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Autore: Skylark91    11/04/2015    4 recensioni
Sevitus Post-GOF: l'estate immediatamente successiva al quarto anno di Harry porta con se nuovi problemi, sfide e... drastici cambiamenti. Un susseguirsi di vicende molto particolari indurranno il ragazzo ad avvicinarsi alla persona più improbabile nel ricoprire il ruolo di mentore e... qualcosa di più. (Non-Slash)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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XV.
Double Rescue



Fidati di me.

Con quelle parole impresse in mente, Harry si preparò al peggio.

Il ragazzo non aveva dimenticato ciò che aveva dovuto sopportare per mano di Piton a causa dell’ordine di Voldemort. Era convinto delle sue buoni intenzioni, sapeva che l’uomo voleva realmente farlo uscire di lì, ma era il modo in cui l’avrebbe fatto a preoccuparlo, realmente. L’Ex-Mangiamorte era scaltro e ricco di risorse, questo Harry doveva concederglielo; ma proprio per tale motivo il giovane non poteva fare a meno di sentirsi costantemente sul filo del rasoio. Se c’era una parola adatta a descrivere il suo insegnante di Pozioni, il giovane avrebbe detto ‘imprevedibile’. Fino a che punto si sarebbe spinto l’uomo per tirarlo fuori da quella situazione? Harry non sapeva se era veramente interessato a scoprirlo o meno.

Non che avesse molta importanza ormai.

Certo, se Piton avesse almeno avuto il tempo di metterlo al corrente del suo piano, probabilmente lui avrebbe potuto affrontare l’ennesimo incontro con un Mangiamorte con uno stato d’animo leggermente diverso.

Harry deglutì, sentendo i passi farsi più vicini e l’ombra del servitore di Voldemort incombere su di lui. Non poteva fare altro che sperare che la trovata di Piton non si facesse troppo attendere e che – soprattutto – funzionasse.

«Contento di vedermi, lurido Mezzosangue?»

La voce rozza di Mulciber risuonò a poca distanza dalle orecchie di Harry, che cercò di evitare con tutte le proprie forze di respirare il suo alito fetido. Il Mangiamorte lo vide scostarsi e gli sferrò un inaspettato calcio al fianco destro; Harry rotolò sull’altro, gemendo e sentì l’uomo ridere stupidamente. «Lo dicevo io, che ti ero mancato.»

Harry ignorò il dolore e strinse i denti, mentre con la coda dell’occhio captava un movimento alle spalle di Mulciber.  

«Che ne dici di movimentare la serata, pidocchio? Cruci--»

Senza alcun preavviso, il corpo del Mangiamorte fu scaraventato sul lato opposto della cella con un tonfo sordo. Harry sbatté le palpebre più volte, fissando il punto da cui aveva visto partire il getto di luce rosso, sorpreso dal sortilegio non verbale quasi quanto doveva esserlo stato Mulciber.

Piton fece capolino dall’ombra. «Non fare quella faccia, Potter,» disse, avvicinandosi a lui, «è solo stato schiantato.» Il ragazzo lo vide estrarre da una tasca due fiale, che presero a fumare dopo un leggero colpetto della bacchetta d’ebano su ciascuna. «Un pizzico dei tuoi capelli,» aggiunse rapidamente, e Harry capì subito di quale pozione si trattasse.

Wow, deve essere estremamente utile avere sempre a portata di mano ciò che serve al momento opportuno, pensò il giovane, ricordando che Piton era sempre provvisto di scorte trasportabili. In silenzio, eseguì e osservò Piton fare altrettanto con Mulciber, per poi aggiungere gli ingredienti finali ai due miscugli. «Non sarebbe bastato un Incanto di Disillusione?» chiese Harry, prima di bere la Pozione di Polisucco che l’insegnante gli porgeva e storcere immediatamente il naso in una smorfia disgustata.

«No, Potter,» disse l’uomo, forzando la mandibola di Mulciber in modo da fargli ingerire tutta l’essenza – di un bel colore dorato –,  «l’Incanto che mi hai visto usare non fornisce completa invisibilità, a differenza del mantello di cui ti servi per girovagare indisturbato in ogni area recondita di Hogwarts. Funziona primariamente in ambienti bui e chiusi, ed assume particolare efficacia da fermi, a meno che non ci si debba spostare e celare solo per brevi tratti, come nel mio caso per venire qui. Non posso portarti a spasso per il quartier generale del Signore Oscuro mentre i tuoi contorni oscillano alla luce di ogni torcia che incontriamo.»

«Non si accorgeranno che quello non sono io--?»

«Certo che si accorgeranno, Potter,» Piton roteò gli occhi al soffitto e osservò la trasformazione avvenire sia su Harry che il Mangiamorte, «ma per allora saremo già nelle gallerie, con un discreto vantaggio iniziale. Considerato il tempo tra un cambio di guardia e l’altro, e la durata degli effetti della Pozione Polisucco, abbiamo all’incirca un’ora, da adesso.» Con un gesto della bacchetta, invertì gli abiti che i due indossavano, affinché appartenessero ai rispettivi proprietari.

