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Autore: hay_ley    08/04/2015    1 recensioni
Mi affacciai incerta su tutto ciò che il destino mi aveva riservato.
Il vetro opaco non mi permetteva di guardare al di là della luce.
Nessuna sagoma si interponeva tra me e lei, nessuna ombra si proiettava sul pavimento. Riuscivo a sentire il battito regolare del suo cuore. Mentre mi avvicinavo, l’intensità del nostro legame si accresceva, nutrito dal mio amore incondizionato.
Esitai mentre sfioravo la maniglia fredda.
Avrebbe resistito ancora il mio cuore ormai silenzioso già da un po’? Cosa c’era ad attendermi dall’altra parte? Mi vestii di tutto il coraggio che possedessi per affrontare le mie paure e lui mi strinse la mano, pronto a sostenermi in qualsiasi situazione.
Incapace di trattenermi ancora, sfidai la sorte…incontrando tutto ciò che avrebbe segnato indelebilmente il nostro futuro.
"Dedicata ad una persona che non potrò mai avere la possibilità di conoscere."
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Charlie/Renèe, Emmett/Rosalie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Apparenze

I giorni passavano e le cure su Angela sembravano avere un riscontro positivo. L’accompagnavo quasi ogni giorno in ospedale: per non dire nulla a Ben e i suoi genitori aveva chiesto di non essere ricoverata. Carlisle disse che sarebbe stato più sicuro per lei ricoverarla, ma davanti alla sua richiesta non poté far altro che acconsentire. Angela stava meglio e l'espressione triste sul suo volto aveva ceduto il posto al suo sorriso speranzoso. Sapevo che Carlisle sarebbe riuscito a trovare una soluzione. Si era messo in contatto con dottori più in gamba del mondo e avevano studiato la situazione per niente facile di Angela.
Attesi che finisse la visita. Carlisle era a casa perché aveva il turno di notte, quindi non potetti fare altro che camminare avanti e indietro lungo il corridoio. Quando Angela uscì, era impacciata tra le numerose carte che aveva in mano e la borsa che le pendeva dal braccio. Le diedi una mano aiutandola a sistemare le carte nella cartellina e poi ci dirigemmo verso l’uscita.
«Bella...ti ringrazio davvero per essermi vicina. Senza di te non so come avrei fatto. Sei l'angelo mandato dal mio destino» rise. Se ci fosse stato Edward avrebbe sicuramente trovato una qualche ragione per controbattere. Gli angeli sono buoni, invece noi siamo creature dannate secondo la sua visione. Eppure per quanto dovesse essere tenebroso e spaventoso, la sua grazia e i suoi modi di fare si addicevano più a quelli di un angelo che di un vampiro.
«Ho soltanto fatto da intermediario tra te e Carlisle. Il merito è dei dottori che ti stanno curando. Tutto ciò che conta ora è che tu stia meglio e guarisca» le sorrisi mentre la riaccompagnavo a casa. Parcheggiai davanti casa sua senza spegnere il motore. Avevamo perso tutta la mattinata in ospedale e volevo tornare a casa. Angela si tolse la cintura e mi salutò con un bacio sulla guancia che mi lasciò alquanto stupita; la guardai incuriosita.
«Ti voglio bene, Bella. Vorrei non partissi più per Dartmouth. Sarà più difficile quando tu non ci sarai» disse rammaricata. Pensava stessimo per ripartire? Era quella la ragione per cui era così affettuosa? Non avevo accennato a nessuna partenza e non avevo alcun motivo per dirle che saremmo partiti quando non era vero. Volevo rimanere davvero con lei…lei aveva bisogno di me.
«Tranquilla, voglio starti vicina. Edward ha pensato che fosse meglio rimanere qui finché la situazione non si sistema» mentii. I suoi occhi si illuminarono.
«Ti vedrò spesso allora? Mi terrai compagnia davvero?» chiese, esultando.
«Certo!» sorrisi.
«Wow, è fantastico!» esclamò lei.
Aprì la portella e scese, salutandomi ancora con il sorriso sulle labbra. Se non altro, avevo rallegrato la sua giornata. Davvero le bastava così poco per essere felice? Tornai a casa.
«Bella, Carlisle ti sta aspettando in ufficio. Mi ha detto di avvisarti appena tornavi» disse Esme preoccupata.
«Okay, lo raggiungo subito, grazie» le risposi. Cosa era successo? Nonostante avessi impiegato meno di due secondi per raggiungere il suo studio, l’ansia già offuscava i miei pensieri.
«Carlisle?» bussai prima di entrare.
«Bella, ho bisogno di parlarti» mi disse, agitato. Correva da una parte all'altra della stanza. Prese un libro dalla libreria di sinistra lo sfogliò velocemente e scosse la testa. Lo chiuse e ne prese un altro dall'altra libreria.
«Che succede, Carlisle?» chiesi, preoccupata.
«Ho le ultime analisi di Angela: ci siamo sbagliati! La sua malattia si sta sviluppando diversamente: non si manifesta ma si estende a livello impercettibile fino a quando non raggiunge la fase terminale. E quando lei sarà in grado di coglierne i sintomi, sarà già troppo tardi. Dobbiamo ricoverarla subito, non abbiamo altre possibilità. Ci vediamo in ospedale» le sue parole mi colpirono come schegge di vetro nel cuore. Presi le chiavi della macchina di Edward e misi in moto mentre avvisavo Angela. Quando raggiunsi casa sua c'era Ben appoggiato al corrimano della scala. Mi guardò con aria minacciosa senza dire nulla. Angela uscì di corsa, spingendo Ben che quasi le bloccava la strada e senza dire niente si precipitò nella macchina mentre lui le lanciò un'ultima occhiata e si voltò, tirando un pugno alla porta d'ingresso.
«Ben è arrabbiato con me perché pensa che stia scappando di casa per colpa sua e pensa che tu mi abbia messo strane idee in testa. Non vuole che ti frequenti» si nascose il viso tra le mani. L'ultima frase mi ferì come una lama affilata: cosa pensava Ben di me? Perché non voleva che Angela mi frequentasse? Eravamo amiche da quando ero arrivata a Forks e non mi era sembrato infastidito di questo; non mi parve contrariato nemmeno quando l'aiutai a scrivere gli inviti per il diploma. Scacciai quel pensiero e svoltai per l'ospedale.
Carlisle ci aspettava lì. Appena arrivammo le fece fare degli accertamenti e poi rimase chiusa per qualche ora per altri esami. Non avevo la minima idea di cosa stesse succedendo. Carlisle uscì sospirando.
«Carlisle, che succede?» mi alzai e lo raggiunsi.
«Va tutto bene, stiamo cercando una nuova soluzione... ma sarà sempre temporanea. Non abbiamo ancora una cura, non so se troveremo mai una cura. Per ora stiamo studiando la situazione» spiegò. Lo guardai e mi sedetti di nuovo.
