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Autore: Glenys    06/04/2015    1 recensioni
Con l'intento di salvare la vita al suo fidanzato, Luke era sceso nell'Ade per contrattare con la divinità.
Da allora, erano passati due anni: il suo fidanzato, Calum, era ormai morto. Luke era rimasto negli Inferi, diventando la metà di Plutone, che lo aveva reso immortale.
Tuttavia l'immagine dell'ultimo secondo di vita del suo ragazzo, lo tormentava. Ossessionato da ciò chiese aiuto alle Moire, le quali gli consigliarono di recarsi nei Campi Elisi: ma solo Zeus, padrone dell'Olimpo e nemico di Ade, avrebbe potuto accompagnarlo.
Sequel di Fallen, consigliabile la lettura
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3037667&i=1
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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2.

 

eus.




La luce del sole che entrava dalla finestra aperta di camera sua aveva smesso forse troppo presto di svegliare il piccolo Luke. Spesso riusciva a ricordare la sensazione che gli davano, quei piccoli e caldi raggi, sulla sua pelle; e, spesso, aveva desiderato di poterli avvertire di nuovo.
Ma ormai era troppo tardi: era troppo tardi per essere svegliato dal sole, dalle urla di sua madre, dalla sua sveglia. Era troppo tardi per essere svegliato da Calum.
Tantissime volte finiva per pensarlo ancora, dopo due anni dal suo abbandono. Perché, sì, lui lo aveva pur sempre abbandonato, nonostante non lo avesse fatto apposta.

Lui voleva solo guarirlo, ma non ci era riuscito.
Adesso avrebbe vissuto tutta la sua vita al fianco di Ade, il tenebroso padrone degli Inferi. Lui era bello, sì, ma non così tanto quando era arrabbiato.
E Luke odiava farlo arrabbiare, perché odiava vedere il fuoco nei suoi occhi, odiava sentirsi bruciare vivo e odiava quella sensazione di morte che lo attanagliava quando litigavano.
Da due anni era lui che lo svegliava.
E il biondino non avrebbe mai pensato fosse possibile, essere svegliato da Ade in persona. Ma aveva imparato molte cose sul suo conto, in quei due anni: Ade mangiava, dormiva, e faceva moltissime cose come gli umani. Ma a differenza loro era bello; di una bellezza che è in grado di colpire tutti, uomini o donne che siano. Lui era bello da star male, di quella bellezza che ti uccide pian piano dentro, di quella bellezza di cui non puoi fare a meno. E forse si erano innamorati per questo.

Stava ancora dormendo, Luke, quando Michael decise di svegliarlo.
Poggiò delicatamente le sue labbra su quelle del più piccolo, sfiorandole. Dopodiché, se ne andò.
Non avevano ancora fatto pace dal giorno prima, dall'ariston e dall'incontro di Michael con quel misterioso ragazzo. Anche lui era carino, ma non quanto Ade.
Così Luke si svegliò, sperando di vedere ancora la figura del suo amato accanto alla propria. Ma non fu esattamente così. Lui odiava svegliarsi da solo.
La sua assenza significava che, no, non lo aveva ancora perdonato. Per cosa, poi? Non lo sapeva neanche lui.
Gli mancava terribilmente; gli mancava terribilmente la sua presenza, i suoi abbracci, i suoi baci, le sue carezze. Gli mancava tutto di lui, e avrebbe preferito parlarne, ancora, anziché sfuggirne.
Si alzò dal letto, completamente nero, sbadigliando. Non sapeva che ore fossero, ma, se Michael lo aveva svegliato, forse era anche tardi.
La sera prima non era riuscito a dormire molto: dopo l'ariston, non si erano rivolti la parola. Michael continuava ad ignorarlo, ad ignorare i suoi sguardi e le sue parole. Faceva finta di non sentirlo, e Luke odiava quella situazione.

