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Autore: Greywolf    15/04/2015    7 recensioni
Dopo essere diventato Hokage, Naruto non ha più tutto il tempo a disposizione che vorrebbe per dedicarsi alla sua famiglia. Una sera però dopo essere rincasato prima del solito, scoprirà qualcosa che lo manderà profondamente in crisi e che metterà in luce il forte legame che lo lega così tanto a suo figlio Boruto.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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“Boruto? Sbrigati, tuo padre non può più aspettarti!”

“Mamma ti prego, cerca di trattenerlo ancora un minuto!” le gridò il ragazzino.

“Hai bisogno di una mano?” domandò premurosa Hinata, udendo la voce del figlio così affannata dal piano superiore e indecisa se salire comunque per aiutarlo a sbrigarsi.

“Ma che dici?!” rispose il figlio “Non ho bisogno di -AAAAAH!”

“Boruto!” senza perdere un solo secondo la giovane si precipitò in cima alle scale giusto in tempo per vedere il biondino capitombolare a terra nel disperato tentativo di rimettersi in piedi, cosa che tuttavia gli era impedito dai pantaloni calati fino alle caviglie che non gli rendevano il compito facile.

“Mamma! Non guardare!” esclamò pieno di vergogna nel farsi vedere solo in mutande.

Hinata non riuscì a trattenersi. Non ridere era pressoché impossibile. Non c’era niente da fare, Boruto era decisamente figlio di suo padre: irrimediabilmente imbranato e impacciato ma allo stesso dotato di una spontaneità e una dolcezza fuori dal comune. Li amava per questo.

“Tesoro, sono tua madre non devi vergognarti.”gli disse mentre gli si avvicinava e afferrandolo da sotto il braccio lo aiutava a mettersi in piedi. In un certo senso capiva il suo bisogno di una certa intimità, del resto stava crescendo. Rise interiormente pensando alle scenetta di qualche tempo prima quando la figlia di Sasuke e Sakura era entrata nella sua camera e lui - lo aveva visto -nonostante l’urlo che aveva cacciato per quella visita improvvisa era più di tutto tremendamente imbarazzato. Non aveva idea di che tipo di rapporto avesse con Sarada, se effettivamente fosse lo stesso di rivalità che avevano i loro padri oppure...se ci fosse qualcos’ altro.

“Non sono più un bambino.” disse imbronciato e interrompendo i suoi pensieri, tirandosi su i pantaloni e cercando di scostare con delicatezza la madre che cercava di aiutarlo a sistemarsi.

“Sarai sempre il mio bambino.” gli disse tirandogli su la zip della felpa “Questo non cambierà mai.”

Lui sbuffò distogliendo lo sguardo ma permettendo alla giovane di dargli una sistemata.

“Hai preparato lo zaino?”

“CAVOLO!! NO! HO LASCIATO TUTTO SUL LETTO!” esclamò portandosi le mani tra i capelli, disperato.

“Parla piano!” lo ammonì “Ascolta papà è già in ritardo, non sarebbe il caso di rimandare per oggi che dici?”

“ASSOLUTAMENTE NO!” dichiarò “Ci tengo troppo!”

Quella determinazione le strappò un sorriso. La adorava.

“Finisci di prepararti, io mi occupo dello zaino.” disse “Ma sbrigati!”

Il ragazzino scattò come un fulmine verso il bagno mentre lei andava in camera a riempire il suo bagaglio. Naruto gli aveva consigliato di portarsi qualcosa per passare il tempo dal momento che quell’esperimento consisteva nell’osservarlo al lavoro per trovare un accordo che gli permettesse di trascorrere più tempo con la famiglia senza trascurare i suoi obblighi. Avendo predetto quale sarebbero state le conclusioni a fine giornata era meglio che Boruto nel frattempo avesse qualcosa con cui intrattenersi.

Ne aveva discusso con il marito e anche lei si era trovata pienamente d’accordo con lui sul fatto che quello fosse l’unico modo per far capire la situazione al figlio. Tuttavia la Hyuuga non riuscì a trattenere la propria preoccupazione per quella che sarebbe stata la reazione di Boruto. Sapeva che sarebbe stato un colpo duro ma come giustamente le aveva fatto capire Naruto, non c’era altra soluzione.

Poco dopo fu raggiunta proprio dalla voce del più grande.