Harry annuì, guardandosi per controllare che la trasformazione fosse completa; rimosse gli occhiali – di cui non aveva più bisogno – e per poco non balzò dall’orrore quando vide la parte finale del Marchio Nero sbucare da sotto la manica del braccio sinistro, nonostante fosse consapevole che il simbolo altro non era che una replica innocua del vero marchio, alla stregua di un normale tatuaggio.  Trasse un respiro profondo. «C’è… c’è q-qualcosa che devo sapere s-su di lui?» chiese nervosamente, con un cenno della testa verso il Mangiamorte.

«Rudolph Mulciber è noto per il suo sadismo nel torturare le sue vittime, questo è il campo in cui è impiegato tra le schiere del Signore Oscuro. Lui e McNair riuscirebbero a strappare qualunque informazione anche ai maghi più potenti, se non adeguatamente istruiti all’Arte Occlumantica,» spiegò Piton, aggiustando la postura di Harry e controllando che fosse credibile nei movimenti. «Oh, ed eravamo compagni di scuola,» aggiunse casualmente, ignorando l’occhiata sorpresa del giovane, «quindi mi aspetto che tu mi chiami per nome se ce ne fosse estremo bisogno, altrimenti, evita di parlare quando possibile.»

Harry sperò ardentemente di non essere costretto ad arrivare a tanto; si chiese quanto naturale sarebbe suonato il nome di Piton sulle sue labbra. La risposta che si diede non suonava tanto incoraggiante.

Poi, un pensiero improvviso – che non aveva nulla a che fare con Severus – lo folgorò. «Professore, la mia bacchetta!» esclamò, sconvolto all’idea di poterla lasciare nelle mani di Voldemort.

«Dovrai accontentarti di questa, Rudolph,» disse Piton, con praticità, raccogliendo quella di Mulciber e porgendola a Harry senza tante storie, incurante della sua delusione, «adesso vieni, abbiamo perso fin troppo tempo…»
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«Non c’è traccia di Malfoy al Ministero, Albus.» Tonks era appena emersa dalle fiamme del focolare di Grimmauld Place, accolta dal Preside, Sirius, Remus e i Weasley. «Svanito. Io e Kingsley abbiamo suggerito di organizzare una squadra e mandarla a Villa Malfoy, ma il Ministero si rifiuta di spostare anche un solo Auror dopo quello che è successo ad Azkaban.»

Silente sospirò. «Il resto delle indagini? Qualsiasi segnale di attività sospette?»

«Dolores Umbridge sembra essere scomparsa nel nulla, come Malfoy. Alcuni testimoni dicono di averla vista per l’ultima volta poco prima di usare la Metropolvere; sembra anche che da diversi giorni si presentasse al lavoro con un aspetto decisamente trascurato per i suoi standard.»

Sirius emise uno sbuffo impaziente. «Stiamo solo perdendo tempo, il Ministero non muoverà un dito per aiutarci a trovare Harry!»

«Dunque, cosa proponi in alternativa?» domandò Remus. «Non abbiamo altri metodi al momento per risalire alla posizione della base di Voldemort.»

«Possibile che Severus non possa mettersi in contatto con noi, Albus?» domandò il signor Weasley, un braccio intorno alle spalle della moglie, a sostenerla.

«Non senza allontanarsi dalla fortezza, e temo che questa non sia un’opzione visto che Severus mi aveva già comunicato – prima di partire – che la sua assenza avrebbe potuto prolungarsi più del solito,» rispose Silente. «E’ evidente che qualcosa lo trattenga lì, immagino sia per eventuali disposizioni di Voldemort che per la sicurezza di Harry.»  

«Quel povero ragazzo,» sussurrò Molly, portandosi una mano alla bocca per trattenere un singhiozzo, «deve avere subito un tale shock, rapito nel giorno del suo compleanno…» sospirò, separandosi dal marito per congedarsi dagli altri. «Dovremo dirlo ai ragazzi, non possono essere tenuti all’oscuro di tutto ancora per molto.»

Attimi di silenzio accompagnarono l’uscita dei coniugi Weasley. «Se non sbaglio, Piton ha detto che la base di Voldemort si trova in un castello,» suggerì Sirius, con un barlume di speranza nello sguardo.

«Ce ne sono quasi duecento in tutta la Gran Bretagna,» disse Lupin, «senza contare che quello in cui si trova Voldemort è protetto da barriere che lo rendono invisibile dall’esterno e impenetrabile attraverso la Materializzazione a chi è sprovvisto di Marchio.»

Sirius sbuffò, frustrato. «Ma non possiamo restare qua con le mani in mano mentre Harry è lì dentro!» sbottò. «Se Caramell non vuole impiegare Auror a Villa Malfoy, perché non possiamo andare noi a far visita a quel bastar--»

«Se Lucius ha fatto perdere le proprie tracce, vuol dire che è con il suo Signore adesso e avrà senz’altro messo al sicuro la propria famiglia. Villa Malfoy sarà probabilmente disabitata ormai, ma non per questo meno pericolosa,» avvertì Silente, cercando di mettere un freno ai bollenti spiriti del Malandrino. «Ciononostante, potremmo mandare due membri dell’Ordine – volontari – per indagare in incognito.»

