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Autore: Happy_Pumpkin    24/12/2008    4 recensioni
Shikamaru e Temari si trovano costretti a lavorare fianco a fianco come giornalisti nella stessa redazione. Aggiungiamo un direttore squilibrato, rivalità tra colleghi, celebrità indisponenti e avrete “I do”...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Temari, Shikamaru Nara
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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I wanna fall in love with you,
I wanna say I do.
Placebo, "I do"

My lazy old boy


Uffici della rivista “New Day”, Tokyo

Shikamaru guardò con una palpebra aperta il posto vuoto della scrivania davanti a lui.
Il ventilatore continuava a vorticare nella grande stanza, asportando il fumo della sigaretta che faceva ondeggiare nella bocca.
Mani incrociate dietro la testa, appoggiata allo schienale della poltrona.
La redazione... affollata, piena di gente isterica che andava avanti e indietro per riuscire a portare avanti il giornale prima che andasse in stampa.
Un inutile spreco di energie insomma.

Dannazione, perché te ne sei andato proprio adesso Choji?

Già... mancavano due settimane allo speciale sulle feste tradizionali giapponesi e il suo collega lo abbandonava. Defezionava. Spariva.
Per andare ad affiancare suo padre nella piccola impresa farmaceutica che aveva messo su... pareva essere riuscito a creare rivoluzionarie pillole per fortificare il corpo... un sacco di robe insignificanti.
Alzò le spalle, tanto gli sarebbe toccato comunque lavorare, con o senza Choji.
La scrivania era desolatamente vuota senza il cumulo di patatine e altri generi alimentari che prontamente la inondavano... sembrava perfetta, anche troppo.
Chiuse ancora gli occhi, facendosi cullare dal brusio dell'ufficio, finché non sentì un tonfo.
Non li aprì immediatamente, rimase immobile, sperando che le sue orecchie bastassero senza dover fare l'ulteriore sforzo di usare la vista.
“'Giorno” sentì dire.
Voce femminile, profonda, forse scazzata.
Donne... irascibili, presuntuose, vanitose... non ne valeva la pena.
“Ehi! - disse ancora la voce – Sto parlando con te cafone!”
Smise di far ondeggiare la sigaretta, questa volta aprendo gli occhi.
Vide, piantata davanti all'ex-scrivania di Choji, una ragazza dai capelli biondi raccolti in modo strano e dalle belle forme pronunciate.
“'Giorno.” rispose lui biascicando le parole.
Ma, prima che potesse richiudere gli occhi, questa sbottò:
“Ehi, non parlare troppo la lingua ti si potrebbe sciogliere...”
La scrutò un istante limitandosi a un “Tsk” molto profetico.
La vide gettare in un angolo una serie di carte, libri e riviste per poi appoggiare di fianco al computer un ventaglio viola e una targhetta.
Si guardò attorno un istante per poi sedersi alla scrivania appoggiando le mani su di essa e, sporgendosi in avanti col busto, non smise di fissare Shikamaru.
Questi inarcò un sopracciglio:
“Che hai da guardarmi?”
“Hai intenzione di presentarti o devo mandare i servizi segreti?” chiese lei apparentemente senza alcuna ironia, come se davvero potesse farlo.
“Shikamaru Nara.” disse quasi in un soffio, scrollando la sigaretta sul posacenere.
“Bene Nara, io sono Temari Sabaku. Vediamo di andare d'accordo e non avremo problemi.”
Netta, decisa, sicura.
Shikamaru questa volta si fece più interessato o forse preoccupato:
“Che vuol dire andare d'accordo?” un tono sospettoso si insinuò nella sua voce.
“Vuol dire relazionarsi da collega a collega, presente? Ciao, come stai... non è difficile.” disse con un sorrisetto ironico.
Shikamaru alzò gli occhi al cielo, appoggiando una guancia sulla mano, il gomito puntellato sulla scrivania: “Non dirmi che sono in coppia con te per i servizi...”

Choji... posso sinceramente odiarti.

