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Autore: _hayato    20/04/2015    2 recensioni
Sousuke aveva sempre creduto nell’amore. Non che fosse un tipo particolarmente romantico o sentimentale – effettivamente non si era mai innamorato davvero – ma credeva nell’amore. Era sicuro che, prima o poi, quello strano sentimento lo avrebbe colto in pieno, cambiandogli la vita. Certo, di sicuro non si aspettava che lo cogliesse in pieno lì, in un vicolo dimenticato nella periferia di Tokyo, in piena notte. Di sicuro non si aspettava che succedesse per mano di un ventitreenne dai capelli rossi, le gambe lunghe ed il sorriso tagliente. E, di sicuro, non si aspettava che lo scenario di quella storia d’amore si sarebbe limitato al suo appartamento ed i sedili posteriori della sua auto. Si aspettava che si trattasse di qualcosa non propriamente convenzionale, ma di sicuro non si aspettava Rin.
[Hooker!au]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Rin Matsuoka, Shigino Kisumi, Sosuke Yamazaki
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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The best mistake you'll ever make.

 

 No, no, no,

                      this is not the plan.

          If I can't have you

                               then no one can.

 

 

Se era vero che Sousuke non si era mai realmente innamorato, era anche vero che con Kisumi ci era andato incredibilmente vicino.

Si erano conosciuti all’università, quando erano entrambi al primo anno. Sousuke era un po’ nervoso e spaesato, ma quando Kisumi si era seduto a lui, sfoggiando un sorriso sincero e guardandolo con due occhi talmente belli che non sembravano nemmeno reali, qualsiasi pensiero aveva abbandonato la sua mente. Era quello che, se Sousuke non avesse detestato profondamente quel termine, si sarebbe potuto definire un colpo di fulmine. Di lì era iniziato uno strano gioco di sguardi furtivi, sorrisi e piccoli gesti che avevano smontato presto la sua apparenza dura e distaccata, sciogliendo lentamente il gelo che lo aveva sempre circondato. Aveva capito presto che Kisumi, con la sua prepotente allegria e frivolezza, era un po’ il suo opposto, serio com’era, ma entrambi condividevano quel misto di ottimismo e determinazione che li portava a raggiungere ottimi risultati. Ed era stato così, tra una lezione, un gruppo di studio ed una birra per festeggiare un esame andato a buon fine, che si erano trovati assieme. Non era una storia seria, al contrario, non avevano mai fatto progetti o pensato ad un futuro insieme nemmeno quando, per varie circostanze, Kisumi si era trovato a stare nel suo appartamento, ma passavano molto tempo assieme e Sousuke era felice così. Erano molto diversi ed avevano entrambi un carattere molto forte, ma si completavano a vicenda.

Questo finché il migliore amico di Kisumi, Makoto, non si era iscritto alla loro stessa facoltà l’anno successivo. Avrebbe dovuto iscriversi al loro stesso anno – gli aveva spiegato, sorridendo con quei denti fastidiosamente perfetti e guardandolo con quegli occhi esageratamente verdi – ma aveva preferito prendersi un anno per lavorare, così da pagarsi l’appartamento da solo. Molto nobile e molto irritante. Appena arrivato, l’attenzione di Kisumi si spostò completamente da Sousuke a lui. Iniziò ad invitarlo a casa loro una sera sì e l’altra pure, infilandolo in tutti i loro gruppi di studio e spesso anche le loro uscite assieme, rifiutandosi categoricamente di baciarlo di fronte a lui perché non voleva che si sentisse un terzo incomodo – parole che, dal ragazzo che non si era fatto problemi a saltargli addosso persino quando era venuto a trovarlo il suo fratello minore, erano più che assurde. Quei due erano sempre più vicini e lui si sentiva sempre più tagliato fuori in un modo che lo faceva imbestialire. Se non disse né fece nulla fu solo e unicamente perché, nonostante sulle prime Sousuke avesse pensato si trattasse solo di una facciata, Makoto era davvero un ragazzo d’oro e di quella situazione non aveva capito nulla. Non era particolarmente intelligente, ma era davvero simpatico e fastidiosamente gentile per natura.

