Serie TV > Teen Wolf
Segui la storia  |       
Autore: Tomi Dark angel    20/04/2015    11 recensioni
STEREK.
Tratto dalla storia: "-Pronto?-
-Scott…?-
-Sceriffo, che succede? Mi sembra un po’ tardi per chiamare…-
-La... la camera di Stiles è… un bagno di sangue. E lui non… non c’è più. Mio figlio, Scott. Mio figlio…-"
Stiles Stilinski sparisce per tre anni. Per tre anni tutti lo credono morto, per tre anni di lui non si hanno notizie. Quando però riappare, non è più lo stesso. Di lui non resta che una creatura nuova, un incubo talmente orrendo che anche Beacon Hills teme di accogliere.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Il dolore è sordo, il dolore è muto.
Il dolore è sordomuto.
Sordo, perché ascolta solo se stesso,
Muto, perché non ci sono parole che possano parlarne.”
 
Derek non può credere che dietro quella carneficina ci sia Stiles. Non vuole pensare che quel ragazzo possa anche solo aver provato a fare del male a qualcuno, ma il testimone afferma di averlo riconosciuto. Non è anomalo: Beacon Hills è una piccola cittadina e quando Stiles sparì, lo vennero a sapere tutti. Per poco non fu incolpato lo stesso sceriffo di aver ucciso suo figlio e poi nascosto il corpo. Se non avesse avuto un alibi di ferro, l’avrebbero sbattuto dietro le sbarre nel peggiore dei modi.
Derek fissa inespressivo il corpo dilaniato dell’uomo sparire in un sacco della polizia. C’è sangue dappertutto, proprio come ce n’era nella stanza di Stiles, ma non c’è traccia dell’odore del ragazzo lì.
Derek pensa che non sia il caso di aspettare oltre. Sente che Scott e il branco sono vicini ed è certo ormai che il ragazzo riuscirà a trovare da solo il luogo del delitto. A Derek non resta che andarsene perché l’odore di tutto quel sangue ormai lo nausea un po’, specialmente dal giorno in cui vide quel massacro nella stanza di Stiles. A Derek basta guardare il colore rosso per pensarci e sentirsi inutile e vulnerabile, come il giorno in cui non è riuscito ad aiutare lo stesso ragazzo che già tante e tante volte lo aveva soccorso senza esitare.
Si allontana velocemente attraversando il bosco, lasciando che ancora una volta sia il corpo a lavorare anziché il cervello. Salta tra i rami, si slancia, ricomincia a correre. Si accorge in ritardo di aver raggiunto il limitare degli alberi, proprio lì dove inizia Beacon Hills. Derek ha sempre notato il bar malmesso che è solito accogliere la clientela più stanca prima che entri in città. Si chiama “Dogma” ed è uno dei peggiori bar della zona, dove i camerieri sono sempre scortesi e la clientela scarseggia.
Il posto perfetto per bere un caffè e tenersi lontano da casa, laddove i ricordi sembrano volergli trapanare il cranio.
Derek raggiunge la porta, che stranamente a quell’ora del mattino è spalancata per lasciar entrare un po’ d’aria fresca. Varca la soglia e, come ha sperato, trova il locale deserto.
Al bancone c’è solo un ragazzo alto e slanciato con grandi occhi azzurri e i capelli biondi. Indossa una larga felpa scura, a malapena coperta dal grembiule, e dei jeans. Quando Derek entra, il ragazzo si immobilizza per qualche istante e lo fissa con sguardo indecifrabile, che rimbalza tra il sorpreso e lo spaventato. A Derek non interessa: non è la prima volta che qualcuno lo fissa così.
Raggiunge il bancone e siede su uno degli sgabelli che giacciono ordinati davanti al bancone. Il ragazzo continua a fissarlo.
-Vorrei un caffè.-
Il ragazzo si riscuote, le mani improvvisamente strette come una granata intorno al bicchiere che sta asciugando con uno straccio. Quando non si muove, Derek lo fissa e inarca un sopracciglio.
-Ah! Sì, certo… caffè normale?-
-Macchiato andrà bene.-
-Dovresti anche mangiare qualcosa.-
Derek corruga le sopracciglia, innervosito. –Non credo che la cosa ti interessi.-
Il ragazzo sussulta e quasi fa cadere il bicchiere. Lo riafferra al volo con incredibile prontezza di riflessi e si raddrizza, rosso come un peperone.