“Bolt accidenti! Non sei ancora pronto?! Devo uscire!”

“ECCOMI! SOLO UN ISTANTE”

Come un uragano Boruto la raggiunse e si caricò immediatamente lo zaino in spalla, rischiando di inciampare un’altra volta per quanto si stava scapicollando. Stava per varcare la porta quando lei lo richiamò.

“Mamma! Sono di fretta, che c’è ancora?” domandò mentre continuava a correre sul posto per essere pronto a ripartire.

“Volevo solo ricordati che vai con tuo padre al palazzo dell’Hokage, lascialo lavorare va bene?”

“Certo, certo! Farò il bravo! Ora cia-...”

“Boruto...”

“Che c’è ancora?!” chiese impaziente, tamburellando con i piedi.

“Lo sai quanto tuo padre ci vuole bene e che tutto quello che fa ha lo scopo di garantire una vita serena non solo a noi ma anche a tutto il Villaggio. E’ una grandissima responsabilità.” gli ricordò “Non essere duro con lui per questo.”

Il biondino si bloccò. Il tono di sua madre era così serio che quasi non lo riconosceva.

Era entusiasta di quell’esperienza che stava per affrontare ma allo stesso tempo era consapevole della sua importanza. Non aveva la minima intenzione di prendere la cosa sotto gamba. Era vera che voleva trovare a qualsiasi costo un compromesso che gli permettesse di passare più tempo con suo padre ma si era ripromesso di giudicare quel che avrebbe visto nel modo più impersonale possibile.

Sapeva quanto suo padre si sacrificasse per loro. Sapeva anche quanto la settimana di influenza che aveva avuto lo avesse seriamente provato, dal momento che aveva intensificato le ore in ufficio per riuscire a rientrare prima e occuparsi di lui. Non era un ingrato o un egoista. Voleva solo un po’ più di tempo per loro due? Solo un po’. Per un figlio è chiedere troppo?

“Non credere che lo sarò.” rispose alla madre “In fondo anche io gli voglio bene.”

E con queste parole la salutò, uscì dalla stanza e scese giù dove suo padre lo stava aspettando a braccia incrociate e – glielo lesse nello sguardo – pronto per una lunghissima ramanzina.





“Come mai sei così silenzioso?”

Boruto si scosse dai suoi pensieri e voltò lo sguardo in alto verso suo padre.

“E’ per prima per caso?” domandò ancora, alludendo alla sgridata che gli aveva riservato prima di uscire di casa.

Capendo, il biondino scosse immediatamente il capo.

“No, no, assolutamente! Quella me la sono meritata! Davvero non preoccuparti, ero solo sovra pensiero!”

Naruto inarcò un sopraciglio, guardandolo diffidente.

“Dico davvero!” ribadì l’altro. Poi sfoggiò un grandissimo sorriso e aggiunse, “Sono davvero felice che passeremo questa giornata insieme!”

Rincuorato da quelle parole, gli accarezzò la testa scompigliandogli un po’ i capelli.

“Chissà se stasera lo sarà ancora.” pensò poi con un velo di tristezza.

 



“Shikamaru, siamo qui!” annunciò Naruto quando varcarono la porta dell’ufficio.

“Finalmente.” disse il Nara un po’ seccato, andandogli incontro  “Stavo iniziando a darvi per dispersi.”

“Eheheh mi spiace.” si scusò il più grande, appendendo il proprio mantello.

“Boruto, è un piacere vederti.” lo salutò il consigliere “Come stai? Ti sei ripreso del tutto?”

“Perfettamente!” dichiarò “Sono carico per questa giornata!”

“Conserva questo entusiasmo, ti servirà.”

“Che vuol dire?” chiese perplesso il ragazzino.

“Lo capirai.” concluse. Poi si rivolse a Naruto: “Per colpa tua mio figlio mi tiene il muso da due giorni.”

“E come mai?” domandò curioso.

“Perché voleva venire anche lui qui. Ma non tanto per passare il tempo con me quanto per saltare le lezioni.” spiegò.

“Ahahaha come lo capisco! Mi ricorda tanto qualcuno che alla sua età non perdeva occasione per uscire dall’aula e mettersi a guardare le nuvole...” disse, sedendosi dietro la scrivania.

“Spiritoso.” commentò ironico.

