Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: KazeToHi    27/12/2008    5 recensioni
Siamo Emiko92 e Aryuna, in una ficci insieme!
"Il futuro non si cambia".
Kagome, una wicca (veggente), dopo aver avuto una visione di uno sconosciuto che la riguardava cerca in ogni modo di evitarlo. Eppure, si ritrova ad incontrarlo ovunque si volti!
Finchè un giorno...
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The last time






Capitolo 4 – Non dirmi “Io te l’avevo detto”




 

 

 

La testa… la testa le pulsava come se dovesse esplodere da un momento all’altro. Sentiva delle voci confuse, ma non riusciva a distinguere le parole, né a ricordare dove fosse o il perché di quel mal di testa. Era persa dentro al suo corpo, non riusciva a riconoscere gli occhi, o la mano… cercò di muovere le dita, e sentì un formicolio percorrerla. Le voci divennero più forti, come a volerle entrare nella testa brutalmente, strappandola da quel fastidioso torpore. Sembravano sorprese, se aveva sentito bene stavano esultando perché aveva mosso la mano. , almeno adesso sapeva di essere riuscita a muoverla. Forse sarebbe anche riuscita ad aprire gli occhi. Fece un tentativo, ma subito li richiuse, infastidita. La vista era appannata, e c’era una forte luce accecante.

“Signorina non si preoccupi, sta arrivando l’ambulanza”, disse una voce, tramutata dalle sue orecchie in un fastidioso ronzio di sottofondo. Ambulanza? Cercò di ripercorrere gli ultimi avvenimenti, ma la sua mente rifiutava di collaborare con lei. Nonostante questo, ben presto la sirena fece braccia nel suo torpore, costringendola ad affrontare gli avvenimenti, e soprattutto quella fastidiosissima luce. Aprì gli occhi lentamente, cercando inutilmente di abituarsi al bagliore. Un uomo e una donna la fissavano preoccupati dal finestrino abbassato. Ci mise diversi secondi a rendersi conto che era in macchina. Poi, ci mise molto meno a capire cosa era successo.

Sango”, urlò, ma dalla sua bocca uscì solo un debole mormorio, e il suo collo si rifiutava di girarsi. Sembrava fissato al sedile con un chiodo, tale era il dolore che le faceva assieme alla testa.

Richiuse gli occhi, sospirando faticosamente. Le stava tornando un po’ di memoria, e perse il senso temporale. Sentì che la tiravano fuori, mettendola su una barella, le fecero delle domande, ma non riusciva a rispondere con lucidità a nulla.

Sperava solo di arrivare in fretta in ospedale.


 

La prima cosa che sentì di quel posto era un fortissimo odore di medicina. La raggiunse prima ancora dei rumori nel corridoio, prima ancora di accorgersi che non poteva muovere il collo. E che la schiena le faceva un male tremendo. Aveva la bocca secca, e il braccio le formicolava in modo fastidioso. Strizzò gli occhi, per assicurarsi di essere sveglia, e poi si concentrò ad aprirli lentamente. Il luogo era illuminato da fastidiose lampade al neon, i muri bianchi peggioravano solo la situazione per le sue iridi abituate al buio. Nonostante tutto, era abbastanza lucida. Ora. Perché se cercava di ricordare il prima, tutto ciò che le tornava alla mente era un rumore metallico e uno strano stridore. Dato che il formicolio al braccio non finiva, concentrò lo sguardo lì, con fatica, perché il collo non si muoveva, come se fosse bloccato. Impallidì alla vista del suo braccio con quella cosa addosso.

“Ah”, mormorò spaventata, cercando di calmarsi.

Sango!”. La ragazza concentrò lo sguardo su una sedia lì vicino. Kagome la fissava con sguardo sollevato, ora che si era accorta che era sveglia.

“Toglimi questa cosa!”, strillò la ragazza agitandosi. Pessima idea, tutto il suo corpo reagì con fitte terribili, obbligandola al silenzio e all’immobilità. Kagome sorrise, fissando la flebo sul braccio dell’amica. Sapere che stava bene, o almeno meglio di prima, la rasserenava. Soprattutto se pensava che era lei la causa dell’incidente. Se solo non si fosse distratta.