Sirius si fece immediatamente avanti, ma Remus lo precedette. «Andrò io. Sai che non puoi allontanarti da qui, se qualcuno ti riconoscesse--»

«Harry è il mio figlioccio,» disse Sirius con enfasi.

«Remus ha ragione, Sirius. Non possiamo rischiare di esporti, se qualcosa dovesse andare storto o fossimo costretti a contattare il Ministero, sarebbe impossibile cercare di dimostrare la tua innocenza,» intervenne Silente, ancora una volta, e questa volta il suo tono non ammetteva repliche.

«Andrò anch’io,» si offrì Tonks, «il mio Dipartimento sa che non sarò in servizio per i prossimi due giorni, e dal momento che Kingsley non può allontanarsi dal Ministero e che chiamare un qualsiasi altro membro ci farebbe solo perdere tempo, direi che sia la scelta più logica.»

Silente valutò la situazione per qualche secondo. «Molto bene,» disse infine, «dunque – per questo tipo di lavoro – avremo bisogno di un aiuto speciale

Un sonoro crac annunciò l’arrivo di una creatura non più alta di un portaombrelli, le grandi orecchie a punta che penzolavano ai lati della faccia e gli enormi occhi a palla che ricambiavano lo sguardo dei presenti.

«Il professor Silente ha chiamato, signore?»

La voce di Dobby trillò nell’aria greve di Grimmauld Place.

«Sì, Dobby,» rispose il Preside, «abbiamo bisogno del tuo aiuto, ne va della salvezza di Harry.»

Gli occhi di Dobby si allargarono ancora di più se possibile. «Harry Potter è in pericolo, signore?»

Silente annuì. «Devo chiederti di Materializzare due membri dell’Ordine all’interno di Villa Malfoy, Dobby, sei l’unico che può farlo dal momento che conosci il luogo e che ti è possibile superare eventuali barriere di difesa.»

«Dobby farà qualunque cosa pur di aiutare Harry Potter, signore!» esclamò l’elfo, la determinazione forte e chiara nella sua voce stridula.

«Ero certo che avrei potuto contare su di te, amico mio,» sorrise Silente, prima di tornare a guardare Remus e Tonks. «Dobby vi guiderà all’interno, ma tenete a mente di procedere con estrema cautela in modo da evitare rischi inutili. È altamente probabile che il luogo sia ancora impregnato di Magia Oscura e che il posto non sia stato abbandonato.»

«Ci metteremo subito al lavoro,» annuì Remus, scambiando uno sguardo di intesa con Tonks. «Mostraci la strada, Dobby.»

«Subito.» L’elfo annuì vigorosamente e si posizionò al centro della stanza per compiere la Materializzazione, mentre gli altri si facevano da parte per lasciargli lo spazio necessario.

Sirius guardò per diversi istanti il punto in cui Remus, Tonks e Dobby sarebbero presto spariti, e – nella frazione di un secondo – prese la sua decisione: avrebbe contribuito al salvataggio di Harry, con o senza l’approvazione di Silente. Prima che chiunque avesse il tempo di fermarlo, si protese verso l’elfo, riuscendo a carpirne il braccio nello stesso momento in cui l’Uomo Lupo e l’Auror si accingevano a fare lo stesso.

«Sirius, no!»

I quattro scomparvero dalla vista dei presenti, lasciando dietro di sé solo una nuvola di polvere.   
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Harry si sentiva sguarnito, indifeso.

L’idea di abbandonare la sua bacchetta – la stessa bacchetta che l’aveva salvato in innumerevoli circostanze – nelle grinfie di Voldemort lo tormentava come nient’altro in quel momento. Persino la fuga aveva assunto un sapore completamente diverso. Non poteva fare a meno di chiedersi se la presenza della propria bacchetta ancora in tasca lo avrebbe fatto sentire meno nervoso di quanto fosse in quel momento.

Lanciò uno sguardo furtivo a Piton, accanto a sé. L’uomo camminava con disinvoltura, a passo svelto, rallentando leggermente solo quando erano in prossimità di altri Mangiamorte. Era strano trovarsi al suo livello, considerando che Mulciber era alto più o meno quanto lui; vedere lo stesso insegnante che gli aveva reso la vita quasi impossibile da quella nuova prospettiva lo rendeva in qualche modo meno terrificante, ma non per questo meno pericoloso.

Stavano attraversando un’area del castello semiaperta, che aveva tutto l’aspetto di essere in rovina da tempo immemorabile. L’edera aveva messo radici sulle imponenti mura in modo tale che solo la magia avrebbe potuto debellarla, Harry ne era certo. Qualche metro davanti a loro, un ponte di pietra permetteva il passaggio ad una seconda ala della fortezza e il ragazzo cercò di esorcizzare la paura di essere scoperti da un momento all’altro provando a ipotizzare quanti piedi potesse contare il dirupo sotto di loro. Immaginò che alla luce del sole e in una situazione diversa quel posto dovesse essere estremamente suggestivo.

«Rimani concentrato,» sentì mormorare Piton al suo fianco e Harry si chiese se avesse visto i suoi occhi vagare un po’ troppo sul circondario. Ma nel momento in cui essi tornarono a posarsi di fronte, il giovane capì il motivo dell’avvertimento.

