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Autore: Shandris    22/12/2008    3 recensioni
Alexander scopre un drow prigioniero e sofferente, decide di scoprire cosa sta succedendo
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alexander si destò di soprassalto. Delle gocce di sudore freddo gli imperlavano la fronte mentre cercava di capire cosa stesse succedendo.

Gli pareva di aver sognato un urlo. Un urlo penoso e straziante che aveva preso a rimbombargli nel cervello fino a svegliarlo. Per un attimo fu tentato di rimettersi a dormire, ma qualcosa gli diceva che non si trattava di un sogno. Cercò nella sua mente la fonte di quella percezione e istintivamente la associò a Drizzt. C’era qualcosa di sbagliato… di terribilmente sbagliato!

L’uomo balzò giù dal letto recandosi a grandi falcate verso la tenda del drow: il letto era vuoto!

Senza neppure pensare a ciò che stava facendo, si vestì in fretta e furia, sellò un cavallo e si precipitò fuori dall’accampamento, nel fitto del bosco, lasciandosi guidare solamente dall’istinto.

 

Dopo alcuni minuti al galoppo le sue percezioni si fecero più nitide: il drow doveva essere vicino. Spronò ulteriormente il cavallo ma ormai si trovava nel folto del sottobosco e l’andatura dell’animale rallentava progressivamente ad ogni passo, riducendosi infine ad un blando trotto. Alexander distingueva ormai chiaramente l’aura mentale dell’elfo, ne coglieva il dolore e l’agonia.

Che diavolo sta succedendo?

Avvertiva il pericolo tutto attorno a se, ma non riusciva ad individuarlo. Si trattenne dal gridare il nome del drow.

 

D’un tratto, senza alcun preavviso, una spessa corda si sollevò dal terreno tendendosi a mezz’aria. Il cavallo riuscì ad abbassare il collo muscoloso e a procedere illeso, ma Alexander non ebbe il tempo di reagire e venne disarcionato cadendo a terra sulla schiena con un tonfo sordo.

La prima cosa di cui fu cosciente fu l’aria, che per il contraccolpo gli uscì violentemente dai polmoni lasciandolo senza fiato. Immediatamente due figure umanoidi gli furono addosso e lo colpirono brutalmente alla testa. L’uomo sentì un rivolo di sangue caldo solcargli le tempie, poi perse conoscenza.

 

Quando ritornò in sé, Alexander si ritrovò inginocchiato a terra con le mani legate sopra la testa, la corda appesa ad un grosso ramo. Una crosta di sangue rappreso gli offuscava la vista da un occhio. Sentiva la testa scoppiargli dal dolore e dovette mettercela tutta per ritrovare la lucidità.

Era ancora notte e l’uomo si sforzò di distinguere qualcosa alla debole luce della luna. Con orrore si rese conto che proprio di fronte a lui, a qualche metro di distanza, Drizzt era legato come una bestia e appeso ad un ramo esattamente come lui. Era svenuto e la testa ciondolava, ondeggiando con la brezza notturna.

No…

Alexander si guardò attorno con circospezione e ai margini del suo campo visivo vide tre figure accovacciate accanto a un fuoco. Le sentì confabulare fra di loro ma non riuscì a distinguere le parole. Nonostante il dolore alla testa tentò di estendere la sua percezione psichica, ma una fitta lo fece gemere e lo costrinse a desistere. Il suo gemito tuttavia richiamò l’attenzione della banda: i tre si voltarono. Due erano mezz’orchi mercenari, mentre la terza figura era niente poco di meno che Roddy McGristle!

“Ben risvegliata bella addormentata”, lo schernì il cacciatore. “Te l’avevo detto che te l’avrei fatta pagare”. Alexander strinse i denti. Quel tono inquietantemente pacato lo fece rabbrividire.

“A te e a questo bastardo!”, l’uomo si voltò di scatto, afferrò per le spalle l’elfo ancora svenuto e lo colpì con una ginocchiata nel torace. Il drow tornò improvvisamente in se, tossendo incontrollatamente e sputando sangue.

“Lascialo stare maledetto!”, urlò Alexander con quanto fiato aveva in gola.

Roddy emise una roca risata malvagia che crebbe lentamente d’intensità. “Sì, avanti, implorami! Implora pure pietà per te e il tuo amichetto. Tanto non ne avrai!”. Un’altra risata sguaiata… Il cacciatore gioiva di quel senso di potere. Si compiaceva del ruolo di aguzzino.

 

Alexander pensò immediatamente di dare l’allarme ai suoi all’accampamento, ma rinunciò: non era nelle condizioni di poter inviare psionicamente un messaggio preciso, non aveva abbastanza lucidità per descrivere telepaticamente le loro condizioni e richiedere un intervento stealth. Qualcuno sarebbe arrivato, certo. Ma i malviventi se ne sarebbero accorti e avrebbero avuto tutto il tempo di ammazzare lui e Drizzt e di fuggire indisturbati. No, dovevano cavarsela da soli…

 

D’un tratto il cacciatore impartì degli ordini ad uno dei mercenari e questo sogghignò sadicamente. Dopo essersi portato alle spalle dell’elfo cominciò a frustarlo con una catena. Una volta, due volte, dieci, quindici frustate. Il viso di Drizzt era una maschera di dolore, ma dalla sua gola non fuoriuscì un suono.

