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Autore: Tia Weasley    09/04/2015    1 recensioni
Victoria non è una semidea qualunque... Quante volte avete sentito questa frase? Troppe per potervelo ricordare ve lo dico io. Posso dirvi anche un'altra cosa, che la mia storia è simile a quella di moltissimi altri semidei con la sola differenza che io sarei dovuta morire molto prima della mia presunta nascita e che il mio genitore divino è il dio dei mari, ma non porta il nome di Poseidone. Il seguente racconto narra la lotta degli oceani contro se stessi, avvenuta prima che gli dei cominciassero a diventare bipolari, prima che Percy Jackson sparisse. Sono Victoria Clarck e questa è la mia storia.
Questa storia è ambientata dopo "gli dei dell'olimpo" e prima de "gli eroi dell'olimpo". E' la mia prima fan fiction su Percy Jackson e spero di non fare errori. Buona lettura ;)
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La prima volta che fradicio un cleptomane.

Uscì dalla Casa Grande con il fiatone, come se avessi appena finito una maratona. Sentivo una strana sensazione nel petto, come se qualcuno mi stesse annodando il cuore. Udì Katerina che mi chiamava con in sottofondo lo scalpiccio delle sue scarpe sulle scale. Mi allontanai di corsa verso la costa, avevo bisogno di riordinare i miei pensieri da sola. Senza accorgermene mi scontrai contro i fratelli Stoll.

-Victoria cercavamo proprio te. Avete risolto il pro...- Non sentì altro, mi limitai ad andare avanti senza neanche fermarmi per scusarmi.

-Victoria!- Mi richiamò preoccupato quello che inseguito capì essere Connor.

La spiaggia era terribilmente affollata, quindi decisi di allontanarmi dal campo camminando sulla sabbia. Inspirando l'odore del mare mi rilassai subito e senza quasi accorgermene mi ritrovai al limitare della foresta. Dove la sabbia si fondeva alla terra che si innalzava e si prolungava per poi ergersi sopra le onde che vi andavano a sbattere contro.

Mi tolsi le scarpe e mi sdraiai per terra, con la piacevole sensazione dell'acqua sui miei piedi, strano solo ora ci facevo caso. Con il mio genitore divino che aveva governato gli Oceani si spiegavano molte cose. La sensazione di sentirmi a casa che mi dava stare vicino al mare, o sentirne solo la presenza. Il bellissimo tepore che mi dava la spiaggia. Il fatto di essere un'ottima nuotatrice. L'avere gli occhi del colore dell'acqua, come mamma aveva gli occhi di suo padre o Annabeth di sua madre. Il fatto di non riuscire a distinguere i miei capelli dalla sabbia su cui ero sdraiata, come Katerina e Percy che avevano lo stesso colore di capelli di loro padre.

Cosa mi aspettavo? Dopotutto era un mio parente. Giusto! Non sapevo ancora se padre o madre. Troppe notizie tutte in una volta. Com'era possibile? Io ero lì, con i miei sedici anni e con il mio corpo che ne mostrava altrettanti. Sentì una lacrima scendere sulla mia guancia. La scansai con rabbia. Non potevo piangere, e sicuramente non per questa situazione. Ma il trattenere le lacrime faceva bruciare la gola e mancare il fiato.

C'era di peggio che scoprire di avere tremila anni. Come non riuscire a capire perché non fossi morta. Come sapere che hai passato tutto questo tempo dormendo nelle profondità dell'Oceano Atlantico, senza nessuno che possa spiegarne il motivo. Come avere la strana voglia di tuffarsi in mare e raggiungere il luogo dove hai dormito per tre millenni e mettere fine alla tua improvvisamente assurda vita. Sapere che mia madre o mio padre era rinchiuso chissà dove e, nonostante tutto, avere la terribile voglia di conoscerla o conoscerlo.

Quella situazione cominciava a darmi fastidio. A farmi arrabbiare. A farmi sentire inutile. A farmi sentire triste. Gettata. Abbandonata. E improvvisamente sentì un amore terribile nel confronto dei miei genitori adottivi, che nonostante tutto mi avevano cresciuta come figlia loro. Mi alzai di scatto cominciando a spolverarmi con foga come se avessi del fuoco addosso, come se volessi togliermi tutto ciò che avevo appreso, facendo diventare la mia pelle abbronzata rossa per quelli che si potevano definire schiaffi. Quasi come se fosse naturale cominciai a singhiozzare. Se vista da lontano si poteva pensare solo a due cose: a quanto quella scenetta fosse esilarante, o a provare pena per la povera ragazza che si dimenava in lotta con se stessa.

