figlio ce ne andiamo, fuggiamo lontano da questa guerra, lontano da tutto. Finalmente potremmo vivere la vita che ci era stata rubata»
«No!» esclamò la ragazza ed impiegò qualche secondo prima di capire che aveva urlato la reazione suggeritale dalla sua testa.
«No cosa?» domandò il padre di Ashton, perplesso, aggrottando la fronte «Pensavo che ci avessi salvato per questo; per ridarci la vita. Sono forse in errore?»
«Sì! Cioè no!» rispose confusamente la ragazza.
«Ora è più chiaro, grazie» commentò sarcasticamente Mark.
«Intendevo dire che è ovvio che vi ho salvato affinché voi due possiate vivere, ma non potete abbandonarci: siamo in pochi, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto necessario» si spiegò Evelyne.
«La ragazza ha ragione» intervenne Kevin, che fino a quel momento era rimasto in silenzio ad osservare i due discutere «Non possiamo permetterci di perdere seguaci»
«State dicendo che dovrei rinunciare alla mia vita per voi? No grazie. Mia moglie e mio figlio hanno già pagato abbastanza per i miei errori, non ho intenzione di ripeterli» sentenziò Mark, facendo capire ai due che non sarebbe servito a nulla cercare di fargli cambiare idea. Proprio in quel momento, Ashton si stava dirigendo verso di loro.
«Cos’è successo? Le vostre grida mi hanno svegliato. E, tanto per informazione» aggiunse con fare sarcastico «Dev’essere una cosa grave se siete riusciti a svegliare perfino me».
«Vogliono dividerci» disse Mark, prima che gli altri avessero l’occasione di parlare.
«Cosa?» domandò stupito Ashton.
«Hanno detto che non gli importa il fatto che tu voglia passare del tempo con tuo padre, l’importante è che li aiuti nella loro stupida guerra. Sono egoisti, Ashton, non pensano a te o a noi. Pensano solo a loro stessi»
«È vero?» chiese Ashton, voltandosi verso Evelyne.
«Beh…» rispose la ragazza mordendosi il labbro. Come faceva a dirgli che la ragione per cui non voleva che partisse è che sentiva di amarlo?
«Quello che Evelyne sta cercando di dire» intervenne Kevin, prendendo il controllo della situazione «È che tu sei stato molto importante per noi nel corso di questi anni. Ci hai aiutato in un sacco di modi e sei entrato a far parte del nostro schieramento. Non crediamo che tu voglia abbandonarci, tuo padre potrebbe unirsi a noi e potremmo…»
«Potremmo cosa?» lo interruppe Ashton, furioso «Potremmo continuare a sacrificarci in nome di un popolo che non esiste più? Perché, io e mio padre, non potremmo invece provare ad essere felici? Non potremmo lasciarci tutto questo alle spalle e ricostruirci una vita? Certi affetti sono più importanti di una stupida guerra»
«È per questo che ti chiedo di restare!» sbottò Evelyne, con le lacrime agli occhi «Se per te quello che abbiamo condiviso la scorsa notte significava qualcosa, se è vero che sei innamorato di me, ti prego, resta»
«Non sai cosa significa credere che tuo padre sia stato ucciso, scoprire che sia vivo e avere un’opportunità di rifarti una vita con lui. Durante tutto il tempo in cui ho avuto modo di conoscerti ti ho vista solo avida di scoprire il tuo passato, non hai la più pallida idea di cosa sia l’affetto di un genitore, né di quanto possa mancare. Solo un mostro non mi lascerebbe andare con mio padre» affermò Ashton, lo sguardo deciso e sprezzante rivolto verso la ragazza.
Appena la parola “Mostro” uscì dalle sue labbra, ad Evelyne sembrò di sentire il rumore del suo cuore che si frantumava in piccoli pezzi: ebbe solo il tempo di mormorargli un «Vattene» prima di crollare a terra e piangere, con le mani a coprirle il viso e Kevin Fort a darle piccole pacche sulle spalle come per confortarla.
 
Erano passate solo poche ore da quando Ashton e suo padre avevano lasciato l’accampamento e l’Ibrido sembrava più in ansia che mai: parlava veloce camminando su e giù, mentre Evelyne si limitava a guardarlo con aria afflitta. Non riusciva a capire perché un attimo prima era felice come mai prima d’ora e quello dopo si sentiva stanca e senza forze. Ashton le aveva confessato di essere innamorato di lei la sera precedente e, qualche ora dopo, le aveva urlato di essere un mostro. La ragazza non faceva altro che riflettere su quelle parole ma, più ci pensava, meno capiva se il problema fosse il repentino cambio di idea del ragazzo o il suo essere fuori dal mondo a causa del suo passato. Qualsiasi fosse stata la ragione, comunque, ormai non aveva più senso: Ashton se n’era andato, aveva preferito vivere con suo padre e ora lei e Kevin avrebbero dovuto combattere da soli contro Meatch e i suoi uomini.
