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Autore: MiyakoAkasawa    07/04/2015    0 recensioni
Fatti strani cominciano ad accadere nel mondo ma solo Evangeline sente che c’è qualcosa di sbagliato nella piuma trovata tra le mani di un cadavere; una piuma molto simile a quelle delle ali degli angeli che, morti, infestano i suoi sogni da settimane. E tutto è cominciato a causa sua, o meglio, all’anima demoniaca che è annidata nella sua da ancora prima che lei nascesse. I demoni si nascondono tra le ombre e presto molti altri sorgeranno direttamente dall’Inferno e Evangeline si troverà al centro di tutto: una guerra tra i demoni che vogliono riconquistare ciò che gli spetta, la Superficie, e la volontà di una ragazza che intende mantenere integro il suo lato umano a qualsiasi costo. Fortunatamente Evangeline potrà contare sulle forze angeliche: su Declan, anch’egli solo per una parte umano e per un’altra angelo, lo spirito di un angelo mandato direttamente dal Paradiso per uccidere Lucifero. Evangeline dovrà lottare contro la propria natura demoniaca oltre che contro i demoni che insorgono sempre più numerosi dall’Inferno, ma non sa che questi hanno molti mezzi per impossessarsi della sua anima e alla fine non tutto potrebbe andare come sperato...
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo V
Ciò che è ombra viene alla luce

 
         Evangeline era di nuovo a casa. Dopo aver parlato con quel ragazzo lui se ne era andato senza più rivolgerle una parola e lei era rimasta lì da sola: le ci vollero dieci minuti buoni per rendersi conto di tutto ciò che era uscito dalla bocca di Owen.
         Malgrado avesse fatto tutti i ragionamenti possibili ancora non capiva cosa potevano mai essere quelle ombre alate che attaccavano le persone, pericolose tanto da poterle uccidere.
         Dantalian doveva avere un aspetto simile ma non era riuscita a vederlo perché le sarebbe apparso solo se toccato. Erano inoltre capaci di farti impazzire e vivere sensazioni mostruose come le era capitato nel corridoio.
         Doveva saperne di più, sapere con esattezza chi o cosa fossero quelle ombre e scoprire perché si comportavano in quel modo.  Inoltre doveva assolutamente saperne di più anche a riguardo di quella sua nuova capacità di captare le emozioni altrui; proprio per questo di affrettò a tornare a casa, così avrebbe provato sui suoi genitori.
         -Sono a casa-.
         Evangeline girò la chiave nella serratura dell’ingresso ed entrò. In casa regnava il silenzio.
         -Dove sei stata fino adesso?- la voce di suo padre arrivò dal salotto
         -In giro-
         -Non hai visto che ore sono?-.    
         Evangeline si tolse gli stivali e il giaccone e trovò suo padre seduto al tavolo che lavorava al suo pc. Non le diede nemmeno uno sguardo.
         -Credevo fosse più presto-.
         Erano le sette meno un quarto di sera. Con tutta la strada che aveva fatto e il tempo che aveva perso al parco si meravigliò di aver fatto così presto invece.
         -Mamma dov'è?-
         -E’ dovuta correre in ufficio-
         -A quest'ora?-
         -Sì. Ho ordinato le pizze per stasera-.
         Suo padre continuava a non guardarla.
         -Va bene-.
         Evangeline andò in camera sua, chiuse la porta dietro di sé e si stese sul letto con la faccia rivolta verso il soffitto come ad aspettare chissà che cosa. Fissava il lampadario, le pareti, ogni oggetto che le capitava sotto lo sguardo, senza farci caso.
         Prese il telefono e chiamò Hellawe. Di solito rispondeva sempre ma non quella volta. Di sicuro era da qualche parte a baciarsi con il suo nuovo ragazzo Dean. Nathan, invece, sapeva già che aveva gli allenamenti di calcio a quell'ora e quindi era anche inutile tentare di contattarlo. Voleva sentire la voce dei suoi amici ma in quel momento non ne aveva la possibilità: cosa devo fare?
 
         All'ora di cena sua madre non era ancora tornata e suo padre continuava a comportarsi come prima e come ogni altra volta che sua figlia tornava a casa tardi o faceva qualcosa di sbagliato. Domani la smetterà come fa sempre pensò Evangeline.