«Non preoccuparti per lei, Bella» mise una mano sulla spalla per confortarmi. Gli sorrisi, sperando che si sistemasse tutto. Non potevo nemmeno immaginare come mi sarei sentita se Angela non ce l'avesse fatta. La malinconia mi rattristò; mi rassegnai che alla fine, nonostante tutto, non avrei potuto far altro che lasciarla al suo destino.
«Puoi tornare a casa se vuoi; per qualsiasi cosa ti avviso» aggiunse.
«Ok, Carlisle...sarà meglio che vada. Renesmee si sarà svegliata e stamattina ho lasciato Edward salutandolo a malapena. Ci vediamo dopo» presi la borsa che avevo appoggiato sull’altra sedia lo salutai. Lui tornò nel suo studio.
Era quasi l'ora di pranzo e se avessi fatto in tempo, avrei potuto far compagnia a Renesmee.  
Appena arrivai vicino casa trovai Ben, fuori dalla sua macchina parcheggiata sul vialetto.
«Bella, ho bisogno di parlarti» disse prima che potessi dire nulla. Scesi dalla macchina, chiudendola e mi avvicinai a lui a passo lento. La sua espressione era un misto tra rabbia e timore.
«Cosa c’è?» sospirai, anche se in realtà credevo già di sapere cosa volesse.
«Posso sapere che succede? Non voglio che le facciate nulla...non voglio che diventi come te e gli altri» mi guardò disperato. Le sue parole mi lasciarono sorpresa. Me e gli altri? Cosa intendeva dire? 
«Come me...e gli altri?» chiesi confusa.
«Angy mi guarda come fossi pazzo ma secondo me sei...diversa. Non saprei, ma sei più come... Edward. E ho paura che...» risi interrompendolo. Aveva notato che ero cambiata. Che non ero più umana, ma questo non poteva capirlo. O forse si sforzava di non chiederselo? Temeva solo che succedesse lo stesso ad Angela.
«Ben, sul serio. Non preoccuparti. Non le succederà nulla, anzi. Rimarrà sempre la tua Angy» lo tranquillizzai e sembrò calmarsi un po’. «Però devi sapere una cosa, anche se infrangerò la promessa...» mi morsi il labbro.
«Cosa sta succedendo? Voglio saperlo!» la temporanea tranquillità che aveva segnato il suo viso mutò in angoscia.
«Nulla che abbia a che vedere con me, ma entriamo...ti spiego tutto dentro...posso offrirti qualcosa?» chiesi educata.
«No, grazie» disse secco. «Bella...io non lo so cosa ti sia successo, cosa ti hanno fatto e sinceramente non voglio saperlo perché non è una cosa che mi riguarda. Però Angela è tutta la mia vita e non voglio...»
«Angela ha una malattia rara che le lascia da vivere solo pochi mesi» lo interruppi mettendo fine alle sue sciocche supposizioni prima che iniziasse ad interrogarsi sul serio.
«Cosa?» sbiancò in volto.
«Quando ci siamo riviste, mi ha detto di aver scoperto da poco questa malattia che è nata con lei e tutti i medici le hanno detto che non le restava molto da vivere...non c'è una cura. Non ha voluto dire niente a nessuno perché non voleva che tu e la sua famiglia vi preoccupaste per lei. Mi ha fatto promettere che non l'avrei detto a nessuno. Ho soltanto chiesto a Carlisle se esistesse un modo per aiutarla e lui ha contattato i medici più in gamba di tutto il mondo e si sta impegnando tantissimo...non torna a casa nemmeno la notte per studiare la malattia. Tutti teniamo molto ad Angela...è in buone mani. Fidati» scandii lentamente l'ultima parola nel vederlo quasi assente.
Poi all’improvviso mi guardò come ritornato in sé. «Scusami, scusami davvero» il suo sguardo era veramente dispiaciuto, non mentiva.                                                                       «Io non volevo offendere né te né la tua famiglia in alcun modo...mi dispiace. Non pensavo che Angela fosse malata, non l'ho nemmeno minimamente pensato. Non mi sono accorto di nulla» si sentiva in colpa per non essersi accorto della malattia della sua ragazza. «Vivevamo insieme e l'avrei vista morire senza nemmeno sapere come aiutarla. Voglio ringraziarvi per tutto quello che state facendo e se c'è un modo per aiutarla...» si propose.
«Deve stare il più calma e serena possibile. E soprattutto dobbiamo starle tutti vicino, facendo crederle che siamo tranquilli, che le vogliamo bene e che andrà tutto bene» spiegai.
«Andrà tutto bene?» chiese tormentato.
«Non lo so...oggi è stata ricoverata d'urgenza. Ecco perché sono venuta di corsa a prenderla per accompagnarla in ospedale» dissi.
«Posso andarla a trovare?» era ancora scioccato.
«Certo! Sarà contenta di vederti» lo incitai. Ben si diresse verso il posto di guida della sua macchina, poi si fermò. «Grazie, Bella…e mi dispiace davvero tanto aver dubitato di te...che stupido!» scosse la testa, imbarazzato.
«Non preoccuparti. E’ lecito essere preoccupati quando si tratta della persona che amiamo… arriviamo persino ad elaborare le congetture più strane e assurde al mondo» sorrisi e lo guardai andare via. Sospirai, sollevata del fatto che ora ci sarebbe stato Ben a prendersi cura di Angela. Non che mi dispiacesse stare con lei, però sapevo che con Ben sarebbe stata più serena. Adesso non c'era più niente che doveva nascondergli o nulla di cui preoccuparsi.
Mentre mi avvicinavo verso la porta casa sentii in lontananza un rumore di...moto? Corsi a vedere cosa stesse succedendo. Trovai Jacob che giocava con la moto ma a guidarla non era lui...era la mia piccola bambina.
«Jacob, sei impazzito? Falla scendere subito...» gridai.
Spense la moto e fece scendere Renesmee. Mi avvicinai a lui e lo tirai per la giacca, scaraventandolo a terra.
«Renesmee, entra in casa» cercai di misurare il mio tono furioso.
«Ma mamma...» obiettò e la interruppi.
«Edward?» chiamai senza risposta.
«Bella, non stavamo facendo nulla di pericoloso...» Jacob alzò gli occhi al cielo.
«Niente di pericoloso??» ringhiai, ripetendo le parole di Jacob. Poi guardai Renesmee «Va da tuo padre...ora!» le gridai contro e la guardai in modo così truce che lei scappò via piangendo. Mi sentii morire...non volevo farla piangere. Volevo soltanto che fosse al sicuro con Edward ed evitasse di vedere me che picchiavo Jacob. Stavolta gli avrei fatto perdere la voglia di passare il tempo a casa Cullen.
«Sei uno stupido! Ma come ti viene in mente di fare una cosa simile? E' piccola!» gridai.
«Era tutto sotto controllo! Le avevo raccontato di quando andavamo in moto e voleva provare...» spiegò.
«Perché le hai raccontato di quando andavamo in moto?» strinsi i pugni sui fianchi per evitare di assalirlo.