«Hai ascoltato almeno una parola di quello che ho detto?» le chiese l’Ibrido, riportandola alla realtà.
«No» rispose Evelyne sospirando con aria affranta. Kevin sospirò a sua volta e si andò a sedere accanto a lei.
«Ascolta io… so come ti senti. So che può sembrare strano perché magari mi vedi come un uomo cinico e stanco, ma quand’ero più giovane sono stato anche io innamorato e anche io ho fatto le mie scelte. Siamo in guerra, Evelyne, e ognuno di noi deve scegliere qualcosa da sacrificare: Ashton si è unito a noi solo per scoprire la verità su suo padre e ora…»
«Lo capisco!» lo interruppe Evelyne, con le lacrime agli occhi «Lo capisco davvero, capisco che voglia stare con suo padre, con la sua famiglia, sangue del suo sangue, ma non riesco ad accettare che mi abbia detto che sono un mostro. Dopo tutto quello che mi è capitato, dopo la perdita della mia memoria, le varie lotte, la prigionia, tutto… se lui me lo avesse detto con calma lo avrei capito. Questa è la mia battaglia, non la sua. Ma mi ha definita un mostro e questo non potrò mai perdonarglielo».
Kevin la fissò intensamente negli occhi, come per voler indagare fino a che punto le sue parole fossero vere. Quando vide che la ragazza, nonostante le lacrime, non spostava lo sguardo dal suo, le parlò.
«Evelyne, io lo so che tu sei ferita e mi dispiace dirlo in questa maniera, ma dobbiamo pensare alla nostra battaglia. Ora che i tuoi poteri sono sempre più in espansione e che abbiamo inflitto un duro colpo al braccio destro di Tyler non possiamo abbandonare tutto»
«Va bene» disse la ragazza prendendo un profondo respiro «Cosa dobbiamo fare?»
L’ibrido sorrise leggermente a quella domanda e fu sorpreso dalla forza che la ragazza mostrava di avere: nonostante avesse subito un duro colpo, era già pronta a ripartire.
«Come sai tutti noi dobbiamo compiere dei sacrifici per questa guerra» iniziò a spiegare «Avrei voluto che il tuo si compiesse più in là possibile ma, ora che siamo rimasti soli, non posso più aspettare»
«Che cosa devo fare?» gli chiese.
«Dobbiamo raggiungere un vecchio luogo sacro degli Xaraliani: lì la magia è così potente che nessun essere umano può mettervi piede. Sono abbastanza sicuro che quando arriveremo lì la tua magia sarà più potente che mai e potremmo scoprire tutti i segreti dei nostri nemici»
«Sembra semplice. Perché non lo abbiamo mai fatto prima?»
«C’erano delle complicazioni. Non sapevo se tu fossi abbastanza forte o pronta. Lo sforzo che farai per usare tutti i tuoi poteri contemporaneamente sarà molto alto e potresti ritrovarti costretta ad avere un prezzo da pagare»
«Quale prezzo?»
Il silenzio di Kevin fu una risposta molto più chiara di molte altre parole. Non disse nulla, ma si limitò a fissarla negli occhi con l’aria triste e sconsolata che ha chi non vuole dire ciò che sa.
«Potrei morire?» tentò di indovinare Evelyne. L’Ibrido continuò a fissarla in silenzio.
«Potrei morire?» ripeté la ragazza a voce più alta.
«Sì, il rischio è questo» rispose infine lui.
«Voglio farlo» affermò rapidamente lei con sicurezza.
«Ti prego, pensaci, non è una cosa da prendere alla leggera!» le disse Kevin.
«Ho preso la mia decisione, sono pronta a sacrificarmi» ribatté lei con sicurezza.
«Dici così solo per quello che è successo. Devi pensarci lucidamente, stiamo parlando della tua vita, non puoi prenderla così alla leggera»
«Non la prendo alla leggera, fidati. È vero che ho deciso molto più rapidamente data la soluzione, ma sono sicura. Ora non ho davvero niente da perdere e, anche se non sono totalmente sicura sui miei poteri ho visto in quanta misura sono dentro di me e non mi abbandoneranno. So che non me lo avresti detto se non fossi stata pronta e, anche se dovessi morire, saprò che il mio sacrificio è stato utile; queste sono tutte le ragioni per cui voglio farlo».