         La pizza era buona ma la sua mente era completamente concentrata su suo padre. Voleva riuscire a entrarci e captare qualsiasi sentimento provasse ma non ci riusciva. Con il ragazzo era stato facile, senza volerlo l'aveva trovato da sola. Forse era proprio in quello che stava sbagliando. Non doveva sforzarsi ma semplicemente tenere la mente aperta.
         -Come mai sei così lenta?- suo padre aveva già finito la sua pizza mentre lei era appena a metà. La sua voce la sorprese.
         -Non ho molta fame- mentì. In realtà ne aveva eccome.
         In quel momento a Evangeline sembrò di provare una sensazione estranea pizzicarle la pelle e un attimo dopo sentì sua madre entrare in casa.
         -Ciao ragazzi!- gridò entusiasta -Finalmente sono a casa, non resistevo più fuori con tutto quel freddo-.
         Suo padre si alzò e le andò incontro.
         -Ciao amore, bentornata- si salutarono con un bacio.
         Cosa aveva sentito Evangeline? Le emozioni di sua madre?
         Forse se l’era immaginato.
         -Ciao mamma-
         -Ciao Evangeline, tutto bene?-.
         Evangeline annuì. Sarah entrò in cucina dopo essersi tolta la giacca e si avventò sulla pizza. Evangeline non percepiva già più niente. Avrebbe voluto poter avere un po' più di controllo.
         Da bambina sarebbe stata felice per avere certe capacità ma ora non ne era molto entusiasta: avendo una certa età, sapeva che i superpoteri non esistono e quindi queste sue abilità non indicavano nulla di buono.
         Evangeline finì la pizza che aveva davanti, toccò a lei pulire la cucina e dopo tornò in camera sua. Accese il computer e pensò di fare qualche ricerca on line. Cercò quelle strane creature nere, creature d'ombra, creature alate, ma non trovò nulla che potesse interessarle. Poi fu il turno di cercare i nomi: digitò “Azrael” e visitò alcuni siti, ce ne erano a decine su questo nome. Quando si accorse cosa indicava si sentì un peso allo stomaco e il cuore nella cassa toracica che palpitava incessantemente. “Azrael” o “Azrail”  è il nome tradizionalmente attribuito nell'islam all'angelo della morte.
         Evangeline sbiancò o così si immaginò perché cominciò a sentirsi male. Quel nome doveva per forza avere un altro significato. L'immagine di fianco al testo raffigurava un uomo che guardava in faccia una creatura vestita di nero, il volto era un semplice teschio, due ali piumate e nere gli crescevano dalla schiena e teneva in mano una falce: tipica immagine del tristo mietitore.
         Proseguendo nel testo Evangeline lesse che Azrael aveva il compito di scrivere su un grande libro il nome di tutti gli esseri umani, quando nascevano e quando morivano, dall'inizio della vita alla fine.
         Io non posso essere l'angelo della morte pensò Evangeline non posso esserlo e basta, non potrei mai uccide un altro essere umano.
         Evangeline aveva due genitori che le volevano bene, degli amici, era nata umana, cresciuta come una normale ragazza, e ora un certo Dantalian le veniva a dire che in realtà era Azrael. Forse non intendeva l'Azrael del sito ma un altro Azrael. Eppure non trovò nessun riferimento se non all'angelo della morte.
         Si rimise a cercare e questa volte digitò 'Dantalian'. La ricerca però non la portò a nulla, non c'era nessun riferimento interessante.
         Alla sera tardi Evangeline andò a letto ma non riuscì mai a prendere sonno se non un paio di volte in cui si svegliò dopo nemmeno un'ora con la mente invasa da incubi. Non fu il solito sogno che si ripeteva ogni notte ma sognò le strane figure nere e alate, nascoste nelle ombre degli uomini e nelle ombre della sua stanza, inosservabili ma letali, che aspettavano il momento giusto per apparire ai tuoi occhi e ucciderti di paura.