Quando uscì dalla loro stanza, trovò Ade intento a fare colazione, con formaggi, olive, frittelle e vino. Non lo aveva aspettato.
E Luke si sentì morire un po', nonostante adesso fosse immortale e non potesse farlo. Ma, vederlo mangiare da solo quando per due anni, nonostante litigassero, avevano sempre mangiato insieme, lo fece morire dentro. Sapeva che per Michael i pasti erano importanti, e che amava essere in compagnia del suo Luke. Ma non quel giorno, a quanto pare. Fino a quel giorno, l'uno aveva sempre avuto bisogno dell'altro. E adesso? Ade aveva ancora bisogno di Luke?
Si avvicinò alla tavola, anche il suo lato era imbandito, come quello di Michael. Ma la sua fame era completamente sparita nel nulla.
Si sedette, versandosi del vino e intingendoci dentro del pane.
Non sapeva che dire, Luke, quindi si limitò a guardare l'amato. Sembrava così sicuro di se', mentre non lo degnava neanche di uno sguardo.
« Michael, ti prego.. »
« Non chiamarmi Michael, non sono uno stupido umano. » a quella frase, Luke ricordò il loro primo incontro, quando Ade gli aveva detto di potergli dare un nome da umano. Ci stava ripensando? Solo per un litigio?
« Non voglio litigare con te, Ade. E credevo che le cose tra noi fossero cambiate, dopo due anni. Cos'è che non ti ho dato di me? Hai avuto tutto ciò che vuoi, dove ho sbagliato? Scusami, scusami se ho fatto qualcosa che ti ha fatto arrabbiare. »
E Michael riuscì a leggere dispiacere negli occhi di Luke. Un vero dispiacere. Vide la sua maschera da persona forte cadere giù, sotto forma di lacrime. In quel momento capì quanto il biondino fosse legato a lui. Era scoppiato a piangere.
Aveva lasciato la fetta di pane su un vassoio e le sue mani si erano poggiate sul viso, per nascondere le lacrime.
Ade non voleva vederlo così, ma non avrebbe potuto far nulla per evitarlo. Quel ragazzo doveva crescere, in qualche modo. Odiava vederlo piangere, disperarsi, ma doveva imparare.
Si alzò dalla sedia su cui era seduto, dirigendosi verso di lui. Era bellissimo, nonostante stesse piangendo.
Per la seconda volta, Ade sentì il suo cuore andare in fiamme, quando lo sguardo dell'amato si alzò nella sua direzione. Quei due diamanti blu lo stavano guardando, come forse non avevano mai fatto prima d'allora.
E pensò che quel ragazzo sarebbe stata la sua rovina.
Non disse una parola, Michael, quando lo abbracciò. L'altro continuò a piangere, mentre bagnava di lacrime il tessuto della maglietta nera del compagno. Quello non disse nulla, però. Il capo di Luke era poggiato sulla sua pancia e le braccia avvolgevano la sua vita.
Rimasero in quella posizione per dei minuti che parvero non finire più, in cui Ade non diceva una parola e, a volte, si potevano udire i singhiozzi di Luke. Nessuno voleva staccarsi dall'altro.
Naturalmente, a fare il primo passo fu Michael: allentò la presa, quasi con la paura che all'altro potesse non andare bene. Ma non fu così. Quello, dal canto suo, non disse una parola. I suoi occhi stavano ancora luccicando, ma non versavano neanche una lacrima.
Michael andò via, di nuovo.
 

 

In momenti come quello, a Luke mancava terribilmente Calum Hood. Avrebbe voluto vederlo, solo un'ultima volta, per scusarsi. Aveva sbagliato, aveva sbagliato a non essere presente al suo ultimo giorno. Sì, lo aveva visto morire, ma non era la stessa cosa. Avrebbe voluto essere presente, lì con lui, a stringergli la mano e a baciarlo per l'ultima volta. Avrebbe voluto dirgli che lo amava e che non lo avrebbe mai dimenticato, non avrebbe potuto. Era stato il suo primo amore, e forse quello più importante. Perché il loro amore era finito con la morte di Calum, loro non avevano litigato. Loro non avevano mai litigato.
E ricordò di quanto Calum fosse intelligente, di come avesse sempre una risposta a tutto; ricordò di come lo confortava quando era giù, e di come trovava una soluzione a tutto quello che, in qualche modo, lo faceva stare male.
Adesso Michael lo aveva lasciato di nuovo solo: se n'era andato, senza dire una parola. Lo aveva abbracciato, sì, ma lo aveva lasciato da solo. E Luke non aveva più voglia di spiarlo.
Decise, semplicemente, di andare a dormire. Perché tutta quella situazione lo aveva stancato e voleva solo riposarsi un po'. Magari, mentre dormiva, tutto sarebbe andato per il verso giusto. Magari, mentre dormiva, avrebbe smesso di litigare con Michael.
Si diresse verso la propria stanza, che condivideva con la divinità, buttandosi letteralmente sul letto. Si addormentò subito dopo.

