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Autore: coldmackerel    16/04/2015    6 recensioni
Levi/Eren | Hospital AU
Una commedia sull'essere morti.
Levi, finalmente, torna a lavorare come infermiere dopo essersi ripreso da un incidente d'auto che l'aveva quasi ucciso. Non c'è niente di meglio a darti il 'bentornato' quanto il realizzare di aver perso la testa e riuscire a vedere gli spiriti dei pazienti comatosi del reparto sei. Così, si trova, controvoglia, ad aiutarli a imparare a vivere da morti. Eren, l'ultimo paziente dell'ala sei, ha sei mesi per imparare ad essere morto. Buona fortuna, ragazzo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Qui Seth, la traduttrice. Scusate il ritardo di un giorno ma ieri avevo una consegna entro mezzanotte e quindi ho dovuto dargli la priorità. Vi avviso che il prossimo capitolo è il più lungo che c'è stato fino ad adesso quindi, sebbene dovrei avere il weekend libero per riuscire a tradurlo tutto, potrebbero esserci i soliti incidenti di percorso che non me lo permettono, perciò se ritardo un paio di giorni è per quello, ma niente panico! Buona lettura!
SULLA TRADUZIONE: scusatemi per gli errori di battitura!!!


The 6th ward
CAPITOLO 14: Ciò che non è stato detto

3 mesi, 16 giorni

Era ormai fastidiosamente ovvio, per Levi, che Eren lo stava evitando. E non lo stava nemmeno facendo palesemente, ma semplicemente rivelando un attento disinteresse nelle sue attività. Normalmente, Levi sarebbe stato grato di poter tornare alla sua tranquilla routine, in cui, finalmente, tutti lo lasciavano in pace, ma si era così stranamente abituato ad avere Eren continuamente alle calcagna che, anche se non l’avrebbe mai ammesso, quasi gli mancava. Pensava anche che si fossero chiariti una volta e per tutte, dopo la discussione dell’altro giorno, ma era come se entrambi sapessero che c’era troppo e, contemporaneamente, troppo poco, da dire ancora.

Inoltre, sembrava quasi che lo stessero evitando tutti, e non solo Eren. A quanto pareva, la notizia della violenta rissa con i suoi tre cari colleghi, si era diffusa a macchia d’olio. Ma, dal momento che la polizia aveva chiuso l’intero caso, l’ospedale con poteva prendere nessuna azione disciplinare nei confronti di Levi, anche se aveva revocato la sua promozione. Non che la cosa lo preoccupasse molto. Cosa lo preoccupava, infatti, erano le occhiate scandalizzate, e il modo terrorizzato in cui lo avevano iniziato ad evitare anche persone che, mai prima d’ora, avevano avuto qualche problema con lui. Sicuramente Levi aveva conciato per le feste Keith e i suoi amichetti, ma lui stesso era rimasto con un orribile taglio che partiva dalla fronte, per proseguire tra i suoi occhi e finire sotto quello destro. Onestamente, Levi era stato fortunato a non aver perso un occhio.

Qualunque ne fosse la ragione, però, era stato lui quello a beccarsi un sacco di critiche per l’intero accaduto. Petra, nonostante l’ovvia disapprovazione di Auruo, aveva continuato a rivolgergli la parola, e aveva persino fatto lo sforzo di cercare di includerlo nelle conversazioni, come se volesse far qualcosa per annullare tutta l’attenzione negativa che aveva attirato. Era un gesto gentile, ma non interamente necessario. Sinceramente, a Levi non fregava un emerito nulla se tutti avevano paura di lui o meno. Anzi, se la cosa gli teneva la gente lontano, non aveva praticamente nessun problema. Anche Hanji gli era stata vicina, anche se Levi non riusciva a fare a meno di sentire uno schiacciante senso di debito per essere stato cacciato di prigione da lei. Si era sempre immaginato come quello che avrebbe finito per aiutare lei ad uscire di prigione, ma la vita è strana e non fa altro che prenderti in contropiede.

Anche il reparto sei era un po’ teso ultimamente. Era come se tutti stessero cercando, un po’ troppo palesemente, di non parlare del fatto che la data in cui sarebbe stata staccata la spina a Jean, si stava avvicinando un po’ troppo velocemente. A Levi sarebbe piaciuto avere un po’ di saggezza, o perlomeno qualche parola di incoraggiamento per rompere il silenzio inquieto che caratterizzava i loro incontri, ma aveva sempre fatto schifo in questo tipo di cose. E, a quanto pareva, faceva schifo anche a scusarsi, perché Eren lo stava ancora evitando, al punto che non avevano veramente mai più parlato dal giorno in cui Eren lo aveva aspettato sulle scale del suo condominio, e Levi non gli aveva permesso di dargli delle vere e proprie scuse. Levi odiava le scuse. Odiava riceverle e odiava darle. Il rimorso non era nelle sue corde, e le scuse erano un po’ troppo simili ai rimorsi per i suoi gusti.