“Potresti dire qualcosa tipo: ‘Oh Kagome, stai bene anche tu! Cos’è successo sorellina adorata?’”.

“Sì, nei tuoi sogni, ora staccami questo… questo… coso!”, ringhiò Sango, cercando di non agitarsi nuovamente. Kagome ridacchiò di nuovo, divertita da questo lato pauroso della sorellastra.

“Si chiama ago, Sango”. La ragazza rabbrividì. “E comunque non te lo tolgo, quella flebo contiene non so quale medicina che allevia il dolore”.

“Oh sì, sono certa che non-so-quale-medicina sia vitale per la mia guarigione!”, si lamentò l’altra borbottando. Kagome si fece seria.

“Hai una frattura alle vertebre cervicali. Per il contraccolpo”, spiegò, fissando il collare che impediva il movimento del collo di Sango. La ragazza inarcò un sopracciglio, uno dei pochi gesti che non la indolenziva.

Kagome, cosa è successo? E tu stai bene?”, chiese subito, dato che la sua mente non era proprio decisa a ripercorrere eventi futuri. O forse era svenuta prima. L’altra fece uno sguardo colpevole, e cominciò nervosamente a incrociare le dita tra di loro.

Ecco… siamo finite nella corsia opposta senza accorgercene, e… , abbiamo preso una macchina. Chiunque sia, ora è in prognosi riservata. Sembra che non avesse la cintura”. Sango sospirò, colpevole a sua volta. Aveva distratto Kagome con discorsi che la preoccupavano.

“Papà?”, chiese dopo un lungo silenzio, entrambe riflettevano sugli accaduti, “E non mi hai ancora detto come stai tu”.

, io ho solo sbattuto la testa, nulla di grave. E papà… , l’ho chiamato, ma non poteva venire qui. Sembra che manderà Kohaku e qualcun’altro”, spiegò Kagome facendo spallucce, come per dimostrare che sì, non si era fatta nulla. Sango arricciò il naso, riflettendo sull’eventuale qualcuno. “Senti Kagome… ma tu cosa pensi di…”.

“LO SAPEVO CHE DOVEVA DORMIRE DA NOI”. Le ragazze sobbalzarono, mentre una tempesta vivente attraversò il corridoio, con tanto di spostamento d’aria. Fissarono allibite e confuse la porta, mentre una serie di infermiere si affrettava a inseguire la suddetta tempesta per limitare i danni a cose o pazienti.

K-Kagome, vai un po’ a controllare”, disse Sango preoccupata, e probabilmente con un piano per togliersi il coso – alias l’ago – dal braccio con qualche complesso stratagemma. La ragazza annuì, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la porta lentamente. Il dottore le aveva detto di evitare movimenti bruschi, e questo la scocciava parecchio. Era fastidioso muoversi alla velocità di un bradipo malaticcio. Molto. Comunque, al momento il corridoio sembrava controllato da due infermieri robusti, quindi non doveva essere in pericolo di vita nell’avventurarsi nel famigerato ospedale. Sorrise al pensiero, come poteva una sola persona aver causato quel cataclisma? Dalla voce, oltretutto, le era sembrata una donna.

“Signorina, la smetta di urlare!”.

“NO, LASCIATEMI!”. Kagome vide in fondo al corridoio una massa di cinque infermiere che cercavano di trattenere una ragazza. Accanto, un ragazzo alto e moro attendeva afflitto il termine della ‘rissa ospedaliera’.

“La prego, si calmi!”, insistette una delle povere infermiere, “il suo amico è in prognosi riservata, solo ai familiari è permesso di…”.

“Al diavolo i familiari!”, urlò la ragazza, i lunghi capelli rossi spettinati e scomposti, con diverse ciocche che aderivano al volto sudato. A vederla doveva aver fatto una bella corsa. Anche il ragazzo era parecchio sudato, e Kagome notò una lunga coda da lupo che spuntava dai jeans. C’era da aspettarselo: demoni. Chi altro poteva fare un simile baccano? La ragazza rossa continuava a strillare, attirando l’attenzione di tutti i pazienti che, in cerca di avventure durante la malattia, si avventuravano oltre la porta della loro stanza. “Se conosceste suo fratello direste che sono molto meglio io, maledetti!”.