“Comunque non sei l’unico.” aggiunse il biondo “Anche mia figlia stamattina mi ha tolto il saluto.”

“Fortunato io ad avere solo un maschio allora.” affermò l’altro “Le donne sono una vera seccatura per queste cose.”

Boruto tutto si aspettava tranne che vedere quei due chiacchierare così amabilmente. Insomma nella sua mente si era figurata l’immagine del consigliere come una sorta di inquisitore supremo che obbligava suo padre a lavorare come uno schiavo fino a sera tardi o finché non avesse lavorato a sufficienza. Ma aldilà di questa visione così pessimista, era convinta che in quell’ufficio si respirasse un’aria completamente diversa. Invece persino lui si sentiva a suo agio e iniziò subito a sperare che sarebbe riuscito a far trovare al padre un po’ più di tempo da trascorrere fuori di lì.

“Boruto, vieni qua.” lo chiamò proprio quest’ultimo.

Lui scosse un po’ la testa e subito corse vicino al genitore che gli porse un foglio affinché lo prendesse. Poi gli spiegò il da farsi:

“Questo è il programma di oggi, cioè tutto ciò che entro sera deve essere portato a termine. Come puoi vedere ci sono le missioni da catalogare oltre che da assegnare, alcuni rapporti arrivati ieri da stendere per poterli archiviare. Poi ci sono delle direttive da scrivere e da far recapitare per non parlare delle lettere da indirizzare ai Paesi alleati per convocare la prossima riunione. Per di più c’è da fare un controllo al cancello d’ingresso ma di questo se ne occuperà Shikamaru. Allora oltre a osservare quello che faccio e come lo faccio, ho pensato di proporti qualcosa che metta alla prova la tua capacità di giudizio, sempre se ne hai voglia. Altrimenti puoi fare quello che preferisci senza fare rumore però. Se sbaglio a scrivere devo ricominciare.”

“Che devo fare, papà? Voglio fare questa prova, ti prego!” lo implorò.

Soddisfatto della sua curiosità, aprì un cassetto e ne trasse fuori una enorme plico di fogli che consegnò al moro che si diresse verso la sua scrivania.

“Io comincio a stendere i rapporti che è il lavoro più impegnativo e che richiede più tempo di tutto il resto.” dichiarò “Prima di uscire, Shikamaru ti spiegherà quello che devi fare. Fai attenzione mi raccomando, mentre scrivo non posso interrompermi per aiutarti. Tutto chiaro?”

Mettendosi sull’attenti, si dichiarò pronto. Così mentre suo padre prendeva un altro imponente pila di fogli, lui si affiancò a Shikamaru che lo invitò a sedersi e gli mostrò come aveva predisposto la superficie della scrivania per lui. C’era la pila di documenti presi poco prima da un lato e quattro fogli disposti uno di fianco all’altro, ognuno dei quali riportava una lettera scritta a caratteri cubitali...A,B, C e D.

“Non sei ancora un Genin ma appena sarai promosso ti verrà spiegato che le missione vengono catalogate per rango a seconda della loro difficoltà, da D che è il livello più basso alla A che è il più alto dopo il livello S che include missioni che non coinvolgono solo un Villaggio. Per fortuna non ne vediamo una da più di dieci anni” cominciò a spiegare “Effettuare questa catalogazione è fondamentale per sapere a chi dobbiamo affidare le diverse missioni. Superato l’esame in Accademia si viene promossi a Genin e si effettuano missioni di livello D, quindi più semplici, per fare pratica sotto la guida di un Jonin e in un Team formato da tre elementi. A volte, a seconda delle situazione anche di livello C. Venendo promossi poi a Chunin si possono effettuare missioni di livello C o B. Infine arrivati alla carica di Jonin si possono eseguire le missioni di livello A e diventare maestri. Hai capito?”

Dalla sua espressione comprese che non aveva capito nulla. La fronte era corrugata e le labbra, piegate con un angolatura decisamente buffa, dicevano chiaramente che stava cercando di sforzarsi di apprendere quelle informazioni senza riuscirci. Cambiò approccio.

“Queste sono le missioni che devono essere ancora catalogate. Leggi le richieste e a ognuna assegna una lettera cercando di valutare il loro grado di difficoltà. Fallo con attenzione, quando avrai finito Naruto ricontrollerà tutto ed eventualmente correggerà i tuoi errori. Alla fine vedremo come te la sarai cavata. Ci stai?”