Quando si svegliò, Luke Hemmings si ritrovò in compagnia di tre anziane donne. Ormai sapeva chi fossero, le conosceva fin troppo bene: erano Cloto, Lachesi ed Atropo, le tre Moire. Cosa volevano da lui, di nuovo? Le aveva mandate forse Michael?
« Luke Hemmings. » disse Lachesi « Ti abbiamo ascoltato, poco fa. Vuoi davvero rivedere Calum Hood? » in quel momento, Luke sentì il terreno cadergli da sotto i piedi. Glielo stavano chiedendo davvero? Avrebbe davvero potuto rivedere Calum? Avrebbero potuto parlare, raccontarsi, salutarsi di nuovo?
Nonostante l'idea fosse allettante, Luke Hemmings non sapeva bene cosa rispondere. E se a Michael non fosse andato bene? Se lui non avesse voluto? Era pur sempre stato il suo primo amore, e, magari, sarebbe stato geloso.
« Io.. non lo so. Lui dov'è? »
« Calum si trova nei Campi Elisi, dove dimorano le anime di coloro che sono amati dagli dèi. » rispose Atropo, la donna che teneva delle cesoie tra le mani.
Luke ci stava davvero pensando. Lui voleva vedere Calum, voleva salutarlo per bene un'ultima volta, voleva sentire ancora la sua voce e parlargli. Voleva raccontargli come fossero andate davvero le cose; perché lui non avrebbe mai voluto abbandonarlo davvero. Perché lui voleva solo salvarlo.
« Io.. sì, voglio vederlo davvero. » alla fine, preso di coraggio, decise di rispondere positivamente. Perché gli mancava da impazzire, e forse i sensi di colpa non erano del tutto svaniti.
« Come posso andare nei Campi Elisi? » a quella domanda, Atropo scoppiò a ridere. Cosa c'era di divertente in quella domanda?
« Devi essere accompagnato da Zeus, fratello di Ade e padrone dell'Olimpo. Solo lui può portarti nei Campi Elisi e da Calum Hood. Solo grazie a lui potrai rivederlo. » e Luke non seppe cosa rispondere, dopo aver ascoltato Atropo. Avrebbe potuto farlo? Andare da Zeus in persona e chiedergli di portare una persona viva tra i Campi Elisi solo per incontrare un'anima? E lui cosa avrebbe risposto?
« E se mi dirà di no? » Cloto lo guardò.
« Oh, sta' tranquillo, ti dirà di sì. »

Quando Luke si svegliò, vide una figura accanto a lui.
Era Michael. Lo stava guardando.
« Scusa, mi sono .. addormentato. » si stropicciò gli occhi, mentre le sue orecchie catturarono la risata della divinità. Sembrava essere meno arrabbiato di quella stessa mattina, forse lo aveva .. perdonato?
« Sei bellissimo mentre dormi. » e Luke pensò quasi di stare ancora sognando, quando sentì quella frase uscire dalle labbra di Michael. In quel momento il più piccolo riuscì a dimenticare tutto ciò successo in precedenza: la loro litigata, il fatto che lo aveva lasciato da solo, il fatto che non lo aveva aspettato per la colazione. Aveva dimenticato tutto. Lo abbracciò.
« Tu, invece, sei sempre bellissimo. » sussurrò, sul petto dell'amato. L'altro, invece, gli lasciò un piccolo bacio sul capo. Quando Luke alzò il capo in direzione dell'altro, le sue labbra furono catturate da quelle di Michael. Sembrava bisognoso di quel contatto, come se fosse l'unica cosa in grado di tenerlo in vita. E Luke si sentì così dannatamente importante, quando Ade chiese l'accesso alla sua bocca. Riuscì a sentire la lingua dell'altro sfiorare la propria, e non sapeva se ci fosse di meglio al mondo. Quasi perse un battito, quando, una volta aver staccato le labbra dalle proprie, Michael dedicò tutte le sue attenzioni al collo di Luke: sentì i denti dell'altro pizzicargli la pelle e la sua lingua passare sulle parti che ora si erano arrossate.
E il biondo pensò a quanto fosse bello far pace con Ade, quando quest'ultimo lo privò di tutti gli indumenti.