Kagome avrebbe capito solo dopo da cosa nacque l’impulso che la spinse ad avanzare verso la ragazza rossa. Non c’era un motivo preciso, sentiva di doverla calmare, in qualche modo. Come se lo stesse decidendo qualcun altro.

Ehm… mi scusi, infermiera. Cosa…?”, cominciò timidamente, e subito si sentì fuori luogo. Cosa poteva fare lei, se cinque infermiere non servivano a nulla? Forse poteva consigliare l’uso di un po’ di morfina…

“Ah, sei la ragazza dell’incidente!”, esclamò l’infermiera. Kagome annuì, e attese il seguito, per avere una spiegazione. L’infermiera, però, distolse lo sguardo, fissando nuovamente la rossa. In quell’istante Kagome si rese conto del silenzio innaturale che era sceso nel corridoio. Due occhi smeraldo la stavano fissando.

“Ragazza dell’incidente?”, domandò la youkai con voce strozzata. L’infermiera annuì.

Peggio, precisò.

“Sì, era alla guida del veicolo che ha scontrato quello del vostro amico”. Kagome dovette ammettere di non aver mai visto uno sguardo tanto carico d’odio. Già, neppure quando aveva accidentalmente rotto uno dei ventagli di Kagura. Mai.

“TU!”, urlò improvvisamente, facendo sobbalzare tutti, “IO TI AMMAZZO!”. Per la prima volta, il ragazzo la prese per un braccio, tirandola e sé, e la strinse con forza.

Ayame, calmati”, le sussurrò all’orecchio, “calmati ti prego”. La ragazza si divincolò, ma riuscì a liberare un braccio, che usò debitamente per additare insistentemente Kagome mentre sbraitava.

“Si può sapere cosa fai mentre guidi? Leggi il giornale per caso? Come diavolo hai fatto a finire nell’altra corsia, IDIOTA! Se lui… se lui…”. Si morse un labbro, e per un attimo si immobilizzò. Kagome alzò un braccio, afflitta, per cercare di consolarla, ma subito l’altra si riprese, facendola sobbalzare. “PIRATA DELLA STRADA! Se credi di passarla liscia ti sbagli, ti perseguiterò in eterno, e ti causerò ogni singola frattura che tu hai causato al mio amico!”.

Ayame calmati, lui guarisce in fretta, non è la stessa cosa”, cercò di trattare il ragazzo, e in quel momento Kagome cominciò a prendere sul serio le minacce.

“Zitto, o fratturo anche te!”, minacciò la ragazza, ma effettivamente cominciò ad urlare di meno, anche se le minacce continuavano a scendere come una cascata sulla non proprio povera Kagome. Le infermiere tirarono un sospiro di sollievo.

Ayame!”, disse una voce dal fondo del corridoio, che aggiunse in tono da rimprovero, “te lo avevo detto che stava qui, solo lei poteva causare tutto quel baccano”.

Rin”, mormorò il ragazzo, fissando lo sguardo su lei e sul demone che la accompagnava, “come ha fatto a trascinarsi dietro Sesshomaru?”.

“Ottimo, ci servirà”, sentenziò Ayame con tono minaccioso, e affilando gli occhi.

Koga, cosa avete saputo?”, chiese la nuova arrivata preoccupata al ragazzo.

“Nulla, non ci dicono nulla, dato che non siamo familiari”, rispose acida Ayame al suo posto, fissando in modo accusatorio le infermiere. Rin tirò a sé Sesshomaru, mentre Koga sospirava, liberando la rossa. Kagome arretrò d’istinto.

“Lui è un parente”, disse Rin indicandolo, Sesshomaru rispose con un ‘Mmm’ infastidito, “e loro sono amici”.