Lucius Malfoy attendeva in fondo al ponte, lo sguardo posato sulle due figure che avanzavano verso di lui.

«Una serata incantevole per ricordare i vecchi tempi, non è così?»

«Lucius,» disse Piton, mentre Harry si limitava a fare un cenno col capo in segno di saluto, sperando che il proprio nervosismo non risultasse così evidente, «suppongo che sia così, io e Rudolph abbiamo molto di cui discutere, non credo che gli argomenti mancheranno dopo tanti anni.»

Malfoy annuì, prima di rivolgersi all’altro Mangiamorte. «Non dirmi che Potter ti ha già stancato, Mulciber?» disse con un sottile sorriso e Harry deglutì. «Spero che il tempo trascorso ad Azkaban non ti abbia reso più… soffice, con i prigionieri.»

«N-no, non direi proprio.» Harry si sforzò di risultare sicuro di se e di non cedere all’impulso di mordersi il labbro inferiore.

«Meglio così,» asserì Lucius, lanciandogli un ultimo sguardo consideratorio, prima di tornare a guardare anche Piton. «Immagino che non dovremmo lasciare il nostro ospite da solo, allora; direi che sia doveroso da parte mia porgergli almeno una visita prima delle celebrazioni finali.»

Piton emise un leggero ghigno di approvazione e Harry si accodò a lui, afferrando il suggerimento, e ridacchiando grottescamente come pensava avrebbe fatto Mulciber in quella situazione.

«In tal caso, buon proseguimento,» disse Piton, che sembrava perfettamente a proprio agio in quella situazione tanto spinosa, «e porta i miei omaggi al Signor Potter. Sarà certamente felice di riceverli.» Harry osservò le labbra di Lucius incurvarsi in un sorrisetto soddisfatto. «Vieni, Rudolph, il mio laboratorio non dista molto da qui,» aggiunse la spia, in modo da farsi sentire da Malfoy, prima di riprendere a camminare con Harry.  

Quando furono abbastanza lontani, quest’ultimo esalò un respiro di sollievo. Si chiese quante rotelle dovessero mancare a Piton da spingerlo a venerare così ardentemente un lavoro tanto folle e pericoloso quanto quello che eseguiva per Silente. Ma una cosa non poteva negarla: l’uomo era dannatamente bravo a svolgerlo.

«Dobbiamo fare in fretta,» disse a bassa voce Piton, mentre percorrevano l’ennesimo corridoio e si ritrovavano nel torrione più esterno del forte. «Le gallerie sono tre rampe più sotto, ogni castello ha un sistema di sotterranei che permette di raggiungere l’esterno in caso di attacco senza essere avvistati.»

Harry avrebbe voluto chiedergli di più al riguardo, ma sapeva che non era il momento. Piton doveva aver studiato il maniero a fondo per avere tutte quelle informazioni su di esso; evidentemente il suo ruolo di agente segreto dell’Ordine includeva anche un piano di fuga in caso di pericolo.

Svoltarono un angolo e scesero le scale aumentando la velocità dei loro passi. Al termine delle rampe di pietra, si ritrovarono di fronte a un bivio.

«Per di qua.» Piton fece strada fino ad un’ampia grata semicircolare nel muro, che Harry identificò come l’accesso alle gallerie; il ragazzo si chiese se non era stato tutto fin troppo facile. «Preparati a correre da qui in avanti, dobbiamo approfittare dell’effetto della pozione fino alla fine altrimenti--»

«Altrimenti, Severus?»

Harry sentì il sangue raggelarsi nelle vene e, con il cuore che martellava all’impazzata in petto, si voltò insieme a Piton. Un Mangiamorte allampanato, dall’aria arcigna, li osservava con una luce sospettosa negli occhi.  

«Augustus. A cosa devo l’onore?»

«Potrei chiedere la stessa cosa.» Rookwood aveva la bacchetta estratta, ma non sembrava ancora intenzionato a puntarla contro di loro.

«Il mio laboratorio è a pochi metri da qui, non è inusuale la mia presenza nei sotterranei,» osservò Piton, casualmente, «difficile dire lo stesso di te.»

«E immagino che tu abbia dimenticato che il tuo laboratorio si trova dalla parte opposta?» ribatté Rookwood, con un gesto eloquente della testa. «Ad ogni modo… non mi riferivo a te, ma a Mulciber,» proseguì, e Harry sentì un brivido percorrergli la schiena, «credevo che le tue passioni fossero ben altre, e invece ti ritrovo a dilettarti a fare il piccolo chimico. Quanto a me, ero venuto a cercarti, Severus. Volevo complimentarmi per la prestazione che ci hai offerto l’altra sera con Potter, una vera delizia per i sensi… qualcosa non va, Rudolph?»

Il ricordo di tutti gli orrori e della sofferenza che aveva subito la sera precedente prese il sopravvento sulla mente già provata del ragazzo, che si irrigidì sul posto, iniziando a tremare leggermente.

Il dolore della Maledizione Cruciatus bruciava in ogni centimetro del suo corpo…

… le risate di scherno dei Mangiamorte…

… la tortura di Piton…

Avvertì quest’ultimo – consapevole della sua condizione – muoversi al suo fianco, il polso della bacchetta pronto a farla scattare dalla manica delle veste in qualsiasi momento.