“Ho capito tutto! Sarà un gioco da ragazzi!” esclamò ma venne subito zittito da un pugno in testa da parte dell’uomo alle sue spalle.

“Sssh non parlare ad alta voce altrimenti lo fai deconcentrare!” lo avvertì. “Tale padre tale figlio...” pensò poi tra sé e sé.

Boruto cercò lo sguardo di biasimò del padre ma non lo trovò. Teneva sollevato un foglio all’altezza del viso, scorrendone velocemente il contenuto con espressione crucciata. Sembrava non essersi nemmeno accorto che aveva parlato.

“Se hai capito allora vi lascio lavorare entrambi.” sussurrò e dopo avergli dato una pacca sulla spalla si avviò all’uscita.

“Shika ci pensi tu al pranzo?” domandò il biondo più grande prima che arrivasse a stringere la maniglia e - come notò il più piccolo- senza nemmeno sollevare lo sguardo.

“Mezzogiorno in punto.” dichiarò “Contaci. A più tardi.” E si congedò.

A quel punto al giovane Uzumaki non restò che scrocchiarsi le dita e darsi da fare. Non si aspettava che sarebbe stato messo alla prova con un compito del genere e quindi non vedeva l’ora di cominciare. Sarebbe stato anche un modo per mostrare a suo padre quanto fosse in gamba quindi non si sarebbe fatto sfuggire un’occasione simile.

Tirò un lungo respiro, prese il primo foglio e lesse:

“Scomparsa gatta domestica di nome Tora. Pelo Tigrato, riconoscibile per via di un fiocco rosso sull’orecchio destro. Trattare con delicatezza perché molto anziana, da non sottovalutare però perché nonostante l’età dimostra un’agilità e una furbizia fuori dal comune. Lauta ricompensa per il suo ritrovamento.”

“Ma che razza di missione è?” commentò tra sé e sé, stupendosi che tra le tante missioni che ne fosse una così ridicola quindi senza esitazione la collocò tra quelle di livello D e passò al foglio successivo.

“Richiesta assistenza al gruppo di anziani per lo spostamento richiesto per la visita mensile in ospedale per analisi e accertamenti. Necessità di più di una squadra per ottimizzare i tempi e per poter essere d’aiuto in modo più efficiente. Ricompensa a ore, variabile a seconda di quanto tempo sarà necessario.”

“Uff che noia, accidenti!” commentò stavolta “Speravo ci fosse qualcosa di meglio. Comunque non è facile come recuperare uno stupido gatto, questo almeno è un lavoro più serio. Per il livello B mi pare troppo. Il più adatto è il C.” E sistemò il foglio sotto la terza lettera prendendo il successivo.

“Richiesta di scorta verso il Villaggio del suono, difesa contro eventuali banditi armati o qual si voglia minaccia lungo il tragitto. Sufficiente una squadra di Genin con un minimo di esperienza. Pagamento di vitto e alloggio durante tutto il viaggio e lauta ricompensa al termine con versamento di una caparra iniziale.”

“Dannazione! Più che ninja sembriamo baby-sitter!” si lamentò il biondino. “Anche questa, meglio del gatto anche se ritenerla di livello B mi pare esagerato anche se si deve uscire dal Villaggio. Pochi rischi, cibo e notti pagate...direi che C andrà benissimo.”

Continuò quel lavoro per un tempo che gli parve infinito. Lesse di tutto da persone che richiedevano un aiuto nelle piantagioni di riso, il trasporto di documenti antichi per la restaurazione, assistenza per portare cani a passeggio o addirittura l’acquisto di un’ingente quantità di bevande alcoliche da consegnare in un appartamento privato. In merito a quest’ultima, la curiosità lo aveva spinto a leggere il cliente che richiedeva quel servizio e quando scoprì che era l’ex Hokage Tsunade non se ne stupì più di tanto. Del resto gli avevano parlato della passione della donna per l’alcol e per di più ne aveva avuto una prova personale una delle volte in cui era andato a trovarla. “Serve a tenermi allegra.” Ripeteva barcollando di qua e di là.