«Le stavo parlando di quando passavamo tutto il tempo insieme perché Edward ti aveva lasciata...» non concluse la frase, forse per via del mio sguardo tagliente.
«Le hai detto che Edward mi ha lasciata? Ma da dove ti saltano in mente queste idee geniali?» cercai di misurare il mio respiro... poi chiamai Edward ad alta voce. Dannazione, ma dove diavolo si era cacciato? Cercai di concentrare tutte le mie forze per non aggredire Jacob...che senso aveva raccontare a Renesmee tutto ciò che era successo? Magari poteva parlargli anche di quando lo baciai o anche dell'imprinting...perché no? Stupido ragazzino.
«Jacob, torna a casa ora, te ne prego. Sai che non voglio farti del male. Ti prego» supplicai per non aggredirlo. Lui seguì i miei comandi.
«Ci vediamo dopo, Bells» ammiccò sorridente. Ma come faceva ad essere sempre sereno e tranquillo, anche quando lo guardavo così infuriata? Non gli mettevo paura? Rientrai in casa, delusa del fatto che forse non ero una vampira così spaventosa come speravo di essere. Volai in camera di Renesmee per chiederle scusa per come l'avevo trattata prima. Aveva ancora le guance umide dalle lacrime.
«Amore mio, perdonami. Non ce l'ho con te...ma con Jacob ovviamente. Era pericoloso e potevi farti male...» la abbracciai.
«Mamma, io non voglio che tu e Jake litighiate. Io gli voglio bene» sussurrò e le sorrisi accarezzandole la guancia.
«Lo so, amore mio. Non succederà più, te lo prometto» Mi alzai per andare via ma Renesmee mi trattenne dal braccio.
«Cosa c'è?» chiesi.
«Mamma, è vero che papà ti ha lasciato per tanto tempo?» era curiosa.
«Si» sospirai.
«Perchè?» immaginavo non sarebbe finita lì.
«Renesmee...sai benissimo che il mondo degli umani e il nostro sono molto diversi e per noi non è facile stare così vicino ad un essere umano per tanto tempo. E per gli umani non è facile tenere il passo sovrannaturale dei vampiri» cercavo le parole giuste.
«Non capisco» scosse la testa.
«Ecco, papà ha pensato che fosse giusto che io vivessi tra i miei coetanei, tra la mia specie...perciò se n'è andato. Ma poi è tornato, come vedi» era una mezza bugia perché in realtà andai a riprenderlo io con Alice da Volterra. Ma non era necessario che lei sapesse ciò che era successo prima della sua nascita.
«E' vero che andavi in moto perché stavi male per papà?» mi distolse dai miei pensieri.
«Stasera sei molto curiosa, eh?» Jacob non sapeva proprio tenere la bocca chiusa.
«Jacob mi ha raccontato un sacco di cose e io volevo saperle da te perché lui non racconta mai tutto» dal tono innervosito della sua voce dedussi che non le facesse piacere quando Jacob la trattava come una bambina, raccontandole solo ciò che interessava a lui e omettendo altre cose.                     
Ci mancherebbe che raccontasse anche altre cose! Pensai io. «E cos'altro ti ha raccontato Jacob?» chiesi curiosa.
«Mi ha detto che ti sei buttata dallo scoglio ed è grazie a lui se sei viva perché ti ha salvato la vita». Era grazie a lui se Edward credeva fossi morta perché rispose lui al mio telefono...in casa mia! Jacob aveva superato il limite. Si voleva fare grande agli occhi di Renesmee, una bambina. L'avrei picchiato un giorno o l'altro. Mi alzai.
«E' ora di andare a letto...Buonanotte Renesmee» le diedi un bacio in fronte.
«Ma mamma...sono appena le nove e mezza!» si lamentò.
«Appunto! Devi riposarti. Altrimenti quando torna Jacob, come giocherete se sarai stanca?» giocai la carta "Jacob" che sicuramente avrebbe funzionato.
«E va bene...ma papà dov'è? Non viene a darmi la buonanotte?» chiese guardandosi intorno.
«Non so proprio dove si sia cacciato...vado a cercarlo.»  Le Rimboccai le coperte e scesi in soggiorno. Mentre scendevo le scale provai a chiamarlo ma il cellulare era staccato. In soggiorno c'era solo Rosalie ma avevo sentito in lontananza Esme ed Alice.
 «Rose, hai visto Edward?» chiesi. Lei distolse lo sguardo dalla rivista di moda che teneva in mano e mi guardò.
«Sinceramente no... era qui stamattina» disse. Anche io sapevo fosse lì la mattina, prima di andare a prendere Angela era con me e Renesmee, poi non l'avevo più visto.
«Sai dove possa essere andato?» chissà che stava combinando.
«Mmm. No. Jazz ed Emmett sono a caccia da ieri sera, Carlisle è ancora in ospedale e Alice ed Esme stanno tornando. Sono andate a Port Angeles a fare shopping» disse.
«Salve gente!» gridò entusiasta Alice quando entrò ma il suo entusiasmo si spense quando vide che c'eravamo solo io e Rosalie.
«E gli altri?» chiese sorpresa.
«Avete visto Edward?» chiesi eludendo la domanda. Magari era andato a trovare Carlisle in ospedale.
«No» risposero entrambe all'unisono.
«Ok, chiamo Carlisle. Magari lui sa qualcosa» presi il cellulare e composi il numero.
«Ehi Bella! E' successo qualcosa? Qui va tutto bene...Angela sta riposando e sta meglio» cercò di tranquillizzarmi ma non era quello il problema. La mia angoscia aumentava man mano che i secondi scorrevano.
«Carlisle, ascolta. Edward è lì da te?» parlai velocemente.
«No....non l'ho visto da stamattina. Perché?» chiese, sorpreso.
«Non riesco a trovarlo e ha il telefono staccato. Sono in ansia. Dove può essere andato?» iniziai a pensare mentalmente cosa potesse avere da fare. Se era uno scherzo, l'avrei picchiato.
«Non ne ho idea. Sei sicura che non sia andato da qualche parte o abbia lasciato qualche messaggio? Ha preso la macchina?» chiese. Avevo messo ansia anche a lui e il suo tono di voce era preoccupato.
«No, avevo io la sua macchina. E’ un comportamento strano…non è da lui» avevo la voce rauca.
«Aspetta, lascio tutto e vi raggiungo» il suono era disturbato. Probabilmente si stava già togliendo il camice e preparandosi per tornare a casa.
