Fanfic su attori > Cast Lo Hobbit
Segui la storia  |       
Autore: FollediScrittura    22/04/2015    1 recensioni
MODIFICATO PRIMO CAPITOLO PER MANCANZA DIALOGHI.
Era un giorno d'estate in cui Leda lesse per la prima volta il contratto in cui il suo futuro marito la richiedeva.
Era il suo compleanno.
Erano passati 14 anni esatti dal momento in cui la morte aveva cambiato la sua vita.
Erano esattamente 14 anni in cui la promessa che si era fatta cominciò a vacillare.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Richard Armitage
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Sesto capitolo

 

 "Si può impazzire d'amore? Si può morire d'amore?

"Tanto, tanto amore, tanta tanta luce, tanto sole"

-G. Verga , Storia di una capinera-

 

 

 

'Leda, mia amata e piccola Leda.'

Voce triste.

Angosciata.

Quasi lontana.

'Un giorno, lo so che un giorno perdonerai questo misero e triste uomo che ti ha abbandonata'

Il suo cuore aveva perso un battito.

Si era poi quasi fermato.

E per un attimo, un semplice attimo, pensò che si fosse frantumato in mille pezzi.

'Un giorno, anche tu proverai quel tipo di amore che ti porterà a prendere delle decisioni a volte estreme.'

No, lei non lo avrebbe provato.

Non avrebbe mai permesso che quel dolore tornasse a riva.

'Leda, un giorno perdonerai questo tuo debole e sciocco padre che non è riuscito a sopravvivere alla morte della tua amata madre. Perdonami, Leda, perdonami.'

 

Leda si svegliò quella mattina con le lacrime che le bagnavano le guance bianche. Erano anni che non faceva più quel sogno. Erano anni che aveva cercato di dimenticare la scelta che aveva fatto suo padre.

Suicidarsi per amore.

Lasciarla sola perchè in quella vita non sentiva più di appartenere a nessuno.

Nemmeno a sua figlia.

Leda non aveva mai perdonato suo padre e nessuno sapeva la verità della sua morte.  Nessuno sapeva che lui era morto davanti ai suoi occhi, un’ora dopo aver visto bruciare il corpo di sua madre. Un’ora dopo convivendo con il dramma di aver salvato solo sua figlia e non la moglie.

Si era sparato.

Davanti ai suoi occhi. Mentre la casa era ancora in fiamme. Mentre la gente stava arrivando per salvarli.

Lui si era messo davanti alla porta principale e si era sparato. Mentre le fiamme avvolgevano il suo corpo, lui le aveva chiesto di perdonarlo.

Perdonare quel suo sciocco e triste padre che non aveva visto in lei abbastanza amore da poter sopravvivere senza sua moglie.

Leda non lo aveva perdonato e in quel preciso istante si era promessa di non amare nessuno. Perchè amare significava abbandonare qualcuno che credevi fosse importante.

E lei pensava di esserlo.

Pensava di essere abbastanza per i suoi genitori.

E invece non fu così.

Leda scansò malamente le coperte cercando di scacciare quei ricordi dalla sua testa. Perchè le era tornato in mente?

Si portò una mano sulle labbra pensando al pomeriggio di ieri quando Richard l'aveva aspettata fuori al cimitero e le aveva dato il bacio più bello e passionale che mai nella vita potesse immaginare.

Si scansò i lunghi capelli che le erano ricaduti sulla faccia mentre si trovava ancora seduta sul letto in un forte stato di agitazione.

Pensava a quel bacio.

Ma soprattutto pensava al sogno che aveva fatto.

Era come se suo padre fosse tornato da lei per dirle qualcosa.

Un qualcosa di spiacevole.

Le aveva ricordato che aveva rinunciato a lei per amore.

"No, non puoi permetterlo. Non puoi. L'amore ti ha uccisa una volta, non puoi permetterlo di nuovo. " si disse mentre cercava di tornare calma e respirare a pieni polmoni.

Si alzò e andò verso l'armadio per decidere quale vestito indossare per la colazione. Si accorse di tremare mentre apriva le ante dell'armadio.

Aveva paura.

Ma non sapeva bene da cosa scaturisse quella sensazione.

Se dal ricordo della rinuncia di suo padre a lei.

O della sua rinuncia verso Richard.

"Leda, devi avere la forza di rinunciare." e si aggrappò all'enorme mobile di legno pregiato per impedirsi di cadere. Sebbene fosse consapevole dell'effetto che aveva Richard su lei, dovette costringersi di portare avanti la sua battaglia.