«Non è lo stesso da quando è tornato da Azkaban,» lo sentì pronunciare, «gli somministrerò una pozione affinché--»

«L’ho chiesto a lui, Severus, non a te.» Gli occhi di Rookwood si assottigliarono, mentre faceva un passo in avanti. «Può ancora parlare, almeno, non è così?»

«É vero,» si costrinse a dire Harry, sforzandosi di mantenere ferma la voce e ricacciando indietro il senso di nausea che si faceva strada in lui. Possibile che fosse già quasi trascorsa un’ora…? «S-Severus ha ragione, ho…» si interruppe, notando che il Mangiamorte aveva sollevato la bacchetta e gliela stava puntando contro.

Un getto luminoso uscì dalla punta, illuminando i sotterranei come le torce non avrebbero mai potuto fare. «Ma guarda un po’, è una cicatrice quella che vedo sulla tua fronte?» Un lampo di trionfo comparve negli occhi di Rookwood. «Un altro souvenir che ti sei portato dietro da Azkaban, immagino… dico bene, Mulciber?»

Il fiotto di luce rossa che sprizzò dalla bacchetta di Rookwood andò a scontrarsi contro l’Incanto di Protezione lanciato da Piton.
 

«Il Signore Oscuro non si sbagliava su di te, dopotutto,» gridò il Mangiamorte, schivando la maledizione scagliata dalla spia. «ha fatto bene a incaricarmi di sorvegliare quest’uscita. Incarcerus!»

«Expelliarmus!» esclamò Harry. La bacchetta di Mulciber baluginò per una frazione di secondo, prima di sparare flebili scintille in direzione del nemico.

Quest’ultimo rise di fronte all’orrore del ragazzo e si apprestò a colpire nuovamente. «Fa’ sogni d’oro, Potter. Impedimenta!»

Piton deviò il sortilegio per lui e mandò l’incanto a sbattere contro la grata di ferro alle loro spalle, in modo da farla saltare. «Potter, corri!» urlò.
   

Harry provò a fare come gli era stato ordinato, ma dopo appena due passi inciampò nella veste che portava; la pozione stava definitivamente perdendo la sua efficacia visto che le sue gambe erano già tornate alla normalità. Il ragazzo cercò di rialzarsi e si mosse a tentoni, mentre si affannava a cercare nella veste gli occhiali, senza i quali vedeva a malapena.

«Levati di torno, Piton!» ululò il Mangiamorte, furente.

«Dopo di te, Rookwood,» replicò l’Esperto di Pozioni, e Harry ebbe la fugace visione di un lampo di luce blu, dopo aver udito il proprio insegnante gridare: «Expulso!»

Il punto del soffitto colpito da Piton si aprì sulla testa di Rookwood, che scomparve alla vista dei due fuggitivi, apparentemente inghiottito dalla cascata di pietre e detriti pioventi. Prima che il piano superiore potesse crollare anche su di loro, Piton afferrò Harry per la collottola e lo trascinò con sé oltre la grata.

«La segretezza non è più una nostra priorità. Puoi camminare a passo svelto?» chiese l’uomo, sbrigativo, rimettendolo in piedi e lanciando un incantesimo ai vestiti del ragazzo, perché si restringessero e non gli impedissero di muoversi.

Harry inforcò gli occhiali e annuì, nonostante si sentisse uno straccio. La forza in più che aveva acquisito grazie alla trasformazione in Mulciber era svanita del tutto, e ora il giovane poteva contare unicamente su ciò che rimaneva degli effetti della Pozione Rinforzante con cui Piton l’aveva rimesso in sesto nella cella.  

Approfittando del vantaggio interposto dalla barriera tra loro e il Mangiamorte, i due si lanciarono in una corsa nelle gallerie.    
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«Sei completamente impazzito?» Lupin scattò verso Sirius, che si stava ancora rialzando dal pavimento di pietra su cui erano atterrati. «Hai rischiato di Spaccarti!»

Felpato lo allontanò da se con un gesto annoiato della mano e si mise in piedi. «Credevi che sarei rimasto ancora a guardare mentre Harry è in pericolo? Sono stato con le mani in mano troppo a lungo. Ora basta,» aggiunse, deciso, ignorando l'occhiata obliqua di Tonks e allontanandosi da entrambi, «nessuno mi farà tornare indietro. Dove ci troviamo esattamente, Dobby?»

«Nella cantina di Villa Malfoy, signore,» rispose prontamente l’elfo domestico, ma la sua voce tremò nel pronunciare il nome del vecchio padrone.
 

«Lumos.» Sirius si guardò intorno, incurante delle confabulazioni di Remus e Tonks sull’imprevisto che lui stesso aveva generato. «Una cantina? Sembra più una prigione.»