-No, certo… il mio era solo un consiglio.-
-Non ne ho bisogno.-
Senza una parola, il ragazzo comincia ad armeggiare con la macchinetta del caffè. Dalla cucina provengono alcuni rumori e un basso canticchiare armonioso che Derek riesce a udire solo grazie al suo udito di lupo. Una ragazza dice qualcosa in una lingua arcana che Derek non capisce, ma che non riesce nemmeno a classificare in una delle tante lingue che conosce. È una lingua dai toni graffianti come il tedesco, ma ha parole dolci più di quelle francesi.
-Allora… come mai qui a quest’ora? I bei ragazzi come te non hanno bisogno del loro sonno di bellezza?-
Derek inarca un sopracciglio fin quasi a toccare l’attaccatura dei capelli. Non gli piace la confidenza con cui gli parla quello sconosciuto, né ama l’impressione che lui ci stia in qualche modo… provando? Con Derek?
-Quelli come te invece avrebbero bisogno di stare zitti una volta ogni tanto.-
Il ragazzo ride, ed è una risata così cristallina, così familiare che per un attimo Derek si irrigidisce.
-Sì, vero? Non sei il primo che me lo dice ma, ehi!, non è colpa mia se sono iperattivo e amo parlare a mitraglietta. La mia collaboratrice se l’è presa con me proprio stamattina perché lei continua a dormire in piedi e io non sto mai zitto. Dice che le faccio venire il mal di testa.-
-Mi domando come mai…-
-Era sarcasmo, quello?-
Nel silenzio della sala, qualcosa tintinna. È un tintinnio sinistro, come di catene che cigolano e Derek è certo che quel suono provenga dal ragazzo che ha davanti. Forse indossa una collana di quelle troppo vistose e assolutamente orribili che consistono in una catena da rapper molto massiccia e poco pratica.
Il ragazzo appoggia sul ripiano una tazzina di caffè fumante e un piattino di biscotti.
-So che forse li lascerai, ma questi li offre la casa. Li ho fatti stamattina.-
Il ragazzo sorride di nuovo di quel sorriso che Derek quasi riconosce perché somiglia anche troppo a quello di Stiles.
-Non ho…-
-Bisogno di mangiare. Lo so. Però accetta i biscotti e basta, okay? Non credo che tu sia il classico ragazzone con la fissa per la linea che dopo il primo morso a un biscotto corre subito a mettersi a dieta. Quindi mangia, e sappi che se li lascerai qui troverò il modo per infilarteli in tasca.-
Derek lo fissa, indeciso. Non sa se provare odio o simpatia per quel ragazzo troppo coraggioso.
Appellandosi a un compromesso, beve il caffè e azzanna un biscotto, lasciando intatti gli altri. Questo sembra rincuorare il ragazzo, che finalmente torna a sorridere genuino. Il bagliore candido di quei denti è come un toccasana per Derek, ma il lupo non riesce a spiegarsene il motivo. È come se conoscesse già quel ragazzo, come se vi avesse già parlato e interagito in precedenza. È una sensazione bizzarra, ma Derek non sa spiegarsela.
-Mi chiamo Dean.-
Derek lo fissa in silenzio, ma Dean sembra non aspettarsi alcuna risposta. Torna al lavoro, maneggiando efficacemente stracci e posate, bicchieri e tovaglioli. Sembra concentrato sui suoi gesti, come se dovesse sforzarsi di non alzare gli occhi per incontrare quelli di Derek. E stranamente, questo dettaglio infonde nel licantropo un pizzico di serenità mista a sorpresa.
Estrae i soldi dalla tasca e si accinge a pagare, ma Dean solleva una mano e lo ferma.
-Ho detto che offre la casa.-
-Hai detto che la casa offriva i biscotti, non il caffè.-
-Quello te l’ho offerto io.-
-Non se ne parla.-
-Invece sì, perciò posa quei soldi nella tasca.-
Derek e Dean si fissano in silenzio, il primo in attesa che l’altro abbassi lo sguardo e l’altro con quieta serenità, come se stesse studiando ogni smeraldina sfaccettatura dei suoi occhi. Non china lo sguardo, non pare intimorito dall’occhiata dell’altro: si comporta come se ci avesse già avuto a che fare.