Kevin la fissò di nuovo, sempre più sorpreso dalla sua forza. Non solo aveva il coraggio di reagire, ma era anche pronta a sacrificarsi, se fosse stato necessario… pensò che fosse davvero pronta a salvare Xaral e quello che rimaneva dell’umanità.
«Partiamo domani mattina. Risposati, sarà un lungo viaggio» le disse l’Ibrido prima di congedarsi.
 
Durante la notte, Evelyne non riuscì a prendere sonno. Non aveva alcuna intenzione di tirarsi indietro ma, la cosa curiosa, era che l’idea della morte non la spaventava quanto avrebbe dovuto, anzi le dava una sorta di carica. La ragazza era sempre stata timorosa di morire perché le sembrava che stesse sprecando la sua vita e il solo pensiero la faceva riflettere su tutte le opportunità che non avrebbe mai colto. In quel momento, invece, era addirittura eccitata di poter sacrificarsi affinché la gente si ricordasse di lei grazie al suo contributo per salvare il mondo. Il suo nome sarebbe stato riportato insieme a quello di tanti altri sui libri di storia, le sarebbero state dedicate vie, piazze, monumenti e tutto questo non la faceva sentire sprecata, anzi, le dava un modo in cui voler morire: quello dell’eroe. Questo non era certo il suo sogno di sempre ma, dopo tutto quello che era successo, pensava che le era andata di lusso. Non aveva più un motivo per vivere e, averne trovato uno per morire, le sembrava una manna dal cielo, in quel momento.
Vivere, morire, prendere delle decisioni, erano tutte cose che la facevano reagire e tenevano la sua mente lontana dalle tremende parole che Ashton le aveva rivolto poche ore prima. Evelyne era ferita, umiliata ed anche frustata, non riusciva davvero a capacitarsi di ciò che era accaduto: l’unica cosa di cui era certa era di voler rimuovere il ricordo dalla sua mente. Mordendosi il labbro, pensò che avrebbe dato oro per riavere le sue memorie di prima dell’incidente, ma avrebbe versato la stessa somma anche per dimenticarsi totalmente del ragazzo che l’aveva fatta innamorare.
 
Fu Kevin Fort a svegliarla, il mattino successivo. Evelyne era sprofondata in un sonno pesante, dormiva con il sacco a pelo tirato fin sopra la testa e con la bocca semi-aperta.
«È ora di andare» le disse lui scuotendola leggermente.
La ragazza, lentamente, aprì gli occhi e, per un attimo, parve essersi dimenticata di Ashton e della loro lite. Soltanto quando fu davvero sveglia si ricordò tutto e il peso di quei ricordi si abbatté su di lei. Improvvisamente si sentì stanca e la voglia di stendersi di nuovo e tornare a dormire s’impossessò di lei; solo con molta forza di volontà riuscì a resisterle. L’Ibrido, il giorno precedente, le aveva annunciato che avrebbero dovuto camminare molto per raggiungere il luogo sacro, per cui si vestì più comoda che poté. Scelse con cura i vestiti che le aveva lasciato Barbara e non quelli che aveva comprato nel negozio in cui l’aveva portata Ashton perché non avrebbe sopportato l’idea di poter morire con qualcosa di suo indosso.
Kevin non le fu molto di compagnia durante il viaggio: probabilmente era anche lui amareggiato per la scelta del ragazzo – ormai i due erano compagni d’avventura da molto tempo – e se apriva bocca lo faceva solo per dare indicazioni ad Evelyne sulla strada da prendere o per dirle di stare attenta a dove metteva i piedi. Dal canto suo, la ragazza, non sopportava il silenzio ostinato dell’Ibrido, che le lasciava l’opportunità per riflettere. Cercava di non pensare ad Ashton, tentava con tutte le sue forze, ma ogni sforzo era vano. Forse il ragazzo poteva non essere presente fisicamente eppure lui era lì, in mezzo a loro. Era fra i loro pensieri, fra le loro teste, fra i loro ricordi e fra le parole che avevano paura di dirsi.
Il sole splendeva alto nel sole quando fecero finalmente la prima sosta. Nuovamente, nessuno dei due accennava a parlare, per cui consumarono il loro pranzo in silenzio e si misero in cammino non appena ebbero finito.
