u.u d’ora in poi solo
momenti cuoriciosi, eh *w* ♥
Sing for me
Akira si abbassò per
improvvisare un inventario di ciò che il frigo gli proponeva, il suo volto per
un attimo fu illuminato dalla luce fioca che si spense quando recuperò l’occorrente
per la colazione. Un succo d’arancia e qualche biscotto al cioccolato sarebbe stato sufficiente? In fondo non conosceva i suoi
gusti cosi bene da sapere cosa preferisse appena sveglio; magari del caffè
amaro, forse soltanto latte. Sicuramente non acquistava cibi che non fossero di
suo gradimento, ma il fatto di non sapere praticamente
nulla delle sue abitudini, lo lasciò spiazzato. Non gli piaceva quella
sensazione, gli sembrava di conoscere un estraneo e doveva assolutamente
rimediare, si ripromise di farlo mentre raggiungeva la camera
da letto e lo trovava ancora addormentato, avvolto tra le spire del
caldo piumone che gli era sembrato troppo ingombrante la sera prima. Takanori
si era addormentato quasi subito, la sua voglia di fare l’amore con lui era
evidente, ma la stanchezza aveva avuto la meglio.
Akira lasciò il vassoio al
sicuro e si stese accanto a lui sulla porzione di letto su cui aveva riposato
tutta la notte, cercò di far piano per non svegliarlo e rovinare, così, quel
momento di grande intimità; gli piaceva restare lì ad
osservare quel volto rilassato mentre la sua mente era persa in luoghi lontani,
gli occhi chiusi dalle ciglia lunghe e folte, il taglio di una perfetta
mandorla dolce; il naso leggermente schiacciato dava alle narici la forma di
una goccia. E le labbra. Potevano esistere al mondo labbra
tanto piene e raccolte quanto un bocciolo? Le aveva viste sorridere, piangere,
arrabbiarsi e ora aveva una gran voglia di baciarle, perciò si sporse fino a
toccarle con le sue. Fu allora che l’altro si svegliò, prendendo fiato e
stiracchiando i muscoli intorpiditi come un gattino. Gli
sorrise. «Ciao.» Takanori teneva ancora gli occhi
chiusi indeciso: era davvero sveglio o aveva soltanto sognato di vedere
Akira lì accanto a lui?
«Ciao, ti ho portato la
colazione.» Akira si alzò con il busto, lasciando che il peso della testa
gravasse sul gomito. «Non sapevo cosa preferisci mangiare...»
«Oh, mi va bene davvero
qualsiasi cosa, ho imparato ad adattarmi.» durante i suoi tour cambiava così
tanti alberghi e città che non poteva permettersi, di certo, stupide moine. «Però così mi vizi.» Takanori addentò un biscotto, recuperato
dal vassoio ai piedi del letto, e lo fece andar giù con un sorso di succo.
«Beh, sai, di solito è
quello che si fa con il proprio ragazzo.» era strano rivolgersi all’altro
pensandolo suo, ma ormai lo era. Certo, la loro storia era ancora agli inizi,
ma pian piano si sarebbe assestata e avrebbero capito se l’eterna ricerca fosse
finalmente finita. La vita stessa era una scommessa, figuriamoci l’amore.
«E quando sarò in tour?»
«Ci sarà il tuo assistente,
è lì per questo, no?»
«Ma
io voglio te.»
Akira lo vide mettere su un
broncio degno di un bambino a cui è stato detto che
non ci sono più caramelle. «Quanto starai via?»
«Almeno tre mesi.» sarebbe
stato un tour sfiancante, pianificato nei minimi dettagli per sfruttare al
massimo la pubblicità che ne sarebbe derivata; era solo ora
è aveva bisogno di gente che credesse in lui a tal punto di investire sulla sua
musica. Nella vita reale, il suo sogno aveva un costo davvero molto alto.
«È davvero un sacco di
tempo.» e separarsi così, ora che si erano appena ritrovati, era un supplizio
ingiusto.
«Per questo ti chiedo di
venire con me.»