Tornai nella nostra piccola casetta per vedere se fosse tornato ma di lui non c'era nessuna traccia e il telefono era ancora staccato. All'ennesimo tentativo di chiamarlo e all'ennesima voce della segreteria telefonica, scaraventai il cellulare contro il muro. Per fortuna non si ruppe. Sospirai, incapace di pensare lucidamente e trattenere l’angoscia. Mi sedetti sul letto, stringendo tra le mani la sua camicia. Chiusi gli occhi e ispirai, conservando all'interno del mio cuore il suo odore. Stavo per impazzire. Era difficile stare senza di lui, anche per poco tempo. Quando ero con Angela, sapevo che al mio ritorno l'avrei trovato lì, con il suo solito sorriso sghembo, in attesa di rivedermi; non sapere dove fosse o perché non rispondesse mi faceva stare in ansia. Cosa poteva essergli successo? Mi strinsi il viso fra le mani, sull' orlo di una crisi di nervi. La sera era calata da un bel po’ e lui non era ancora tornato. Gli era sicuramente successo qualcosa. Raccolsi il telefono dal pavimento e con le ossa tremanti mi diressi a casa dei Cullen. Jasper ed Emmett erano ritornati, probabilmente avvisati dagli altri. Anche Carlisle era arrivato. Mi trascinai nel soggiorno con lo sguardo perso.
«Bella, tutto bene?» chiese Carisle nel vedermi così. Io mi limitai a scuotere la testa.
«Ci sono novità? Hai trovato nulla?» disse Esme, abbracciandomi.
«No, niente. Tutto normale, nessun biglietto, nessuna chiamata» non riuscivo più a parlare. Tra tutte le ipotesi ce n'era una che iniziava a farsi strada. Nessuno avrebbe forzato Edward a sparire così senza dire nulla...a meno che non avesse deciso volontariamente di andarsene. Soltanto l'idea di aver pensato che se ne fosse andato mi fece male. Come potevo aver pensato una cosa simile? No, non mi avrebbe mai lasciato...eravamo una famiglia, non avrebbe avuto motivo di scappare. Eppure era l'unica risposta plausibile. C'era qualcuno di pericoloso che minacciava la mia famiglia e avrebbe voluto fare del male a Edward? Nei dintorni non c'erano altri vampiri e tutto era tranquillo. D'altronde se qualcuno avesse deciso di rapirlo, Alice l'avrebbe visto! Alice, certo! La guardai appena il suo nome sfiorò la mia mente.
«Alice, non hai visto Edward prendere qualche decisione?» se qualcuno avesse interferito con Edward sicuramente lei l'avrebbe visto.
«No....non ho visto assolutamente nulla. Non tengo d'occhio nulla...quindi non capisco perché una cosa così importante mi sia sfuggita di mano» si voltò verso Jasper.
«Andrà tutto bene, si sistemerà tutto» la consolò lui.
L'ipotesi abbandono iniziò sempre più a saldare le fondamenta nei miei pensieri. Eppure io non potevo crederci. No, sicuramente gli era successo qualcosa, ne ero convinta. Poteva essere in pericolo! Se Alice avesse visto Edward decidere di andarsene me l'avrebbe detto. O forse no? I loro volti erano agitati e inquieti. Nessuno di loro sembrava avere la minima idea, nemmeno Alice. Allora perché io continuavo ad aver paura? I miei pensieri furono interrotti dalla suoneria di un cellulare. Ma nessuno si mosse per rispondere. Solo dopo realizzai che il cellulare squillava nella mia tasca. Tutti mi guardavano in attesa che rispondessi.         
«Non è la mia suoneria» alzai le spalle. La suoneria durò pochi istanti. Il display del mio cellulare era illuminato. Chiamata persa. Non c'era il mittente, però.  C'era solo l'avviso di un messaggio nella segreteria telefonica. Lo ascoltai, premendo il vivavoce.
Era la voce di Edward ma la linea era disturbata. Alla fine si sentì solo: Bella... ti amo. Lasciai cadere il cellulare sul divano dove ero seduta.
«Bella...Bella, va tutto bene?» il mio corpo si era pietrificato e avevo smesso di respirare.
«Cosa significa?» sussurrai. Le parole bruciavano in gola. Tutti mi guardarono senza proferire parola. Rimanemmo immobili per un tempo che mi sembrò infinito. Che senso aveva lasciarmi un messaggio anonimo dicendo che mi amava?  E soprattutto perchè mi avrebbe lasciato un messaggio anonimo? Mi toccai istintivamente la gola, come per liberarmi da qualcosa che mi stesse soffocando ma non c'era nulla che potessi fare. Sembrava avessi ingoiato una pietra che mi impediva di respirare. Deglutii guardando gli altri. Vedevo riflesso il mio volto straziato nei loro sguardi. Esme mi si avvicinò, tenendomi la mano.
«Si sistemerà tutto, come abbiamo sempre fatto. Ce l'abbiamo sempre fatta, tesoro» cercò di tranquillizzarmi, sorridendo ma il suo sorriso era carico d'angoscia.
«Non sappiamo dov'è, come sta, con chi sta e perchè se ne sia andato» dissi scuotendo la testa, sul punto di piangere. Esme non rispose…sospirò semplicemente.
«Sicuramente voleva avvisarci di qualcosa...se solo sapessimo cosa significhi» Carlisle fissava il vuoto, pensieroso.
Perchè avrei mai fatto io una cosa simile? Perchè l'avrei chiamato per dirgli che lo amavo? L'avrei fatto soltanto se avessi saputo che fosse l'ultima cosa che avrebbe potuto sentire prima di...morire. Trasalii. Mi rannicchiai, stringendo le ginocchia al petto come quando facevo nei momenti più bui della mia vita sin da piccola.
«Ehi, sta tranquilla, Bella. Non succederà nulla...ti voglio bene» Rosalie si avvicinò sorridendomi e mi abbracciò forte. Rosalie. Proprio la Rosalie che mi aveva odiato da sempre perchè avevo sprecato la mia vita da umana, perchè avevo avuto la possibilità di scegliere e avevo fatto quella sbagliata. O non avevo avuto scelta? Da quando decise di proteggere me e Renesmee il suo odio si era placato almeno in parte. Invece in quel momento sembrava che fosse scomparso del tutto. Le fui grata.
«Bella...posso risentire, per favore? Mi sembrava di sentire un rumore d'acqua. Forse ho un'idea...» chiese Alice.
«Cos'hai in mente?» la squadrò Carlisle.
«Voglio solo provare una cosa. Se non sono stata d'aiuto con il mio potere almeno posso provarci così» Alice scrollò le spalle.
Mi tolse il telefono di mano e scappò di sopra. La sentimmo armeggiare al pc. Tutti aspettavamo seduti immobili e in silenzio nel grande soggiorno. Tornò dopo qualche minuto con un foglio in mano.
«Ecco...questa è la mappa della zona da dove è arrivato il messaggio. E' una foresta un pò lontano da qui, la mappa non indica nessuna casa o altro, magari era solo di passaggio. E' tutto ciò che posso fare adesso» Alice era triste. Però aveva intercettato il messaggio. La guardai piena di gratitudine. Ora dovevamo subito raggiungere il posto che ci aveva indicato. Pensai prima a mettere al sicuro mia figlia.
«Mi presti il cellulare?» le chiesi. Lei me lo passo senza fare domande.
Composi il numero e rispose subito.
«Jacob! Ho bisogno di te...vieni qui» dissi.
«Ok, arrivo Bells» chiuse.
Dopo poco Jacob arrivò e mi chiese cosa fosse successo.
Gli spiegai cercando di restare calma.
