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Autore: aranceeno    21/04/2015    0 recensioni
In questa storia parlo dei Pink Floyd di fine anni 60. E' Roger Waters che parla in prima persona. A partire da questo capitolo comincia la storia che lo porterà a sostituire Syd nella band. E' una sorta di piccola ricostruzione della storia dei Pink Floyd. Le cose che scrivo sono frutto della mia immaginazione. Sfrutto ciò che so di loro per fare una mia ricostruzione personale.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Dopo aver finito i lavori in studio, avemmo solo qualche giorno per riposarci perché già Peter e Andrew avevano organizzato i nostri nuovi spettacoli a partire dalla settimana successiva.
Ci sentivamo eccitati e felici all'idea di doverci esibire in nuovi concerti. Ma Syd ancora non accennava a dare segni positivi o, comunque, di vitalità.
Dopo quell'evento molto strano, accaduto negli studi di registrazione, era diventato più taciturno e disinteressato. Ci seguiva senza parlare molto e non dava segni di alcun tipo. Era diventato totalmente apatico.
I primi quattro spettacoli in cui ci esibimmo andarono molto bene, ma, sul palco, lui rimaneva sempre per le sue, a pizzicare le corde della chitarra con lo sguardo assente, incurante del pubblico e del suo dovere di frontman. Credevo ormai che avesse perso totalmente la concezione della realtà, che non sapesse più distinguere tra il vero e l'immaginazione.
Dopo ogni spettacolo, mi avvicinavo a lui per chiedergli come si sentisse o se era soddisfatto del risultato. Lui mi rispondeva con il solito sguardo apatico, oppure con monosillabi. Era come se fosse diventato un automa con lo sguardo perso nel vuoto.
Sul palco comunque, Dave era davvero eccezionale. Riusciva a fare tutto ciò che Syd non faceva e, insieme a Rick, riusciva a improvvisare in perfetta armonia quelle parti che Syd non accennava minimamente a suonare. Alla fine, oltre al suo comportamento assente, non ci diede problemi tanto gravi. Da questo punto di vista, sembrava essersi ripreso. Tutto filò liscio come l'olio. Anche se ormai, sembrava proprio inutile che Syd suonasse con noi. Ormai organizzavamo ogni cosa senza chiedere il suo parere, anche perché lui non sembrava interessarsi molto a quello che facevamo. Forse non sapeva nemmeno lui quello che stavamo facendo. Ci seguiva e basta, ma se ne stava per le sue, perso in chissà quale pensiero angoscioso.
 
Era il 26 gennaio, fuori pioveva molto forte e c'era un freddo glaciale. Ma dentro il pulmino, che ci avrebbe accompagnati per il nostro concerto a Richmond, si stava molto bene. Gli altri stavano mangiando dei panini nei loro sedili, guardando assorti le strade di Holland Park Avenue, ingrigite dal maltempo. Eravamo silenziosi. C'era qualcosa in quella pioggia che sembrava aver messo malinconia nei nostri animi, nonostante fossimo eccitati per l'imminente concerto.
Prima di superare il quartiere dove era nata tutta la nostra musica, si ruppe il silenzio con una frase che, più che una frase, mi era sembrata un proiettile.
-Non dobbiamo passare a prendere Syd?
Non riuscii a capire chi degli altri tre seduti dietro di me fece questa domanda, ma non seguì alcuna risposta. Rimanemmo tutti in silenzio.
Per fortuna mi ero seduto qualche sedile più avanti a loro. Solitamente, alle domande che riguardavano Syd, tutti si voltavano verso di me, come decidessi sempre io per lui. In effetti era vero: pensavo sempre io a lui, perché lo conoscevo meglio di tutti e sapevo come prenderlo. 
Un po'.
Ma non sopportavo il fatto che ogni problema che lo riguardasse dovesse essere addossato anche a me.
Rimasi in silenzio, anche se sentivo lo sguardo corrucciato di Rick che mi infilzava alle spalle. Non era solo un mio problema decidere se Syd fosse in condizione di suonare o meno. Era un problema di tutti. 
Forse tutti e tre avevano già preso quella decisione da tempo. Forse aspettavano solo un mio verdetto per confermare l'uscita di Syd dal gruppo. Forse ero rimasto l'unico a credere in lui e a provarle tutte per farlo rimanere con noi.
Ma mi ero arreso anche io. Non ce l'avevo fatta. E adesso soffocavo i miei sensi di colpa per quella scelta dietro quel silenzio che sigillava la decisione più difficile del nostro gruppo: cacciare via Syd. Il suo creatore: se non fosse stato per lui, i Pink Floyd non sarebbero mai nati e nessuno li avrebbe mai notati.
Ci sarebbe rimasto malissimo. Lui aveva ancora la scaletta dei concerti. Lo avrebbe capito che quel giorno saremmo andati senza di lui. Cosa avrebbe detto? 
Conoscendo il suo comportamento molto infantile, ero sicurissimo che sarebbe rimasto ferito, perché comunque, per lui, il gruppo era diventato davvero importante e la musica era la sua vita.
Il fatto è che lui era stato il primo ad abbandonare noi e la sua stessa musica. Non si sarebbe mai reso conto che, facendo in quel modo, non avrebbe portato a niente di buono. Ormai la sua presenza sul palco era diventata palesemente inutile. Io ero dispiaciuto e sapevo che se la sarebbe presa con noi lo stesso, perché non era in grado di fare un ragionamento così semplice, ma non potevo farci davvero nulla.
Superammo Holland Park Avenue. Nessuno parlò.
Continuammo per la nostra strada verso Richmond.
Senza Syd.
 
  
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