-Buona giornata, signore.-
Dean sorride un’ultima volta prima di voltarsi e sparire oltre la soglia della cucina. Quando torna al bancone e sparecchia i lasciti della colazione di Derek, trova dieci dollari nascosti sotto il piattino dei biscotti.
 
Derek non sa perché torna al Dogma la mattina dopo. Si dice che lo fa perché non ha altro da fare o perché semplicemente è capitato lì camminando alla cieca, senza il benché minimo ragionamento. Peccato che lui cose del genere non le faccia mai, a meno che non debba affidarsi all’istinto. E l’istinto lo ha condotto lì, alle sette e mezza del mattino, davanti alla porta lignea dello stesso bar che il giorno prima gli ha offerto dei biscotti.
Entra spingendo la porta, fissando all’istante e quasi inconsciamente il bancone. Si aspetta di trovarci Dean, intento ad asciugare le posate, ma il suo cuore si gonfia di maledetta delusione quando al posto del ragazzo biondo Derek vede una giovane e bellissima donna dai ricci capelli scuri e gli occhi chiari. Ha le labbra piene e la pelle abbronzata, con un seno alto e prosperoso che quasi sgancia i bottoni della camicetta troppo stretta e decisamente troppo scollata che indossa.
Quando vede Derek, la donna sorride sorniona per poi parlare con voce languida e tentatrice: -Ciao, dolcezza. Posso fare qualcosa per te?-
Derek raggiunge il bancone, deciso a non mostrarsi deluso per l’assenza di Dean.
-Un caffè.-
-E poi?-
-Un caffè e basta andrà benissimo.-
La donna si sporge sul bancone, mettendo in mostra il seno prosperoso. –Sicuro?-
Gli fa l’occhiolino, sorridendo amabilmente. Nonostante la sua bellezza abbagliante e i modi lascivi, Derek non se ne sente attratto. Al contrario, aggrotta le sopracciglia e stringe le labbra, chiedendosi se sia il caso di lasciare il locale prima di ammazzare su due piedi quella sgualdrina tentatrice.
-Sicuro. E ti consiglierei di fare il tuo lavoro, o potreste perdere un cliente.-
La donna non pare infastidita dal rifiuto di Derek. Comincia a preparare il caffè, canticchiando a bassa voce una dolce melodia.
Il telefono di Derek suona all’improvviso, spezzando la placida atmosfera del locale. È Scott.
-Cosa avete scoperto?- chiede Derek.
-La vittima si chiamava Sarah Williams, ventotto anni. Faceva l’estetista in una città limitrofa ma era a Beacon Hills per far visita a sua sorella Lorie.-
-Niente di strano?-
-Lo sceriffo dice che a ucciderla sono stati dei tagli alla gola piuttosto profondi, ma prima l’assassino le ha staccato un braccio e mutilato l’altra mano. Ha infierito anche sull’addome, ma ha lasciato il lavoro incompleto per qualche motivo.-
Derek tentenna, lanciando un’occhiata alla donna impegnata a maneggiare zucchero e tazzine. –E riguardo… il sospettato?-
-Non sappiamo niente di certo. Il testimone dice che era lì di passaggio con l’auto e i fari hanno illuminato il viso di un ragazzo che somigliava incredibilmente a Stiles.-
La donna si blocca improvvisamente sotto lo sguardo incuriosito di Derek, che adesso fissa interessato la sua schiena. Possibile che abbia sentito la voce di Scott? No, non odora di licantropo. Ma chi altri ha un udito tanto fine?
-Ci sono altre novità?- chiede lentamente, osservando attentamente la reazione della donna.
-No, non adesso. Dobbiamo solo sperare che non si tratti di un serial killer… o di Stiles. Ma non posso credere che abbia fatto qualcosa del genere.-
Derek non risponde. I suoi occhi adesso sono fissi sulla giovane donna, che ha ripreso a muoversi, stavolta più velocemente e con più efficienza. Non canticchia più.