         Anche se si coricò sotto le coperte all'una di notte, la ragazza continuò a girarsi e rigirarsi nel letto fino alle sette di mattina e a quel punto si dovette alzare per forza. Aveva gli occhi gonfi di sonno e più se li stropicciava per cercare di svegliarsi e più le bruciavano. Era certa che si sarebbe addormentata sui banchi, alla luce del sole quando aveva intorno a sé più persone possibili.
 
         Durante le ore di scuola Evangeline non raccontò nulla ai suoi amici e quando Hellawe le chiese perché l'avesse chiamata a quell'ora lei rispose -Senza un motivo, mi annoiavo. Ti ho chiamato per fare due chiacchiere-.
         L'amica se la bevette e intanto Evangeline pensava a quello che aveva scoperto di nuovo. Intanto cercava di fare pratica con la sua nuova abilità prendendo di mira persone a caso che camminavano davanti a lei nei corridoi. Poco a poco, ogni tanto, sentiva le emozioni di qualcuno: le bastava guardarle per alcuni secondi per scorgere alcuni piccoli dettagli di come si sentivano. Una volta dovette lottare per non lasciarsi sopraffare dalle emozioni estranee perché le arrivarono da più persone contemporaneamente e troppo violentemente, e tutte quelle emozioni contrastanti le fecero venire il mal di testa e sentire male; dovette correre a rinchiudersi in un bagno dove poteva restare un attimo sola e riprendere il controllo di sé.
         Provò anche a cercare quella luce che la aveva condotta da Owen ma non ne vide altre
         Le ore trascorsero lentamente, troppo lentamente. Incontrò per caso il ragazzo del parco. Owen, appoggiato alla colonna portante di un muro, vicino alla finestra, teneva una mano stretta sulla ferita che le aveva mostrato il giorno prima: era chiaro che gli facesse ancora male. Evangeline gli passò di fianco e Owen si limitò a fissarla per un secondo, per poi rimettersi dritto e andarsene nella direzione opposta.
         Probabilmente il ragazzo non voleva avere più niente a che fare con lei ma non ci badò per molto perché lo sguardo di Evangeline fu rapito da uno luccichio che poi scomparve in un decimo di secondo. Forse era una specie di miraggio o il flash di un cellulare di qualcuno ma era successo troppo lontano per capire esattamente cosa fosse stato. Evangeline corse fino alla fine del corridoio dove poi c'erano le scale che salivano o scendevano dirette verso altri piani. Cosa doveva fare? Seguì l'istinto che le disse di scendere e fece di corsa tutti i gradini. C'era una tale ressa che ad un certo punto dovette quasi fermarsi mentre tutti gli altri procedevano su e giù di fianco a lei. Fu in quel momento che lo rivide, lo stesso luccichio argentato che le fece venire voglia di sbatterci contro, una sensazione di calore che la avvolse sempre di più ogni passo che faceva verso la sua direzione: il ragazzo con gli occhi verdi? Faceva caldo in quel momento, davvero caldo, ma Evangeline non sapeva dire se fosse dovuto alla calca di gente che le toglieva l'aria o se fosse quella cosa.
         Cercò di farsi strada attraverso i corpi immobili sui gradini, non poteva aspettare ancora o l'avrebbe perso di nuovo. Ne spintonò un paio più piccoli di lei, sgusciò veloce attraverso quelli più grossi e robusti e arrivò ai piedi delle scale. Dove sei andato? pensò non posso averti perso di vista un'altra volta. Evangeline seguì il calore; era come giocare ad acqua o fuoco: più si avvicinava più sentiva quella piacevole sensazione e più si allontanava più si sentiva gelare.
         Continuò fino all'atrio ma ormai si era allontanato già molto. Doveva prendere la giusta direzione al primo colpo o sarebbe stato troppo tardi. Le opzioni erano andare verso la palestra, uscire fuori, prendere le scale per scendere o per salire o se entrare in segreteria o in un paio di classi lì vicino. Le ultime ipotesi poteva scartarle altrimenti l'avrebbe sentito più vicino, l'intervallo era quasi finito e non c'era motivo di uscire fuori senza contare che faceva molto freddo. In palestra non poteva andare se non aveva lezione lì e così decise di prendere le scale e scendere. Dopotutto era insensato salire di nuovo.