Tra le varie missione di protezione ne trovò un giusto qualcuna interessante in cui i soggetti da proteggere erano persone di una certa importanza che temevano l’aggressione per via di alcuni conti in sospeso che non si erano saldati con la pace e per questo non viaggiavano se non scortati da Jonin o almeno da Chunin. Insomma per farla breve si ritrovò a catalogare una quantità spropositata di missione pressoché umilianti e inutili a confronto dell’esigua percentuali di quelle che lui avrebbe definito “da ninja”.

Quando si fermava un momento per la stanchezza, studiava il padre. Per quanto a lungo lo avesse osservato non lo colse distratto nemmeno un momento. Mentre lui aveva personalmente bisogno di una pausa ogni mezz’ora più o meno nella quale tirava fuori qualcosa da smangiucchiare dal suo zaino, si rese conto che il lavoro di suo padre era continuo. Solo dopo un paio d’ora lo sentì sospirare tanto forte da attirare la sua attenzione e lo osservò massaggiarsi ripetutamente il polso destro per poi passare alle palpebre, come se gli occhi gli stessero bruciando a furia di restare chini a scrivere. Ma il momento durò non più di un paio di minuti che si era già rimesso al lavoro e aveva continuato con quel ritmo fino a quel momento...non doveva mancare molto all’ora convenuta per il pranzo.
Boruto constatò che effettivamente i rapporti richiedevano moltissimo tempo. Aveva calcolato di avere catalogato 124 missioni fino a quel momento e gliene restavano probabilmente altrettante da separare...questo significava che suo padre aveva altrettante missioni di cui ascoltare il resoconto e di cui stendere un rapporto dettagliato. Era un lavoro enorme. Ma suo padre non si lamentava. In silenzio continuava il proprio lavoro senza perdite di tempo.

Rifletté su quanto avesse potuto lavorare intensamente nella settimana in cui lui era rimasto bloccato a letto e il genitore si scapicollava per essere a casa in un orario decente, chiacchierando con lui finché ne aveva voglia prima di sistemarsi nel letto con lui e fargli compagnia fino alla mattina dopo. Per quanto la sua presenza durante il sonno gli facesse piacere, aveva cercato di convincerlo che non era necessaria e più di una volta gli aveva consigliato di dormire nel suo diletto dove sicuramente sarebbe stato più comodo. Lui però aveva insistito col dire che finché non fosse guarito lui sarebbe rimasto. E così aveva fatto.

Tutto questi pensieri spinsero il ragazzino a riflettere su più di una cosa a cui prima non aveva dato il giusto peso.

 Pensò a tutte quelle volte in cui suo padre riusciva a tornare prima di cena oppure si liberava un paio d’ore il pomeriggio e stava con lui, con sua sorella e sua madre. A quando gli dava del pigrone perché alcune volte era poco reattivo oppure si lasciava scappare qualche sbaglio. E invece era soltanto terribilmente stanco. Eppure impiegava tutto il suo tempo libero per loro e non per se stesso.

Ogni volta che combinava qualche monelleria per attirare la sua attenzione avrebbe potuto mandare chiunque a occuparsi di lui, a dirgli di smetterla o a inseguirlo durante la fuga. Invece veniva sempre lui, a rimproverarlo o -se serviva- a ricordargli di essere forte. Non gli diceva mai effettivamente di smetterla con quei dispetti. Quando aveva dipinto i volti di pietra nel giorno della riunione dei Kage si era arrabbiato parecchio e per questo gli aveva detto di darci un taglio con quel genere di cose. Ma era stata una volta sola. Ripensò a tutti quei suoi racconti riguardo la dura infanzia che aveva dovuto affrontare e a tutte le monellerie che lui stesso combinava per attirare l’attenzione. Suo padre lo capiva perfettamente,era consapevole di cosa fosse disposto a fare pur di guadagnarsi anche un solo minuto di tempo con lui, per questo lo rimproverava ma non gli diceva mai di smettere. Era come se sentisse di meritare quelle richieste d’attenzione pur non avendo modo di venir loro incontro come avrebbe voluto.

E durante la sua permanenza a letto per via della febbre...come non aveva potuto accorgersi di quanto aveva fatto per lui? Molto più di quello che avrebbe mai potuto credere e riusciva a vederlo bene solo in quel momento! Ripensò a una sera in cui lo aveva salutato appena e si era affiancato a lui sotto le coperte. Quella sera i ruoli si erano come capovolti perché era stato lui a tenere stretto fra le braccia suo padre che dopo nemmeno un minuto era crollato per la stanchezza. Solo dopo aver visto quanto quel lavoro lo assorbisse finalmente riusciva a capire tante cose...