E poi successe. Una mattina si svegliò e trovò Kisumi che faceva i bagagli. Sousuke lo aveva guardato per un po’, in silenzio, restando impassibile anche alla vista del sorriso dell’altro – triste ed incrinato, ma sempre e comunque bellissimo. Aveva lasciato che si sedesse di fronte a lui, che gli accarezzasse il viso con una mano e gli dicesse quelle parole guardandolo negli occhi.

– Sousuke, mi dispiace tanto, ma sono innamorato di un’altra persona. –

Sousuke avrebbe voluto ridergli in faccia, rispondergli con un rassegnato “lo immaginavo” o un cinico “tanto nemmeno io ti ho mai amato”, ma invece tutto quello che riuscì a dire fu

– Va bene. –

Lo disse sottovoce, guardandolo negli occhi, senza provare nulla. Kisumi annuì, ricambiando lo sguardo. Lo baciò con foga e, dopo che ebbero fatto l’amore – se così gli era concesso definirlo – per l’ultima volta, prese le sue cose e se ne andò.

Quella stessa sera, Makoto lo chiamò per chiedergli se stesse bene e Sousuke si chiese davvero, ma davvero, come diavolo fosse possibile essere così disgustosamente buoni e smaliziati.

Continuò a vedere entrambi fino alla laurea. Kisumi, come immaginava, era riuscito a conquistare quell’idiota e Sousuke, se da un lato era contento per lui, dall’altro non riuscì mai ad incassare il colpo. Non lo aveva mai amato, era vero, ma il pensiero che fosse felice con qualcun altro lo infastidiva comunque.

Da quando aveva deciso di entrare in polizia poi – forse, doveva ammettere, anche per far concorrenza a Makoto, che si stava dando da fare per entrare nei vigili del fuoco – aveva iniziato a sentirli sempre più di rado, ma era giusto che le loro strade si separassero. Insomma, non poteva mica intromettersi tra Kisumi e l’uomo della sua vita, come lo aveva definito una volta.

Per questo non si spiegava cosa ci facesse alla sua porta, bagnato fradicio e a quell’ora, il ragazzo che gli aveva quasi spezzato il cuore. Lo guardò per qualche secondo, chiedendosi se stesse immaginando tutto o se Kisumi avesse davvero una tale faccia tosta, ma alla fine sospirò rassegnato e lo fece entrare. L’altro lasciò le scarpe all’ingresso ed iniziò ad esplorare l’appartamento, facendo commenti su tutto quello che vedeva.

– Si può sapere che ci fai qui a quest’ora? E smettila di girare per la casa, sei fradicio e stai bagnando tutto. – lo rimproverò. Anche se, doveva ammetterlo, un po’ gli era mancata la sua confusione. Kisumi sentendolo parlare si fermò un attimo e si voltò verso di lui.

– Volevo venire a trovarti, no? – lo disse con il solito tono allegro ma qualcosa, nel suo sguardo, non gli quadrava. Kisumi dovette accorgersi dei suoi sospetti, perché riprese a girare per la casa finché Sousuke non decise, esasperato, di prenderlo per un braccio e trascinarlo in bagno con la forza. L’altro non oppose resistenza e rimase in silenzio quando Sousuke gli prese un asciugamano e dei vestiti asciutti, lasciandolo con l’ordine di fare un bagno ed uscire solo dopo essersi reso presentabile. Mentre aspettava, andò in cucina e preparò del the assieme a qualcosa da mangiare. Visto l’orario, era anche probabile che l’altro sarebbe rimasto a dormire da lui, ma per il momento scartò l’ipotesi.

– Allora – esordì, dopo che Kisumi si fu lavato, cambiato ed ingozzato a dovere, – Makoto sa che ti trovi qui? – chiese pensieroso. L’altro accennò un sorriso tirato e lo guardò. Aveva gli occhi rossi e incredibilmente stanchi. Non lo aveva mai visto così, era una visione che lo rattristava.

– Quando l’ho visto l’ultima volta, era troppo occupato a scoparsi il suo amante per prestare attenzione ai miei spostamenti. – la cosa lo spiazzò. Makoto? Lo stesso Makoto che gli aveva chiesto scusa per aver preso il suo posto nella vita di Kisumi e che da allora si vergognava troppo persino per guardarlo negli occhi? Non immaginava nemmeno che una persona del genere fosse capace di concepire il tradimento. L’altro rise nel vedere la sua espressione sconvolta.