“Beh, solo se riesci ad alzare il culo da lì.” replicò secca.
“Se ci riesci tu, ci riescono tutti.” sentenziò fissandola.
“Che stai insinuando Nara?” chiese piccata.
“Nulla. Stai facendo tutto da sola.” rispose alzando le spalle.
Ma, prima che la bionda potesse ribattere, videro arrivare il direttore della rivista... un uomo dai capelli bianchi che, a vederlo, non darebbe mai l'idea di essere arrivato tanto in alto da poter condurre un settimanale di attualità.
“Ehilà – salutò allegramente – Sabaku ben arrivata! Vedo che hai già conosciuto Nara, vero? Un grande lavoratore non c'è dubbio.”
Una risata sfuggì a Temari, guardando dubbiosa il grande lavoratore citato, con la scrivania vuota e il computer spento.
Shikamaru alzò gli occhi al cielo: “Capo, posso anche fare da solo...”
Ma lo ignorò continuando a parlare con Temari. “Una bella fanciulla come te può semplicemente chiamarmi Jiraiya, lascia che siano questi zotici – Shikamaru sbottò qualcosa al sentirsi far rientrare nella categoria di zotici – a definirmi come Grande Capo o... Redattore Supremo Altresì Leggendario. Spero che lavorerai al meglio e... per le donne un aumento di stipendio!”
Scoppiò a ridere.
Temari fece un accenno di risata per poi commentare: “Evitiamo di fare sessismo. Donne o uomini che differenza fa?”
Shikamaru la guardò allibito. L'intero ufficio, la guardò allibito.
Calò il silenzio.
Jiraiya deglutì un istante, cercando di superare l'imbarazzo di quella affermazione detta con una spontanea e velenosa onestà. Si grattò distrattamente la testa per poi cambiare discorso e lanciare un plico di fogli a Shikamaru dicendo:
“Bene! Dicevamo... Nara e Sabaku, visto che abbiamo un elemento femminile voglio che andiate in un okiya di geishe col quale ho preso appuntamento e le intervistiate, niente di più facile!”
Shikamaru obiettò, dando un'occhiata svogliata ai fogli con le varie indicazioni per poi posarli davanti a sé:
“Scordatelo! Se già le donne sono difficili quelle lo sono ancora di più!”
Ma Temari replicò: “Sei tu che non riesci ad afferrarle...  dacci un paio di giorni Jiraiya e io – sottolineò l'io con forza evidente – ti porterò un servizio memorabile per lo speciale sulle feste tradizionali.”
Dicendo questo fece per afferrare i fogli ma, con inaspettata velocità, Shikamaru ci sbatté la mano sopra così che tutti e due rimasero a contendersi quel plico, lanciandosi occhiate di sfida.
“Non dimenticarti che lavoro qui da prima di te Sabaku. Non mi soffierai il servizio.”
Improvvisamente Jiraiya dette una pacca sulla spalla del ragazzo esclamando:
“E brava Temari che risveglia lo spirito ardente di giornalista in questo valente collaboratore! Mi raccomando allora, mi aspetto tanto da un duo così affiatato come il vostro – poi fece per allontanarsi, finché non si girò dicendo cercando di apparire casuale – ah... portate tante belle foto delle geishe in kimono, ci tengo!”
Si allontanò fischiettando non smettendo di fare complimenti a un gruppetto di segretarie.
Temari commentò: “Che razza di maniaco fissato con le donne.”
Shikamaru, non mollando i fogli visto che nemmeno lei lo aveva fatto, replicò sarcastico:
“Che problema ti fa? Mica rientri nella categoria, no?”
“Io infatti sono una donna con la D maiuscola... non come quelle mezze sciaquette che hai incontrato tu – rispose scandendo le parole – e ora lascia la presa.”
“Lascia prima tu.” disse semplicemente lui
“Mai.”
Shikamaru sospirò. Perché, fra tutte le giornaliste del mondo, doveva proprio avere a che fare con una orgogliosa, competitiva e assurdamente maschile?
Finché non disse conciliante: “Senti, facciamo così. Io conto. Al mio tre lo lasciamo tutti e due, per poi visionarlo ciascuno con calma. D'accordo?”
“D'accordo. Niente inganni.” sentenziò decisa.
Al tre entrambi sollevarono la mano, lasciando il foglio tra le due scrivanie, per poi sedersi fissandolo scambiandosi un'occhiata.
“Prima le signore?” chiese Shikamaru lasciando intendere il suo dubbio.
“Accomodati allora.” rispose lei con un sorriso finto.
“Sei tremendamente stronza e insopportabile – sbottò lasciando la sigaretta sul posacenere – leggilo tu e basta.”
Soddisfatta e non nascondendo un ghigno compiaciuto Temari afferrò quanto dato da Jiraiya, sfogliando il contenuto con le varie richieste e i punti da evidenziare.
Sarebbe stato un lavoro interessante, cercare di portare un ulteriore spiraglio su quel mondo chiuso ad occhi estranei che era quello delle geishe.
Le piaceva quella rivista... il “New Day” anche se riteneva il nome troppo stupido e banale, visto e considerato che era un settimanale, senza parlare del vano tentativo di dare un nome inglese ad una rivista tipicamente giapponese.
Idiozia nel pieno stile del direttore.
Ma il punto forte erano gli argomenti trattati, ogni volta così vari, così interessanti, in grado di spaziare praticamente in ogni campo senza cadere nel banale.
Diventare giornalista, o meglio, inviata speciale era il sogno della sua vita.
Agire, mostrare la propria intraprendenza, gestire al meglio tutte le proprie possibilità.
Ogni giorno una sfida, che lei avrebbe vinto.
Era così che voleva vivere.
Improvvisamente Shikamaru si alzò con uno sbadiglio, stirandosi la schiena.
“Andiamo. Il quartiere è a più di mezz'ora da qui.”
“Che dici? Ma se in macchina ci si impiega un quarto d'ora...” disse accumulando le carte per poi farle scivolare sulla scrivania del collega, che le prese distrattamente.
“Chi ha detto che voglio andare in macchina?”
“Non dirmi che hai intenzione di andare a piedi...” mormorò incredula, non senza una punta di ironia mentre si metteva la giacca.
“Se vuoi non te lo dico, comunque si, voglio andare a piedi. Non ho voglia di prendere la macchina, cercare parcheggio e tutte quelle altre stronzate.” disse infilandosi a sua volta il cappotto smanicato.
“Arrangiati.” si limitò a rispondere afferrando la sua borsa con dentro il blocco degli appunti e un registratore.
Shikamaru invece era a mani nude, senza nulla al seguito. Di fronte allo sguardo perplesso della collega rispose laconico: “Si chiama memoria. Non devo portamela dietro.”
Sorrise incamminandosi verso l'uscita.
Temari lo scorse salutarla con un gesto debole della mano per poi sparire dietro l'angolo.
Si morse un labbro, dirigendosi a passi decisi anche lei verso il percorso di scale e ascensori che portava alla strada.
Quando uscì fuori venne colpita dalla pungente aria autunnale e sollevò lo sguardo, scrutando il cielo nuvolo. Si chiese per quale arcano motivo quel decerebrato del direttore continuasse a tenere in funzione il ventilatore nonostante fossero ormai in pieno autunno.
Aprì la macchina, parcheggiata per pura fortuna a qualche metro di distanza, e una volta al volante gettò la borsa sul sedile sbottando:
“Quell'idiota presuntuoso...”
Ingranò il motore avviandosi in strada, suonando senza troppa noncuranza il clacson per invogliare quei mezzi troppo lenti e indecisi per lei a cambiare corsia.
Percorse qualche incrocio finché, quando dovette svoltare, non iniziò a piovere... delle gocce fastidiose che andarono a posarsi incessanti sul suo parabrezza.
Schioccò la lingua infastidita, azionando il tergicristalli, finché come per istinto non guardò fuori dal finestrino, aspettandosi di vedere Shikamaru a piedi zuppo d'acqua.