-Ho capito. Quando avrete capito qualcosa di più, chiamami.-
-Dove sei ora?-
-Non ti deve interessare. Ci vediamo, Scott.-
Prima che Scott abbia modo di protestare, Derek chiude la chiamata. Continua a fissare la donna in silenzio, senza mai staccarle gli occhi di dosso. Continua ad avere la sensazione che in qualche modo sia riuscita a sentire le parole di Scott e che qualcosa l’abbia infastidita. Non è un licantropo, ma Derek ha in mente una moltitudine di creature mitiche capaci di sviluppare un udito estremamente sensibile. Il problema è che l’odore della donna appare totalmente umano, con tanto di spruzzata di profumo alla vaniglia ai polsi e al collo, laddove Derek lo fiuta meglio.
-Ecco a te.- La donna gli porge la tazzina del caffè e senza una parola sparisce sul retro, lasciando Derek da solo.
Il lupo aguzza l’udito per percepire ogni movimento della donna, ma lei non fa nulla di nuovo a parte armeggiare con le posate e spegnere il forno.
La porta d’ingresso si apre all’improvviso, cigolando.
-Scusa, Dumah! Sono stato trattenuto da…-
Dean s’interrompe all’improvviso, preso in contropiede dalla presenza di Derek. I due si fissano in silenzio, squadrandosi senza sapere precisamente cosa fare. Poi, Derek lo nota: appollaiato sulla spalla di Dean c’è lo stesso corvo dagli occhi dorati che il lupo ha visto qualche giorno fa.
-Cosa… che cosa?!- esclama Dean, fissando gli occhi sul bancone adesso alle spalle di Derek. Lo oltrepassa di corsa, facendo gracchiare inviperito il corvo troppo cresciuto che bizzarramente appare grosso poco più di un falco.
Dean raggiunge la vetrina e la spalanca senza neanche togliersi i guanti. Zoppica appena e Derek nota solo allora che puzza di sangue.
-Scommetto che è stata Dumah a prepararti il caffè… stupida ragazza, non lo ha nemmeno macchiato.-
Dean appoggia un piattino di biscotti sul bancone e praticamente gli strappa il caffè di mano. Derek si trattiene dal ringhiare.
-Lo stavo bevendo.-
-No, non è vero. Non lo hai nemmeno toccato.-
Derek sbuffa, ma non risponde perché sa che Dean ha ragione. Al contrario, annusa interessato l’odore di sangue che proviene dalla gamba del ragazzo.
-Che ti sei fatto alla gamba?-
Dean per poco non inciampa. Impreca a mezza voce in quella lingua arcana che Derek non riesce a decifrare né a classificare, poi torna ad armeggiare col latte.
-Il mio cane mi ha morso. È molto nervoso ultimamente.-
La voce del ragazzo trema appena, segno che è totalmente incapace di mentire o quantomeno ha problemi a farlo. Derek non glielo fa notare perché non sono affari suoi e se Dean non vuole dirgli la verità, lui non intende forzarlo.
-Ecco fatto!- Dean appoggia una tazza di caffè macchiato accanto al piatto dei biscotti. Stavolta, Derek li mangia tutti e Dean si assicura di togliere di mezzo piattini e tazzina prima che il licantropo trovi il modo di lasciargli i soldi sul bancone.
 
Derek non sa cosa lo spinge a tornare ogni volta al Dogma, ma ormai quella pare essersi trasformata in una vera e propria routine. Si presenta ogni volta alle sette in punto e Dean è lì con la macchinetta del caffè già in funzione e un piattino di biscotti ancora caldi posati sul bancone.
Lo aspetta come un cane attenderebbe in eterno il padroncino uscito per lavoro, negli occhi uno sguardo profondamente felice quando poi vede Derek varcare la soglia del bar. Ogni volta, Derek ha appena il tempo di sedersi sul solito sgabello che Dean comincia a parlare a mitraglietta di futilità e cose stupide che Derek non ascolta davvero. Si accontenta di osservare di sottecchi il sorriso di Dean, sovrapponendo alla sua voce un timbro più acuto di ragazzo iperattivo, lo stesso che ha lasciato Derek tre anni fa.