Si trovavano in una sala spoglia, in lastre di pietra e dal soffitto basso; l’unica via d’uscita apparentemente disponibile era situata alla loro destra, dove una porta doveva condurre ai piani superiori. Il luogo era completamente privo di luce, eccetto che per una lanterna quasi spenta, posta nel punto più estremo rispetto a dove si trovavano i tre membri dell’Ordine. Sirius seguì con lo sguardo il flebile cono di luce che si estendeva sul pavimento del sotterraneo e i suoi occhi si posarono su una doppia ciotola metallica, e su quello che aveva tutta l’aria di essere un piede che emergeva dall’ombra.

Sirius si voltò verso Remus e Tonks, ormai rassegnati della sua presenza, e capì che anche loro si erano avveduti di quel particolare. Con un cenno di intesa, i tre si mossero con circospezione verso l’angolo più buio delle segrete.
 

Il Malandrino dai capelli color pece si accostò con cautela alla sagoma semi-nascosta e sollevò la bacchetta in modo da fare luce sul volto di chiunque si trovasse lì con loro. Un volto flaccido e privo di sensi emerse dall’oscurità.

«Dolores Umbridge,» disse Tonks, in un bisbiglio. «Come pensate che sia finita qui?»

Sirius esalò bruscamente. Per un attimo, aveva ingenuamente sperato che Harry potesse trovarsi lì e che l’incubo sarebbe finito. Invece, ora avevano un problema in più da risolvere.

Remus si chinò sulla donna e ne controllò il respiro. «Non ha importanza per il momento. Dobbiamo farla uscire di qui, è in uno stato pietoso--»

«Non c’è tempo ora, ci penseremo dopo,» disse immediatamente Sirius, dando le spalle alla figura seduta a terra e dirigendosi verso l’unica porta del sotterraneo. «Harry è il motivo per cui siamo qui, la nostra unica priorità.»

«Ci penserà Dobby,» replicò Remus, «può tornare da noi in qualsiasi momento, nel caso avessimo bisogno di lui qui; la versione di questa donna potrebbe tornarci utile, se non dovessimo riuscire a trovare alcuna informazione che ci aiuti a localizzare Harry.»

Tonks annuì e si rivolse all’Elfo Domestico, il quale apparve ben felice di potersi dimostrare ulteriormente utile e di allontanarsi da Villa Malfoy. Dopo che Dobby fu sparito con la donna svenuta, l’Auror e Lupin raggiunsero Sirius vicino all’uscita. 
 

«Alohomora,» mormorò quest’ultimo, senza successo. Riprovò, ma il secondo tentativo si rivelò altrettanto inutile.

«Deve essere incantata per riconoscere solo i Malfoy dall’interno,» disse Tonks, in un sospiro amaro. «Immagino che avere sangue Black conti ben poco.»

Sirius dovette frenare l’impulso di tirare un pugno alla pesante porta che li costringeva a restare nella sala umida e ammuffita. «Dobby ha scelto il luogo migliore per farci entrare…»

«E dove altro avrebbe potuto Materializzarci? Nel bel mezzo di un gruppo di Mangiamorte in riunione, magari?» Tonks si sentì in dovere di difendere l’elfo, le mani sui fianchi come una maestrina.

«Shhh, fate silenzio un attimo! Sento delle voci.»

Remus si era acquattato contro la porta e il suo udito superiore appariva intento a captare ogni minuscola vibrazione oltre l’ostacolo che li teneva rinchiusi. Una voce femminile e una maschile – che conosceva perfettamente – si susseguivano in una conversazione che sembrava essere sul punto di terminare.

«… incomincia dal funzionario del Ministero, assicurati di far sparire ogni prova, anche la più piccola. Quando avrai finito, ci raggiungerai immediatamente al rifugio, sono stata chiara?»

«Sì, signora Malfoy,» rispose la voce di Codaliscia, in tono deferente. «Me ne occuperò subito.»

«E controlla che ogni barriera sia al suo posto prima di sparire, sta pur certo che se dovessi tralasciare anche solo mezzo dettaglio di quanto ho ordinato, farò in modo che l’Oscuro Signore lo venga a sapere. Vieni, Draco.»

«Certamente, milady,» furono le ultime parole sottomesse che Remus sentì pronunciare da quello che un tempo era stato uno dei Quattro Malandrini di Hogwarts.

Attese qualche secondo ancora, sentendo i passi di madre e figlio allontanarsi, prima di udire quelli di Peter Minus spostarsi esattamente sopra le loro teste. Si voltò a guardare Sirius. «Narcissa e Draco Malfoy hanno appena abbandonato la Villa; Codaliscia sta venendo qui.»

Per un attimo, i tratti facciali di Sirius furono stravolti da un’espressione feroce, prima di distendersi e andare a formarne una di folle trionfo. «E noi saremo pronti ad accoglierlo,» mormorò, pregustando il momento in cui avrebbe potuto saldare i conti con il traditore che gli aveva strappato il suo migliore amico.  
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La corsa di Harry non durò a lungo.

Il giovane sentiva gli effetti della Pozione Ricostituente svanire ad ogni passo. Arrancando, strinse i denti e cercò di focalizzare la mente sulla via d’uscita che stavano inseguendo, nonostante le forze minacciassero di abbandonarlo completamente da un momento all’altro.

Quando – per l’ennesima volta – incespicò sulla superficie melmosa della galleria e si sentì cadere, avvertì Piton afferrarlo e tirarlo nuovamente su.