Starà bene?

Si dette della scema. Cosa le doveva importare di quello stupido misogino?
Eppure non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Non le piaceva l'idea di lasciare qualcuno sotto l'acqua, anche se si trattava di Shikamaru.
Cambiò corsia, cercando di individuarlo tra la gente che tentava malamente di proteggersi con il cappotto, ma non riuscì a scorgerlo.
Finché, per caso, non lo intravide camminare sotto un porticato, la sigaretta accesa, con il passo lento e ponderato di un anziano.
Accostò, tirando giù il finestrino, per poi suonare il clacson.
Lo vide alzare lo sguardo, non mascherando una certa sorpresa, ma non accennò a muoversi.
“Lo vuoi un passaggio?” chiese lei.
“No grazie, devo finire di fumare. Come ti ho già detto preferisco andare a piedi.” rispose lui aspirando una boccata di fumo.
“Ma davvero? Non credevo desiderassi tanto ardentemente inzupparti.” disse ironica.

Quella dannata Sabaku. Aveva ragione, camminare sotto la pioggia senza nemmeno un ombrello era da stupidi. Ma non poteva accettare un passaggio in auto proprio da una donna, non esisteva affatto.

Quando borbottò qualcosa di incomprensibile, con evidente aria seccata, Temari fece una smorfia dicendogli:
“Senti Nara, qui le cose sono due: uno, ti offro un passaggio per pura gentilezza; due, se arrivi bagnato all'okiya col quale abbiamo appuntamento ti sbattono fuori e io perdo il servizio. Quindi vedi di farmi il favore di muovere quelle gambe e appoggiare il culo su questo benedetto sedile prima che mi incazzi sul serio.”
Dicendo questo si sporse aprendogli senza troppi complimenti la portiera che oscillò pericolosamente. Shikamaru la fissò un istante, silenzioso, solo lo scrosciare della pioggia, delle macchine, del vociare della gente che li accompagnavano.
Infine gettò con aria seccata la sigaretta a terra e, messo irrimediabilmente alle strette, dovette accettare.
Prima di salire però appoggiò una mano sul tettuccio, abbassandosi e dicendo guardando Temari dritta negli occhi:
“Tu sei completamente fuori. Devi aver avuto qualche serio trauma infantile, dovrei studiarti, sul serio.”
Lei fece un sorrisetto provocatorio: “Ti piacerebbe...”
Alla fine, nonostante tutte le reticenze, salì richiudendo la portiera dietro di sé e allacciandosi le cinture.
“Che uomo prudente.” commentò lei pungente.
“No. Con te non si è mai prudenti abbastanza.” rispose tirando giù il finestrino per togliere l'appanno.
“Immagino di sì.” rispose con una certa soddisfatta malizia.
Involontariamente Shikamaru si lasciò sfuggire un sorriso.