Le ricerche di Stiles non vanno per niente bene. Derek e il suo branco trascorrono la notte a girovagare per i boschi e la città in cerca di una nuova traccia di odore, ma non cambia niente: Stiles sembra non essere mai stato lì e loro hanno sempre più la sensazione di perdere tempo. Forse hanno immaginato tutto, forse Stiles è morto davvero. Forse. Ma loro non lo sanno.
-E quindi ho indossato le pinne e ho cominciato a camminare nudo per strada.-
Derek solleva gli occhi di scatto, stordito. –Cosa?-
Dean sorride soddisfatto e appoggia i gomiti al bancone. –Visto? Non mi stavi ascoltando.-
-No. In effetti, non lo faccio mai.-
Dean si posa una mano sul cuore, storcendo le labbra in una smorfia grottesca. –Così mi ferisci, Sou… signore.-
Derek sbarra gli occhi, stringe i pugni. Solleva lo sguardo talmente di scatto che Dean fa un passo indietro.
-Come mi stavi per chiamare?- domanda Derek, la voce appena incerta. È certo di non aver sentito bene; non vuole aver sentito bene. Quel ragazzo lo ha quasi chiamato…? Impossibile. Quello non è Stiles.
-Cosa?- Dean si mangiucchia le unghie di una mano, nervoso. –Non ti stavo per chiamare in nessun modo. Mi sono impappinato sulla “S” di signore, visto che non so ancora come chiamarti.-
A Derek quella sembra una spiegazione poco plausibile, ma sente in qualche modo che Dean non parlerà. Eppure, ha bisogno di risposte e per averle, serve che Dean si fidi di lui. Forse sa qualcosa di Stiles, forse lo conosceva. In qualche modo, Derek sente che la pista più giusta da seguire è quella.
-Derek. Mi chiamo Derek.-
 
-Non abbiamo trovato niente. Niente di niente.-
La voce di Scott al telefono è tremendamente sconfortata. Sembra in procinto di scoppiare in lacrime, ma Derek sa che il ragazzo aspetterà che finisca la telefonata prima di cedere del tutto. A volte, anche se raramente, Scott gli assomiglia almeno un po’.
-Va bene, Scott. Ho capito.-
-Non so dove altro cercare, Derek… non lo so davvero.-
Derek si chiede cosa si provi a perdere un fratello. Stiles e Scott sono praticamente cresciuti insieme, in simbiosi come due facce d’un unico insieme. Derek si chiede cosa dovrebbero fare se il reale assassino di quella ragazza fosse veramente Stiles. Avrebbe il coraggio di ucciderlo?
-Vai a dormire, Scott.- dice Derek alla fine. Sono giorni che il branco passa la notte a girovagare per la città in cerca di tracce, ma finora non hanno trovato niente. Isaac è crollato appena mezz’ora fa e Scott già vacilla. Nessuno dei due è abituato a sostenere orari del genere, non come ci riesce Derek.
-No, non posso. Devo…-
-Devi dormire, o sarai inutile. Non dovrei essere io a farti da balia, ragazzino.-
Senza aggiungere altro, Derek attacca il telefono. Lascia che il silenzio avvolga i miseri resti di casa Hale, adesso placidamente assopita nel silenzio della notte. L’indomani ci sarà la luna piena e Derek non è certo di potersi controllare, non quando i suoi nervi sembrano pronti a saltare in aria già normalmente.
Un rumore lo distrae, facendolo voltare di scatto. Appollaiato sullo stipite della finestra, c’è il corvo di Dean.
-Ancora tu.- sbotta Derek, infastidito. –Cosa vuoi da me?-
Il corvo inclina la testa, fissandolo con quegli occhi che adesso appaiono più dorati che mai. Gracchia piano, come a volergli dire qualcosa. Per una volta, Derek vorrebbe poter capire il linguaggio degli uccelli.
-Non c’è niente per te qui.- ringhia. –Sparisci.-
Ma il corvo gracchia più forte, spalancando le ali. Si alza in volo, sospeso nel vano della finestra come il fotogramma di un film visto attraverso un bizzarro televisore. Una zaffata di odore sprigionato dalle piume del corvo raggiunge il naso di Derek, stuzzicandolo. È l’odore di Stiles, di nuovo.
Il corvo vira bruscamente senza alzarsi di quota e si allontana tra gli alberi.