Non doveva cedere, non doveva più soffrire per l'amore di nessun tipo.

Si poteva impazzire d'amore.

Si poteva morire d'amore.

E suo padre gliela aveva dimostrato.

No, non avrebbe mai permesso che Richard la uccidesse per amore come aveva fatto sua madre con suo padre.

 

 

                                                                                                                             ***                                                                          

 

Richard girava e rigirava tra le dita quella minuscola scatolina nera che conteneva l'eredità della sua famiglia.

L'anello che una volta apparteneva a sua madre e che le era stato donato a sua volta da sua nonna.

Quell'anello che aveva vissuto sul dito di tutte le donne della casata di sua madre. L'anello che doveva passare da madre a figlia e che si era conclusa con la sua nascita.

Sua madre, Eleonor, aveva avuto solo lui. Per tanti anni aveva provato di allargare la famiglia ma purtroppo la sua salute non glielo aveva permesso.

Un giorno, prima della sua morte, gli aveva donato quell'anello con la promessa che l'avrebbe dato a colei che avrebbe amato per il resto della sua vita.

Una ragazza da considerare a pari e se non più di sua madre. L’anello rappresentava quello. Era il simbolo di vero amore che si scambiavano le madri con le figlie. Eleonor gli aveva fatto promettere di trovare una donna che sarebbe stata in grado di provare quel tipo di amore. L’amore per la famiglia.

Richard lo aveva preso e nascosto nella sua stanza.

Non aveva mai trovato nessuno che potesse essere pari alla straordinaria donna che era stata sua madre.

Nessuno ne era l'altezza, non lo era stato nemmeno sua moglie.

Eppure, in quel momento, aveva tirato fuori l'anello dal suo nascondiglio e lo aveva portato alla luce. Come se in quel preciso istante avesse capito di aver trovato una casa.

Un posto a cui appartenere.

Lo scosse ancora tra le sue dita indeciso su cosa ne sarebbe stato di quel piccolo oggetto d’orato e con una rosa di cristallo purissimo incastonata in mezzo.

“Buongiorno” e Richard venne risvegliato dalla voce che aveva riscaldato il suo cuore dal primo momento che l’aveva sentita parlare.

Nascose veloce la scatolina nel taschino della giacca e con un cenno della testa avvertì i camerieri di servire la colazione mentre osservava Leda sedersi davanti a lui con una strana espressione sul viso. Si chiese se anche lei non fosse riuscita a prendere sonno per quel bacio che si erano scambiati poche ore prima. Se tutta la notte avesse avuto come unico pensiero di ripetere quel gesto, di stare abbracciati fino a quando il mondo glielo avrebbe concesso. Di essere solamente loro due, loro due e basta. Ma il viso della ragazza era una maschera bianca, si vedeva che era agitata, soprattutto da come aveva tremato il bicchiere di acqua che si era portata alla bocca.

“Vi sentite bene?” le chiese mentre la cameriere gli serviva la seconda tazza di caffè della sua giornata. Si portò la tazzina alle labbra mentre osservava gli occhi di Leda farsi sempre più spenti.

“Si, sto bene, signore.” E sentì lo stomaco rivoltarsi quando le posarono il piatto con ogni ben di Dio davanti al naso.

Voleva andare via, voleva avere un paio di ali per poter scappare. In quel momento desiderò di avere Robert accanto a se. Non sapeva perché, ma con lui si sentiva come una principessa protetta dal suo miglior cavaliere.

Con quei pensieri nella mente non si accorse che Richard si era alzato per sedersi poi accanto a lei. Sentì il mento sollevarsi dalle dita lunghe e affusolate dell’uomo e di nuovo il suo cuore la tradì. Quel cuore iniziò a battere come impazzito.

Maledetto cuore.

Traditore.

Egoista.

Perché non pensava a lei e a quanto aveva sofferto a causa sua?

Perché ancora desiderava quell’amore che lei cercava in tutti i modi di negargli?

Perché voleva a tutti costi soffrire?

“Non state bene, siete pallida e i vostri occhi mi dicono che avete pianto.” Soffiò quelle parole come se fosse un vento fresco e primaverile, in grado di sciogliere il ghiaccio nascosto dentro lei. Perché era così sorprendentemente dolce? Perché era così difficile portare avanti una convinzione che le sembrava importante fino a due giorni prima?

Perché mai aveva scelto lei?

“Vi ho detto che sto bene, non dovete preoccuparvi.” E così dicendo scansò malamente le mani dell’uomo dal suo viso e si alzò.