Arrivarono nel luogo prestabilito alle prime luci del tramonto. Il cielo aveva preso a striarsi di rosso, mentre il sole, stanco, faceva capolino da dietro le nuvole. Quando non era coperto illuminava di rosso i sentieri percorsi dai due, rendendo ogni cosa più spettrale. Evelyne fissò il rosso sul terreno e, improvvisamente, le venne in mente il sangue. Alzò lo sguardo con la mente confusa da quella visione e capì che erano arrivati nel luogo sacro: davanti ai suoi occhi si ergeva un grande altare di pietra, circondato da parole di una lingua che non conosceva, ma che sapeva leggere. Erano parole tristi, di morte, di infelicità ma allo stesso tempo parlavano di una speranza futura, di un mondo migliore.
«Questo» iniziò a spiegarle Kevin «È l’altare sacro di Xaral. Vi scorre sopra il sangue dei più grandi guerrieri Xaraliani: alcuni di loro hanno deciso, alla fine della loro vita, di morire sacrificandosi sopra di esso, in maniera tale da aumentare la sacralità e la forza magica del luogo»
«Stai dicendo che sono morte delle persone là sopra?» chiese Evelyne, piuttosto sconvolta dalla rivelazione.
«La storia è incerta in questo punto, quindi non so risponderti. Come avrai già capito, però, il sangue degli Xaraliani è una difesa magica importante, forse non tutti sono morti lì sopra, ma il loro sangue è caduto in questa terra».
Improvvisamente, Evelyne capì perché il riflesso del sole a terra le aveva provocato quella sensazione: qualche parte di lei era a conoscenza di questo fatto e, in un modo o nell’altro, stava cercando di prepararla a ciò che avrebbe dovuto fare.
«Devo versare anche io il mio sangue qui, non è vero?» chiese, improvvisamente consapevole di quanto ciò che avesse detto corrispondesse alla realtà.
Lo sguardo dell’Ibrido fu una risposta più che sufficiente.
«E se perdo troppo sangue… potrei morire! Ecco qual era il sacrificio di cui parlavi!» esclamò la ragazza, continuando il ragionamento iniziato precedentemente.
«Ammetto che c’è questa possibilità» confermò Kevin «Ma ho trovato un vecchio incantesimo in un libro di cucina di mia madre: dice come salvare uno Xaraliano quando questo si trova in punto di morte. Bada bene, non so se funzioni con te, tu non sei propriamente una Xaraliana ma, dato che il tuo sangue funziona allo stesso modo del loro, ho pensato di tentare».
«Perfetto, dimmi cosa devo fare» commentò Evelyne, annuendo convinta alle sue parole.
«Nulla. Devi solo stenderti su quell’altare, io penserò a fare l’incantesimo» la rassicurò Kevin, mentre estraeva un foglio dal suo zaino e iniziava a leggere cosa c’era scritto sopra.
Senza fretta, mentre l’Ibrido preparava il necessario per il rituale, la ragazza s’incamminò verso l’altare, osservando ogni minimo particolare che non aveva notato prima. Nel blocco di pietra che costituiva il fianco, ad esempio, c’erano delle iscrizioni e dei disegni così rovinati che non era possibile leggere; mentre in quello centrale vi era una frase, probabilmente un paragrafo inserito in un vecchio testo: “La verità nascosta è spesso quella che ci rifiutiamo di vedere. Abbiamo imparato, grazie alla fiducia in noi stessi, che attraverso i sensi possiamo vedere il futuro e il futuro è limpido, non mente. Le visioni sono il bene, il male sono...”.
«Perché non c’è la fine?» chiese Evelyne, contrariata da quella che sembrava essere una lettura interessante per lei.
«Il tempo e le guerre hanno logorato questo posto. Anche se i comuni essere umani non possono entrarvi, le potenze delle magie e dei sacrifici lo hanno modificato e, senza nessuno a prendersene cura, ormai è quasi del tutto in rovina» spiegò Kevin.
«Che peccato. È una vergogna che nessuno s’interessi a questa parte della nostra civiltà, che viene così dimenticata…» commentò tristemente la ragazza.
«Già, ma non dovrebbe sorprenderti, dopotutto Terrestri non considerano gli Xaraliani come parte della loro storia, quindi probabilmente a nessuno interessa di loro e di questi luoghi sacri» le fece notare l’Ibrido.