         Scese di corsa le scale che erano molto più scorrevoli delle altre e scese. Per fortuna il seminterrato era l'ultimo piano più in basso. Evangeline corse verso quella sensazione inebriante che si faceva ad ogni passo più intensa. Presto l'avrebbe trovato e avrebbe potuto parlarci. Doveva sapere tutto di lui e farsi spiegare cosa stava accadendo in quei giorni perché di sicuro sapeva qualcosa. Evangeline corse ancora più veloce quando lo vide: la luce argentata che avvolgeva il suo corpo era scomparsa ma il ragazzo dai capelli biondo cenere era lì, a pochi metri da lei. Doveva raggiungerlo a tutti i costi. Lui la notò, fu certa che la guardo negli occhi. Il suo sguardo profondo le gelò lo stomaco e abbozzò un sorriso malizioso ma poi ed entrò nella sua classe e chiuse la porta. -Merda!- esclamò Evangeline. Era lì, a pochi metri da lei, e lo aveva perso. Se solo fosse stata più veloce, se solo avesse indugiato meno sul percorso da fare per raggiungerlo... Si ritrovò con un pugno di mosche in mano.
 
         Evangeline camminava per le vie del centro diretta alla fermata dell'autobus che l'avrebbe portata a casa. Oggi doveva tornare a casa in orario o i suoi genitori non le avrebbero abbonato anche questo ritardo.
         Lo zaino sulle spalle cominciava ad essere pesante e la stanchezza causata dalla notte insonne tornò a farle visita lasciandole il corpo intorpidito e lento. Aveva bisogno di dormire.
         Evangeline salì sull’autobus che arrivò dopo cinque minuti di attesa e si sedette al primo posto che trovò libero. Chiuse gli occhi e si riposò un po’ finché non fu ora di scendere. Imboccò la strada verso sinistra costeggiando alcune villette con tetti e giardini bianchi diretta a casa sua poco distante da lì. All’angolo di un incrocio stavano in piedi una coppia di ragazzi che distribuivano volantini. Evangeline passò di lì e si sentì dire:
         -Ciao! Alle 21:00 di questa sera ci sarà l’apertura del nuovo Luna Park nella zona ovest della città- la sua voce era leggermente rauca -solo per oggi è possibile provare un’attrazione omaggio portando questo volantino in biglietteria-
         -Ah grazie- Evangeline prese il volantino.
         -Dillo anche agli amici, tutti sono invitati-
         Evangeline si affrettò a riprendere a camminare e lesse il foglio che aveva tra le mani: Grande inaugurazione stasera! Venite tutti al nuovo Luna Park e potrete divertirvi come non mai! E solo per voi il divertimento è gratuito! Sul retro si potevano leggere tutte le attrazioni del parco: c’erano le sezioni “divertimento per i bambini”, “divertimento mozzafiato”, “siti di ristoro”. Non era una cattiva idea andarci con Hellawe e Nathan: si sarebbe distratta dalla sua situazione ma prima doveva sperare nel permesso dei suoi genitori.
         Evangeline arrivò a casa e trovò suo padre seduto sul divano a riposarsi dopo la mattinata di lavoro.
         -Ciao papà-
         -Ciao Eve. Come è andata a scuola?- ecco, suo papà l’aveva già perdonata per il giorno prima.
         -Tutto bene- Evangeline gli pose il volantino in mano -stavo pensando di andarci con Hellawe e Nate stasera-.
         Suo papà diede una rapida lettura al foglio -Si, certo. Se vuoi andarci… non c’è nessun problema-
         -Ok-
         -Ma possibile che esci solo con loro due?-.
Evangeline non si aspettava la domanda e rimase accigliata: -E con chi altri dovrei andarci?-
-Hai tanti altri compagni di classe>.
         -Papà lo sai già dai. Non mi sono mai trovata bene con loro già dal primo anno-
         -Va bene, non insisto più- finalmente -Esci con chi vuoi-.
