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Autore: Kristah    20/04/2015    1 recensioni
Eccomi qui! A storia finalmente ultimata (finirla si è rivelato più difficile di quanto immaginassi). Come già esplicitamente detto nel titolo, saranno raccontati gli eventi del 1943 (l'anno della nascita ufficiale di Capitan America) dal punto di vista di uno dei personaggi più bad-ass: Peggy Carter. Non voglio dilungarmi troppo nei dettagli degli episodi descritti, ma ci saranno (ovviamente) parti tratte dal film e piccoli missing-moments che mi sono immaginata!
Last, but not the least: se la storia vi piace, lasciate una recensione, anche piccina! Non sapete che immenso piacere provo nel leggerle! :) - Inutile scrive che anche critiche sono ben accette, vero?
Detto questo...
Enjoy!
XX,
Kristah
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Howard Stark, Peggy Carter, Steve Rogers
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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20 aprile 
 
Vorrei poter scrivere che glielo dissi apertamente. Che glielo urlai in faccia. Che glielo sussurrai nell’orecchio. Che tutti lo avevano sentito. Che a me importava soltanto che lui lo avesse sentito. 
Vorrei poter scrivere che Steve Rogers tornò a terra dopo aver trovato un modo per spedire quelle bombe in mezzo al ghiaccio del Polo. 
Vorrei, ma non posso. 
Non posso perché le vita è piena di sorprese non sempre piacevoli, come quella che mi è stata riservata quel dannato giorno. 
Non posso perché il Capitano Rogers non trovò un altro modo se non quello di sacrificarsi. 
Ricordo ancora il sapore di quel bacio come se fosse ieri; ricordo lo sguardo del Colonnello Philips, a metà tra l’esasperato e il divertito per quella mia mossa decisamente inaspettata; ricordo l’ultima volta che lo sentii via radio. 
Ricordo ogni parola di quella conversazione. Ogni. Dannatissima. Parola.
 
Pensavo che il cuore umano potesse rompersi soltanto una volta: mi sbagliavo, ovviamente.
Avevo nove anni quando mio padre entrò nella vecchia camera che condividevo con il mio fratellino di appena quattro anni, dicendomi che mia madre non c’era più.
Giuro di aver sentito il mio cuore all’epoca innocente spezzarsi a metà; con il tempo, lentamente, la ferita aveva cominciato a rimarginarsi.
Avevo appena imparato ad apprezzare la vita, nonostante il mondo fosse in guerra e ogni giorno poteva essere l’ultimo. 
Non ho mai applicato l’idea dell’ultimo giorno a Steve Rogers. Non ce n’era bisogno. 
 
Stork Club, 1943 
 
Margaret Carter indossava un vestito nuovo, dello stesso rosso del suo rossetto: amava quel colore. Erano le sette e cinquantotto e lei se ne stava in piedi accanto all’entrata dello Stork Club. 
Sapeva che non sarebbe venuto. Lo sapeva perché era una persona razionale, perché sapeva che quella conversazione era stata l’ultima per il Capitano. Ma una piccola, irrazionale parte del suo cervello pensava, speranzosa, che lui era un Supereroe, con la lettera maiuscola; un Supereroe di quelli veri. 
Guardò il suo orologio da polso. 
20:00 
Un sospiro le sfuggì dalle labbra scarlatte. La razionalità vinceva sempre. Rivolse lo sguardo al cemento, osservando attentamente come stesse diventando sfuocato. Sentiva le lacrime premere prepotentemente per poter uscire dai suoi occhi scuri. Trattenne il respiro. 
Non poteva piangere. 
Non voleva piangere. 
Lui non sarebbe mai venuto. 
 
Rimase lì per interminabili minuti. O forse per ore. Non aveva il coraggio di guardare di nuovo l’orologio. Sentiva distintamente la pelle d’oca sulle braccia lasciate scoperte. 
“Peggy"
Una voce maschile. 
Peggy alzò gli occhi, ancora una volta con la speranza nel cuore. Lo sentì spezzarsi per la seconda volta. 
Howard Stark era in piedi davanti a lei; stringeva due tazze di plastica fumanti tra le mani. Gliene offrì una e lei la accettò senza aprire bocca. 
“Hai la faccia di una che ha bisogno di una cioccolata"
Non aveva più la forza per fermare le lacrime. Si abbandonò con la schiena contro il muro, sentendo l’umidità filtrare attraverso il tessuto del vestito. 
Chiuse gli occhi stringendo la tazza come se fosse un salvagente durante una mareggiata particolarmente violenta. Un singhiozzo le sfuggì dalle labbra. 
Sentì le braccia dell’uomo attorno a lei. Lasciò cadere a terra il bicchiere e si aggrappò al giubbotto di pelle nera dell’inventore. 




 
Angolino Autrice:
Sono in uno spaventoso ritardo, me ne rendo amaramente conto...
So che lo studio non è una buona scusa per aver lasciato la FF così sospesa ma vi prego, comprendetemi!

Detto questo-- Siamo arrivati alla tanto agognata fine!
Volevo soltanto ringraziarvi se siete passati e avete letto questa storia anche senza recensirla.
Ci aggiorniamo domenica, con l'epilogo! 

XX,
Kristah
 
  
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