«Se n'è andato?» chiese sorpreso e....indignato.
«Non se n'è andato, cane» rispose Rosalie con ribrezzo.
 «Gli sarà successo qualcosa e noi dobbiamo intervenire...presto» rispose con più dolcezza Carlisle.
Jacob li guardò senza dire nulla, poi gli feci cenno di andare di sopra. Corsi in camera da Renesmee; Jacob la prese in braccio e lei si svegliò.
«Mamma...che succede?» si stropicciò gli occhi.
«Amore, che ne pensi di stare a casa di Jacob?» le proposi.
«Come mai? E' successo qualcosa di brutto a papà?» chiese con gli occhi lucidi. Certe volte avrei preferito non fosse così intelligente. Aveva capito che c'era qualcosa che non andava e che riguardava Edward. Non volevo mentirle ma nemmeno raccontarle la verità.
«Vai da Jacob, per favore» la pregai, eludendo le sue domande. Lei mi guardò con gli occhi lucidi, poi annuii.
«Io vi voglio bene» disse abbracciandomi e mostrandomi i ricordi delle volte in cui giocavamo tutti e tre insieme.
«Anche noi, piccola mia. Sta tranquilla, va tutto bene» accennai un mezzo sorriso. Lei si abbracciò a Jacob e chiuse gli occhi. Era così piccola, fragile e indifesa! Era stata una benedizione che Jacob avesse avuto l'imprinting con mia figlia, nonostante non riuscissi ancora ad accettarlo. In fondo però, ero contenta che fosse felice. Lo meritava anche lui, anche se avrei preferito non con lei. In quel momento, tuttavia, non potetti fare a meno di riconoscere che fosse giusto così. Avrebbe avuto qualcuno in eterno a proteggerla... qualcuno con cui poteva essere sé stessa e non doveva nascondere la sua natura per metà non-umana.
Io presi la macchina di Edward mentre gli altri presero quella di Carlisle. Accompagnammo Jacob e Renesmee alla riserva. Mentre superavo il confine non potei non pensare al fatto che la mia presenza aveva fatto cambiare completamente in così poco tempo ciò che gli antenati di Jacob avevano costruito da secoli. Non esisteva più un confine che impediva ai Cullen di entrare nella riserva e un licantropo aveva avuto l’imprinting la figlia di un vampiro. Era una situazione molto singolare, unica nel suo genere.
 Renesmee si era addormentata di nuovo, in braccio a Jake, avvolta dalla coperta che le avevo regalato io...la stessa che mia madre mi aveva regalato per il diploma. Billy e Sue erano andati a fare visita a Rebecca e suo marito Solomon alle Hawaii.
Aprii la porta di casa sua e li accompagnai di sopra. Jacob appoggiò delicatamente Renesmee sul suo letto che sembrava gigante a confronto. Le sistemai la coperta e la guardai dormire. Sembrava così rilassata! Il mio piccolo angioletto, pensai.
«Mi raccomando Jake, mi fido di te. Hai tra le mani la cosa più preziosa della mia vita» strinsi la sua manina e poi tornai in macchina.
Ci avviammo verso il luogo che Alice aveva identificato. Era a quasi un'ora da Forks, in aperta foresta. Quando arrivammo, non c'erano case nè abitazioni nei dintorni...proprio come aveva detto Alice. L’unica cosa che riuscivo a sentire era una debole scia. Dopo poco riconobbi l'odore.
«Jane!» gridai mentre Alice disse contemporaneamente: «Aro!».
I muscoli della faccia si pietrificarono prima che avessi il controllo del mio corpo. Ricordavo benissimo ciò che Jane aveva fatto a Edward. Non avrebbe potuto difendersi. Erano stati sicuramente loro…i Volturi! Immediatamente il senso di colpa mi invase. Per colpa di Angela non avevo protetto Edward...e se gli fosse successo qualcosa sarebbe stata solo colpa mia. Immaginai il volto devastato dal dolore di Edward, inerme ed indifeso. Ma non poteva essere troppo tardi, dovevo salvarlo. Cercai di mantenere il controllo di ogni singola cellula del mio corpo: l'avrei trovato. E Aro l'avrebbe pagata cara questa volta.
Io ed Alice ci guardammo in faccia, attonite. Esme, Carlisle e gli altri ci seguirono e si guardarono intorno guardinghi quando percepirono anche loro la scia di Aro e Jane.
«Cerchiamo qui intorno» la voce di Alice era gelida. Perlomeno, lei riusciva ancora a parlare. Io, invece, avevo perso completamente l’aria nei polmoni. Rimanevo in silenzio perché sapevo che se avessi provato a parlare, l’unico suono che avrei emesso sarebbe un urlo disperato. Iniziammo a perlustrare i dintorni, seguendo la scia. Tutto intorno era così tranquillo da rendere ancora l’atmosfera più tesa e inquietante. Era la pace, l’istante prima dello scoppio della guerra.
Era notte fonda e ci incamminavamo ancora senza alcuna meta. Respirando soltanto per far evadere il gelo che dentro di me cristallizzava l’anima fino a rendermi immobile.  Mi trascinavo a passo forzato come capo improvvisato di quella spedizione azzardata. Dietro di me non sentivo i passi della mia famiglia ma sapevo che c’erano.
Scorsi qualcosa in lontananza e mi fermai, contraendo i muscoli pronti a scattare. Una figura macabra apparve all’orizzonte. L’espressione sul mio volto era carica di odio e a malapena riuscivo a trattenermi dall’attaccare.
«Bella, sta tranquilla» Carlisle poggiò la mano sulla spalla, ma sapevo che non era per consolarmi…era per trattenermi. Dall’altro lato Esme prese posizione mentre dietro di noi scorsi con la coda dell’occhio Alice e Jasper a destra e Rosalie ed Emmett a sinistra.
La nostra famiglia, il nostro schieramento. Eppure mi sentivo debole, incompleta. Senza Edward non poteva essere lo stesso. Senza Edward non avremmo mai vinto. Cercai di farmi forza e non essere negativa. Avremmo sconfitto i Volturi, avrei ucciso Aro. Ce l’avrei fatta da sola e poi sarei andata a salvarlo…perché l’avrei salvato…perché lui era ancora vivo. Strinsi i pugni mentre dentro di me sentivo scorrere qualcosa…il veleno?
Lasciai scivolare lo scudo fino a coprire tutti.
Aro si avvicinò a passo umano battendo le mani, con il suo solito sorriso malefico. Gliel’avrei strappato a forza quel sorriso. Se ne sarebbe pentito presto.
«Brava, Bella! Sapevo non mi avresti deluso» disse compiaciuto.
«Dov'è Edward?» gli ringhiai contro e allo stesso tempo Jane si materializzò accanto a lui.
«Edward?» finse di essere sorpreso ma non mi ingannava.  «Veniamo in pace per vedere la piccola Renesmee» sorrise beffardo.
«Non mentire, Aro. Non te lo chiederò una terza volta...dov'è mio marito?» i miei occhi si stavano trasformando in quelli di un'assassina, li vedevo riflessi nei suoi.