 

« Ti amo, Michael. » sussurrò il più piccolo sulle sue labbra, prima di vedere la figura della divinità alzarsi dal letto. Era forse la persona più bella che avesse mai visto.
Quello, da parte sua, gli sorrise. Il sorriso più bello del mondo.
Luke non aveva né la forza né la voglia di alzarsi dal letto. Continuava a rigirarsi tra le coperte, guardando i suoi vestiti sparsi per terra. E sorrise: sorrise perché, nonostante tutto, aveva chiarito con Michael, il suo Michael. Avevano finalmente fatto pace.
Il biondo era talmente stanco, talmente felice, che si addormentò.

Riaprendo gli occhi, si ritrovò in ospedale, nella stanza di Calum.
Vide sua madre accanto al diciannovenne: stava piangendo. Gli teneva la mano, sembrava quasi aver capito cosa sarebbe accaduto da lì a poco.
Calum aveva lo sguardo puntato in direzione di Luke, come se lo stesse aspettando. Quando lo vide, i suoi occhi si sgranarono, e la sua mano si tese verso di lui.
Lo aveva visto davvero.
Luke riuscì a tendere il braccio verso il fidanzato, ma, quando stavano per toccarsi, Calum chiuse gli occhi. I suoi muscoli si distesero, e l'unica cosa che il biondo sentì fu il pianto disperato di Liz.

Luke si risvegliò urlando e, senza volerlo, richiamò l'attenzione di Michael.
Lo vide avvicinarsi al letto, con la preoccupazione negli occhi.
« Luke, cosa c'è? » il biondo gli riservò un'occhiata interrogativa.
« Hai urlato, Luke. Hai fatto un incubo? » e a Luke ricordò dannatamente sua madre, prima che lui andasse via di casa. Aveva pronunciato le stesse parole, come se fossero scritte in un copione e le stesse leggendo per farlo stare ancora più male.
Luke non capiva, non riusciva a capire proprio nulla. Aveva ancora una volta gli occhi scuri di Calum puntati addosso, e non riusciva a credere come fosse possibile. Cosa aveva fatto di male per meritare tutto ciò? Che Calum, il suo vecchio amore, la sua vecchia fiamma, lo stesse chiamando? Era forse un segno dell'Aldilà? Per un momento pensò di dirlo a Michael, di raccontargli tutto, perché lui era lì e lo stava guardando dritto negli occhi.
« Io.. sì, ho fatto un incubo. Puoi uscire così io .. mi vesto? »
Michael si alzò dal letto, continuando a guardare il biondo. La sua preoccupazione non sembrava essere sparita, anzi. « Non credo che per te, fino a qualche ora fa, fosse un problema farti vedere nudo. » dopo aver ricevuto da parte di Luke un sorriso di circostanza e dopo aver visto le guance del più piccolo tingersi di rosa, sparì dietro la porta.

Luke sapeva cosa dover fare. Calum lo stava aspettando, loro dovevano vedersi.
Ma prima avrebbe dovuto far visita a Zeus, che era l'unico in grado di accompagnarlo, ma non sapeva come incontrarlo. Perché Luke era prigioniero dell'Ade, in un certo senso. Non poteva uscirne.
Così decise che ci avrebbe pensato meglio quella notte, così da mettere in atto il tutto il giorno dopo. Ormai era troppo stanco per pensare a qualcosa di utile.
Ma era certo che, il giorno dopo, avrebbe rivisto Calum.
Aveva saltato il pranzo, dicendo a Michael di non sentirsi molto bene, dopo quell'incubo. Ade gli aveva chiesto innumerevoli volte di cosa si trattasse, ma Luke gli aveva detto di non volerne parlare. E a Michael andava bene così, perché aveva paura di farlo scoppiare a piangere una seconda volta.