“Se promettono di stare in silenzio, forse posso farvi passare tutti”, disse un medico uscendo da un stanza alludendo a Koga e Ayame.

“Certo, saremo buoni”, disse l’altra con volto angelico. Nulla di più falso. Solo in quel momento, Rin si accorse di Kagome.

“Oh, vieni anche tu?”, domandò dolcemente. Ayame la fulminò immediatamente. “Certo che viene! Deve scusarsi con Inuyasha!”.

I-I-INUYASHA?

“Ehm, in realtà mia sorella dovrebbe…”.

“Tu verrai”, sibilò Ayame, prendendola per la maglietta. E così, la trascinarono con loro. Kagome arrossì inevitabilmente. Quella stupida, stupidissima visione! E quello stupidissimo destino!

Sesshomaru, mi dici che ci fai qui?”, domandò Koga perplesso. Sesshomaru non si sarebbe mosso di un millimetro nemmeno per andare al funerale del fratello.

“Per riconoscere il corpo all’obitorio”, rispose lui, ghiacciando tutti i presenti, meno l’innocente Rin. “Oh, ma che domande, l’ho convinto io a portarmi con la macchina”, disse lei sorridente, come se il fidanzato avesse appena invitato tutti i presenti a cena fuori.

Ogni dubbio di Kagome, ormai era chiarito.

Stava in mezzo ad una gabbia di matti.

Ora il punto era: come fuggire? Il corridoio era dritto e senza vie di fuga, ed era circondata. Venne spinta fino ad una porta bianca, prontamente aperta dal medico, ed entrarono nella stanza che faceva da anticamera alla sala operatoria. Aveva un vetro con tendine, dal quale si scorgeva l’interno. Ayame strinse convulsamente il braccio di Koga, terrorizzata, mentre il medico elencava la serie di operazioni che avevano svolto sul ragazzo. Kagome sentì un terribile groppo allo stomaco. Le veniva da vomitare, e sentiva un pressante senso di colpa. Ma non era normale. Sentiva il bisogno di aggiustare le cose. E le era difficile trattenersi, anche se non poteva effettivamente fare nulla.

“Dovete ringraziare che il vostro amico è un hanyou”, terminò il primario, stringendo la maniglia della sala operatoria, “un essere umano sarebbe morto. La cintura è importantissima in questi casi, tenerla slacciata è stato imperdonabile”. Ayame annuì debolmente, fissando il vetro. Anche Kagome concentrò lo sguardo su quel punto, vedendo il lettino al centro della stanza, circondato da numerosi macchinari. Il bisogno che sentiva aumentò, e si morse un labbro per trattenere quello strano istinto. Cosa le stava succedendo?

“Possono entrare solo i familiari”, precisò il medico, facendo passare Rin e Sesshomaru ed entrando, chiudendo la porta dietro di sé. Gli altri tre rimasero a fissare il letto attraverso il vetro.

Inuyasha era lì, immobile. Aveva la flebo al braccio, il collare e il tubo endotracheale. Ayame scoppiò a piangere, e Koga la strinse a sé, cercando di consolarla. Inuyasha era il loro migliore amico. Vederlo ridotto così… non potevano descrivere neppure un decimo di quello che provavano. Ed era vivo per un pelo. Kagome cominciò a sentirsi male. Sentiva di dover vomitare da un momento all’altro, e lo stomaco le sembrava quasi contrarsi.

Io…”, balbettò, stringendosi il ventre, “torno quando si sarà svegliato”. Corse via senza attendere risposta, e Ayame non la fermò, non stavolta. Non ne aveva la forza, e le era sembrata pallida. In fondo, anche lei era stata coinvolta nell’incidente.

Kagome!”, strillò Kohaku, abbracciandola non appena la ragazza rientrò nella camera, “sorellona, stai bene!”. Kagome riprese colore immediatamente, e sentì il malessere scivolare via. Sembrava che la vicinanza di Inuyasha le facesse male. Alzò lo sguardo, trovando nella stanza anche Miroku, che la salutò con un gesto rapido.

Miroku?!