«Ce la posso fare…» borbottò il giovane, cercando di rimettersi più stabile sui piedi senza l’aiuto del suo professore, incapace, tuttavia, di ottenere grandi risultati.

«Questo mi è piuttosto evidente, Potter.» Piton inarcò un sopracciglio e represse a stento un sospiro impaziente; ignorando le proteste del Grifondoro, prese a sorreggerlo. Harry avrebbe giurato di sentirgli aggiungere un malcelato “stolto ragazzo”, ma decise di lasciar correre. La situazione in cui si trovavano richiedeva collaborazione reciproca purtroppo, e lui si sentiva comunque troppo stanco per fare discussioni con Piton. Il silenzio calò ancora una volta su di loro, finché Harry non resistette più.

«Non posso prendere un’altra di quelle pozioni…?» biascicò, insofferente all’idea di essere un peso e di avere bisogno dell’aiuto di Piton anche solo per muoversi.

«No,» rispose seccamente l’uomo, procedendo quanto più speditamente possibile, nonostante l’impiccio che Harry costituiva, «è necessario che passino almeno cinque ore tra una dose e l’altra, a meno che tu non voglia cadere incosciente al suolo e costringermi a trasportarti in braccio per il resto del tragitto.»

Harry inorridì alla sola idea e si affrettò a rimangiarsi qualsiasi tipo di protesta. Doveva ammettere, tuttavia, che mantenere il proprio sarcasmo in una situazione come quella era a dir poco encomiabile da parte di Piton.

Il tunnel attraverso cui procedevano sembrava non avere mai fine. Il rumore dell’acqua che scorreva nei cunicoli laterali, tamburellando senza sosta sul pavimento limaccioso, picchiettava nella testa di Harry come un martello – il suono amplificato a dismisura dall’emicrania e dal senso di nausea che non gli davano tregua.

Per un attimo, si sentì mancare nuovamente (o forse era stato più di un attimo…?). Un gelo improvviso aveva iniziato a insinuarsi in lui come tante lame affilate, mentre la vista prendeva ad  annebbiarsi sempre di più e le gambe iniziavano a muoversi al rallentatore…

Percepì Piton fermarsi per pochi secondi, fargli qualche veloce domanda – di cui Harry non capì nemmeno una parola – e poi il dorso di una mano fredda posarsi sulla sua fronte. Il ragazzo avrebbe giurato che l'uomo l'avesse chiamato addirittura per nome, ma forse era troppo poco lucido per distinguere la realtà dalle illusioni. Attimi dopo, erano di nuovo in cammino, questa volta un po’ più lentamente, e Piton aveva ripreso a parlare (forse per tenerlo sveglio?). Harry lo sentiva pronunciare frasi che a lui apparivano sconnesse e che andavano dallo stato in cui il suo corpo debilitato versava, al fatto che il “povero spettacolo” offerto davanti a Rookwood non era stato causato dalla bacchetta di Mulciber, ma dal suo polso ancora debole; questo non avrebbe dovuto essere sforzato in ulteriori “sciocchi atti di protagonismo” altrimenti il suo processo di guarigione ne avrebbe risentito…

Quando Harry rinvenne si accorse di non avere più i piedi per terra e che nei suoi occhi semi-aperti riverberava la luce lunare, filtrante dal varco che – ormai sempre più prossimo – si stagliava di fronte a loro.

E poi, tornò l’oscurità.
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Per la prima volta in vita sua, Severus fu tentato di maledire il ruolo che lui stesso aveva scelto di ricoprire più di un decennio prima.

Avrebbe portato Potter in salvo anche in capo al mondo, ma questo era veramente troppo. Quando sarebbero tornati ad Hogwarts – perché sarebbero ritornati – avrebbe ricordato a Silente che trasportare Potter in braccio come un moccioso di sei anni non rientrava in alcun modo nelle sue mansioni.
 

Il ragazzo aveva sopportato troppi sforzi nelle ultime quarantotto ore ed era infine giunto il momento di pagarne il fio; persino un uomo adulto e vaccinato avrebbe sentito su di se le conseguenze di tante fatiche, figurarsi un ragazzo minuto come Potter. Quando l’aveva preso in braccio perché la febbre era diventata troppo forte e il giovane non era più in grado di mantenersi cosciente, Severus si era reso conto che il Grifondoro pesava incredibilmente poco per appena due giorni di digiuno e – soprattutto – per un ragazzo della sua età.

Nemmeno lui, per quanto trascurato fin da piccolo, era mai stato tanto esile quanto appariva il Bambino Sopravvissuto. Eppure ricordava che né Lily né Potter avessero mai avuto problemi di costituzione troppo magra, anzi, entrambi erano sempre stati in perfetta forma, indice di un’alimentazione sana e regolare.

Severus lanciò un’occhiata al volto provato del ragazzo, confermando che era ancora svenuto; la sua fronte era stata incandescente fino a pochi minuti prima e l’Ex-Mangiamorte non aveva potuto fare altro che ricorrere ad una fiala sfebbrante e rinvigorente. Poteva concedere qualche minuto di incoscienza a Potter fintanto che fossero stati al riparo del tunnel, ma – una volta fuori di lì – avrebbe avuto bisogno di qualcuno in grado di correre, altrimenti sarebbero stati un bersaglio fin troppo facile.