Quando arrivò la sera, forse per la prima volta in due anni, Michael si avviò verso la loro stanza con Luke stesso. Perché, in realtà, il più delle volte Ade andava a letto molto più tardi rispetto al biondino, che di compiti assegnati ne aveva ben pochi.
Ma quella volta, probabilmente, Ade era così tanto preoccupato per il ragazzo da volerlo tenere maggiormente d'occhio, e a Luke quella situazione piaceva terribilmente.
« Come stai? » si sdraiò sul letto, venendo avvolto dalle lenzuola nere. Sorrise, nel vedere il biondino accanto a lui interamente coperto, con solo un ciuffo in bella vista.
Era adorabile.
L'altro, dal canto suo, mugolò un « bene », che Ade a malapena riuscì a sentire. Michael scoprì il suo volto, rivelando un'espressione corrucciata sul viso dell'amato.
« Cosa c'è, Luke? » dicendo così, gli lasciò un bacio sulle labbra.
« Niente, sono solo tanto stanco » mentì. Mentì perché non voleva che si venisse a sapere dei suoi sogni, lui non doveva saperlo. Da piccolo Liz gli aveva detto di poter dire bugie solo a fin di bene, e quello era il momento adatto per farlo.
Michael decise di non rispondere: a volte non ce n'era davvero bisogno. E Luke non aveva bisogno di una risposta da parte dell'amato, questo lui lo aveva capito. Voleva solo riposare, e quindi lo avrebbero fatto. Ade era certo di non poter capire cosa stesse provando in quel momento Luke, perché lui di incubi non ne capiva nulla. Forse perché quello che le persone definivano incubo per lui era un bel sogno, o almeno qualcosa di normale. Fatto sta che, dopo pochi minuti, entrambi si addormentarono. Se non altro, era quello che pensava Michael. Perché Luke, invece, era ancora sveglio, con le spalle girate verso la divinità, che cercava un modo per andare via dall'Ade.
Ma questo, Michael non lo avrebbe mai saputo.

