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Autore: WingsOfShadow    08/04/2015    1 recensioni
[Il principe vampiro]
[Il principe vampiro]Fan fiction incentrata sul personaggio fittizio Gregori Daratrazanoff; Savannah sostituita dalla cara Amelia Dubrinsky, storia che non si attiene molto all'originale, come se Savannah non fosse mai esistita.
Contiene personaggi vari di Dolce Flirt.
Può contenere tracce delle noccioline e degli arachidi che l'autrice ha sgranocchiato mentre scriveva, ma voi fate finta di non averli notati.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
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Mentre entravamo in città il silenzio era sceso tra noi due, ma non ci feci tanto caso: Castiel era uno di quei tipi che ti parlano solo se gli rivolgi la parola. La cosa mi piaceva in particolar modo quando dovevo studiare e quando ero di malumore. 
Notai che la macchina pian piano rallentava; si fermò del tutto nel bel mezzo di una curva. Guardai l'indicatore di benzina, poi fissai Castiel con un sopracciglio alzato.
«Sei uno spilorcio».
«Forse sì, ma il problema è un altro».
Il clacson di un'automobile fece sì che scendessimo e spingessimo la nostra che, fortunatamente, era piccola. Riuscimmo a portarla in un vialetto non frequentato.
«Chiami un carro attrezzi?»
«Lo farei, ma non ho credito».  
«Allora come hai fatto a chiamarmi, prima?»
«Chiamata addebitata». Si strinse nelle spalle. A quel punto sbuffai spazientita. Mi morsi il labbro inferiore, poi chiamai per far prelevare la macchina di Micky Mouse. 
«Dammi le chiavi di casa, vado a piedi». 
«Vengo con te».
«Sei il proprietario, devi aspettare che quel tipo arrivi». Un'idea strepitosa mi balenò in mente. «Oppure... Non vorrai dirmi che hai paura di restare da solo!» sghignazzai mentre egli si faceva scuro in volto. Mi lanciò le chiavi e, nonostante fossi distante circa due metri da lui, le afferrai al volo. E' bello essere carpaziana, sapete? 
«Ci vediamo, Mr Fifone!» 
Cominciai a correre verso il centro, incurante degli sguardi curiosi che la folla mi rivolgeva. Non ero capace di essere invisibile, tuttavia la mia velocità non era per niente male, considerando che ero figlia di un carpaziano e di un'umana.

Vidi Alice e mi fermai dietro un angolo. Incalzai un'andatura calma e le camminai incontro. Quando le fui abbastanza vicina le accarezzai la testa e mi abbassai per abbracciarla: verso le dieci sarei partita e non avrei più potuto vederla, almeno non di persona.
«Cugina Ami!», mi salutò con la sua vocina.
«Alice, piccola Alice! Vai a scuola?» Lei annuì. «Che brava bambina... Spero continuerai ad esserlo anche in mia assenza!» le diedi un buffetto sulla guancia. La sua espressione si fece triste e le lacrime le rigarono il bel faccino che aveva preso da sua madre. Mi strinse forte e io feci altrettanto.
«Su, devi farti coraggio! Una signorina non deve cedere mai al dolore!» Le feci l'occhiolino malgrado gli occhi umidi. «Dai, ti accompagno a scuola». Mi alzai e con la manina calda di Alice nella mia ci recammo a scuola. Durante il tragitto i ricordi di cinque anni passati a Boston riaffiorarono come un film nella mia mente. Stavo per lasciare il mio paradiso...
"Smettila di drammatizzare, Amelia. Puoi sempre tornarci".
Con un groppo in gola che non riuscivo a deglutire dissi arrivederci alla piccola Alice, anche se forse sarebbe stato un addio.
Il mio cuore traboccava di emozioni mentre mi accingevo a tornare e a cancellare ogni mia traccia da quell'appartamento con vista sul mare.
  
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