Distolse quasi subito lo sguardo dallo studente. Doveva rimanere concentrato sulla missione attuale, non era il momento di distrarsi con i pensieri riguardanti la dieta di Potter. Tanto più che tutto ciò non rientrava nemmeno nelle sue competenze…

… o forse sì?

I verdi occhi luminosi tornarono a tormentarlo, così come il pensiero di ciò che il giovane aveva sopportato per mano sua la scorsa notte. Era molto più semplice quando tutto ciò che riusciva a vedere in lui era James Potter, il suo odiato, arrogante rivale. Ora, tutto ciò che era in grado di vedere gli ricordava di Lily.

E, in quel momento, Severus si accorse di conoscere la risposta alla propria domanda.
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Harry non percepiva più il trascorrere del tempo.

Da quando aveva visto la luce della luna abbagliarlo, era tornato in un mondo fatto di ombre e silenzio. La voce di Piton era solo un eco lontano ormai; non sapeva cosa stesse accadendo attorno a loro, né se i Mangiamorte li avessero già raggiunti, mettendo così fine alla loro fuga.

D’altronde, chi gli diceva che Piton fosse ancora lì?

Magari si era stancato di avere un peso come lui dietro.

O forse si era reso conto che il gioco non valeva più la candela e aveva deciso di riconsegnarlo a Voldemort?

Non sapeva nemmeno se lui stesso fosse ancora vivo o no.

Magari un’Avada Kedavra aveva già messo fine a tutte le sue sofferenze.

Non doveva fare altro che attendere il momento in cui l’oscurità si sarebbe diradata e avrebbe rivisto le facce di coloro che lo amavano. Già gli sembrava di sentire le loro voci, come in coro, chiamarlo e spronarlo ad affrettarsi. Una luce apparve distintamente davanti ai suoi occhi e Harry si sforzò di aprirli, finalmente in grado di uscire dal baratro nero in cui si trovava…

Solo che il coro che aveva udito non era formato da voci e la luce innanzi a lui non era indistinta ma ben definita.

Un freddo glaciale – ben più agghiacciante di quello che gli aveva procurato la febbre – si impossessò del ragazzo, mentre le urla disumane delle creature che scivolavano verso di lui si facevano sempre più prossime. Nel momento in cui i sensi tornavano vagamente a percepire ciò che li circondava, Harry riconobbe di essere in una foresta e che i Dissennatori erano a poco più di qualche metro da lui.

«Expecto Patronum!»

Qualche istante dopo, avrebbe giurato di vedere un quadrupede semitrasparente corrergli di fronte e schermarlo dai suoi assalitori ammantati.

Forse la febbre gli giocava brutti scherzi. Per un attimo, aveva creduto che il Patronus di suo padre fosse giunto in suo soccorso. Strizzò gli occhi, incredulo, cercando di risvegliarsi completamente dallo stato onirico in cui era sprofondato; ad un’osservazione più attenta, la creatura appariva più piccola del solito e priva di corna...

«Potter,» la voce di Piton risuonò nella foresta buia, da un punto poco distante rispetto a lui, «ho bisogno che tu muova quelle gambe… ora!»

Harry si sentì tirare su di peso ed essere sospinto in avanti. I suoi arti inferiori sembravano come arrugginiti; il giovane fece fatica a ritrovare un equilibrio stabile, muovendosi dapprima a scatti, per poi riuscire ad acquisire il giusto ritmo con cui avanzare attraverso la fitta vegetazione.

Dietro di sé, udì Piton iniziare a seguirlo, non prima di aver scagliato un nuovo Incanto Patronus che si intrattenesse a coprire la loro fuga. Il ragazzo non poté fare a meno di voltarsi, lasciando vincere la curiosità sul buonsenso anche in quel momento di estremo pericolo.

Una magnifica cerva argentea disperse i Dissennatori rimasti, frapponendosi come uno scudo impenetrabile tra i due maghi e le creature.

Non sapendo bene cosa pensare, Harry continuò a correre, ancora confuso e stordito. Non sapeva da che parte dovesse andare, se solo Piton si premurasse di dargli delle istruzioni più precise! Intorno a lui tutto era buio e anche quel poco che riusciva a vedere, sembrava ripetersi allo stesso modo per miglia e miglia. Stessi alberi, stesse rocce, stessa vegetazione. E non una via di fuga. Persino i versi degli animali notturni si susseguivano all’infinito in una cantilena che Harry non avrebbe sopportato ancora per molto.

«Da che parte?» gridò a Piton, poco più indietro di lui, a controllare che nessuno li seguisse.

«Non fermarti!»

«Ho chiesto da che--»

«Non lo so, Potter! Risparmia il fiato per la corsa!»

Uh-oh, Piton che ammette di non sapere qualcosa…

Se Harry anziché pensare a Piton avesse continuato a guardare di fronte a se, probabilmente non sarebbe mai finito a sbattere con la testa contro il ramo basso di un albero.

E il suo mondo non sarebbe tornato a farsi tutto nero.
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