Qualcuno bussò alla porta e Naruto lo invitò ad entrare. Con sorpresa del ragazzino, scoprì che si trattava di una persona che conosceva molto bene.

“Signor Teuchi!” lo salutò suo padre, sistemando i fogli davanti a sé e alzandosi per salutarlo. “Puntuale come sempre.”

“Ne dubitavi, ragazzo?” chiese con un sorriso, stringendogli la mano.

“Bolt, non vieni a salutare?” lo chiamò suo padre con un gesto della mano.

Lui allora si alzò e andò a salutare anche lui.

“Oggi hai portato il giovanotto a lavoro eh?” chiese l’uomo.

“Eh si, ci diamo una mano a vicenda si può dire.” confermò Naruto, passando il braccio intorno alle spalle del figlio.

“Bene, bene.”disse Teuchi, poi aprì la cassetta che si era portato dietro e consegnò loro due ciotole di ramen sigillate a dir poco gigantesche  insieme alle bacchette“Queste sono le vostre ordinazioni!”

“Sempre gentilissimo, signore!” lo ringraziò prendendo una ciotola per se e passandogli l’altra ”Quanto le devo?”

“Ci ha già pensato il giovane Nara, tranquillo.”

“Dovrò ringraziarlo allora!” esclamò “Grazie a lei per essere venuto fin qui! Come sempre del resto...”

“Le consegne sono ancora in grado di farle finché le gambe mi reggono ancora.” disse “Sarà sempre un piacere portarti il ramen, mio caro. Buon appetito a entrambi allora! A domani!”

Una volta rimasti da soli, Naruto disse:

“Andiamo a mangiare sulla testa del nonno che dici?”
Boruto a quella proposta si aprì in un grandissimo sorriso. Il genitore era felice allo stesso modo. Toccò con la mano libera la spalla del figlio e istantaneamente si trasferì con la Dislocazione Istantanea sul volto di pietra del Quarto Hokage.

Si sedettero a gambe incrociate e sollevarono la pellicola che copriva i loro piatti. In una ciotola abbondavano le fettine di maiale mentre nell’altro c’erano prevalevano le uova sode tagliate e fettine sottili.

“Ha scambiato i piatti.” osservò Naruto “A te piace con le uova.” Così scambiò il loro due piatti lasciando sorpreso Boruto.

“Hai fatto ordinare a Shikamaru il ramen con i gusti di entrambi?” chiese.

“Naturalmente!” disse “Piuttosto spero che tu abbia fame! Faccio ordinare sempre la ciotola più grande perché arrivato a quest’ora devo riempirmi lo stomaco altrimenti non arrivo a sera!”

“Capisco...” mormorò. Poi aggiunse con un sorriso: “La finisco prima di te!”

“Staremo a vedere moccioso, mangio ramen da una vita più di te!” accettò la sfida con tono scherzoso.

Separarono le bacchette e dopo un sonoro “Itadakimasu” cominciarono a mangiare. Non parlarono per un po’ troppo concentrati sul loro buonissimo piatto ancora caldo. Avendo già mangiato qualcosa, Boruto non gustava la sua ciotola con la stessa foga del padre che sembrava stesse a digiuno da giorni. Ad un certo punto il più grande si rese conto che c’era qualcosa che non andava. La ciotola di Bolt era ancora praticamente piena e rigirava il brodo con lo sguardo vacuo.

“Tutto bene...?” domandò un po’ titubante.

“Hai finito di stendere tutti i rapporti...?” domandò.

Naruto capì che quel che sperava non accadesse era successo invece ancor prima di quanto temeva.

“Non ancora...” affermò sinceramente.

“Quindi...tornati in ufficio dovrai finirli per occuparti di tutto il resto?” chiese ancora.

“Si.” confermò ancora, cercando di capire cosa stesse provando l’altro che ancora non aveva sollevato lo sguardo.

"Non avrà mai tempo..." pensò il più piccolo “Posso chiederti un paio di cose...?”domandò a voce alta.

“Quello che vuoi.”

"La prima: quando torni a casa prima la sera da cosa dipende?"