«Non essere così inquieta, Bella. Pensavo una cosa...» parve incerto ridendo di un suo stesso pensiero. «Unitevi a noi, Bella. Poteri come i vostri sarebbero ben accetti. Siamo una famiglia anche noi...come quella di Carlisle»
«Non permetterti nemmeno di paragonare la vostra combriccola alla nostra famiglia. Non mi unirò mai a voi, Aro...mai» lo guardai con odio.
«Jane...» la guardò facendo un cenno con la testa e lei sparì. Lo guardai confusa: ero sicura che le avesse chiesto di usare i suoi poteri per annientarci, o meglio così credeva. Avrebbe potuto dimenticare che non avevano effetto in mia presenza? Ne dubitavo. I Volturi non erano così stupidi.
«Sei proprio sicura di voler rifiutare l'invito? Fossi in te…io ci penserei due volte, cara Bella. I Volturi non concedono mai una seconda possibilità» rise malvagio.
«Aro...» lo chiamò Alice.
«Sono desolato Alice, ma ora come vedi, sto parlando con Bella» la congedò.
«Ma io...» insistette lei, allungando la mano in sua direzione. Cosa voleva dirgli? Aveva avuto una visione? Riguardo Edward? O me? O noi? O Aro?
«Un altro magnifico dono del tuo potere?» con un gesto della mano declinò l’invito, con aria di disprezzo nei confronti di Alice. Ero ancora più confusa di prima. Aveva…rifiutato di vedere il futuro? Cosa poteva spingerlo ad una scelta simile? Solo la consapevolezza di sapere già cosa sarebbe accaduto.
«So già cosa accadrà nel futuro Alice...» confermò i miei più oscuri timori. Aro rise tanto da farmi gelare il sangue, nonostante non ne avessi.
«Cosa credi di fare, Aro? Di convincerci ad unirci a voi? O ci uniamo o moriremo?» sputai le parole come lame.
«Assolutamente no, perchè dovrei voler rovinare l'armonia di una cara famiglia?» ancora il suo sorriso malvagio.
«Sono solo i nostri poteri ad interessarti…» lo sdegnai. Cercai di sforzarmi a respirare. Avevo bisogno di Edward…mi sentivo persa. Non gli avrei permesso di rovinare la mia vita, la mia famiglia.
«Se ti unirai a noi, ti dirò dove trovare Edward…o ciò che ne rimane» rise ancora più forte. Ciò che ne rimane? Avevo sentito bene? Persi lo scudo che proteggeva la mia famiglia ma riuscii a reggermi in piedi senza che nessuno si accorgesse come ero stata distrutta. Le sue parole, tuttavia, mi colpirono esattamente come se un treno mi avesse investita e ogni vagone strappava pezzi della mia anima, scaraventandoli ovunque.
«Cosa gli avete fatto?» sputai le parole come lame, cercando di concentrare la forza nei pugni chiusi per non aggredirlo. Aggredirlo sarebbe stata la scelta sbagliata: era esattamente ciò che voleva. Ma non avrei ceduto così facilmente. Non potevano avergli fatto del male. Edward aveva un grande potere, pensai lucidamente. O almeno era l’illusione a cui mi sarei aggrappata.
«Per adesso ancora nulla...» ammise contrariato. Grazie alle sue parole tornai a vivere e riuscii a riprendere il controllo dello scudo ma era estremamente debole. E se non era vero ciò che diceva? Se stava mentendo? Non sapevo se credergli o meno. D’altronde, non avevo altra scelta.
«Però abbiamo preso...precauzioni. Non è debole come credevo il tuo Edward. Se ti unirai a noi ti dirò dove trovare i suoi pezzi...prendila come una caccia al tesoro...si chiama così, no?» ebbe il coraggio di ridere su una cosa così. L’ondata di dolore mi travolse di nuovo. Non riuscivo a pensare a lui in quelle condizioni, non poteva essere così. Sicuramente mi stava prendendo in giro. Avrei ritrovato Edward…sarebbe andato tutto bene. Allora perché mi sentivo come se stessi svenendo? Per fortuna l'odio e la forza ebbero la meglio e mi ripresi, ancora più forte di sempre.
«Sei un folle, Aro» sentivo lo scudo rafforzarsi.
«Effettivamente...perdere un potere come quello di Edward è un vero peccato...però in cambio di altri due come il tuo e quello di Alice...è un guadagno» fui avvolta da un senso di nausea. Non era venuto per discutere. Lui aveva già deciso…e non avevo alternative. Non potei fare a meno di sentirmi in colpa; non ero stata in grado di proteggere Edward. E mi sentivo ingrata anche. Dopo tutte le volte che lui aveva rischiato di morire e aveva combattuto per me, io non avevo fatto nulla per proteggerlo. Ero troppo preoccupata per Angela per proteggere lui. Ma cosa potevo saperne? Come mai Alice non aveva visto Aro prendere una decisione? Perché stava capitando questo a me? Perché i Volturi avevano deciso di prendersela a morte con me? Non avevo scelta, mi avevano presa di mira. E non si sarebbero rassegnati finché non avrebbero avuto pace. L’unica ragione era la competizione. Temevano l’esistenza di un clan di vampiri numerosi e alleati con i licantropi, peggiori nemici. Non poteva essere diversamente: non accettavano che in qualche parte del mondo c’era una famiglia più forte di loro sia dal punto di vista numerico sia per lo stile di vita e per l’animo nobile. Erano venuti con l’unico obiettivo di sovvertire la tranquillità. E avevano scelto Edward come bersaglio. No! Non potevo credere a ciò che aveva detto Aro. Non poteva essere vero. Edward era troppo forte per...                                                        Sentii le ginocchia cedere ma riuscii a rimanere impassibile. Ero sul punto di crollare ma non potevo. Non ora, non ora continuavo a ripetermi. Guardavo Aro di fronte a me: credeva davvero che mi sarei unita a loro senza Edward? No, avrei solo segnato la fine dei Volturi.
Avevo deciso di attaccarlo. L’avrei fatto a pezzi prima che se ne rendesse conto. Mentre Aro confuse il pianificare del suo omicidio con il prendere in considerazione la sua offerta, dietro l'albero scorsi una sagoma familiare che mi guardò con il suo solito sorriso sghembo. Lo guardai sorpresa, cercando di rimanere impassibile. Era un’illusione? Solo uno scherzo della mia mente? Guardarlo mi diede la forza necessaria a rimanere lucida: mi sentii di nuovo viva, come se il mio cuore avesse davvero ripreso a battere, anche se sapevo che era solo un mio riflesso involontario. Fui sollevata e avrei ceduto facilmente all'emozione per correre da lui, abbracciarlo e accertarmi che fosse reale ma non potevo essere impulsiva.                                                                                                                           Dovevo riflettere: immediatamente il piano prese forma nella mia mente. Lasciai scivolare lo scudo oltre Aro, dietro l'albero. Pregai che lui non si accorgesse di nulla. Dopotutto poteva leggere nella mente soltanto grazie al contatto fisico. Edward invece, sarebbe sicuramente riuscito a leggere i miei pensieri. In risposta ammiccò. Davvero Aro non si era reso conto di nulla? I suoi pensieri dovevano essere troppo concentrati su di me. Dovevamo agire prima che fosse troppo tardi. Improvvisamente fui padrona della situazione e pensai anche a qualcosa di divertente da dire. Secondo un assurdo collegamento mentale mi tornarono in mente le vecchie leggende dei Quileute…precisamente, una piccola parte.