 
         Nel pomeriggio Evangeline chiamò Hellawe e Nathan mentre sceglieva cosa avrebbe indossato alla sera ma, purtroppo, nessuno dei due era libero. Nathan era in punizione per aver fatto a botte (il solito idiota) con un altro ragazzo, suo vicino, che odiava a morte e per questo dovette rimanere chiuso in casa per quella sera e per tutta la settimana successiva mente Hellawe si trovava in centro città con Dean e avrebbero passato la sera a casa di lui, a fare chissà cosa. Perfetto, Evangeline si sarebbe trovata in un Luna Park da sola mentre intorno a lei ci sarebbero state compagnie di amici che si divertivano. La cosa le fece passare la voglia di andarci ma alla fine decise che sarebbe uscita lo stesso per passare un po’ di tempo all’aperto.
         Evangeline fece la doccia, si preparò concedendosi di essere un po’ più carina e femminile e, alle otto e trenta, dopo aver cenato e dopo aver ascoltato i giudizi di sua madre riguardo al suo nuovo look, uscì di casa e prese l’ennesimo autobus. Evangeline si muoveva solamente in quel modo: ormai conosceva tutti gli orari e tutte le linee, sapeva addirittura dove e quando sarebbero passati i controllori così poteva evitare di fare il biglietto ogni volta.
         Dopo venti minuti di corsa, la ragazza scese e già vedeva che, al di sopra di due palazzi proprio di fronte a lei, salivano verso il cielo le luci rosse, gialle e blu del parco. Era stato costruito nella periferia della zona ovest sui resti del vecchio Luna Park che qualche anno prima era stato completamente smantellato a causa delle strutture troppo vecchie e pericolose.
         Evangeline prese la strada verso destra, attraversò un incrocio, andò a sinistra e poco più avanti cominciò già a vedere la fiumana di gente che si prestava ad entrare. C’erano due file all’entrata: a destra entrava chi era in possesso del volantino così che ti davano un biglietto omaggio per provare l’attrazione che volevi gratuitamente, mentre a sinistra c’era il normale ingresso.
         La ragazza si avvicinò all’entrata. Poco oltre poteva vedere una piccola montagna russa e una ruota panoramica che si stagliavano a venti metri di altezza e una fiumana di gente camminare tenendo per mano i proprio figli che tenevano stretti dei palloncini a elio coloratissimi o enormi pupazzi vinti al tiro al bersaglio. Poco più lontano si vedeva un chiosco che vendeva cioccolata calda, zucchero filato e mele caramellate.
         L’atmosfera era magnifica: se ci fossero stati i suoi amici Evangeline si sarebbe e divertita ma, ora come ora, da sola, era impossibile.
         Camminando Evangeline notò un uomo vicino ai cancelli d’entrata e, appena lo riconobbe, sentì un pesò sullo stomaco. Un poveraccio con indosso un vecchio cappotto e la barba incolta faceva l’elemosina seduto per terra tenendo ai suoi piedi un cappello rovesciato per la raccolta delle offerte. Al suo interno c’erano solo pochi centesimi. Proprio in quel momento un uomo e una donna passarono di fronte a lui e si prestarono a lasciargli l’ennesima monetina. Quell’uomo non era un semplice barbone ma era “Il barbone”, colui che Evangeline stava cercando.
         Gli si avvicinò con passo spedito e quando l’uomo malconcio la notò, una nota di allarme passò sul suo volto. Cominciò a farfugliare qualcosa tra sé e sé, raccolse le monete all’interno del cappello e se le mise velocemente in tasca, alcune le scivolarono dalle mani ma sembrava non importargliene. I suoi muscoli erano tesi, lo si vedeva chiaramente dalla rigidità dei suoi movimenti sconnessi. Si alzò in piedi e corse. Evangeline lo seguì correndo a tutta velocità alle sue spalle:
-Fermati! Voglio solo parlare!-
         -Stai lontano da me. Non ho intenzione di morire stasera!-.
         Il barbone le rispose gridando senza voltarsi. Continuò a correre imboccando un vicolo stretto che collegava due strade secondarie tra due palazzi. Non era molto in forze e quindi bastarono pochi secondi affinché si stancasse. Evangeline lo raggiuse subito dopo e gli si mise davanti. Teneva le mani aperte davanti a sé per dimostrargli che non possedeva armi.