Sobbalzai quando sentì due mani stringersi sui miei polsi nello strenuo tentativo di fermarmi.

-Victoria ferma, non vedi che ti fai male?- Mi disse una voce molto preoccupata dietro di me. Non so cosa mi spinse a farlo ma mi girai e abbracciai il mio soccorritore, riprendendo a piangere bagnando la maglietta della persona che avevo di fronte. Mi calmai solo molto dopo, ascoltando il rumore dell'oceano. Quando alzai lo sguardo non mi sorpresi nell'incontrare due profondi occhi blu che sorridevano malandrini.

-Ti va di parlarne?- Mi chiese Connor. Annuì e lui si sedette invitandomi a fare altrettanto. Gli raccontai tutto, cosa ci guadagnavo a tralasciare qualcosa? Niente, esatto. Appena finito lui mi guardò pensieroso.

-Non devi essere triste ne tantomeno arrabbiata per questo Vicky. Ma hai tutto il diritto di sentirti confusa.- Disse. Wow, che perla di saggezza ragazzi. Poi Connor sorrise e ciò mi fece alzare gli angoli della bocca involontariamente.

-Qui non sei tu ad avere tremila anni.- Lo rimbrottai.

-Non per scombussolarti di più, ma tecnicamente sono quattro... di millenni.

-Grazie mille...- Risposi sarcastica.

-Ehi! Prova a vedere i lati positivi. Hai quattromila e sedici anni e sei ancora una bella ragazza che non dimentica quello che ha appena pensato! A dirti la verità sei messa molto bene per la tua età, vecchietta.- Ridendo gli diedi una divertita spinta con la spalla.

-O dei del cielo!- Esclamò buttandosi a terra. -Hai anche una certa forza, mi hai scaraventato per terra.- Urlò sbigottito massaggiandosi nel punto in cui lo avevo colpito. Scossi la testa divertita.

-Comunque per quanto riguarda tuo padre o tua madre,- Riprese a parlare. -è stato così per tutti.- Disse. Gli lanciai uno sguardo. -Va bene non proprio esattamente nella tessa maniera...- Esclamò portandosi le mani avanti come a scusarsi. -Però molti di noi hanno conosciuto il loro genitore divino dopo molto tempo che sapevamo essere semidei. Almeno tu sai che sei figlia di un antico dio del mare.- Continuò cercando di tirarmi su il morale, come se non sapesse che già c'era riuscito.

-Si crede.- Lo corressi io. -Si crede che sia figlia di un antico dio del mare.- Stranamente mi sentì come se stessi parlando con un vecchio amico.

-Bè, l'acqua è a un paio di metri da noi. Dimostra le ipotesi.- Mi spronò.

-E cosa dovrei fare?- Domandai stupidamente. Infondo questa cosa cominciava ad interessarmi, chissà quante cose potevo fare.

-Non lo so. Percy riesce a respirare sott'acqua, se si immerge non si bagna, riesce a governare le correnti, può...

-Va bene, va beno ho capito!- Esclamai sorridendo, tappandogli la bocca con una mano. -Ma giusto perché tu lo sappia, Percy ed io non siamo fratelli.- Dissi alzandomi. Misi i piedi in acqua e...niente, non sapevo davvero che fare.

Sentì Connor ridere del mio comportamento impacciato. Quanto mi sarebbe piaciuto che le situazioni si capovolgessero. Improvvisamente si creò un'onda stranamente grande per il mare calmo e si infranse sulla testa del povero ragazzo che si ritrovò bagnato fradicio. A quel punto fui io a ridere e lui a non sapere che cosa fare. Poi si sentì un suono nell'aria.

-Ora di cena.- Affermò Connor, alzandosi come nulla fosse. Non mi ero accorta che il tempo fosse andato via così velocemente, non avevo neanche pranzato!

-Victoria Clark,- Continuò. -Dopo questo tempo passato con te, posso constatare che hai la stoffa per diventare mia amica.- Affermò avviandosi verso il campo, ignorando il fatto di essere zuppo dalla testa ai piedi.