"Dalla volte in  cui le pratiche sono di meno e quindi riesco a finire prima." spiegò " Oppure ho solo una di tutto quelle cose che hai letto nel programma di cui occuparmi. O ancora da Shikamaru che mi obbliga a tornare a casa quando vede che non ce la faccio più..."

“Ti piace quello che fai?” domandò “Intendo...come Hokage. Quello che fai ti dà soddisfazione?”

Naruto soppesò bene quella domanda. Si era domandato la stessa cosa molte volte nel corso degli ultimi due anni, la prima volta a un mese da quando aveva  ottenuto l’incarico. Sollevò lo sguardo al cielo sperando che la risposta giusta si fermasse nella sua mente. Poi lo chinò e osservò il suo Villaggio...

“Diventare Hokage è stato il sogno che mi ha motivato fin da quando ero piccolo. Ciò che mi ha reso ciò che sono...testardo, cocciuto, determinato...Naruto insomma. Era l’unica cosa che mi faceva sperare che un giorno le cose sarebbero andate meglio. Una volta diventato Capo Villaggio nessuno mi avrebbe più considerato un fallito, un teppista senza regole che si divertiva a fare scherzi per attirare l’attenzione o un mostro. Realizzare quel sogno mi avrebbe fatto riconoscere e accettare da tutti e io non desideravo altro. All’inizio volevo diventarlo solo per questo motivo...ma poi ho conosciuto i ragazzi. Loro mi hanno accettato, hanno guardato oltre l’apparenza e le chiacchiere della gente, anche se non nego che anche a loro ho dovuto dimostrare quanto valevo per essere riconosciuto. Ma loro sono stati i primi...hanno creduto in me, si sono fidati, abbiamo combattuto insieme. E man mano avere loro dalla mia parte mi ha permesso di migliorarmi, di diventare più forte...e pian piano ho cominciato a guadagnarmi la fiducia anche del resto del Villaggio.

A quel punto se avevo raggiunto ciò che volevo cosa serviva perseguire ancora quel sogno- dirai tu.

Quando morì il Terzo Hokage capii cosa significa essere un Hokage. Significa essere pronti a sacrificarsi per coloro che si ama. Per la propria famiglia. La propria gente. Il proprio Villaggio. Significa proteggere il futuro. E per questo che ho perseguito il mio sogno, non volevo che altre persone a cui tenevo rischiassero la vita, volevo proteggerli proprio come aveva fatto il vecchio Hiruzen. E andando avanti questo mio desiderio si è rafforzato sempre di più. Ho perso tante persone importanti per colpa dell’odio prima e durante la guerra. Ho giurato a me stesso che avrei impedito che accadesse ancora con ogni mezzo.

Lo ammetto. Non ho mai creduto che fare l’Hokage fosse un compito facile ma neanche che lo avrei trovato così impegnativo. A volte mi capita di sentirmi scoraggiato...insomma trascorro la maggior parte della giornata in ufficio e mi perdo così tanto della tua crescita, di quella di tua sorella...faccio mancare la mia presenza a Hinata. E ho pensato che se non mi fossi voluto assumere questa responsabilità la nostra vita di famiglia sarebbe stata diversa. Però...penso anche che voglio garantire a voi e tutto il Villaggio,dove vivono le persone che per me contano di più un futuro sicuro, di pace e serenità. Per questo sono pronto a pagare qualsiasi prezzo. Capisco che tu non possa trovare giusto che i sacrifichi la mia famiglia per il bene di tutti...ma il fine ultimo che ho è solo quello di tenervi al sicuro. Tutti.

Per rispondere alla tua domanda...Sì. Ogni volta che osservo tua madre che prepara la colazione, te e Himawari che andate in Accademia, le persone sorridere per le strade, i figli dei miei amici sereni, gli altri Capi Villaggio che vanno d’accordo...questo mi spinge ad andare avanti: vedere che va tutto bene e sapere che quel che faccio serve perché tutto questo possa essere mantenuto.
Sono fiero di potermi definire Settimo Hokage del Villaggio della Foglia!”

Boruto aveva ascoltato il tutto con estrema attenzione e quelle parole pronunciate con così tanta sincerità e passione lo avevano colpito nel profondo. Si sentì come liberato da un peso opprimente, da un dubbio che fino a quel momento gli aveva impedito di comprendere fino in fondo la verità che in tanti gli riferivano ma che lui non riusciva a cogliere.