Doveva stargli lontana.

La sua vicinanza era più pericolosa di una pistola puntata alla tempia.

“Cosa significa?” gli disse lui non riuscendo a capire quella freddezza che gli riservava dopo quel profondo bacio che si erano scambiati. Credeva che qualcosa fosse cambiato dopo ieri e invece sembrava addirittura peggiorato.

Sentì i camerieri rientrati per portare le altre portate della colazione e con un solo semplice cenno del capo gli fece capire di uscire e di non disturbarli per nessun motivo al mondo.

“Leda, vi ho fatto una domanda e gradirei una risposta da voi.” E si alzò anche lui per raggiungere le esili spalle della ragazza posta davanti alla finestra.

“A che proposito?” disse in un sussurro sentendo già la presenza dell’uomo dietro di se.

“Mi state prendendo in giro?”

Ora Richard era confuso e cercò di trattenere l’irritazione che provava per non fare lo stesso errore di ieri.

“Signore, non è nella mia indole prendermi gioco di un uomo rispettabile. Scusate ma vorrei andare nella mia stanza.” e deglutì cercando di capire come farsi strada da lui e raggiungere la porta sana e salva. Ma come aveva immaginato lui la bloccò con il suo corpo appena si girò. Non la toccò, non la fermò nemmeno con una mano. La sua sola presenza la fece fermare e angosciata guardò i suoi occhi azzurro color degli abissi. E in quel momento pensò di sprofondare.

“Perché fate così? Perchè mai mi fate questo?” e strinse le mani a pugno che aveva dietro la schiena per trattenersi da prenderla e ricordarle il bacio che solo poche ore prima li aveva uniti.

“Pensate perché mi sia concessa al vostro bacio…mi conceda anche al matrimonio? Siete pazzo..”

In quel momento Leda trovò la forza di allontanarsi da lui e pregò con tutto il cuore che non la fermasse e che non la trattenesse con la forza delle sue mani.

E si sentì sollevata quando vide la porta farsi sempre più vicina fino a quando le parole dell’uomo non ebbero l’effetto di frenarla per poi guardarlo incredula.

“Siete forse una sgualdrina che vi concedete al primo uomo che vi mostra il proprio desiderio?”

“Come osate? Cosa ne sapete di me per dire queste parole? Solo perché vi rifiuto, non avete il diritto di offendermi in questo modo.”

“E cosa dovrei pensare, Leda?” chiese esasperato Richard appoggiandosi al tavolo e afferrando il mobile con le mani per mascherare la rabbia che stava salendo sempre di più fino alla sua testa. Cosa diavolo le era successo? Perché al posto della docile Leda…ora c’era una donna completamente diversa. Una persona che avrebbe preferito buttarsi dalla finestra che stare in sua compagnia.

“Mi dispiace che abbiate pensato che fossi favorevole al matrimonio ricambiando il vostro bacio.” E cominciò a stuzzicarsi le unghie non sapendo cosa altro aggiungere. Si era solamente lasciata andare a quel diavolo tentatore. Come poteva vincere con un uomo che incantava e incatenava il suo cuore solo con un semplice sguardo?

“Quindi dovrei pensare che vi piace baciare chicchessia, perdonate, Signorina. Spero che almeno vi sia piaciuto e sia stato all’altezza degli altri.” e in quel momento avrebbe voluto prendere a calci tutto e tutti nascondendo la gelosia di pensare a lei con un altro.

“Siete meschino, signore. Non ho mai baciato nessuno e non ho termini di paragone. Mi dispiace che pensiate che sia una persona così futile.” Sentì un groppo in gola e sperò che la lasciasse andare prima che si mettesse a piangere.

Ai suoi occhi stava uscendo come una sgualdrina.

Quella cosa la feriva ma se era l’unico modo per poter andare via, avrebbe accettato le sue parole.

“Sono meschino? E voi cosa siete, allora? Come dovrei sentirmi dopo tutto questo? Ieri ve ne siete andata come una furia, ho pensato di essere stato cattivo e di rimediare. E invece no, siete uscita con il mio avvocato, avete riso con lui. Avete, magari, passato del bel tempo insieme. Magari vi siete anche lasciata andare…” ma non finì la frase che Leda lo aveva raggiunto con uno schiaffo. Si portò la mano sulla parte ferita e strinse i denti nel vedere come il gli occhi di Leda si erano bagnati di lacrime.

Era un mostro.

Era la gelosia che lo faceva parlare.