-Hai testato la nostra amicizia?- Chiesi e lo vidi annuire.

-Lo fai con tutti?

-A loro insaputa...- Alzò le spalle.

-Molto onesto da parte tua.- Continuai sorridendo. Non sapevo come, ma la sua compagnia mi faceva sorridere.

-Sono figlio di Ermes o no?- Mi rispose con fare ovvio.

-A proposito di onestà... tu il tuo test dell'amicizia non lo hai superato.- Ghignai quando lo vidi sgranare gli occhi.

-Hai una mente sadica Clark.- Rise Connor.

-Malvagia Stoll, io sono malvagia.- Dissi sfregandomi le mani.

-Mi dovrei preoccupare?

-Si!- Risposi. -Quindi siamo passati ai cognomi.- Constatai.

-Ne dovrai fare di strada prima che ti chiami per nome.- Mi rispose. Ormai ci eravamo avvicinati, si sentivano le risate e il chiecchiericcio degli altri semidei. Nel frattempo i riccioli di Connor avevano già ripreso forma.

-Ma se prima mi hai chiamato per nome!- Esclamai.

-Prima era una situazione diversa.- Disse mettendosi le mani nelle tasche bagnate, riprendendo a parlare come una presa in giro delle voci fuori campo. -Io ero l'audace cavaliere che consolava la triste contadinella.-

-Quindi sarei una contadinella?!

-Mi dispiace, ma non hai il carattere da principessa.- Sbuffai. -Non che sia una cattiva cosa!- Si apprestò ad aggiungere.

-Certo cavaliere dei miei stivali.- Dissi allungando una mano a scompigliargli i capelli scherzosamente.

-Vicky!- Urlò Katerina correndomi incontro e abbracciandomi.

-Sei sparita per quasi quattro ore, non avevamo idea di dove ti trovassi. Mi hai fatto preoccupare tantissimo! Stai bene? Connor perché sei bagnato fradicio?- Disse Kate tutto d'un fiato.

-Tranquilla sto bene, riguardo a Stoll... ha fatto una risata fuori luogo.- Risposi guardandolo, lui si limitò ad una scrollata di spalle.

-Che ci posso fare?- Si giustificò. Katerina mi puntò i suoi occhi marrone scuro addosso, una chiara dichiarazione che dopo avrebbe fatto di tutto per sapere cosa fosse successo.

-Non importa, ora andiamo a mensa. I tuoi genitori rimarranno per la notte sono al tavolo con Chirone e il Signor D. A proposito, ciascun figlio dello stesso dio deve mangiare con i suoi fratelli e sorelle, quindi tu sarai costretta a stare alla tavolata di Ermes.- Disse Katerina mentre entravamo nella sala a tetto scoperto.

-Katie la smetti di sminuirci, noi siamo molto più divertenti di voi semidei canterini.- Gridò Travis alzatosi dal tavolo per difendere la sua famiglia, ma nonostante tutto sorrise.

-Canterini?! Almeno noi siamo utili, e sai una cosa tu...- Riprese parola Katerina, improvvisamente furibonda.

-Ehi voi due, calmi!- Mi intromisi. Certo che la mia amica aveva uno strano comportamento, non l'avevo mai vista così. Chirone fece un colpo di tosse, un chiaro avvertimento che ci suggeriva di sederci. Mi avvicinai agli Stoll e mi unì ai loro fratelli e sorelle, e anche a qualche altro piccolo semidio non ancora riconosciuto, per la cena tra scherzi e risate. Come primo giorno, in fin dei conti, non era stato tanto male.

ANGOLO AUTRICE
Forse è un pò patetico il fatto che Victoria sia una figlia di un'antica divinità marina, ma non ci posso fare niente io amo l'acqua e volevo creare una storia dove non ci fosse solo Poseidone. A parte il fatto che probabilmente io sono sua figlia, ma non perchè lo è Percy, più che altro perchè l'ho sempre trovata misteriosa, con tante cose da imparare e altrettante da scoprire, la vita dei fondali è terribilmente interessante, senza contare il fatto che senza di essa non si potrebbe vivere. Mi sto facendo venire sete, va bene sto divagando. Così un giorno mi ritrovo a leggere la storia di varie divinità marine e... guarda chi trovo? Il genitore divino di Victoria. Tanti saluti, Catebaggins.
  
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