“E tu cosa ci fai qui?”, domandò Kagome confusa. Kohaku sospirò rassegnato, con l’aria di uno che la sa lunga sulla situazione.

“Papà non voleva mandarmi da solo, e nessun altro poteva. I ragazzi dovevano badare agli strumenti e agli animali, Kagura lo ha fulminato prima di dileguarsi, e intanto lui”, sottolineò indicando Miroku, “saltellava da una parte all’altra dicendo ‘Scegli me, scegli me!’. Oh, sorella”, aggiunse rivolto a Sango, “il viaggio in macchina è stato tremendo, ammiccava a tutte le ragazze che vedeva lungo la strada!”. Kagome e Sango si scambiarono un’occhiata più che eloquente, per poi osservare Miroku con sguardo truce e severo. Il ragazzo, che casualmente si sentì colpevole, schizzò in corridoio con Kohaku, dicendo che doveva chiamare per informare la famiglia.

Kagome si lasciò cadere su una sedia, distrutta.

? Che è successo in corridoio?”, domandò Sango con innocenza. Kagome si pietrificò, sbiancando. “Nulla”. L’altra la fissò poco convinta. Era sicura di stare bene? La sorella le sembrava pallida, e terribilmente preoccupata.

Kagome, non mentire”, disse Sango, con lo stesso tono di un monito. L’altra scosse la testa, dicendo che non mentiva affatto, e anzi, rimproverò l’altra perché si era tolta la flebo senza il permesso delle infermiere. Sango alzò gli occhi al cielo, ignorandola ampiamente.

“Insomma Kagome, smettila di ignorare l’argomento e dimmi chi abbiamo preso!”, sbraitò Sango, sempre immobilizzata dal collare. Era così fastidioso. Non poteva muoversi come voleva, tantomeno risultare minacciosa come avrebbe voluto. “Ho saputo che è un’hanyou, per nostra fortuna, o eravamo accusate di omicidio”. Kagome sbiancò ancora, per quanto fosse possibile ancora farlo, e questo fece insospettire Sango. Vediamo, la sorella che sbianca per la parola omicidio? No, era impallidita un po’ prima… Sango spalancò gli occhi, incredula.

“Oh. Mio. Dio!”, esclamò a bocca aperta. Kagome la fulminò immediatamente. “Non è come pensi, Sango!”, sbraitò, ma ormai l’altra era già totalmente indignata.

Kagome! Io t…”.

“Non dire ‘Io te l’avevo detto’!”, urlò la sorella scattando in piedi, “c-che ti credi?! Che io abbia agito senza pensare? Cioè, mettiti nei miei panni! Io… tu cosa avresti fatto davanti ad una visione del genere?”. Sango sospirò, mentre osservava l’altra andare avanti e indietro per la piccola stanza, mordendosi le mani. Capiva benissimo che la situazione era problematica. E, soprattutto, aveva paura per Kagome. Aveva o no violato una regola? L’unica regola? Miroku tornò nella stanza, annunciando felicemente che era tutto a posto, e che il dottore aveva detto che Kagome poteva tornare a casa, a patto che tornasse a farsi visitare il giorno successivo. La ragazza sospirò, fissando la sorella.

“Non preoccuparti per me”, disse subito l’altra sorridente, “tornerete a trovarmi domani”. Kagome annuì, e si diresse verso la porta con Miroku e Kohaku.

“Ah, Kagome”. “Sì?”. “Un’ultima cosa”, fece dolcemente Sango, “prima che tu te ne vada”. Kagome si voltò, fissandola perplessa. Sango sorrise, facendole poi la linguaccia.

“Io te l’avevo detto!”.











 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ok, non ho tempo per i ringraziamenti purtroppo, quindi ringrazio tutti coloro che hanno commentato lo scorso capitolo nonostante il nostro mostruoso ritardo ^^’

Ringraziamenti:

-Roro

-Toru85

-Demetra85

- Bchan

-Mikamey


 

Ringrazio anche tutti coloro che ci hanno messo tra i preferiti! *___*


 

E adesso a te, Emi-chan! ^^

 

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: KazeToHi