– Lo so, all’inizio nemmeno io volevo crederci, ma i segnali erano evidenti, ho capito tutto prima ancora di vederli assieme. – parlava a bassa voce, con lo sguardo basso ed un tono stranamente dolce – Sai, è un pessimo bugiardo, per non parlare del fatto che si sentiva chiaramente in colpa. Non faceva altro che assentarsi con scuse stupide e tornare da me con fiori e regali ancora più stupidi. Era evidente che qualcosa non andava, ma all’inizio non ci avevo creduto. Frequentavamo gli stessi amici e conoscevo i suoi colleghi, sapevo che non poteva essere nessuno di loro. Poi una sera mi ha portato in un ristorante e l’ho visto. Non è una cosa tanto comune che un cuoco venga a prendere personalmente gli ordini, non trovi? – fece con un tono sarcastico che con la sua espressione affranta non aveva niente a che spartire. Stava per continuare a raccontare, ma Sousuke non ce la faceva più a sopportare di vederlo in quel modo. Non stavano assieme da anni e non provava più niente per lui a livello sentimentale, ma era suo amico e ci teneva. Gli posò una mano sulla spalla e lo abbracciò goffamente, lasciando che Kisumi si stringesse a lui e gli piangesse sulla spalla. Ironico, decisamente molto ironico. Andò avanti per minuti che gli parvero ore, smettendo solo quando Sousuke, non senza un certo sforzo, lo mise a letto come un bambino e gli disse di riposare. 

– Si sentiva così in colpa, si è scusato un centinaio di volte. Ha detto che si è innamorato sul serio di quella puttana, ma non voleva ferirmi. Che deficiente. – sussurrò con una risata triste, la voce che ancora tremava per il pianto.

Fortunatamente, si addormentò subito dopo e Sousuke poté tirare un sospiro di sollievo. Che situazione assurda. Di sicuro, con Kisumi nel suo letto, non sarebbe mai riuscito a dormire. Fu allora che ebbe un’idea, decisamente stupida, ma che al momento era il meglio a cui poteva aspirare.

Tirò fuori il telefono e selezionò il solito numero dalla rubrica. Era l’una di notte, ma di sicuro non sarebbe stato un problema per il ragazzo incontrarlo. Se proprio non poteva dormire, tanto valeva fare buon uso della sua notte insonne, no?

– Ohi. – esordì, divertito dalla velocità con cui Rin aveva risposto.

– Sousuke. – aveva un tono stranamente divertito. Doveva essere a casa, dato che in sottofondo non sentiva alcun rumore.

– Dove sei? – chiese comunque. Magari si trovava da qualche cliente. Per quanto il solo pensiero di Rin con qualcun altro lo faceva imbestialire, era pur sempre il modo in cui si guadagnava da vivere.

– Dove dovrei essere? – sentì una voce maschile in sottofondo e il suo cuore perse un battito – Sto venendo a casa tua, idiota. –

Sousuke tirò un sospiro di sollievo, per poi ricordare del piccolissimo problema costituito dal fatto che a casa sua, in quel momento, c’era Kisumi.

– Aspetta, è meglio se ti raggiungo io. – si affrettò a dire. Rin, dall’altra parte, ridacchiò.

– Troppo tardi. – lo sentì mormorare, prima essere distratto dal suono del campanello.

Andò ad aprire la porta e stavolta era lui per davvero, fradicio per il temporale esattamente come Kisumi ma con abiti decisamente più succinti ed un ghigno di gran lunga meno innocente. Non ebbe nemmeno il tempo di parlare che Rin gli fu addosso ed iniziò a baciarlo, le mani che già correvano sotto la maglietta ad accarezzare i muscoli ben definiti dagli allenamenti. Non riuscì a fare a meno di rispondere a quel bacio con foga, incapace di sottrarsi alla tacita richiesta nei gesti di Rin. Si chiese quando erano arrivati a quel punto. Quando la situazione si era ribaltata ed aveva smesso di essere lui a cercare l’altro. Forse era sempre stato così e lui non era altro che un’ottima preda a cui spillare soldi senza sforzo. Decise di non pensarci, non mentre Rin gli infilava una mano nei pantaloni, spingendolo verso la stanza da letto ignaro del fatto che vi dormisse il suo ex. Gli costò una fatica incredibile darsi un contegno ed allontanarlo e se ci riuscì fu solo ed unicamente perché il pensiero di Rin e Kisumi nella stessa stanza, in quella situazione, lo spaventava a morte.