Quasi meccanicamente Evelyne pensò ad Ashton e suo padre, gli unici due esseri umani che forse conoscevano la verità e che, per vivere la loro vita, forse non avrebbero mai saputo come sarebbe andata a finire la storia. Improvvisamente, tutto ciò che stava per fare le sembrò sbagliato. C’erano solo lei e Kevin, se non fosse sopravissuta, il vecchio Ibrido sarebbe riuscito a fare tutto da solo? La prima volta che gli Xaraliani avevano provato a combattere contro i Terrestri erano stati massacrati; forse per vincere questa nuova guerra Nativi ed Esseri Umani avevano bisogno di essere alleati contro i Meatch.
«Non vorrei metterti fretta, ma prima ci togliamo questa seccatura meglio è» disse Kevin con una certa nota d’impazienza nella voce «Ti dispiacerebbe stenderti sull’altare?».
La ragazza si apprestò a fare ciò che le era stato detto ma, non appena toccò la calda pietra illuminata dagli ultimi raggi di sole, sentì le grida degli Xaraliani morti e si ritrasse istintivamente, spaventata. Evelyne scoprì di avere un legame particolare con l’altare: non appena lo toccava, grida, sussurri e un turbinio di voci diverse le si affollavano nella mente; capiva che stavano cercando di dirle qualcosa, ma i suoni apparivano distanti e distorti, per cui non comprendeva cosa.
Mentre la ragazza riceveva strani messaggi dall’aldilà, Kevin recitava a bassa voce un rituale, spargendo della polvere di tanto in tanto. L’Ibrido parlava troppo velocemente e con tono troppo basso per cui qualcuno potesse capire le sue parole e, fino a quando non fu arrivato alla parte finale del rituale, continuò in questo modo. Mano a mano che la cantilena andava avanti, le voci si affievolivano sempre di più, fino a scomparire del tutto.
«Eccolo! Ecco il tuo sacrificio!» urlava Kevin in una strana lingua che Evelyne riusciva a comprendere. «Come predetto dai nostri avi, solo il sangue di Xaral può riportare in vita gli Xaraliani. Dal sangue rinasce la morte, dall’odio si compone l’esercito, dall’astuzia si ottiene la vittoria. Un vita dev’essere sacrificata perché milioni di vite risorgano».
Evelyne, sentendo queste parole, si allarmò tanto da chiedere una spiegazione, ma notò con disappunto che le parole non le uscivano dalla bocca. Notò anche che le palpebre le si stavano chiudendo lentamente e che era troppo stanca per muovere anche un solo muscolo. Nonostante non avesse compreso le parole precedentemente dette dai morti, il messaggio che le avevano voluto inviare, in quel momento, appariva più chiaro che mai: pericolo.
«Sia benedetto questo pugnale, la cui lama verrà affondata nelle morbide carni del Sacrificio e dal sangue di costei che ci porterà a regnare» Kevin estrasse un pugnale d’argento dal suo zaino e, mentre effettuava la benedizione rivolto verso il sole, lo teneva con entrambe le mani sopra la testa.
L’Ibrido continuò a decantare gli ultimi versi del rituale, ma ormai Evelyne non vi prestava più attenzione. Era stata stupida a pensare che sarebbe potuta vivere sul serio, che avrebbe potuto avere dei ricordi tutti suoi, che avrebbe rivisto Ashton, che Kevin non avesse un piano perfetto per lei già dall’inizio.
Nonostante tutto, accettava il modo in cui la sua vita doveva finire e, se questo avrebbe aiutato gli Xaraliani, tanto meglio; sperava solo che sarebbe andata in un posto in cui avrebbe potuto vedere tutto ciò. Con gli occhi definitivamente chiusi e la morte che incombeva su di lei, accolse silenziosamente il suo destino.
Sentì il pugnale freddo che le trapassava l’addome poi, con l’estrazione della lama, un liquido caldo iniziò a sgorgarle fuori, bagnandole la pancia e le mani. Lentamente, Evelyne perse i sensi e il suo ultimo pensiero fu che, in fin dei conti, c’erano modi peggiori di morire.
 
Salve a tutti! Ormai chi mi conosce già da un po' sa che i miei capitoli arrivano con molto ritardo e questo non ha fatto eccezione. Giuro, mi piacerebbe essere più puntuale, ma a quanto pare non è da me. 
Cosa ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto il colpo di scena finale? Vi sareste mai aspettati un simile comportamento da Kevin?
Spero di avervi sorpreso, perché ho pensato questa storia nei minimi dettagli, ho voluto dare qualche indizio, ma anche rimanere il più possibile sul vago e mi auguro di avercela fatta. Ringrazio moltissimo tutti coloro che leggono, recensiscono e si appassionano alla mia storia, mi fa piacere avervi coivolti!

Francesca.
 
 
 
   
 
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