         -Non ho intenzione di farti del male. Cosa devo fare perché tu lo capisca?-
         -Stai indietro, non ti avvicinare di un altro passo o sarò costretto a contrattaccare!-
         -Io non voglio attaccarti. Per favore, credimi, ho delle domande da farti e penso che solo tu sappia le risposte-.
         Evangeline aveva il fiato corto e si appoggiò con le mani sulle ginocchia per riprendersi. Il barbone aveva ancora un’espressione allarmata disegnata sul volto ma si stava riprendendo dalla corsa. Evangeline sperò che non sarebbe scappato un’altra volta.
         -Allontanati da me, sporca creatura delle tenebre!- ringhiò e sputò per terra. I suoi modi di fare erano sempre gli stessi.
         Evangeline indietreggiò di qualche passo e riprese a parlare: -Per favore, non scappare di nuovo. Te l’ho detto prima e anche l’altra volta, io non voglio fare del male a nessuno. Voglio solo parlare-
         -Non vuoi fare del male a nessuno dici? Beh, per ora, forse, ma più il tempo passa e più la tua vita cambierà-
         -E’ proprio di questo che voglio parlare. Non capisco cosa intendi con questo. Tu sai delle cose e siccome mi riguardano personalmente, voglio saperle-.
         I due si fissarono intensamente.
         -Cosa vuoi sapere?- chiese il barbone. Evangeline non sapeva da dove cominciare. In effetti non aveva mai pensato a cosa poteva chiedergli una volta incontrato perché aveva negato la possibilità che questo sarebbe accaduto così presto. Rammentò l’incontro precedente che avvenne tra loro due, a cosa l’uomo le aveva detto riguardo il male, i sogni e tutto il resto e allora cominciò proprio da questo: dai sogni.
         -La scorsa volta mi parlasti dei miei sogni che si ripetono ogni notte da settimane. Sono sempre uguali anche se solo ultimamente si sono… prolungati. E siccome li faccio da così tanto tempo, siamo più avanti del previsto, tue testuali parole. Non manca molto a cosa? Qual è il significato di questi sogni?-. Evangeline stette in attesa. L’uomo prese fiato e parlò.
         -Quei sogni indicano un episodio avvenuto molte e molte ere fa, nemmeno io so quando o cosa esattamente sia successo. Il fatto che tu lo veda significa che ti stai svegliando, o meglio, si sta svegliando quel lato di te rimasto sepolto nella tua anima per tutto questo tempo-
         -Come una specie di doppia personalità?-
         -No, questa è una parte della tua anima che ha vita propria e che non fa parte della tua vera natura, la natura umana, ma è qualcosa che va oltre. È difficile da spiegare come concetto siccome non ne so molto, ma questa parte di te è rimasta in attesa per tutti questi anni che tu diventassi abbastanza forte e matura per essere capace di sopportarla-
         -Cosa significa che va oltre la mia natura umana?-.
         Il barbone rimase in silenzio e Evangeline si stava alterando. Alzò la voce.
         -Cosa significa questo? Rispondimi!-
         -Sei molto forte, ragazza, se a questo punto ancora resisti. Non sei ancora caduta ma succederà presto-. Sembrò parlare tra sé e sé.
         -Cosa intendi?-
         -Dimmi, ragazzina, hai mai sentito parlare di…- ci mise dell’enfasi prima di terminare la domanda. Sembrò quasi divertito - …demoni, prima d’ora?-.
         Evangeline si sentì paralizzata. Demoni? Che assurdità stava blaterando? Eppure una parte di lei ci credeva.
         Il barbone riprese a parlare interrompendo il filo dei pensieri della ragazza, che ora era lì, incapace di muoversi, con gli occhi sgranati mentre sudava freddo.
         -Proprio così, demoni, esseri superiori a tutti noi esseri umani. Ma tu non sei come tutti noi, e non sei nemmeno come tutti loro, sei una via di mezzo, una mezzosangue. Non so chi ti abbia fatto questo e nemmeno come, ma leggo che dentro di te si nasconde qualcosa di oscuro che può appartenere solamente al loro mondo. Vedrai, ti useranno molto presto per i loro scopi e sarà così che porterai il male sul nostro mondo-
         -Non è vero!- gridò Evangeline -stai mentendo! Sono tutte stronzate-.