-Aspetta!-
Derek balza oltre la finestra, atterra, comincia a correre. I muscoli guizzano allenati sotto la pelle, lo spingono contro la barriera del vento, trasformando Derek in vento stesso. Segue il corvo senza mai rallentare, un passo dopo l’altro, silenzioso come solo il suo essere di lupo può essere.
Poi, cominciano le voci e allora Derek rallenta. Il corvo sparisce tra gli alberi, diretto verso la fonte di quelle stesse voci concitate.
Derek si accuccia e sguscia tra i cespugli, scivolando sull’erba senza un suono. Improvvisamente, la sua mole massiccia si trasforma nell’essere sinuoso di una pantera in caccia che lentamente si accosta alla preda inconsapevole.
-Ti ho detto che ci sto lavorando.- sbotta una voce che all’istante fa sbarrare gli occhi di Derek. –Non posso farci niente se quei bastardi sono così veloci.-
-Ci stai lavorando? Stai solo perdendo tempo dietro a quel licantropo, mi pare. E questo è il prezzo che paghiamo per le tue inappropriate prese di libertà.- ribatte una pacata voce di… bambino?
Derek dilata le narici all’improvviso odore del sangue. Si sporge appena oltre il tronco dell’albero che lo nasconde e allora lo vede: un bambino dai capelli scuri e gli occhi blu in piedi accanto a un ragazzo più grande che indossa una larga felpa rossa e dei jeans strappati in più punti. Il ragazzo stringe tra le braccia qualcuno, una persona che sussulta e ansima copiosamente, colta dal panico. Derek può sentire il battito impazzito del suo cuore, i gemiti che emettono quelle labbra e capisce che quei suoni appartengono a un moribondo.
-Dobbiamo lasciarlo qui, Stiles.-
Per un attimo, Derek smette di respirare. Fissa interessato il ragazzo col cappuccio, inspira il suo odore: è lo stesso di Stiles, del suo Stiles. È lui? Da quanto è lì, e perché? Chi è il bambino che è con lui?
-Non mi muoverò, Alastor. Non posso salvarlo, ma posso restare con lui finché non sarà finita.- mormora aspramente Stiles. La sua mano si muove dolcemente, accarezzando qualcosa che si rivela essere il capo insanguinato di un ragazzo poco più vecchio di lui, la cui gola squarciata non fa che trasudare sangue.
Derek non vuole crederci. Non può pensare che il colpevole di quelle morti sia davvero Stiles. Oltretutto, oltre ad essere incredulo, è arrabbiato di brutto. Non sa cosa lo trattiene dallo sbucare fuori per fare a pezzi quell’insulso ragazzino che si è permesso di sparire nel nulla per tre anni. Ha abbandonato Scott, Lydia, il branco… lui. Derek. Lo ha lasciato solo.
-Perdi solo tempo, Stiles. Non è più nella tua natura fare il crocerossino di chiunque ti capiti a tiro.-
Stiles solleva il capo di scatto e quando parla le sue parole sono velate di un odio sconfinato che Derek non riesce ad attribuirgli: -E tu cosa ne sai? Cosa sai di me, Alastor? Sai cosa significhi morire e lasciarsi tutto alle spalle? La tua casa, la tua famiglia, i tuoi amici. Non è come partire per una lunga vacanza; da quella puoi tornare. Se muori invece… sai di non avere scelta. Devi passare dall’altra parte e sperare che chi resta ti dimentichi, anche se sai che non sarà così. Io ho subìto tutto questo come vittima innocente, e quando è accaduto ero solo. Non lascerò che altri subiscano questa condanna. Nessuno meriterebbe di morire in solitudine come un cane abbandonato. Perciò, vattene e lascia che questo ragazzo se ne vada in pace. Per stanotte hai fatto abbastanza.-
Per un attimo, il bambino chiamato Alastor lo fissa impassibile. Poi semplicemente si volta e sparisce tra gli alberi senza un suono, inglobato dall’oscurità come un’ombra inafferrabile.
Il silenzio ormai, è rotto solo dagli ansiti affaticati del ragazzo. Derek avverte i suoi singulti, il pianto di qualcuno che ha paura di andarsene. E prova pietà per lui.