Pazza, violenta... che altro desiderare di più da una collega?

Quando si rimise in moto Temari accese la radio, impostandola su una frequenza di musica tipicamente rock... una di quelle stazioni che trasmetteva solo canzoni conosciute ai veri cultori di una cacofonia fatta di chitarre, batterie e voci isteriche che Shikamaru non voleva nemmeno contemplare.
Sbuffò annoiato e si sporse leggermente in avanti spegnendogliela.
Temari gli lanciò un'occhiataccia:
“Che diamine stai facendo Nara?”
“Ho spento. Devo farti un disegno Sabaku?” Dicendo questo appoggiò la testa sul sedile socchiudendo gli occhi.
Senza attendere oltre Temari la riaccese, alzando per ripicca il volume.
“Qui siamo nella mia macchina e ascolto la musica che voglio.”
Shikamaru si portò una mano dietro la testa, scrutando un istante il soffitto di un blu scuro della macchina per poi osservare ironico: “Ah si? E tu la chiami musica questa?”
Fermandosi al semaforo rosso Temari si voltò verso di lui chiedendo a sua volta:
“E per te quale sarebbe la musica? Sentiamo, sono proprio curiosa.” E lo era davvero. Ma non l'avrebbe mai dato a vedere apertamente.
“Quella classica per esempio. Anche se non ho mai voglia di comprenderla a fondo. Le canzoni popolari giapponesi e, in alternativa, il silenzio.”
La ragazza ammutolì. Il silenzio. Se lo immaginava... seduto sotto un portico di una casa in campagna ad ascoltare il nulla.
Poi scoppiò a ridere commentando, ingranando la prima:
“Nara, sei strano... davvero. Canzoni popolari giapponesi... neanche fossi un pensionato!”
Scattò il verde e avanzò ignorando le repliche secche di Shikamaru.
Finché non gli disse quasi con fare casuale:
“Dovrei avere una vecchia cassetta buttata da qualche parte nel vano del cruscotto. Mettila.”
“Quanto sei noiosa... non basta spegnere ed evitarci tante fatiche inutili? Qualche minuto e arriviamo...”
“Se io sono noiosa tu sei maledettamente svogliato. Allunga le braccia, non ti costa nulla.” rispose guardando la strada davanti a sé.
Con uno sbuffo Shikamaru si decise ad assecondarla aprendo lo scomparto davanti a sé e tirando fuori, oltre ad un mucchio di cartacce, agende e due ventagli dei quali non aveva ancora capito il perché della loro esistenza, riuscì a scorgere una vecchia musicassetta senza nemmeno la custodia.
“E' questa?”
chiese mostrandogliela.
Temari annuì: “Si. Mettila e sentiamo queste nenie da vecchi, proprio come piace a te.”
“Se tu sei troppo rozza per capire questa musica non è colpa mia.”
E, più per provocazione che perché ci tenesse davvero, mise la cassetta così che in breve un suono melodico, nonostante all'inizio fosse un po' gracidante per via della registrazione vecchia, si riprodusse nella macchina.
Anche la macchina, di seconda mano, tutto sommato aveva qualcosa di vecchio... basti pensare alla radio con ancora il mangianastri, ma nel complesso sapeva di Temari.
C'era tutta la sua essenza lì dentro... semplice ma al tempo stesso aggressiva, un insieme di metallo che si reggeva con orgoglio.
Shikamaru sorrise scuotendo la testa... quella tipa lo stava influenzando negativamente.
Le parole della canzone vibrarono nella macchina, con intensità, mentre i due stranamente rimasero in silenzio.
Al di fuori il ticchettio armonioso della pioggia.

§ § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § § §

Sto finendo una fiction di genere totalmente diverso ma volevo provare a postare questa, che mi frullava in testa già da un po' di tempo, e vedere cosa ne esce fuori.
Mi piace scrivere ogni volta su personaggi diversi ma Shikamaru e Temari insieme li adoro, mi diverte farli dialogare! Inutile dire che il titolo della fiction è preso da una canzone dei Placebo, che in questo periodo sono un po' la mia musa ispiratrice, e in quelle poche righe c'é un po' il pensiero dei due protagonisti riguardo lo svolgersi della loro relazione...
Se vi sembra pessima non esitate a dirmelo!
Auguri di Buon Natale e alla prossima. ^_^


   
 
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