         Eppure alle sue parole credeva poco. Le gambe cominciarono a tremarle incontrollatamente. Una vampata di calore le salì lungo tutto il corpo fino ad arrivare al volto che divenne paonazzo e teso. Sentiva la schiena espellere sudore che, riunendosi in goccioline, le infradiciavano la maglietta già sudata.
         -Non puoi negare ciò che ti sta accadendo. Vedrai, quella maledizione che ti porti dentro si risveglierà, a tempo debito, e per tutti noi non ci sarà più niente da fare-
         -E allora vorrà dire che troverò il modo per impedire che accada-
         -E come pensi di farlo? Sentiamo. Non si può combattere contro i demoni e anche solo sperare di vincerli-.
         Evangeline, ovviamente non sapeva che dire. Non voleva credere a nulla.
         -Quindi, secondo te, dentro di me si nasconderebbe qualcosa che appartiene al mondo dei demoni. Ho capito bene? Per un motivo che non ti è chiaro. Questo basandoti solamente sul fatto che faccio quei sogni assurdi. Non voglio sentire un’altra sola parola da te-.
         Evangeline si asciugò le tempie e si legò i capelli con un codino per far respirare meglio la pelle scottante.
         -Allora, quando sarà arrivato il tempo, lo vedrai con i tuoi occhi che quello che ti ho detto è la verità. Ti sembrerà d impazzire, ti renderai conto di poter fare cose che nessun altro sa fare, sentirai i demoni entrare nella tua vita con violenza per mostrarti qual è il tuo scopo nel nostro mondo. Non manca molto a quel giorno-
         -Ma tu come fai a sapere tutto questo?-.
         Erano troppe le informazioni da elaborare. Sperava che quello fosse solo un incubo ma sapeva bene che era la realtà. Alcune delle sue domande avevano trovato risposta ma ne erano sorte altrettante nuove, ancora più terribili e confuse. Nemmeno lei sapeva più di cosa ancora voleva venire a conoscenza. Se le risposte erano tutte così terribili non voleva sapere più niente. Non aveva mai creduto ad angeli, demoni, religione e quelle cazzate là, e ora, tutto ad un tratto, un poveraccio era stato in grado di collegare gli strani fatti che le accadevano con il fatto che, dentro di lei si nascondesse qualcosa di superiore, di non umano ma demoniaco. Dentro di se, ospitava da anni, come un parassita, l’anima di un demone che presto si sarebbe svegliata per portare il male nel mondo. Era tutto assurdo. Elaborando bene tutto ciò che le era stato detto, si sentì terrorizzata.
         -Capisco che non mi credi ma ti sto mettendo in guardia. Qualsiasi cosa succederà non sarà affatto piacevole-
         -Ma perché proprio tu sai queste cose?-
         -Mi è capitata una cosa quando ancora ero giovane e in carriera. Ho provato a rimuoverla dalla mia memoria molte volte ma inutilmente. Ho avuto un incontro molto spiacevole con chissà quale creatura.-
L’uomo cominciò a tremare nel ricordare quel fatto. Le sue parole erano confuse: -Avvenne diciotto anni fa, mese più mese meno. Ricordo che qualcosa, come un’ombra, mi trapassò da parte a parte, ma non mi ferì fisicamente, anzi, rimasi totalmente illeso, eppure dentro di me sapevo che era cambiato qualcosa. Da quel giorno cominciai a vedere le cose sotto al loro reale aspetto, cose per lo più spaventose, e così impazzii. Persi il lavoro e divorziai, abbandonai i miei figli, che nemmeno più ricordo come si chiamano. Il tempo mi prese tutto ciò che avevo e tentai di uccidermi ma scoprii che mi era impossibile. Qualcosa mi impediva di morire, e me lo impedisce anche ora, e alla fine non potei fare altro che arrendermi alla pazzia-.
         Si creò il silenzio più assoluto. Questo era davvero troppo per Evangeline. Senza aprire bocca prese a camminare per tornare indietro al luna park. In quell’istante pensò a come l’uomo dovesse chiamarsi ma in fin dei conti non le importava granché.