“Robert non è lontanamente quel tipo di persona. Lui è stato gentile con me come non lo era mai stato nessuno. Potete offendere me ma non lui.” Rispose singhiozzando e in quel momento vide gli occhi di Richard farsi due fessure di rabbia e Leda per un attimo tremò pensando al peggio.

“Robert?” le disse solamente sentendo il tarlo della gelosia riaffiorare.

Leda lo chiamava ancora signore.

Mentre il suo avvocato era già stato premiato con il suo nome.

“Quanta intimità per una persona che conoscete appena…”

“E’ l’unica persona che mi ha mostrato della gentilezza…”

Si guardarono intensamente negli occhi.

In quelli di lui c’era frustrazione per quelle parole che Leda rivolgeva ad un altro uomo.

In quelle di lei c’era colpevolezza e consapevolezza di averlo ferito.

Nell’aria c’era la solita alchimia che li catturava e li rendeva schiavi l’uno verso l’altra.

C’era di nuovo quella passione che tutti e due riuscirono a mettere da parte per gli avvenimenti appena successi.

Richard si allontanò da lei portando una mano nella tasca e sentendo quella scatolina fredda a contatto.

Era fredda come il suo cuore in quel momento.

Aveva pensato davvero di donare quel tesoro a Leda?

Un anello che mai e poi nella vita le avrebbe visto al dito.

Stava davvero mettendo tutta la sua esistenza nelle mani di quella donna?

No, non lo avrebbe fatto.

Avrebbe portato avanti la sua missione senza pensare alle conseguenze.

Lo voleva lei, glielo stava imponendo.

E giurò a se stesso che lei gli avrebbe ceduto.

“Domani sera ci sarà un ballo dal Conte Gordon. Per le 8 dovrete essere pronta.” Non disse altro raggiungendo la porta.

“Non amo i balli ,signore.”

Di nuovo la parola signore.

Leda vide le spalle dell’uomo muoversi impercettibilmente, come se lo avesse accoltellato solo con quella semplice parola.

“Non dovete amarli, dovete solo eseguire il mio ordine. Se non sarete pronta per quell’ora vi verrò a prendere fino in camera e vi porterò di peso fino al ballo. Anche in camicia da notte, non mi importa del vostro abbigliamento. Sono stato chiaro?”

Nelle sua parole non c’era un briciolo di gentilezza Leda notò che non era un invito ma un semplice e drastico ordine.

“Ci sarò.” Gli disse per poi vederlo scomparire da lei.

Si sedette appena lui se ne andò, come se tutta la forza che aveva avuto fino ad un momento fa, l’avesse lasciata andare.

Aveva appena messo un piede verso la libertà.

E aveva appena perso un frammento del suo cuore appena lui gli aveva voltato le spalle.

 

                                                                                                                               ***         

 

Richard richiuse l’anello nel cassetto dove era stato nascosto fino adesso. Come aveva potuto pensare di lasciarsi andare con lei?

Sbattè il cassetto arrabbiato dandosi dell’idiota. Stava per mandare in frantumi il lavoro di così tanti mesi per un semplice bacio.

“Non permetterò che mi distruggiate.” E si tolse la giacca per poi buttarla sul letto. Raggiunse la finestra accendendosi un sigaro e per un attimo sbarrò gli occhi.

Davanti al suo davanzale c’era un piccolo nastrino azzurro cielo. Allungò la mano per poi toccare incredulo quel piccolo pezzo di stoffa.

Era forse impazzito?

Come ci era finito lì?

L’azzurro.

“E’ IL COLORE DEI TUOI OCCHI, AMORE. E FINO A QUANDO VEDRAI QUESTO NASTRO, SAPRAI CHE TI APPARTENGO.”

Richard si lasciò andare a terra accompagnando nella caduta quel pensiero che tanto prepotentemente gli era tornato nella mente.

Il suo colore preferito.

Il colore della sua appartenenza.

Il colore che dava inizio a quella tragedia di cui lo stesso era l’artefice.

 

 

 

Angolo autrice:

Ebbene, diciamo che da questo capitolo in poi si inizieranno a capire un po’ di cosine in più.

Cosa ne pensate della povera Leda?

Condividete con lei il motivo per cui non vuole amare nessuno?

E che ne pensate di Richard?

Sapranno amarsi o si odieranno fino ad uccidersi?

Chissà xD

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio con tutto il cuore chi mi segue e che mette la storia tra i preferiti.

Un bacio e a presto ^^

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Lo Hobbit / Vai alla pagina dell'autore: FollediScrittura