Alexander tentò di distogliere lo sguardo ma scoprì di non poterlo fare.

Devo fare qualcosa, e alla svelta!

L’uomo tentò di ruotare i polsi nella stretta delle corde per saggiarne la resistenza. Niente da fare.

Dannazione!

Forse avrebbe potuto mettere fuori combattimento almeno i due mercenari con il laser del mezzo guanto. Gli sarebbe costato un bel po’ di energia psichica, ma doveva tentare. Se solo fosse riuscito a inclinare il polso un po’ di più per dargli l’angolazione giusta. Solo un altro po’… solo un’altra…penosa… torsione del braccio…

Ma il secondo mezz’orco se ne accorse e con un grugnito lo colpì al costato con l’elsa della spada.

Un dolore lancinante lo pervase. L’uomo rimase senza fiato e gemette rumorosamente nel tentativo di prendere aria. I muscoli dell’addome non volevano obbedirgli e dovette lottare per non venir meno.

 

Il cacciatore osservò compiaciuto la scena, poi quando fu certo che l’uomo lo potesse vedere, afferrò Drizzt per i capelli e lo strattonò all’indietro, costringendo quest’ultimo a sollevare la testa. “Guardalo bene”, disse ad Alexander con un sorriso spietato, “Guarda questo bastardo e dimmi se vale la pena morire per lui!”.

 

Alexander non disse nulla. Non c’era nulla da dire. Non si poteva ragionare con un essere talmente crudele. Sentì lo sconforto assalirlo…

NO! Non può finire così! No!

Digrignò i denti. Estese i suoi tentacoli mentali al mercenario che aveva accanto. Il dolore lo pervase ma ormai non gli importava. Nulla aveva più importanza se non la mera sopravvivenza.

Avvertì la mente relativamente ottusa del mezz’orco ritrarsi al suo tocco. I tentacoli la avvolsero e la strinsero. Il mezz’orco cadde in ginocchio e si afferrò la testa fra le mani urlando. “Che diavolo succede? Che diavolo mi sta succedendo?? E’ nella mia testa! E dentro la mia testa!!”, gridò. Alexander strinse ulteriormente la presa e il mezz’orco si accasciò al suolo senza più un suono.

“Questa è stregoneria!”, gridò il secondo mercenario, ma non fece in tempo ad allontanarsi perché l’attenzione di Alexander si rivolse su di lui. Il mezz’orco fece presto la fine del suo compagno.

 

Roddy socchiuse gli occhi, tentando di capire ciò che stava accadendo. Tentando di capire se aveva a che fare con uno stregone o se si trattava di un trucco.

 

Alexander ansimava. Era pervaso da fitte lancinanti e si sentiva la testa scoppiare. Ma non poteva fermarsi.

Roddy brandì la sua ascia e si lanciò contro di lui, ma si fermò attonito dopo pochi passi. Avvertì le propaggini della mente dell’altro uomo farsi strada dentro la sua. “Che diavoleria è mai questa?”, sussurrò mentre cominciavano le prime fitte. Alexander attanagliò le spire e strinse. Vide il cacciatore accasciarsi al suolo e lo sentì gemere. Pensò a tutto ciò che avevano dovuto subire sia lui che Drizzt. Soprattutto Drizzt. Tutte le umiliazioni, il dolore, le percosse…

Nessuna pietà!

Strinse ancora. Lo vide contorcersi a terra come un verme e provò una sorta di sadica soddisfazione. Sentiva le forze venirgli meno e la sua stretta si indebolì. Le sue energie erano agli sgoccioli e non era certo di poter avere la meglio sul cacciatore e al contempo sopravvivere. Ogni ferita inflitta alla mente di McGristle lo spingeva sempre più vicino al punto di non ritorno. Ma non gli importava, quella persona spregevole doveva morire, non importava che il prezzo da pagare fosse la sua stessa vita…

Ma mentre infuriava questa silenziosa lotta, Alexander posò gli occhi in quelli tristi di Drizzt. Oltre al dolore e alla spossatezza, l’uomo fu sorpreso di leggervi anche una tacita supplica. Con quello sguardo il drow lo stava implorando di smetterla, di spezzare quel cerchio di morte e vendetta. E Alexander capì: l’amico aveva ragione. Non si poteva lavare il sangue con altro sangue. La morte non cancellava la morte… come aveva fatto a lasciarsi trasportare fino a quel punto dall’ira?

Lentamente, spossato, l’uomo si ritirò dalla mente del cacciatore. Quest’ultimo giacque immobile su un letto di foglie e terriccio. Inerte ma vivo.

Alexander racimolò le forze. Con il briciolo di lucidità rimastagli, realizzò che doveva usare le sue ultime energie per liberarsi. Faticosamente ruotò il polso dolente stretto fra le corde. Con quell’angolazione non sarebbe mai stato in grado di usare il laser del mezzo guanto per liberare se stesso, ma con un po’ di fortuna sarebbe riuscito a bruciacchiare le corde di Drizzt. Così fu: dopo vari tentativi la corda che teneva appeso il drow cominciò a sfilacciarsi, ed infine cedette sotto il suo peso.

Il drow ci mise poco a liberare se stesso e l’amico, ma Alexander non se ne rese conto poiché era piombato in un profondissimo stato di incoscienza.

  
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