Però, quando Eren distoglieva lo sguardo dal suo, o si isolava dalle conversazioni in cui Levi era coinvolto, gli faceva venire voglia di afferrargli il volto e gridargli le sue scuse. Era una cosa stupida, ma Levi voleva che le cose tornassero come erano prima di avergli detto tutte quelle stronzate nella foga del momento. Ma la cosa più frustrante di tutte, era che Eren era stato in grado di fargli perdere la calma così facilmente. Perché diavolo gli aveva detto tutte quelle cose? E perché diavolo aveva rotto quel bicchiere sulla faccia di Keith? Certe reazioni impulsive non erano da lui. Doveva essere stato lo stress o qualcosa. Ma rimaneva che ogni volta che Levi era sul punto di scusarsi sul serio, non riusciva a farsi uscire le parole di bocca. In realtà, probabilmente, lui non sapeva nemmeno come fare a scusarsi.

Quella mattina, l’infermiere era arrivato al reparto sei, dopo essere passato attraverso dozzine tra colleghi bisbiglianti e gente che lo evitava, per trovare tutti i mocciosi riuniti nella stanza di Sasha. Stava per entrare e controllare che fosse tutto a posto, quando si fermò, notando che Jean non era tra loro. Non era una cosa così strana, ma Jean, di solito, si asteneva dalle attività di gruppo solo quando Marco veniva a visitarlo. Ma quella non era una giornata aperta ai visitatori, quindi Levi decise di controllare prima la stanza di Jean, per vedere se c’era stato qualche cambiamento di orario.

E sì, effettivamente Jean era da solo – niente visitatori. Il ragazzo era seduto in una posizione rigida, su una sedia di fianco al letto, a fissare intentamente il suo corpo immobile nel silenzio della stanza, disturbato solo dai rumori dei monitor e i bip vari delle macchine che indicavano che era ancora, in qualche maniera, vivo. Levi si permise di entrare e fu sorpreso quando Jean non alzò lo sguardo dopo la sua intrusione.

“Stai dando una festa?” chiese Levi, attirando l’attenzione di Jean. “Mi dispiace di non essere stato invitato.”

Jean fece spallucce, con un sorrisino sul volto. “C’era una lista di invitati molto esclusiva.”

Unendosi a lui sul lato del letto, Levi iniziò a controllare i tubi e a leggere i vari monitor, assicurandosi che tutto stesse andando come doveva. “Morirò presto.” disse Jean improvvisamente.

Levi si fermò dalla sua attività di routine, e guardò Jean con attenzione. “Lo so.”

“Sono già morto?” chiese Jean seriosamente. “Cioè, non è possibile che possa rimanere qui, vero? Non c’è niente che si possa fare per me?”

Levi scosse la testa. “Niente.”

Chiudendo gli occhi, il ragazzo annuì stancamente. “Non sono sicuro se la cosa mi faccia sentire meglio o peggio,” rifletté. Levi non gli rispose per un po’, e allora lui fece un sospiro frustrato. “Diamine,” ringhiò. “Davvero non mi va di morire.” Poi si prese una pausa, passandosi le mani in faccia con rabbia. “Merda.”

Levi non era stato preparato per tutto ciò. “Neanche a me.” ammise.

Jean lo guardò cautamente. “Non stiamo per avere qualche discussione strappalacrime, vero?”

“Col cavolo.”

Levi continuò a scribacchiare numeri e altre informazioni nella sua cartella, che aveva ritirato dallo spazio apposito alla fine del letto.

“Dunque tu ed Eren state avendo una sorta di crisi di coppia?”

Levi lo guardò male. “Molto divertente.” disse impassibile

Jean fece spallucce, con un sorrisetto divertito stampato in volto. “Come vuoi, amico. Tutto quello che so io è che vi state comportando in modo strano. E’ come se tu avessi paura che se incrociate gli sguardi, qualcosa possa distruggersi.”

Levi fece un mugugno. Mocciosi ficcanaso.

“Quanto l’hai fatta grossa?”