«Intendi venire con te in
tour? Lasciare tutto? E il lavoro? Non posso lasciare Yuu nella merda, ci serve
quel poco che riesco a guadagnare.» era una di quelle scelte a
cui non si potrà mai essere pronti, avrebbe potuto passare anni a
rimuginarci sopra, ma la risposta non sarebbe cambiata: serviva solo un pizzico
di coraggio e una buona dose di follia e lui non ne aveva mai avuti. Era improvvisamente
spaventato.
«Se è una questione di
soldi, con me ne guadagneresti ancora di più. Potresti essere il mio
assistente, o l’addetto al catering, potrai occuparti di qualsiasi cosa tu
voglia. Vieni con me Akira.» ora sembrava una
supplica, più che una richiesta.
«Così mi sembra di
sfruttarti, non lo so...» il fidanzato famoso che
subito gli trovava un buon lavoro, una coincidenza davvero molto sospetta. Dall’esterno
lui avrebbe visto una relazione basata solo sull’interesse.
«Ma che dici?! Te lo sto chiedendo io, no? E mi pare che stia insistendo
parecchio, vista la tua testardaggine.»
Akira ci pensò su ancora
qualche attimo. «E, ammesso che dicessi di si, quando
dovremmo partire?»
«Dopodomani.»
«Cosa?!»
non aveva praticamente tempo di organizzare il tutto, preparare le sue cose o
parlarne con Yuu.
«Lo so, non è molto tempo
per una decisione del genere, ma penserò a tutto io. Tu devi solo dirmi di si.» i suoi occhi erano così pieni di speranza, sembravano
già vedere le loro mani unite davanti ad un futuro sfavillante.
Lo aveva già ferito una
volta, dove avrebbe potuto trovare il coraggio di farlo ancora? Allora Akira
sorrise, dentro di sé sentiva che era la scelta giusta
da fare, quella poteva essere l’occasione che aspettava da sempre, eppure
appena gli si era presentata aveva provato quella sensazione che conosceva
bene: paura. Ma aveva promesso o no a Takanori di non
averne più? «Ok, va bene.» doveva fidarsi di lui, lasciare che le cose
andassero da sole, a tutto il resto ci avrebbe pensato il destino. Lui lo
avrebbe salvato da se stesso.
«Ora vieni qui...» Takanori era al settimo cielo, visibilmente felice, così tanto da essere quasi fuori di sé. Si lanciò verso
Akira sbilanciandolo con il suo peso e, per la spinta
inaspettata, finirono stesi sul materasso che ancora troppo poco aveva visto di
loro. Il cantante prese a baciare quelle labbra carnose ed
invitanti quanto un peccato, non le conosceva bene, non le avrebbe riconosciute
ad occhi chiusi, ma sentiva che il loro sapore ogni volta nuovo gli avrebbe
fatto cambiare idea sull’esistenza del paradiso. Il contatto divenne più
intimo, i baci si moltiplicarono: percorsero il viso, volarono sul collo
diventando morsi, scesero sul torace fino ai capezzoli trovandoli già turgidi.
Akira gemeva, inerme nella
sua stretta, come prigioniero del piacere che scaturiva dai loro sessi che si
scontravano attraverso la stoffa sottile degli slip; era bello sentire la sua
voce piegarsi in quella nuova sfumatura, se avesse potuto
avrebbe sussurrato dolci parole all’orecchio che ora mordeva con enfasi e
voracità. Senza preavviso Akira invertì le posizioni prendendo il controllo di
quella che stava diventando una lotta per la supremazia del più forte, piano
insinuò la mano oltre l’elastico dell’unico indumento che indossavano, prese
subito a massaggiare l’erezione già calda trovando quel membro come lo
ricordava: piacevolmente ingombrante. Non ci pensò oltre, aveva voglia di
sentirlo dentro di sé, perciò prese la mano di Takanori, scelse l’indice e il
medio e li fece sparire nella sua bocca.
