Cap
10
Si
riempì il calice, osservando la figura nuda
rannicchiata sotto le coperte del grande talamo di Lord Hewitt. Con
l’unica
protezione della cappa adagiata sulle spalle, osservava il mare e
lasciava che
il vento trasportasse fino alle narici l’odore della
salsedine e gli
accarezzasse il corpo pallido e nudo.
La
porta si aprì con un lieve scricchiolio,
mostrando un Victarion piuttosto provato dagli eventi della giornata
che lo
fissava con un sopracciglio inarcato e l’espressione
decisamente seccata.
-
Mi hai fatto chiamare, no? –
Annuì,
buttando giù il vino tutto d’un fiato.
-
Ho un compito per te – iniziò, rovistando alla
ricerca della sua boccetta di Ombra della Sera, - Dovrai arrivare a
Meereen,
dove dicono si trovi Daenerys Targaryen e condurla da me. Con la madre
dei
draghi al nostro fianco, conquistare Westeros sarà un gioco
da ragazzi. –
-
Vuoi che vada fino a Meereen? Siamo nel bel
mezzo di una guerra e tu perdi tempo dietro a queste sciocche voci sui
draghi?
– esclamò, incredulo.
Tipico
del suo ottuso fratellino.
- I
draghi ci faranno vincere; potrai domarli
suonando il corno che ho portato all’Acclamazione di Re.
Balon ti ha affidato
incarichi importanti facendo affidamento sulla tua lealtà;
hai intenzione di
servirmi allo stesso modo, fratello? –
Victarion
sbuffò un’ultima volta, ma annuì
silenziosamente.
-
Partirai domani mattina – lo congedò, salvo
poi richiamarlo poco prima che si chiudesse la porta alle spalle, - E,
fratello, sentiti pure libero di portare con te il comandante Nymeros e
gli
uomini della Compagnia che ritenete necessari. –
Se
non altro si sarebbe sbarazzato in un colpo
solo di due spine nel fianco. Che Erin protestasse e pestasse i piedi
quanto
voleva, le cose non sarebbero andate in modo diverso, non
finchè il Re era lui.
Rimasto
solo, svegliò la ragazza bastarda con
uno scrollone. Davanti al suo sguardo cupido, le intimò di
recuperare i suoi
abiti e sparire dalla sua vista. Non aveva alcuna intenzione di
prenderla come
moglie di sale né, a maggior ragione, di dividere il letto
con lei per il resto
della notte.
Prese
ancora un paio di gocce di Ombra della
Sera, cominciando a sentirne
gli effetti
nel momento stesso in cui il sapore amarognolo ebbe abbandonato la sua
bocca.
Quanta ne aveva presa quel giorno?
Non
lo ricordava con precisione, ma la boccetta
mezza vuota diceva che aveva raggiunto la massima dose che il suo corpo
potesse
sopportare. Da quando quella ragazzina aveva cominciato a esasperarlo,
due
giorni prima, il suo umore si era definitivamente stabilizzato sul
pessimo. Forse,
se si fosse deciso a ucciderla, tutte le sue preoccupazioni sarebbero
sparite
nel nulla. Oppure, cosa molto più probabile, gli incubi
sarebbero peggiorati e
avrebbe finito con il cadere in mare e annegare per la troppa mancanza
di
riposo.
Scoppiò
a ridere amaramente.
Sarebbe
stata proprio una gran bella fine per un
uomo che aspirava ad avere il mondo ai suoi piedi.
-
Si può sapere perché hai deciso di mandarli a
caccia di draghi?!? –
L’esclamazione
indignata di Erin lo raggiunse
nel momento stesso in cui la porta veniva spalancata e la braavosiana
si
riversava nella stanza come una piccola furia.
-
Perché ho deciso di mandarci Victarion o
perché ho deciso di mandare Nymeros e i suoi uomini? - ribattè,
sornione.
L’Ombra
della Sera aveva fatto il suo effetto e
si sentiva innaturalmente calmo e molto poco predisposto alla collera.
-
Entrambi. Anche ammesso che li trovino, pensi
davvero che non finiranno semplicemente carbonizzati? –
-
Lo escludo. Il corno li domerà. –
- E
se non accadesse? – insistè.
Scrollò
le spalle, recuperando un altro calice,
- Allora suppongo che moriranno carbonizzati. Vino? –
Erin
spazzò via calici e brocca dal tavolo con
un colpo secco, rabbioso, e il rumore dell’argenteria che
rotolava sul freddo
pavimento in muratura riecheggiò nella stanza per una
manciata di secondi.
-
Che spreco, era un’ottima annata –
borbottò,
lanciandole uno di quegli sguardi severi che un padre avrebbe rivolto a
una
figlia disubbidiente.
-
Sai quando dicono che hai un cuore nero? Beh,
si sbagliano, il nero é troppo colorato per te. –
Rise
piano, divertito.
A
chiunque altro avrebbe fatto tagliare la
lingua già da tempo, ma per qualche strana ragione tutta
quella rabbia e
quell’aggressiva impulsività lo divertivano.
Erin
sembrò registrare solo in quel momento
l’aspetto del suo interlocutore. La vide sbiancare per poi avvampare con una tale
violenza da creare
l’illusione che il suo bel volto stesse prendendo fuoco.
-
E, per tutti gli Dei, mettiti qualcosa
addosso! –
Distolse
lo sguardo ostentatamente, coprendo gli
occhi con una mano come avrebbe fatto una bambina pudica.
Strinse
la cappa con una cinta, tenendola chiusa
quanto bastava a celare i suoi attributi.