«Sai, Aro» ruppi il silenzio. «E’ un vero peccato che non conosciate delle leggende molto interessanti dei Quileute...» mi avvicinai verso di lui e lui fece un passo indietro. Perfetto. Sentivo gli sguardi confusi degli altri su di me ma non mi interessava…avrebbero capito in seguito. Avevano visto Edward anche loro? O forse no? Non importava più di tanto in quel momento. Dovevo sbrigarmi.
«Non mi interessano le stupide leggende...perchè dovrebbero importarmi?» continuava ad indietreggiare.
«Perchè avrebbero fatto di te un uomo saggio, senza commettere errori» sorrisi io in quel momento.
«Io non commetto mai errori» strinse i denti, cercando di capire le mie intenzioni. Non ci sarebbe mai riuscito…
«Oh, invece si» era quasi in direzione di Edward. Sfruttai l’opportunità per avvicinarmi ancora di più e poi successe tutto velocemente. Edward lo afferrò da dietro e io lo bloccai prima che si muovesse o potesse chiedere aiuto. Gli altri furono subito dietro di noi.
«I tuoi secondi ormai sono finiti, Aro» rise Edward.
«E per le vite future, ricordati che i vampiri si ricompongono anche se sono a pezzi...ecco cosa dicono le leggende. Addio Aro» dissi con sdegno mentre gli altri ci aiutavano a distruggerlo. Era la prima volta che distruggevo un vampiro con le mie mani, facendolo a pezzi prima di ridurlo in cenere. Carlisle non era entusiasta dell’idea ma non ebbe il coraggio di opporsi. Mentre il corpo di Aro bruciava arrivò Jane che gridò straziata, ma aveva compreso che era troppo tardi, così iniziò a correre via ma io la raggiunsi e balzai esattamente di fronte a lei che indietreggiando, cadde tra le braccia di Edward. Avrebbe raggiunto presto il suo caro Aro. Strappai con forza la sua testa e la gettai nel fuoco. Subito dopo mi buttai verso Edward, stringendolo forse più forte del dovuto. Anche Edward mi strinse tra le sue braccia, ma quello che nessuno avrebbe mai potuto prevedere fu la mia reazione. All’improvviso un rumore acuto si diffuse intorno a noi: inizialmente non riuscii a capire; solo quando Edward e gli altri mi fissarono mi resi conto che quella specie di ringhio proveniva dal mio petto: era il dolore che esplodeva dopo essere stato trattenuto a lungo. Sentii le mie gambe deboli e incapaci di reggermi. Edward mi prese in braccio e mi fece sedere vicino l’albero; anche lui si sedette accanto a me.
«Carlisle!» gridò mentre aveva lo sguardo ancora fisso su di me. Avrei voluto rispondere che andava tutto bene, che stavo bene ma non riuscivo a muovermi. Sentivo le voci lontane, come se avessi le orecchie tappate e tutto iniziava a diventare sfocato. Cercai di alzare la mano verso Edward ma non si muoveva. Spostai il mio sguardo sulla mano e iniziai a sentirmi morire quando, nonostante il mio cervello comandasse alla mano di muoversi rimaneva impassibile, a terra. Avrei voluto gridare ma la voce rimaneva incastrata tra le corde vocali, come se non fosse più il mio corpo.
Edward si alzò e si avvicinò verso il falò dove c’erano gli altri per chiamare Carlisle che non arrivava. Tuttavia non perse mai me di vista. Cos’era successo? Loro erano di guardia al falò vicino noi, e allora perché Carlisle non arrivava?
«Bella? Bella puoi sentirmi?» chiese molto agitato e…impotente. Non sapeva davvero che fare! Nemmeno io sapevo come aiutarlo. Provai ad allungare il mio scudo per fargli vedere i miei pensieri, ma sembrava come se non ne possedessi più uno. Ero disperata.
«Cosa c’è, Edward?» Carlisle non si accorse di me.
«Cos’ha Bella?» mi indicò, preoccupato. Carlisle rimane scioccato nel vedermi così.
«Aiutami! Come faccio a farla smettere?» Edward lo pregò. Solo allora mi resi conto che il rumore proveniente dal mio petto non era ancora cessato.
«Credo sia…in stato di shock» gli rispose.
«I vampiri possono cadere in stato di shock?» anche Edward era scioccato.
«E’ ferita?» domandò Carlisle. Inevitabilmente ricordai la reazione di Edward sull’isola Esme quando ipotizzai di essere incita. Era in stato shock e Carlisle mi chiese se Edward fosse ferito. Ero anche io nelle stesse condizioni in quel momento? Non ero ancora capace di muovermi o parlare e non riuscivo a trovare una spiegazione. 
«No, non credo» Edward mi guardò. «Ma com’è possibile? Non c’è niente che si possa fare?» si avvicinò a me. Sentire la sua voce mi faceva stare meglio; avrei voluto urlargli di sedersi con me e stare tranquillo. Solo in quel momento capii la ragione della mia reazione: era stato il peso dell’assenza di Edward, il timore e la possibilità di averlo perso per sempre che mi aveva ridotta in quello stato. Avevo resistito troppo a lungo ed ero crollata. Crollata in un abisso scuro e profondo, dal quale dovevo riemergere. “E’ una reazione stupida e ingiustificata, Bella” dissi a me stessa. “Edward è qui davanti a te, e va tutto bene, sta bene” pensai. Nonostante tutto non riuscivo a muovermi lo stesso. Guardavo Edward nella speranza che leggesse nel mio sguardo che andava tutto bene. “Dammi due minuti, solo il tempo di tornare in me” l’avrei pregato se mi avesse sentito.
«Edward…» disse pensieroso Carlisle. «E’ la prima volta che mi capita di vedere una cosa simile» ammise. Se avessi potuto avrei riso istericamente. Ero sempre stata brava a reprimere le situazioni spiacevoli da umana e invece ora sembrava esattamente il contrario.
«Tecnicamente lo stato di shock è un malessere psicologico, ecco perché i vampiri non ne sono immuni. Fisicamente non ha nulla, è il suo cervello che le impedisce di fare qualsiasi cosa, di muoversi, di parlare, di respirare persino» spiegò.
«Carlisle…cosa diavolo devo fare?» ripeté per l’ennesima volta.