Dopo interminabili minuti, Luke socchiuse gli occhi. Nel momento in cui li chiuse, però, sentì i suoi piedi sbattere in un terreno che non era quello dell'Ade.
Quando aprì gli occhi, non riusciva a credere a cosa stesse vedendo: si trovava in un luogo che non era certamente l'Ade.
Lì tutto era sui toni del bianco e Luke, abituato all'oscurità degli Inferi, quasi provò fastidio agli occhi. Si ritrovò in un grande corridoio, era il posto più luminoso che avesse mai visto. Quando voltò il capo, vide vicino a lui un ragazzo alato, che sembrava avere pochi anni in più di lui, ma sicuramente più giovane di Ade.
Che si trattasse di .. « sono Morfeo. » disse il ragazzo, ancor prima che Luke aprisse bocca.
« Dove siamo? » e il biondo avrebbe avuto così tante domande da porre alla divinità, così tante da non smettere più di parlare
« Sull'Olimpo, ragazzo. Credevi fosse un posto pieno di nuvole, come vi fanno credere sulla Terra? Oh, davvero, gli umani continuano a stupirmi. » il più piccolo si lasciò sfuggire una piccola risata, seguendo Morfeo che, intanto, aveva cominciato a camminare. Se quello era l'Olimpo, beh, a Luke piaceva.
Era simile all'Ade, ma sicuramente molto più accogliente e più luminoso.
« Dove stiamo andando? »
« Ti sto portando da Zeus, Luke. Non dovevi parlare con lui? » come faceva a saperlo? Lui ne aveva solo parlato con le Moire, e non credeva che loro lo avrebbero addirittura riferito a Zeus stesso.
Luke annuì. Insieme percorsero il lungo corridoio, incontrando talvolta qualche divinità che Morfeo si apprestava a salutare con un cenno della mano. Lì erano tutti così gentili, che il biondino quasi non riusciva a credere di essere sveglio.
« Non posso accompagnarti fino alla dimora di Zeus, piccoletto. Adesso devi proseguire tu, da solo. Ti sarà facile trovarla, è forse la più bella. » per la seconda volta, il più piccolo annuì. Quasi con tristezza, abbandonò Morfeo, che gli riservò un sorriso. Dopodiché, lo vide sollevarsi in aria e sparire nel nulla, grazie alle sue immense ali.
Luke continuò a camminare, avanzando verso qualcosa che non vedeva neppure.
Dopo poco tempo, forse due o tre passi, vide comparire dinnanzi a se' delle porte che, ininterrottamente, si aprivano e si chiudevano. Cercò di guardare all'interno e l'unica cosa che riuscì a vedere fu una densa cortina di nuvole. Era forse quella, la dimora di Zeus sull'Olimpo? Avanzò, deciso ad oltrepassare quelle porte.
Entrando vide tre giovani fanciulle, brune, che tenevano tra le mani dei fiori. Lo guardarono, ma non dissero una parola. Perciò, Luke decise di avanzare ulteriormente.
Dinnanzi a se' vide un seggio bianco con rifiniture in oro, sopra del quale era seduto un ragazzo. Credeva di averlo già visto, ma non ricordava dove. Aveva i capelli castano chiaro e sembrava anche lui più giovane di Ade.
Quando lo vide, il ragazzo dinnanzi a se' sorrise.
« Luke Hemmings. » esordì Zeus. Sembrava talmente sicuro di se', che forse nessuno avrebbe potuto spodestarlo.
Con un cenno della mano, invitò il ragazzo ad avvicinarsi a lui. Quando Luke lo fece, si perse nei suoi occhi chiari e nei suoi lineamenti perfetti. Era bello, ma di una bellezza diversa da quella di Ade.
Zeus lo fece avvicinare a tal punto da poggiare le proprie mani sui fianchi del biondo, che trasalì.
« So perché sei qui, e so anche chi sei e dove vivi. » e Luke pensò che fosse arrivato il momento di andarsene, perché forse quella divinità non aveva nessuna intenzione di accompagnare nei Campi Elisi la metà del suo oscuro fratello.
« Se tu non volessi aiutarmi io potrei capire .. » chinò il capo, già pronto a ritornare nell'Ade.
« Non ti ho detto questo, Luke. Non essere affrettato. » dicendo così, si alzò dal suo trono, alzando il mento del ragazzo con un dito. E Zeus, nonostante fosse suo fratello, era talmente diverso da Michael che fece quasi sorridere il biondo.
« Io sto .. sognando, vero? Mi ha portato qui Morfeo. »
« No, non stai sognando. Ho detto io a Morfeo di portarti da me, per far sì che mio fratello non ne sapesse nulla. E' astuto, Ade, ma se dorme non può sapere che sei qui, adesso. » Luke annuì, costatando l'esattezza delle sue parole. Sembrava gentile. Nonostante non fosse in buoni rapporti con Ade aveva comunque deciso di aiutarlo.
« Ti ringrazio, non credo di meritare così tanta gentilezza. » a quella risposta, Giove gli sorrise. Si avvicinò maggiormente al volto del ragazzo, facendo scontrare le sue labbra con quelle del biondo. Luke ne rimase quasi paralizzato. Nessuno si era mai comportato nel suo stesso modo.
Zeus poggiò la mano destra sulla sua nuca, avvicinandolo ancora di più a se'.
Luke non riusciva a muoversi, quella divinità lo aveva colto di sorpresa.
Dopo aver lasciato un bacio sulle labbra del biondo e avergli tirato l'anellino in ferro che avvolgeva il labbro inferiore, si allontanò.
« A quanto pare devo accompagnarti nei Campi Elisi. Chi hai smarrito? »
« Calum Hood. Lui è – cioè, era – il mio fidanzato. » dopo aver preso una corposa dose di coraggio, Luke era riuscito a far uscire qualche parola dalle proprie labbra.
Michael non avrebbe mai dovuto sapere di tutta quella storia. Mai.
Zeus non replicò, perché forse il ragazzo non aveva davvero bisogno di una risposta.
Lo prese per mano, riservandogli un piccolo sorriso. Subito dopo, una grande luce accecante li avvolse. Luke aveva solo un pensiero in mente: incontrare Calum Hood.

   
 
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