La pelle dei polpastrelli
era salata, ma morbida e vellutata allo stesso tempo;
leccò le sue dita piano assaporandole fino in fondo, inumidendole e lasciandole
sufficientemente lubrificate per permettergli un’intrusione non troppo
traumatica. Già soltanto guardare il volto di Takanori era stato sufficiente a
fargli divaricare le gambe e a portarsi a cavalcioni
sul suo bacino; i suoi occhi socchiusi lo guardavano attraverso un velo di
lussuria, la sua bocca leggermente aperta richiedeva baci a gran voce. Perciò
liberandosi dell’ingombro degli slip, Akira si chinò a baciarlo per
permettergli di raggiungere più facilmente la sua apertura; sentì il primo dito
entrare con difficoltà, ma si abituò presto a quell’intrusione prima che
arrivasse anche il secondo. «Mhm...»
quel diavolo di Takanori trovò subito la sua prostata e prese a massaggiarla
con vigore, i movimenti precisi e morbidi lo portarono ad allargare le gambe;
di più, ne voleva di più.
Takanori allora tolse le
sue dita per sostituirle con il suo pene, entrò incontrando una lieve
resistenza e rimase immobile per lasciare che l’altro si abituasse alla sua
presenza. Lo vide cominciare a muoversi lentamente su di lui, il solo pensiero
che a tirare la sua pelle fossero i muscoli interni di
Akira sarebbe stata sufficiente a fargli raggiungere l’orgasmo; per questo
aveva bisogno di spingere, di sfogare la forza del suo desiderio cercando di
entrargli sempre più dentro. Si mossero insieme, senza staccarsi, ritrovandosi
stesi ai piedi del letto, avvinghiati come in una lotta corpo
a corpo: Takanori spingeva e massaggiava l’erezione di Akira con la
stessa velocità con cui lo possedeva. Era alla sua completa mercé, indifeso
come un cucciolo, feroce come una tigre quando avvolse le sue gambe intorno al
suo stretto bacino; cercò i suoi baci e li ricevette insieme ai morsi che
lasciarono segni rossi sulla sua pelle. Il ritmo delle spinte
accelerò insieme allo schiaffeggiare del suo bacino contro le natiche dell’altro,
sempre più veloce fino a diventare un unico movimento convulso che si fermò con
un sussulto quando entrambi riversarono il loro piacere: Akira tra i loro
ventri piatti e Takanori dentro di lui. Rimasero fermi a lungo rincorrendo i
loro respiri fino a regolarizzarli.
«Direi che la giornata è
cominciata bene.»
Takanori rise di gusto. «E
andrà sempre meglio, andiamo a fare la doccia?»
La risposta di Akira fu un
dolce bacio che sapeva di promesse.
*
Quindi, fammi capire bene, vorresti lasciare
tutto e seguirlo? Yuu sorrideva quasi divertito, era contento che le cose
fossero andate per il verso giusto. Non gli avrebbe rinfacciato di aver previsto
tutto: dall’odio poteva nascere l’amore, succedeva negli shoujo manga e ora anche nella vita reale.
Può sembrare una pazzia, ma lavorerei per lui.
Non sei qui per chiedere il mio parere, in realtà tu hai
già deciso, non è vero? Non era arrabbiato, stava solo costatando un dato di
fatto. E poi sai bene che qualsiasi cosa
tu decida di fare io sarò sempre dalla tua parte, è
una tua decisione e sai a cosa andrai incontro.
Lo so, ma non posso restare lontano da lui per tutto quel
tempo, tre mesi passeranno veloci vedrai.
Tre mesi che spero diventeranno cinque, poi dieci, un
anno e poi due... Devi cominciare a vivere la tua vita
Akira. E questo avrebbe comportato lasciare il nido. E la tua vita con lui. Non pensare a
tornare, vai avanti e lasciami pure indietro, io sarò sempre qui. Il suo
sguardo era sereno, consapevole che il momento di crescere era finalmente
giunto, per lui e soprattutto per il suo fratellino. Era difficile da accettare
senza provare una stretta al petto, ma non era nulla paragonata alla felicità
per la vita che aveva cercato in ogni modo di costruire per lui. Doveva
smetterla di dar retta a quella vocina insistente che gli diceva di non
abbassare la guardia, era solo il solito stupido istinto di protezione.
E ti lascio in buone mani, a quanto pare!