– Rin, non possiamo farlo qui, c’è un mio amico che sta dormendo. – decise di omettere il fatto che col suo “amico” c’era stato per un anno e mezzo, senza motivo. Rin rise e gli baciò il collo.

– E allora? Sarà più divertente con lui che rischia di scoprirci. – gli sussurrò all’orecchio. Sousuke non poteva farcela, sul serio.

– Sono serio, non possiamo stare qui. Se vuoi però possiamo andare in macchina. – propose.

– Non mi va di andare in macchina. – Rin sbuffò infastidito ed incrociò le braccia, mordicchiandosi le labbra innervosito. Si chiese a cosa potesse star pensando in un momento del genere.

Si era arreso all’idea che quella sera non avrebbero fatto nulla ed era quasi sul punto di dirgli che era meglio rimandare, quando l’altro gli afferrò un polso e lo guardò negli occhi.

– Però… possiamo andare a casa mia. – propose, un sorriso complice che si faceva man mano strada sul suo volto.

– Ne sei sicuro? – chiese dubbioso.

Per quel che ne sapeva, non era così che funzionavano le cose. Era lui il cliente, lui quello che cercava e pagava Rin per i suoi servizi, lui quello che lo ospitava e lo guardava andare via il giorno successivo. Era stano, davvero troppo strano. Era sicuro che anche l’altro se ne rendeva conto, era evidente dal sottile dubbio che coglieva nel suo sguardo, eppure non sembrava importargliene. Lo voleva e Sousuke si rese conto che, sì, lo desiderava anche lui. Lo tirò a sé e lo baciò per qualche secondo, per poi mettergli in mano le chiavi e dirgli di aspettarlo in macchina. Rin rise e corse via, mentre lui metteva in un borsone la divisa, il cambio per il giorno successivo e il portafogli. Lasciò a Kisumi un biglietto, chiuse a chiave la porta di casa e raggiunse il rosso in auto.

Guidare, con Rin che gli dava indicazioni per raggiungere casa sua e allo stesso tempo gli accarezzava il cavallo dei pantaloni, fu molto più difficile di quanto avrebbe pensato, ma in qualche modo riuscì ad arrivare a destinazione. L’appartamento era sorprendentemente grande e ben arredato per appartenere a qualcuno che per vivere vendeva il proprio corpo, ma ricordando quanto guadagnava c’era poco di cui meravigliarsi. In ogni caso, non ebbe molto tempo per guardarsi attorno dato che Rin gli saltò letteralmente addosso appena varcò la soglia e, Sousuke, sinceramente, nemmeno provò a fermarlo.

Si chiese come mai, nel momento in cui si era trovato di fronte il suo ex, addormentato e disperato, la prima persona a cui aveva pensato era stato Rin. Lo conosceva da pochi mesi, non avevano praticamente mai parlato, non sapeva nulla di lui. Eppure lo desiderava, lo cercava, lo considerava più di un semplice conoscente. Forse, si disse, era perché il mondo di Sousuke da sempre era fatto di poche parole e tanti gesti. Era quello l’unico modo che aveva per comunicare con lui: erano i suoi baci, le sue carezze, i suoi tocchi a dirgli quello che voleva, che provava. Aveva imparato a leggerlo, col tempo. Non sapeva cosa aveva fatto quel giorno, dov’era andato a scuola o il suo piatto preferito, ma sapeva alla perfezione quando era arrabbiato, nervoso, stanco, quando si sentiva solo e quando non ne poteva più. Rin era un ragazzo silenzioso, eppure tutto di lui gli parlava chiaramente, dal modo in cui camminava a quello in cui sorrideva allo sguardo particolare che rivolgeva a lui – a lui soltanto, di questo era testardamente sicuro. Persino quella casa gli urlava la sua presenza e le sue abitudini.

