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Autore: 9Pepe4    24/12/2008    3 recensioni
La gravidanza sembrava procedere per il meglio, ma...
Una prova dura per entrambi i genitori... Riusciranno ad andare avanti, insieme?
Poi, di colpo, mi scivolò lo sguardo e vidi il sangue. Sbarrai gli occhi, sgomenta, con l’acqua che mi scorreva sulla schiena. ‘Cos’è?’ mi chiesi, disperata. ‘Cos’è?!’
PARING: GOTENxVALESE (ho notato che è molto poco frequente, allora mi è balenata in mente l'idea di scrivere 'sta roba... nonostante non sia la mia coppia preferita XD La depressione gioca dei brutti tiri U.ù)
Genere: Generale, Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Goten, Valese
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 – Il sogno

Goku si sporse in avanti, poggiando le mani da bambino sulle squame smeraldo del Drago Shenron. Era ancora eccitato dal ricordo della battaglia contro un guerriero proveniente da un altro universo.
“Ehi, Shenron, a casa mia tutto bene?” domandò, sentendo una rapida fitta di rimorso per averlo chiesto così tardi. Subito allontanò il senso di colpa, certo che non fosse accaduto nulla di brutto.
Agitò la coda, attendendo una risposta.
“Tuo figlio... Goten... soffre” rispose il drago con voce riecheggiante.
Goku sobbalzò, irrigidendosi. “Sono sicuro che sbagli!” esclamò. “Goten è un ragazzo forte!” affermò poi, in un’impennata d’orgoglio per suo figlio.
Il drago emise un suono brontolante. “Sua moglie era incinta, ma purtroppo ha perso il bambino” comunicò, facendo gelare il saiyan.
“Oddio, Goten!” esclamò Goku con voce strozzata. Se pensava a come doveva essere perdere un figlio, sangue del proprio sangue... “Voglio tornare indietro!” dichiarò. “Mio figlio ha bisogno di me!” Agitò la coda come per sottolineare quelle parole.
“Non è possibile, lo sai” replicò il drago con la sua voce millenaria.
Goku affondò la testa tra le mani, sentendosi una persona orribile. Il suo Goten... E lui non poteva nemmeno consolarlo... “Ma qualcosa dovrò pur fare!” disse, con veemenza.
Nella mente, gli tornarono, vividi, i ricordi riguardanti il suo secondogenito. Il suo viso timido la prima volta che l’aveva visto, i suoi capelli perennemente scompigliati (come i suoi), i suoi ingenui occhi neri... Le sue lamentele quando, cresciuto, si sottoponeva restio agli allenamenti. Il suo protestare, senza essere arrabbiato davvero, delle attenzioni della madre...
“Ci deve essere un modo!” ribadì l’eroe dell’Universo.
Shenron non rispose, ma la sua testa si mosse, come nel corso di un cenno che significava “sì”.