Si,
per ora stiamo bene insieme, certo non sono sempre rose e fiori, ma ci
completiamo. Forse era questa la chiave di tutto, la formula della
felicità: trovare qualcuno che colmasse le lacune e valorizzasse i pregi.
Credo di capire cosa provi.
Già. Yuu parve essere colpito improvvisamente da un’idea. Come farai con il lavoro alla casa
discografica?
In realtà ho già parlato con Hoshi,
tutto ciò che mi ha risposto è stato: “Mi chiedevo
quando ti saresti deciso a lasciare finalmente questo posto, non fa per te,
meriti di più.”
L’avevano capito tutti tranne te, quindi.
Lo sai che sono sempre l’ultimo
a sapere le cose!
E anche a prepararti, non dovresti fare le valige?
Mi aiuti? C’era così tanto da
riordinare che gli veniva voglia di arrendersi al solo pensiero.
Sfruttatore senza pietà, dì la verità: sei tornato solo
per questo! Sapeva che non avrebbe mai potuto dirgli di no.
*
«Ah
basta, andiamo in pausa, vieni ragazzo.» il capo
squadra era un uomo sui quarant’anni, aveva moglie e due fantastiche bambine,
da ragazzo gli sarebbe piaciuto diventa una rock star ma ora si accontentava di
gestire l’allestimento degli stadi. Costruire la scenografia, assistere ai live e garantirne la riuscita per lui era più che
sufficiente.
«No, preferisco finire di
montare questo arnese!» Akira era stato sotto la sua
supervisione tutta la mattina rubando i segreti del mestiere e i suoi consigli;
ora si sentiva pronto a lanciarsi da solo in quella nuova avventura.
«Non stancarti troppo, dopo
il concerto ci sarà tanto da fare.»
«Non vedo l’ora.» in realtà
per lui ci sarebbe stata un’attività fisica aggiuntiva, ma questo di certo non
poteva saperlo nessun altro oltre a lui e Takanori.
Ma fu Ruki a raggiungerlo sul
palco dove era impegnato a montare i tamburi della batteria secondo lo schema
che gli era stato indicato, un bel diversivo dopo decine di cavi e bulloni. «Cercavo
proprio te.» Akira si accorse della presenza dell’altro solo quando comparve
nel suo campo visivo.
«Hei!»
ormai si era abituato a vederlo con quegli abiti di scena, ma
ogni volta la sua bellezza gli mozzava il fiato come se fosse la prima volta.
«Come va?» Ruki gli si
strinse al collo baciandolo nonostante il rossetto.
«Ma-»
«Se a qualcuno da fastidio,
può anche andarsene! Non ho intenzione di averti qui, così vicino a me, e non
baciarti.» ma non c’era nessuno lì, l’intera squadra
era in pausa pranzo.
«Sono l’amante del capo,
allora!» Akira lo tirò a sé, sollevandolo di peso per fargli compiere un mezzo
giro. Non resistette oltre e ricambiò il suo bacio. «Mi sei mancato.» lo
sussurrò a fior di labbra, come se fosse un segreto pericoloso.
«Anche tu. Ti piace star
qui?»
«Si,
pensavo peggio, invece mi piace.» far parte di uno spettacolo cosi grande era
appagante, poteva essere soltanto una piccola formica operaia per il resto del
mondo, ma nel suo piccolo lui si sentiva importante.
«Mi fa molto piacere.»
all’inizio aveva avuto paura che quella mansione fosse un azzardo per lui.
«Sei pronto per stasera?» Akira
non voleva saperne di sciogliere il loro abbraccio, continuava a tenerlo
stretto per paura che potesse scappare.
«Ho un po’ paura, hai visto
quanto è grande questo posto?!»
Il castano si guardò
intorno con aria sognante. «E sarà tutto pieno!»
«Questo non
aiuta affatto!»
«E non avranno occhi che
per te, sarai una loro proprietà per due ore, ma poi tornerai da me.»
«Sempre.»
«Ma ora devo finire di
montare questa batteria, o Kai-san non potrà fare il suondcheck.»
«L’hai preso proprio sul
serio questo lavoro!» e se gliel’avessero detto, non ci avrebbe creduto.
