Xàrtan

Xàrtan camminava in silenzio lungo la via, le braccia lungo i fianchi ed il cappuccio alzato.
Liam era rimasto alla loro base e lui era uscito da solo per proseguire nelle indagini. Da dieci giorni si trovavano su Mandalore e non avevano ancora scoperto assolutamente nulla, non avevano trovato neanche il più piccolo ed insignificante indizio, ed intanto la presenza del Lato Oscuro che percepivano diventata sempre più forte.
Si fermò in una piazzetta ancora deserta e rivolse il suo viso verso il sole che stava sorgendo, spuntando timidamente dall’orizzonte.
L’ultima volta che aveva ammirato un’alba da solo era stato poco più di un anno prima e stava affrontando il più grande dolore della sua vita. Una lacrima scivolò lungo la sua guancia e lui mormorò: «Maestro… Perdonami»
Era stata colpa sua: se lui non si fosse intestardito quella volta sarebbe stato ancora insieme al suo Maestro e non lì su Mandalore.
Era in quei momenti che si sentiva solo e la sua fiducia nell’Ordine Jedi vacillava. Aveva ventiquattro anni ed i suoi genitori l’avevano abbandonato appena scoperto che lui era “diverso”. Per ventitré anni i Jedi erano stati la sua casa e la sua famiglia, ma, nonostante tutto quel tempo, a volte faticava ancora a comprendere e ad applicare quel distacco emotivo che veniva richiesto dal Codice.
Xàrtan iniziò a mormorare il Codice Jedi a fior di labbra mentre calde lacrime gli scivolavano sul viso.
«Non c’è emozione, solo pace; non c’è ignoranza, solo conoscenza; non c’è passione, solo serenità; non c’è caos, solo armonia; non c’è morte, solo la Forza»
Abbassò la testa e si guardò la punta degli stivali.
“Maestro io non riesco a vedere la Forza al posto della morte. La morte è una porta scura ad una sola direzione: per i vivi è così facile oltrepassarla e per i morti è impenetrabile. Tu l’hai varcata ed ora io sono solo, abbandonato per la seconda volta nella mia vita”.
Per alcuni minuti rimase con lo sguardo basso, aspettando che le lacrime si asciugassero, per poi scuotere la testa prima di riprendere a camminare.
Sorrise con una certa amarezza, aveva nuovamente ceduto alle emozioni.
Aveva ventiquattro anni ed il momento delle Prove si stava avvicinando, se non avesse imparato a controllare meglio le emozioni non sarebbe mai diventato Cavaliere. Doveva farcela, per onorare la memoria del suo Maestro.
Decise che era giunto il momento di rientrare, non avrebbe trovato nessun indizio all’alba, sarebbero dovuti uscire nuovamente nel pomeriggio.
Si incamminò verso la base con la testa affollata di pensieri, rimanendo così solo flebilmente in contatto con la Forza, e non si accorse della figura incappucciata alle sue spalle che lo seguiva silenziosamente.
 
Xàrtan aprì la porta della stanza che usavano come base per le indagini su Mandalore.
Non era molto ampia, giusto lo spazio di un giaciglio per terra, un piccolo tavolo ed una minuscola cucina.
Entrò all’interno abbassando il cappuccio del suo mantello.
Appena si richiuse la porta alle spalle parlò: «Brutte notizie, Maestro, ancora niente»
Liam tirò un sospiro affranto, e Xàrtan ne comprese il significato: il suo mentore odiava rimanere bloccato durante le indagini.