«Devi tranquillizzarla, farla calmare» rispose. L’espressione di Edward era poco convinta. «Va tutto bene Edward, è solo un momento. E’ una situazione nuova, alquanto strana per lei. E’ la prima volta che si trova a combattere faccia a faccia, ad essere lei a difendere te. Ora ha solo bisogno di sentirti vicino. Va, noi ti aspettiamo in macchina» Carlisle non poteva minimamente immaginare la gratitudine nell’aver spiegato a Edward esattamente come mi sentivo.
«Amore…» si sedette accanto e mi prese in braccio, cullandomi dolcemente a sé.
«Va tutto bene, non devi essere più preoccupata per me…nessuno adesso potrà più dividerci, sta tranquilla» il dolore diminuiva e anche il ringhio nel mio petto sembrava leggermente diminuire man mano che il tempo passava.
«Ti amo, Bella» sussurrò. Io chiusi gli occhi e mi nascosi nel suo petto, come ogni volta che avevo paura. Lì mi sentivo sempre al sicuro. Rimanemmo così per un tempo indefinito. Iniziai a recuperare le forze. Tirai un sospiro di sollievo e iniziai a muovermi, intorpidita per essere stata ferma così a lungo.
Quando mi sentii più padrona di me stessa gli sorrisi e lui mi prese il viso tra le mani, poggiando le sue labbra prima sulla mia fronte, poi sul naso e infine sulle mie labbra. Gli misi le braccia intorno al collo e lo avvicinai a me per baciarlo ancora più forte. Avevo ripreso completamente il controllo. Sarei potuta rimanere a baciarlo per tutto il tempo ma un pensiero mi riportò sulla terraferma: Renesmee. Dovevamo tornare a prenderla da La Push.
Mi staccai da lui, accarezzandogli il volto, e mi alzai in piedi perfettamente in equilibrio. Vantaggi da vampiro, pensai.
«Mi dispiace, Edward…mi dispiace tanto essermi comportata così, non avrei mai pensato di avere una reazione simile. Ho avuto paura di perderti...non mi sono mai sentita peggio di così. Non riuscivo nemmeno a pensare che tu potessi non esserci più» sussurrai, triste. Lui mi sfiorò le labbra con un dito.
«Shh, non devi dispiacerti di nulla. Anzi sono io che devo chiederti scusa per essere sparito così. Avrei dovuto avvisare gli altri quando ho sentito i loro pensieri i lontananza, invece mi sono allontanato da solo, ignorando i poteri di Jane e Alec» spiegò. Immaginai il suo volto tenero e indifeso nelle grinfie dei Volturi che ormai sarebbero diventati solo un ricordo.
«Non avrai pensato di esserti liberata di me! Dovrai sopportarmi ancora per tutta la vita!» ironizzò senza sapere che davvero non avrei potuto chiedere di più che avere lui per sempre. Rise ma io non potetti fare lo stesso. Ripensai alle parole pronunciate poco prima da Edward.
«Alec? C’è anche lui?» chiesi, sorpresa.
«Si, lui era a farmi...la guardia; poi però è scappato via prima che arrivasse Jane. Non so perchè sia scappato. Forse sarà andato a cercare Aro e Jane, perchè non tornavano. E non avendoli trovati sarà scappato per avvisare gli altri» spiegò. Mi nascosi il viso tra le mani e lui mi avvicinò a sé, avvolgendomi tra le sue braccia.
«Dobbiamo andare a riprendere Renesmee» sospirai.
«Dov’è?».
«A La Push. L'ho affidata a Jacob. Stava dormendo e non volevo portarla con me…poteva essere rischioso» dissi.
«Hai fatto bene. E' stata la scelta più giusta e saggia. A La Push è al sicuro con il branco» approvò.
Mi prese per mano e ci dirigemmo verso le macchine. In realtà c’era solo la macchina di Carlisle. Ci sedemmo sui sedili posteriori.
«Come stai, Bella?» chiese Esme, preoccupata.
«Sto meglio, grazie…scusatemi per…» ripensai imbarazzata.
«Non devi scusarti per niente. L’importante è che tu stia meglio e che tutto sia finito adesso» mi interruppe Carlisle.
«No, Carlisle…è tutto iniziato adesso!» disse Edward.
«Che significa?» Carlisle guardò Edward dallo specchietto anteriore.
«C’è anche Alec e non sono sicuro che sia solo. E’ scappato via, probabilmente ha visto che Jane non tornava e ha avvisato gli altri» ripeté ciò che aveva detto a me.
«Se soltanto Alice riuscisse a vedere qualcosa…almeno quanti sono» Carlisle pensò ad alta voce.
«Non può…perché prendono le decisioni all’ultimo momento. Se Alice dovesse vederli li anticiperebbe solo di pochi minuti» sospirò.
«Andrà tutto bene, ragazzi. Riusciremo a farcela come abbiamo sempre fatto. Ne parleremo con Jacob e il branco così saremo più numerosi» propose Esme.
«Certo, è un’ottima idea! Ne parliamo subito con Jacob quando arriviamo» disse Carlisle.
Calò il silenzio mentre sfrecciavamo tra le ombre della notte; non volevo guardare l’orario sul display del cellulare ma dovevano mancare poche ore all’alba. Mi ricordai che potevo vederlo sul cruscotto. Mi sporsi leggermente. Erano le 3:50.
Edward mi abbracciò e mi sistemò in braccio a lui. Lo guardai contrariata perché non eravamo soli e mi vergognavo. Lui sorrise ma non si arrese, così lo lasciai fare. Appoggiai la testa nell’incavo del suo collo e chiusi gli occhi quando iniziò ad accarezzarmi i capelli. Era decisamente la cosa più rilassante del mondo! Sentivo il suo fiato sul mio viso: era dolce, tiepido e accomodante. Avvicinò il suo volto al mio e iniziò a baciarmi, ma non era un bacio leggero e veloce. Era uno di quei baci che sarebbe potuto durare per sempre. Mi allontanai da lui prima che fosse troppo tardi per resistere. Mi metteva in imbarazzo perché c’erano Esme e Carlisle che hanno sempre rivestito il ruolo di genitori!
«Edward…» lo rimproverai sottovoce, sperando che non mi sentissero. Come se fosse possibile!
«Che c’è?» sussurrò, ridendo.
«Che fai?!?» risi, indicando Esme e Carlisle davanti a noi.
«Ah, non preoccuparti…» mi ignorò tornando a baciarmi e sentii la lieve risata di Esme e Carlisle che ovviamente avevano sentito tutto. Incrociai le braccia, infastidita.
«Quando finisci tu, eh!» dissi seccata, quando separò le mie labbra dalle sue. Lui rise «Sei sempre la solita…».
«Sei tu che mi metti a disagio» mi lamentai a mia discolpa. Non capivo perché parlassimo sempre sottovoce, nonostante Esme e Carlisle avrebbero sentito lo stesso.
«Siamo quasi arrivati» sorrise Carlisle.
«Okay, perfetto» mi ricomposi, sedendomi accanto a Edward e poggiando la schiena sul sedile.  «Venite con noi?» chiese Edward.
«No, vi aspettiamo qui».
   
 
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