«Solo perché lo spettacolo
è tuo!» Akira avvitò un bullone che andò giù con facilità. «Comunque…quello è
il basso?» per tutto il giorno non aveva fatto altro che cercare di avvertire
qualche vibrazione, qualcosa che potesse fargli capire la natura degli
strumenti che vedeva intorno a sé.
«Questa è la chitarra,
quello il basso.»
«E che suono ha?»
«Beh...»
Ruki ci pensò su cercando le parole giuste per far capire cosa fosse una
chitarra a chi non ne aveva mai sentita una, avrebbe potuto concentrarsi sulle
sensazioni che dava o cercare dei paragoni adatti. «La chitarra è come i grossi felini: può ruggine come un leone, ma può
essere sinuosa come una pantera o dolce come un gattino. A volte avvolgente e
consolatrice, a volte aggressiva.»
Akira era quasi
ipnotizzato, ascoltava quelle parole come fossero una
rivelazione pari allo scopo della vita umana sulla Terra. «E il basso?»
«Il basso vibra fin dentro
lo stomaco, vieni.» Ruki si avvicinò allo strumento in
questione, lo sollevò dal suo piedistallo e lo imbracciò. Fece pressione sulle
corde e lasciò che l’altro vi posasse una mano per sentirne le vibrazioni. «Le senti? Poggia la mano sull’amplificatore.»
«Si,
le sento.» era una vibrazione continua e leggera, quasi come un vento leggero,
gli piaceva. «E quella invece?» ora che la sua curiosità trovava finalmente
pace, non poteva pensare di smettere; si sentiva come un assetato che
attraversa il deserto e scorge un’oasi in lontananza.
«La batteria invece è un
colpo secco al petto, ogni tamburo è un colpo più o meno
forte, i piatti sono come una rincorsa che finisce con una scivolata.»
Akira sorrise vedendo
Takanori mimare le azioni che gli descriveva, era
convinto che tutto ciò che gli stava dicendo fosse la pura e semplice verità. «Visti
così non fanno più tanta paura.» anzi, erano quasi familiari perché
riproducevano sensazioni che anche lui conosceva. Non si sentiva più escluso.
«Io non voglio assolutamente
criticare tuo fratello, né tantomeno giudicarlo, ma Yuu ti ha fatto nascere
una sorta di paura verso la musica. So che lo ha fatto
per proteggerti, ma ora sei cresciuto. Ora ci sono io e non dovrai più avere
paura di nulla.» Ruki prese il volto di Akira
avvolgendolo con le sue mani; avrebbe costruito un mondo soltanto per lui, un
mondo in cui vivere la musica attraverso il tatto, la vista, il gusto e
l’olfatto sarebbe stato considerato più che normale.
Glielo doveva, così come lo doveva un po’ anche a se
stesso.
«Credo proprio di amarti.»
glielo disse così, con una semplicità disarmante, come se avesse solamente preso
fiato.
Credevate che Rukino
sarebbe partito senza di lui, eeeeh? >w>
proprio ora che si sono ritrovati?! Impossibiru A_A so che può
sembrare una mossa azzardata per Akira, ma gli aveva promesso o no di non fare
più il fesso e lasciarsi salvare? Beh, lasciarsi salvare significa anche
fidarsi dell’altro al 100% ♥v♥ e dargli anche qualcos’altro u.u infatti la lemon
era d’obbligo *^* come al solito ci ho messo 3 vite per scriverla, ma
stranamente sono soddisfatta del risultato *w* Akira passivo attivo mi piace xD è un giusto compromesso :9 E, quindi, Yuu è sempre il
solito patatino, per lui abbiamo già versato fiumi di
arcobaleni xD
Rukino è un cuore rosa ♥v♥ lui ha subito trovato un modo per far vivere
la musica anche ad Aki che come poteva non
innamorarsi completamente di lui?? =w= eeeeh~
*sospira cuori* solo momenti felici d’ora in poi, tanti stralci di vita per
farvi capire come sono andate le cose poi ♥ resistete
fringuelline, -2!
Grazie a tutte di tutto, al prossimo capitolo~ ♥