Per qualche ragione strana, quella domanda lo fece sorridere. “Abbastanza grossa,” rise. “Gli ho detto che è una rottura di palle.”

“Mah,” disse Jean, agitando una mano in aria come se non fosse importante. “Lo siamo tutti, se lo doveva aspettare. Eren è la più grande rottura di palle dell’intero ospedale.”

Levi annuì. “Gli ho anche detto che avrei voluto che fosse morto, come avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.” aggiunse con riluttanza.

“Cazzo amico,” rispose Jean. “L’hai fatta proprio grossa.”

“Grazie.” grugnì Levi.

“Eren è fastidiosissimo e la maggior parte del tempo vorrei ucciderlo,” iniziò il biondo. “Ma devi avere un po’ più di tatto su certe cose. Lo sai che praticamente ti adora?” Levi non rispose e Jean fece spallucce. “Ti adora così tanto che è diventato persino un mio problema.”

“Questo lo dici tu.” mormorò Levi.

“Sai qual è la cosa peggiore di Eren?” Jean sembrava infastidito al solo pensiero. “Credo che la cosa peggiore sia che non si fa abbattere mai. Ogni giorno, mi vorrei strappare i capelli dalla testa e urlare, affinché il mondo smetta di girare, perché non sopporto più questa situazione. Ma Eren si comporta come se avessimo qualche handicap minore. Siamo morti ma è come se a lui avessero detto che è diventato daltonico. Fottuto idiota.”

Levi annuì con una risatina. “E’ fatto così, no?”

Scuotendo la testa, Jean rise con incredulità. “Eccomi qui a tentare in tutti i modi di non scoppiare a piangere ogni volta che vedo Marco o il mio stesso cadavere, e lui la prende come se fossero cose che ti succedono tutti i giorni. Io sono fottutamente terrorizzato e lui è come se fosse andato a fare una scampagnata.”

“Sta solo cercando di resistere,” ragionò Levi. “Nessuno vuole morire.”

“Puoi dirlo forte.”

Rimasero seduti lì in tranquillità, sorridendo a nulla in particolare. L’atmosfera era stranamente leggera considerando la serietà del tema della conversazione. “Andrà tutto bene, vero?” Levi non era proprio sicuro su come rispondere, e probabilmente la cosa era evidente sul suo volto, perché Jean si corresse subito. “Cioè, Io – ” fece una pausa, cercando le parole. “Non farà male, vero? Tu sei quasi morto una volta, no?”

Annuendo con riluttanza, Levi disse: “Sono morto una volta. Ventitré secondi prima che mi trascinassero via dall’inferno.”

“Te lo ricordi?”

Un migliaio di possibili risposte passarono per la mente di Levi, ma sembrava come se lui non fosse in grado di trovarne una adatta ad esprimere quello che voleva. Dopo un paio di secondi di riflessione, sospirò. “E’ una sensazione… familiare. Non avevo paura,” disse cautamente. “E’ difficile da spiegare.”

“Be’, io sono fottutamente terrorizzato,” rise Jean. “Mi potresti fare un favore?”

“Farò quello che posso.” rispose Levi.

“Tu sarai lì, no? Quando tirerò le cuoia?”

Con quello che sperava fosse uno sguardo incoraggiante, Levi annuì. “Farò in modo di esserci.”

“Solo – ” farfugliò Jean e Levi notò che gli tremavano le mani. “Assicurati solo che io non faccia qualcosa di terribilmente imbarazzante. Del tipo non farmela fare addosso, o iniziare a piangere e cose del genere. Sono terribilmente spaventato, ma non voglio che loro lo sappiano.”

Levi suppose che Jean si stesse riferendo ai pazienti del reparto sei. Annuì. “Questo posso farlo.”

“Sei un stronzo,” disse Jean affettuosamente. “Ma mi piaci, sai?”

Sorridendo leggermente, Levi scosse la testa “Ci vuole uno stronzo per riconoscerne un altro, eh?”

“Va bene, va bene,” disse Jean, alzandosi dalla sedia, con uno sguardo di determinazione sul volto. “Posso farcela. Non voglio ma lo farò.” Era quasi come se si stesse preparando psicologicamente per un evento sportivo. “Andrà tutto bene.” disse con convinzione.

“Non sei poi così diverso da Eren, sai?” disse Levi maliziosamente.

La sua affermazione provocò un’espressione di puro orrore in Jean. “Ehi, non ti permettere.”