         -Ehi- l’uomo la chiamò urlando -dove stai andando?-.
         Evangeline si arrestò e si girò nella sua direzione.
         -Non mi credi, vero? Ti offro le mie conoscenze, rispondo alle tue domande e nemmeno mi ringrazi- ora aveva l’aria del solito barbone scocciato dalla maleducazione della gente. -Tu li hai visti, non è così?-
         -Visto cosa?-
         -I demoni-
         Evangeline non rispose.
         -O comunque, indirettamente, hai già avuto a che fare con loro e con le loro opere. Sto parlando delle ombre nere-.
         Se lo doveva aspettare
         -E’ così che si manifestano agli esseri umani, come ombre nere e alate. Sono capaci di uccidere con un tocco. Ma se tu ti dovessi imbattere in uno di loro, dovresti essere in grado di vederlo sotto il suo reale aspetto-
         -Ho sentito dell’omicidio che è avvenuto al Record’s Pub e conosco un ragazzo che ha visto un ombra ed è stato ferito da questa-
         -Quelli sono demoni, ragazza, e se sono già arrivati tra di noi significa che la tua anima si è quasi completamente svegliata-
         -Quanti ce ne sono?-
         -Non lo so, ma l’Inferno è vasto ed esiste da sempre-
         -Perché a me?- Evangeline era furibonda.
         -Che cosa?-
         -Perché doveva accadere proprio a me?-
         -Non so nemmeno questo-.
         Evangeline si sentì invadere dall’isteria. Cominciò a urlare in mezzo al vicolo verso i palazzi che aveva intorno, verso gli uccelli appesi ai loro nidi che, sentendo quel grido, volarono via. Piangeva, preda della paura più folle che avesse mai provato e per la rabbia che provava nei confronti di nemmeno lei sapeva chi o cosa.
         -Non ho intenzione di credere a niente di ciò che mi hai detto fin ora! I demoni non esistono. Sono solo una ragazza normale che si è trovata in spiacevoli situazioni e che ha ficcato il naso dove non doveva- singhiozzava e si asciugava le lacrime con movimenti nervosi e ripetitivi che le rovinarono il trucco sugli occhi.
         Ricominciò ad urlare istericamente verso il mondo e verso l’uomo che non sapeva se avere paura per il demone o sentirsi in pena per quell’essere umano che le stavano di fronte, intrappolati entrambi nel corpo di una adolescente. 
         Evangeline cercò di calmarsi. Si asciugò gli occhi e il naso. Si rimise diritta e composta per quanto le era fattibile, prese fiato e parlò, senza avere il coraggio di guardare il faccia il barbone, che nel frattempo si era allontanato da lei di parecchi metri.
         -Cosa mi succederà quando quest’anima si sveglierà completamente? Cosa accadrà a tutte le altre persone?-
         -Non so esattamente cosa succederà a te, alla tua persona e alla tua mente, ma gli altri esseri umani probabilmente non sopravvivranno. Dipenderà esclusivamente da te ma, come ti ho già detto, non ho idea di come reagirai al suo risveglio-.
         Mentre diceva ciò, accadde l’impensabile, improvvisamente, nel tempo di un battito di ciglia. Appena il barbone finì la sua frase qualcosa di tagliente lo trapassò da parte a parte. Evangeline vide solo la lama uscire insanguinata dal suo stomaco, proprio di fronte a lei. La lama venne estratta velocemente, allo stesso modo in cui era penetrata nel corpo dell’uomo, e il sangue cominciò a sgorgare copiosamente dalla ferita. Altro sangue gli uscì dalla bocca. La sua espressione, in un primo momento, era di completa incredulità, dopo, quando si rese conto di ciò che era accaduto, un sorriso si abbozzò sul suo volto e poi ci fu solo dolore, fino all’oscurità.
         L’uomo cadde in ginocchio, poi lungo disteso sull’asfalto e, dopo aver esalato l’ultimo respiro, finalmente morì.
         Solo a quel punto la creatura, o meglio, il demone, apparve, brandendo la spada che gocciolava il sangue di quel corpo privo di vita.
  
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