-Ti sei mai fermato a guardare le stelle?- mormora improvvisamente Stiles, attirando l’attenzione di Derek. –Sono belle e illuminano il cammino a chi ne ha bisogno. Rischiarano l’oscurità in attesa che giunga il giorno, ti proteggono… ma questo, solo se nel giungere dell’alba ci credi davvero. Non farà male, te lo prometto. La tua meta sarà molto più piacevole della mia… perciò vai in pace. Segui la tua luce, raggiungila, abbracciala. Chiunque tu abbia perso, ti sta aspettando dall’altra parte: unisciti a lui e, se ti è possibile… perdonami.-
Derek è così concentrato sulle parole di Stiles da non essersi accorto che nel frattempo, il ragazzo è spirato. Forse non ha sentito davvero le parole di Stiles, ma Derek capisce che in qualche modo, è andato in pace, cullato dalle dolci carezze di un perfetto sconosciuto che ha avuto pietà di quel misero corpo in degrado.
Stiles ha avuto pietà di un ragazzo che non conosceva. Ma non ne ha provata per i suoi amici, che per tre anni lo hanno atteso e cercato.
Derek si guarda i pugni, adesso stretti in morse d’acciaio che piantano gli artigli da licantropo nella carne del palmo. Sottili rivoletti di sangue scivolano sulla pelle, raggrumandosi in goccioline sempre più fitte che poi macchiano l’erba.
Poi però, accade qualcosa. Un fruscio alle sue spalle, il rumore di un corpo improvvisamente troppo vicino. Derek ha appena il tempo di voltarsi prima che in un lampo d’acciaio, qualcosa gli graffi profondamente il torace.
 
Angolo dell’autrice:
Dannazione. Mi ero ripromessa di non maltrattare più i miei personaggi, ma deve essere una cosa insita nel DNA.
Derek: DNA un cavolo. Mi hai appena distrutto la maglietta buona!
È per una buona causa. E sta tranquillo che qui non dispiace a nessuno.
Derek: perché non le fai fare agli altri certe scene?
Perché Isaac sviene ancora alla vista del sangue. Dopo quell’episodio…
Allison: non è colpa mia se ha seguito l’odore e ha ripescato il mio assorbente usato dalla spazzatura!
Isaac: oddio, tutto quel sangue…
Mi fate tornare alla storia? Oh!
Dunque, dove eravamo rimasti? Ah, sì. Io… tredici commenti? Tredici? Sto per mettermi a piangere, davvero. Non mi aspettavo che piacesse, io… non so che scrivere, veramente. Sono a corto di parole, il che è straordinario data la mia eterna e irrefrenabile parlantina Stiles-style. Ma, non posso che ringraziarvi di cuore, a ognuno di voi lupacchiotti recensori. I vostri commenti mi stanno veramente a cuore e ogni volta che ne leggo uno mi emoziono come se fosse il primo. Grazie. Davvero. A voi dedico tutti i miei sforzi, tutte le parole scritte, ringraziandovi per la fiducia che mi donate continuando a leggere.
Ora, per ripagare almeno un po’ tutti i vostri splendidi commenti, posto una piccola anticipazione del prossimo capitolo già pronto e rivisto che leggerete tra cinque giorni esatti:
 

“Stiles seppellisce il viso tra le mani, sporcandosi di sangue.
Derek lo fissa impassibile, le labbra strette e i pugni serrati.
-Non puoi spiegarmi? Me lo devi, Stiles. Lo devi a me, a Scott e a tutti gli altri! Ti abbiamo cercato per tre anni e tu…-
-Non potevo essere trovato!- urla Stiles all’improvviso, sollevando il viso insanguinato. –Non potevo e basta! E ringraziate il cielo che non sia accaduto o… o…-”
 

Un ringraziamento dunque ai lupacchiotti più belli del mondo:
Sophi33
RedLesbian
Fangirl_mutante_SHIELD
Virginsiny74
Nye
Miss Hoech
Shadow
Drarry90
Simo wolf
Allen99
Cecix
Gaiadidio
PandoraPam01

A prestissimo, e grazie ancora!

Tomi Dark Angel

 
  
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Teen Wolf / Vai alla pagina dell'autore: Tomi Dark angel