Alzando le mani in segno di resa, Levi si alzò per uscire dalla stanza. “Va bene, perlomeno non sei stupido quanto lui.”

“Puoi dirlo forte,” rispose Jean fieramente. “E per Dio,” aggiunse, mentre Levi apriva la porta per andarsene. “Fai pace con lui. Digli che sei uno stronzo, digli che sei tu quello stupido. Leccagli i piedi, non mi interessa, ma facci pace. Eren da silenzioso e meditabondo è ancora più fastidioso del normale.”

“Non credevo potesse essere possibile.” rise Levi.

“Sì, nessuno lo immaginava. Ma eccoci qui.”

Levi si girò per uscire, ma esitò un secondo, richiamando l’attenzione di Jean un’altra volta. “Non mi ricordo molto bene, ma mi sembra che morire è come essere così stanchi che non riesci a pensare a nient’altro che a dormire, ma nessuno te lo lascia fare. E poi, qualcuno ti prende per mano e ti dice che va bene se ti addormenti. Onestamente, credo che sarà la cosa più facile che hai mai fatto.” Senza girarsi per vedere la reazione di Jean, Levi si ritirò dalla stanza.





“Ehi, moccioso!” Eren era da solo, a gironzolare intorno all’albero di Giuda, facendo il broncio, dal momento che si era isolato dal gruppo riunito nella stanza di Sasha non appena Levi era entrato. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Levi lo precedette.

“Mi dispiace.” Eren gli fece una faccia confusa. “Sono uno stronzo e mi dispiace.”

“Ti dispiace per cosa?” chiese Eren sospettosamente.

Levi digrignò i denti. Dillo, forza. “Mi dispiace per averti detto tutte quelle stronzate, mi dispiace di essermi ubriacato e aver picchiato a sangue i miei colleghi, mi dispiace che mi hai dovuto aspettare sulle scale del mio condominio per scoprire se ero ancora vivo, e mi dispiace se faccio schifo a scusarmi.”

Eren pensò un attimo a quello che gli era appena stato detto, con uno sguardo disorientato stampato in faccia.

Con un sospiro stanco, Levi aggiunse: “E mi dispiace di fare apparentemente così schifo ad esprimermi da averti fatto pensare che avrei lasciato te e gli altri mocciosi per un aumento.”

“Non sono arrabbiato con te,” disse Eren, con un sorriso confuso che gli stava lentamente stirando le labbra. “Pensavo che tu fossi arrabbiato con me.”

Levi strinse gli occhi. “Io pensavo che eri tu quello arrabbiato con me, stronzo. Per quale motivo dovrei essere arrabbiato con te?”

“La questione della promozione? Il fatto che ti costringo a subire le mie angosce da morto? Essere una rottura di palle? Non lo so, le solite cose.” rise lui.

“Be’, tu ti sei già scusato per quelle stronzate, quindi siediti e fammi scusare come una persona normale.” Eren si sedette lì, guardando Levi in aspettativa. “Ah, dannazione, faccio proprio schifo in queste cose. Siamo a posto?”

“Tu lo sei. Io sono quasi morto.” scherzò Eren.

“Be’, mi dispiace anche per quello allora. Ma siamo a posto, vero?” Levi fissò intensamente Eren negli occhi. Probabilmente non era la migliore tecnica per guadagnarsi il perdono, ma Levi era un novellino quando si trattava di fare queste cose.

“Come lo saremo sempre,” disse Eren affettuosamente. Levi sospirò e rilassò il volto, spostando il suo sguardo tagliente verso l’orizzonte, per dare una pausa ad Eren, dallo snervante scambio di occhiate. “Deve essere stata una brutta rissa.”

“Eh?” Levi guardò di nuovo verso Eren, che stava gesticolando, indicando il suo occhio.

“La tua faccia. Ehm, è messa abbastanza male,” Levi istintivamente toccò la garza avvolta intorno alla sua testa, che era lì più per la tranquillità degli altri che per la sua salute. Le ferite non avevano una bella faccia. “Quanto eri ubriaco?”

“Non ne parliamo,” disse Levi, ricordando l’incidente non senza rimorsi. “A quanto pare divento molto protettivo quando si tratta di alberi, se ho bevuto troppo.”

“Non morire, okay?” disse Eren dolcemente. Levi fece una mezza smorfia, in uno sguardo di domanda. “Intendo dire – non è molto divertente.” aggiunse Eren.

“Va bene,” concesse Levi. “Niente morti. Niente morti e niente più prigione.”

   
 
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