Mi sdraiai accanto a Valese. Lei era a letto già da un pezzo.
Affondai la testa nel cuscino, maledicendomi. Di sicuro aveva pianto: le ciglia, che ora sfioravano la sua guancia nel sonno, erano scure, bagnate... Aveva pianto. Oh, sarei dovuto andare da lei prima...
Eppure, dopo la tomba che avevamo fatto al fantasma del nostro bambino, era migliorata, nonostante la vedessi cadere, durante il giorno, in periodi durante i quali non era presente, era triste, sofferente... Pensai, ancora una volta, che forse avrei dovuto proporle di provare ad avere un altro figlio e, come sempre, cacciai quel pensiero, sicuro che sarebbe stata un po’ una crudeltà, per lei che ancora amava quel bambino morto.
Con un brivido, tirai le coperte sino al mio collo e mi misi su un fianco. Chiusi gli occhi e mi addormentai.
Ero in una radura. La luce era lieve, pallida, ma indiscutibilmente squarciava le tenebre, le cacciava impietosa.
Mi guardai attorno confuso.
Mossi qualche passo, fissando l’erba. Non era verde, piuttosto tendeva ad un pallido blu... Strano. Mi chinai per prendere uno stelo tra le mani.
“Goten...” Quella voce, così amata, così odiata, della quale avevo sentito tanto la nostalgia, mi fece sobbalzare. Mi voltai di scatto, il cuore che palpitava in fretta, impazzito.
Davanti a me c’era mio padre. Mi alzai lentamente, arrivando alla sua altezza.
Non era un bambino, come l’ultima volta che avevo visto, ma un adulto, un adulto dal sorriso caloroso e l’aria spensierata. Poi tornò serio, assumendo un’espressione grave che poco gli si addiceva. “Papà?” chiesi, titubante, ancora sulla difensiva.
Mi stupii dello strano calore che sentii nel pronunciare quella semplice parola, rendendomi conto che da tempo morivo dalla voglia di chiamare qualcuno così... Qualcuno che rispondesse davvero a quel termine.
Lui mi si avvicinò. Mi irrigidii, ricordando quanta sofferenza mi aveva fatto provare andandosene a dorso del Drago Shenron. Strinsi i pugni, ma non seppi impedirgli di trarmi a sé, e in un attimo mi trovai tra le sue braccia. “P-papà” farfugliai, tentando di trovare la rabbia da scagliargli contro, tutto il rancore che si meritava.
Ma non ci riuscii, ed abbandonai il viso sulla sua spalla forte. “Papà!” ripetei, emozionato... forse felice. Lui mi strinse più forte.
“Goten, figliolo” mormorò con dolcezza, “mi dispiace... Mi spiace per quello che ho fatto, mi spiace per quanto hai sofferto in questi giorni”. Un singulto mi scosse il petto, come faceva a saperlo?
“Mi spiace per tuo figlio... mi spiace per mio nipote” disse con serietà mio padre. Mio padre.
A quell’affermazione, forse perché era tanto tempo che avevo voglia di sfogarmi, forse per il modo in cui aveva detto ‘mio nipote’... Fatto sta che iniziai a piangere sulla sua spalla.
Lui mi tenne stretto, mormorando parole di incoraggiamento al mio orecchio, passandomi le sue mani grandi sulla schiena...
Quando mi fui sfogato sciolse l’abbraccio e mi fissò negli occhi, le sue iridi gemelle delle mie.
“Papà!” esclamai con voce soffocata.
“Goten...”
“Oh, papà! Come posso consolarla?” chiesi, e non ebbi bisogno di specificare che parlavo di mia moglie.
“Le piacerebbe un bambino” disse mio padre, guardandomi negli occhi.
Una scintilla di speranza mi esplose nel petto, scaldando la mia anima infreddolita dall’angoscia di quei giorni. “Dici?” chiesi, esitante. “Credi che dovrei proporle di avere un altro figlio?”.
Il volto di mio padre si distese in un sorriso radioso. “Sì” rispose con semplicità.
“Questo è un sogno?” domandai esitante.
Lui non negò. Aggiunse un aggettivo. “Un sogno speciale”.
Sorrisi. “Tra poco mi sveglio, vero?” Annuì. “Mi sei mancato” sussurrai, mentre i contorni del sogno si facevano sfumati.
Mio padre mi salutò.
Un moto di incoraggiamento interiore.
“Ti voglio bene...”
Lui sorrise, poi io aprii gli occhi sulla mia stanza immersa nel silenzio.
“Papà” conclusi piano.
Il cuore mi traboccò di gioia nel pronunciare quel nome finalmente senza rancore.

Continua...

DarK_FirE: ehi, twin! Già, almeno i genitori di Valese non hanno avuto quella sofferenza U.ù Per msn... Oggi alle cinque e mezza ci sei? Perché io dopo vado a cena dai miei nonni^^

s_ara: e così Goku ha rivendicato il suo ruolo di padre premuroso ^0^ Hai ragione, la faccenda è triste ç__ç ma, come hai scritto, speriamo che riesca a superare lo shock (sì, si può dire... almeno credo...)

cri92: io Goku lo odio quando se ne va (non dopo il Cell Game, certo) soprattutto alla fine del GT grrr... ci sentiamo al prossimo capitolo^^

Un bacio a everyone, al prossimo chapter! (Io ammazzo la lettrice di inglese, ora la ammazzo U.ù)
  
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