“Ho capito.”dichiarò più convinto che mai.

Naruto non sapeva se dicesse sul serio oppure no. Non aveva la certezza che le sue parole fossero riuscite ad arrivargli davvero. Di colpo si rese conto che probabilmente la pausa pranzo era durata più del previsto. Doveva rientrare.

“Devi tornare al lavoro?” chiese Boruto.

“Si.” rispose, alzandosi e raccogliendo le due ciotole “Andiamo prima che Shikamaru ci rimproveri di nuovo per il ritardo! Sicuramente è già tornato in ufficio.”

“Io non vengo.”

L’Hokage rimase spiazzato da quell’affermazione.

“Come dici?”

“Torno a casa. Anzi credo che andrò ad allenarmi un po’.” rispose senza incertezze, alzandosi a sua volta e stiracchiandosi.

“Ma che stai dicendo?”domandò “Oggi avevamo detto che saremmo rimasti insieme tutto il giorno!”

Il ragazzino scosse dolcemente la testa e fissò i propri occhi azzurri in quelli che lo guardavano pieni di preoccupazione e dispiacere.

“Papà io ho capito...” disse lentamente per cercare di farsi capire “Va tutto bene.”

“Bolt...io...”

“Sono fiero che tu sia l’Hokage quasi quanto lo sono che tu sia mio padre.” chiarì con il sorriso “Questo è ciò che tu non devi mai dimenticare.Questo lo capisci?”

Il Settimo si sentì invadere da un’emozione fortissima che lo stava facendo fremere letteralmente per la commozione. Suo figlio se ne accorse e subito ridacchiò:

“Ehi no, no! Ci siamo fatti una promessa o sbaglio? Niente più lacrime!” ricordò.

L’altro annuì e si strofinò gli occhi.

“Certo, non manco mai alla parola data no?”

Boruto rise ancora. Quanto si sentiva bene finalmente.

“Non battere la fiacca al lavoro perché stasera dobbiamo fare due chiacchiere! Vedi di tornare presto!” affermò mentre si arrampicava concentrando il chakra sotto i piedi e risalendo i volti di pietra.

“Contaci.” gli garantì il padre.

Prima di andarsene Boruto si rivolse ancora una volta verso di lui, guardandolo dall’alto.

“Sei grande papà...ricorda che ti voglio bene anch’io....” e corse via prima ancora che suo padre riuscisse a formulare una risposta.

Naruto si sentì leggero. Piacevolmente leggero. Ed era una sensazione bellissima.

“Come volevasi dimostrare...avevo ragione io. Come sempre.” constatò compiaciuto il demone, assopendosi finalmente insieme ai dubbi e alle preoccupazioni della sua Forza Portante.


 
 
 
 
 
 
Note d’autore: E appare un Greywolf selvatico! :3 Immagino che già cominciavate a credere di non vedermi più! Ebbene purtroppo la scorsa settimana è stata a dir poco estenuante e credetemi non avevo proprio la forza di scrivere tanto che alla fine non ho nemmeno combinato nulla di quello che avrei dovuto fare. Spero che almeno il capitolo vi sia piaciuto e il fatto che si più lungo degli altri mi faccio perdonare. Insomma vediamo Naruto e Boruto insieme nella giornata che era stata promessa e che ha permesso al piccolo di vedere con i suoi occhi quanto sfibrante sia fare l’Hokage ma dopo aver ascoltato il discorso di suo padre finalmente ha capito che per quanto duro sia, lo fa per un motivo importante e a cui tiene molto. E Naruto...sentirsi dire da suo figlio che è fiero di lui ha dissipato quei dubbi che aveva all’inizio sul fatto di essere un pessimo padre e che Boruto in fondo potesse avercela con lui. In conclusione si è giunti a quel che aveva detto Kurama, l’unico che in silenzio sa come stanno le cose. La volpe ha sempre ragione ehehe Insomma spero davvero che vi sia piaciuto, mi scuso ancora per il ritardo! Il prossimo sarà l’ultimo quindi comunque un po’ più di tempo mi ci vorrà e poi vorrei aggiornare anche la mia long principale, quindi vi prego di avere pazienza! Prometto che cercherò di fare il tutto in tempo ottimali ^^ Alla prossima! :D
  
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