Persino in quel momento, mentre si godevano i minuti di beatitudine che seguivano il sesso sdraiati l’uno accanto all’altro, il modo in cui Rin fumava una sigaretta, con un braccio dietro la testa e il viso rivolto verso il soffitto, era per Sousuke un linguaggio conosciuto. Qualcosa lo innervosiva, si disse. Ne ebbe la conferma quando, qualche secondo dopo, l’altro si voltò verso di lui, guardandolo con un’ombra strana negli occhi.

– Chi c’è a casa tua? – la sua voce era calma, compiaciuta. Sapeva che gli avrebbe detto la verità e, anzi, probabilmente conosceva anche la risposta.

– Si chiama Kisumi. – risposte noncurante. Voleva girarci un po’ intorno, vedere cosa avrebbe fatto. Un ghigno comparse sul viso di Rin.

– State insieme? No, aspetta, in tal caso non mi avresti lasciato entrare. – disse ridacchiando. Fece un tiro ed espirò lentamente il fumo. – È il tuo ex, vero? – chiese, un tono divertito che non riusciva a nascondere quella punta di nervosismo.

– Ti interessa? – chiese Sousuke, posandogli una mano sul fianco e avvicinandolo a sé fino a far aderire totalmente i loro corpi.

Il sorriso di Rin si incrinò appena, ma non scomparve. Scosse la testa, continuando a guardarlo negli occhi. Sousuke gli prese la sigaretta di mano e la spense, per poi prendere il viso di Rin tra le mani e baciarlo. Sentì sulle labbra il sapore amore del fumo e la cosa non gli dispiacque.

 

Il mattino seguente, quando suonò la sveglia che aveva impostato sul cellulare, Rin era stretto tra le sue braccia, il viso contro il suo petto. Di solito se ne andava sempre prima che si svegliasse, per cui non lo aveva mai visto dormire e si stupì nello scoprire l’espressione completamente rilassata e tranquilla che assumeva il suo viso. Rimase a guardarlo per un po’, finché l’impulso non fu troppo forte e gli posò un bacio leggero sulle labbra, svegliandolo. Rin aprì gli occhi lentamente e impiegò qualche secondo per metterlo bene a fuoco. Lo vide sorridere in un modo strano, quasi dolce. Sousuke si rese conto che avrebbe voluto sapere di più di lui, di quello che faceva, del modo in cui viveva. Voleva vederlo tutto il giorno e tutti i giorni, in tutte le situazioni. Rise di sé stesso. Assurdo. Si era innamorato per la prima volta e della persona più sbagliata che gli potesse capitare.

Sospirò rassegnato e si alzò in piedi. Raggiunse il borsone e ne tirò fuori il portafoglio. Contò venticinquemila yen e li posò sul comodino, per poi prendere il cambio che si era portato e andare in bagno.  Fece una doccia veloce e si vestì, cercando di non pensare alla situazione in cui stava lentamente sprofondando. Quando tornò in camera per prendere le sue cose, trovò Rin in piedi, avvolto in un lenzuolo, con in mano il borsone ed i soldi che gli aveva lasciato prima. Sfoggiava il solito ghigno, ma a Sousuke parve stranamente infastidito. Lo tirò a sé, costringendolo a chinarsi per baciarlo, e gli infilò le banconote in tasca. Quando si separarono, Sousuke lo guardò interdetto, ma l’altro non gli diede spiegazioni, limitandosi a guardarlo con una strana espressione vittoriosa. 

 

Yo. actualy non credevo avrei scritto questo capitolo così in fretta, ma con la mia fissa per tutto l'album "Trouble" di Natalia Kills e il fatto che questa ff stia piacendo molto più di quanto mi aspettassi mi sento incredibilmente motivata ad andare avanti. Probabilmente i prossimi capitoli verranno pubblicati con mooolti più giorni di distanza l'uno dall'altro, perché la fortunata serie di vacanze e cagate varie ormai è finita. In ogni caso, ecco a voi Kisumi, spero di averlo mosso bene. Lo so, Makoto che tradisce è impossibile da immaginare, ma per amore si fanno tante stronzate I guess. E nulla, come sempre spero che vi sia piaciuta, mi ci sono impegnata tanto e ne sono stranamente soddisfatta. A presto!

   
 
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