-
Va’ meglio così, bambina? –
Erin
tolse le dita una alla volta, lentamente,
quasi si aspettasse di trovarlo ancora completamente nudo.
-
Un po’, anche se potresti semplicemente
infilarti un paio di pantaloni – borbottò.
- E
perché
dovrei? Sei tu quella che ha problemi con la nudità, non
é un mio problema. –
-
Per
pura cortesia e perché da un Re ci si aspetterebbe una
conoscenza delle buone
maniere che … ah, ma che te lo dico a fare. –
Le
labbra
si stirarono in un pigro ghigno divertito. – Le buone maniere
sono
sopravvalutate. –
Mosse
un
passo verso di lei, barcollando. Guardò le sue gambe,
stupito. Possibile che il
suo fisico fosse più provato di quanto avesse immaginato?
Tentò nuovamente, ma
la stanza cominciò a girare intorno a lui.
Afferrò
il bordo dello scranno in mogano, battendo rapidamente le palpebre per
cercare
di mettere a fuoco i contorni degli oggetti attorno a lui.
Registrò vagamente i
contorni sfocati del volto di Erin mentre lo guardava con un misto di
preoccupazione
e stupore negli occhioni da cerbiatta.
-
Sei
sicuro di reggerti in piedi? –
-
Certo
che mi reggo in piedi. –
Insomma,
per chi l’aveva preso? Era ubriaco e stordito
dall’Ombra della sera, ma non era
un moccioso in preda alla prima sbronza.
Lasciò
la
presa e si mosse lentamente verso il grande talamo nuziale del Lord. O
almeno
quella era la sua intenzione perché incespicò
lievemente e il contatto di una
pelle profumata e delicata gli annunciò che era solo merito
della braavosiana
se era rimasto in piedi.
-
Certo
che mi reggo in piedi – gli fece il verso, passando un
braccio intorno alla
cappa e sorreggendolo fino a che non si fu accomodato sul morbido
materasso. –
Si può sapere quanta Ombra della Sera hai bevuto? –
Era
divertente vederla tenere le mani sui fianchi e fulminarlo con sguardi
d’esasperato
rimprovero. Di solito i bronci non gli piacevano, gli ricordavano le
espressioni delle bambine capricciose, ma quando si trovava davanti il
suo non
riusciva a fare a meno di provare il desiderio di mordere quelle labbra
fino a
farle sanguinare.
L’immagine
fu così vivida che dovette serrare gli occhi per impedirsi
di metterla in
pratica.
-
Perché non
sorridi un po’? Sei sempre arrabbiata –
replicò per tutta risposta.
Fallo
oppure neanche la catalessi da Ombra della Sera potrà
impedirmi di farti mia, bambina.
-
Io non
sono sempre arrabbiata. Sei tu che trovi sempre un modo per farmi
perdere la
pazienza; sei esasperante, Occhio di Corvo. –
- E
poi
sarei io quello che non conosce le buone maniere. –
Erin
sorrise lievemente, scuotendo la testa.
-
Cos’é
quello, un sorriso? Incredibile, sei persino bella quando lo fai.
–
-
Perché di
solito non lo sono? – lo provocò, inarcando un
sopracciglio.
Non
farlo, ragazzina, non giocare con me.
Prese
tempo, sforzandosi d’ignorare quegli occhi azzurri che lo
fissavano in attesa
di una risposta. Non c’era la malizia che avrebbe usato una
puttana qualunque,
ma un lieve barlume di sincero interesse. Sembrava che conoscere la
risposta le
interessasse davvero per qualche suo strano fine.
Allungò
una mano verso di lei, accarezzandole il volto con una gentilezza che
non
riconobbe come sua.
-
Hai
bisogno che ti dica l’ovvio? –
-
Dipende
da cosa intendi con “ovvio”. –
-
Sei
bella e desiderabile. Tremendamente desiderabile – concluse,
mentre la mano
abbandonava il volto per scendere lungo il collo da cigno e
l’osso lievemente
esposto della clavicola.
La
vide
trattenere il respiro.
Avvicinò
il volto al suo, inspirando l’odore di vaniglia che
irradiavano le sue onde
castane e pregustando il momento in cui le loro labbra si sarebbero
incontrate.
Erin
si
tirò indietro all’ultimo momento e le labbra
dell’uomo si infransero su una
delle sue guance alabastrine.
-
Non
bacio uomini ubriachi su letti che hanno appena diviso con altre donne.
–
Si
lasciò
ricadere sul materasso, passandosi una mano tra le ciocche corvine
scompigliate, ed emise un gemito di frustrazione.
-
Sei la
donna più impossibile che conosca. –
Erin
affondò le dita tra le ciocche ribelli, sorridendo, in una
lenta e dolce
tortura che lo spinse a chiudere gli occhi e a rilassarsi sotto i suoi
tocchi.
Mormorava
una dolce melodia condita dal lieve accento di Braavos che ne
impreziosiva le
parole e che lo cullò così come la voce di sua
madre aveva fatto trent’anni
prima, quando si svegliava per colpa degli incubi.
C’é
un audace marinaio che attendo dentro al cuore.
Non
conosco il suo nome, ma ho bisogno del suo amore.
Oh
fanciulle innamorate venite tutte qua, l’allegro marinaio
un giorno arriverà.
Solo
lui può consolare questo cuore spezzato a metà,
il
mio audace marinaio prima o poi arriverà.
Spazio
autrice:
Eccoci
con l’aggiornamento, mie/miei
care/i. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che vogliate farmi
sapere che
ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt