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Autore: EleEmerald    22/04/2015    1 recensioni
 Dal decimo capitolo:
"Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico."
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Quando Matthew Williams, un tranquillo ragazzo di diciassette anni, incontra Elizabeth, di certo non si aspetta che quella ragazza lo porterà incontro a tanto dolore. Ma, dopo averla ritrovata in un bosco ricoperta di sangue, non rimanere implicato nelle sue faccende è quasi impossibile. Le prove che dovrà affrontare si riveleranno più complicate di come sembrano e, inesorabilmente, si ritroverà a perdere molto di più che la sua semplice normalità. Implicato tra leggende e antiche maledizioni, vivrà, oltre ai momenti più brutti, anche quelli più belli della sua vita.
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10: Il Grand Canyon

La mattina dopo la sveglia suonò alle 7.30. Alzarsi fu una fatica perché la gravità ci spingeva tra le coperte. Fu solo il violento bussare alla porta di Iris a farmi alzare.
Le aprii passandomi una mano sul volto. - Che ci fai qui? - chiesi.
Iris mi guardò dalla testa ai piedi. - Sei in pigiama.
- Non dormo con i jeans.
- Sei ancora in pigiama - si corresse. - Alle otto si parte con il pullman per il Grand Canyon!
Mi voltai a guardare Thomas che era ancora a letto e si copriva con la coperta. Iris percorse tutta la stanza a grandi falcate e scoprì Thomas.
- Ti odio - disse semplicemente lui.


 

Il pullman saltellava sulla strada che divideva Flagstaff dal Grand Canyon. Thomas, che sedeva quattro posti lontano da me per il nostro ritardo, aveva un cornetto in bocca e la camicia abbottonata male e di fretta.
Iris era seduta vicino a me, separata solo dal corridoio. Mi guardai intorno in cerca di Elizabeth, senza però vederla.
- Elizabeth è davanti a Thomas - disse Iris sorridendo.
Si zittì e tenne d'occhio il professore per un po', infine la vidi alzarsi e camminare in fretta fino a lui. L'insegnante di lettere la guardò preoccupato, si girò verso qualcuno e lo fece alzare. Una testa bionda chiese ad Iris se stava bene e poi si diresse verso il retro del bus, mentre la rossa prendeva il suo posto.
Elizabeth si sedette di fianco a me.
- Mi dispiace che Iris abbia la nausea. - Era dispiaciuta.
Stavo per dirle che la mia amica non aveva la nausea ma poi capii: Iris aveva detto al professore che stava male per sedersi al posto di Elizabeth e fare in modo che lei venisse da me. Ma come avevo fatto a trovare un'amica così fantastica?
- Oh si - dissi. - Ma vedrai che quando arriviamo le passa.
Mi resi conto di non aver pensato alla magia da quando eravamo partiti. Avevo passato la settimana precedente alla gita a pensarci, a cercare di capire cosa stava succedendo, a diventare pazzo, e poi era tutto scomparso dalla mia testa fino a quel momento.
Il ragazzo seduto di fianco a me chiese ad Elizabeth se voleva stare al suo posto, così avremmo potuto parlare meglio. Lei lo ringraziò e accettò di buon grado.
Si alzò dal posto e sfilò davanti alle mie gambe, fino a farsi cadere vicino al finestrino.
Le nostre mani si incontrarono e lei scostò subito la sua, non permetendo neanche alla mia pelle di sentirne il contatto.
Mi guardai intorno e, assicuratomi che nessuno ci ascoltasse, le dissi: - Ci ho pensato Elizabeth, ho bisogno di parlare con te di quello che è successo.
Lei mi squadrò, non capendo o forse facendo finta di non farlo.
- Vorrei parlare del cane che mi ha attaccato.
- Matthew non posso farlo - mormorò lei agitandosi.
- Perché?
- Mia madre... - Iniziò a martoriarsi le mani.
- Sai che puoi fidarti di me - la incitai.
Non disse nulla e continuò a stringere una mano intorno all'altra.
- Elizabeth cosa sai della magia?
Silenzio, solo il rumore dei ragazzi intorno a noi, e quello delle mani della ragazza che fregavano tra loro.
Gliene presi una e la tenni stretta. - Smettila, ti farai del male.
Lei sospirò.
- Ti racconterò tutto - disse infine.
Io mi sistemai sul sedile del pullman per ascoltare tutta la storia, rivolgendole uno sguardo attento.
- Un momento Matthew. Non così in fretta.
Sbuffai come un bambino piccolo che si arrabbia con la mamma perché non vuole raccontargli subito la storia della buona notte.
- Oggi te ne racconterò un pezzo e, se mi darai prova di aver capito, ti racconterò il resto.
- Ehi! Non è corretto.
- Nulla è corretto - rispose malinconica.
- E cosa devo fare per mostrare di aver capito? - chiesi.
- Oh niente. Lo capirò io.
- È ancora più scorretto.
- Io non direi - disse ridendo. - Se ti va bene, la legge è questa.
Sospirai. - Racconta.
- Per cominciare, ti racconterò una leggenda. Comincia dal gennaio del 1404. - Il suo sguardo si perse nel finestrino mentre parlava. - In quel periodo in Francia e in Inghilterra infuriava la guerra dei cent'anni. In questo clima che William Lane e Jaqueline Reigner si innamorarono. I genitori di William si erano trasferiti in Francia da qualche tempo, consapevoli di rischiare molto. Ai due ragazzi non importava della rivalità dei loro paesi, non gli importava nulla di ciò che stava accedendo. Si sposarono e diedero alla luce una bellissima bambina di nome Beth. Le cose per i due non andarono bene, perché morirono entrambi di febbre non appena la piccola compì dieci anni. Mano a mano che il tempo passava, Beth divenne molto povera e fu costretta a diventare la serva di molti uomini ricchi. Si prese cura di un medico e apprese da lui i segreti delle erbe e, quando compì diciotto anni, venne assunta come domestica da Clémant Guibeux. Costui era un uomo ricchissimo con il doppio dei suoi anni, che non ci mise molto ad incominciare a corteggiarla. Beth era inesperta e cadde tra le sue braccia troppo facilmente. Non appena si accorse di essere rimasta incinta, andò a parlare a Clément per informalo. Lui però aveva lasciato la casa e si era trasferito per tutta l'estate in un luogo più fresco. Dopo che nessuna delle altre serve le volle dire dove si trovava questa casa, per gelosia, pensò lei, decise che avrebbe aspettato il suo ritorno. I mesi trascorsero e la gravidanza avanzò. Clémant tornò nella sua casa ad ottobre, quando Beth era incinta dell'ottavo mese. Lei lo informò di quello che era accaduto e l'uomo, che era già a conoscenza della gravidanza, le disse che il motivo per cui era andato via per tutta la primavera e l'estate, era proprio quello. Sperava infatti che Beth si scoraggiasse e andasse via. - Sospirò. - Ma la donna era troppo innamorata di lui, delle parole dolci che le aveva riservato e di tutte le promesse che le aveva fatto, per andare via. Clémant chiamò una levatrice per far abortire Beth, la quale però riuscì a fuggire in tempo. Non riuscendo ad uccidere la creatura che aveva generato, l'uomo decise di uccidere la donna che aveva illuso e sfruttato. La accusò di stregoneria e di averlo indotto ad amarla con un filtro d'amore; il tribunale riuscì a prenderla e a dedicarle un processo. Tutto era a sfavore di Beth, che creava medicine con le erbe e portava in grembo il figlio di un uomo che non era suo marito, in più era la figlia di un inglese ed era povera, motivazioni non sufficienti oggi, ma molto per l'epoca. Il tribunale decise che Beth sarebbe morta sul rogo la settimana seguente. Il giorno prima la donna cominciò il travaglio e riuscì a partorire una splendida bambina chiamata Suzanne. Beth fu portata al rogo, ma prima che il fuoco venisse acceso, urlò una maledizione. "Io vi maledico" disse. "Maledico tutti gli uomini di questo mondo. Tutti gli uomini che si metteranno sulla strada di mia figlia e delle sue nipoti. Quando ingannereto loro, come avete ingannato me, esse vi uccideranno. Sarà l'ultima azione sbagliata che compirete perché le mie figlie vi perseguiteranno, vi inganneranno e saranno la vostra rovina. E poi vedremo, come ci si sente a stare dall'altra parte del manico." -
Elizabeth chiuse gli occhi poi si girò a guardarmi.
- Conosco questa leggenda - le dissi. - Me l'ha raccontata una volta Thomas, ma lui non sapeva le parole di Beth a memoria.
- È da più di un secolo che la mia famiglia se la tramanda - spiegò. - Mi dispiace che tu la conosca, perché per oggi non avrai altro - disse poi ridendo.
- Cosa? Così poco? - esclamai.
Lei annuì.
- E Suzanne? Cosa ne è stato di lei?
- Lo saprai la prossima volta.
Il pullman passò vicino ad alcuni alberi.
- È questo il motivo per cui odio essere chiamata Beth. Non condivido le scelte di quella donna - mormorò.
Ci fu un grosso sobbalzo e una frenata che fece cadere tutti in avanti. Eravamo arrivati al Grand Canyon National Park. I professori ci fecero scendere e riunire in un gruppo.
Iris si avvicinò a me e mi fece l'occhiolino, mentre Thomas aveva ancora la camicia abbottonata male. La rossa si avvicinò a lui e sbuffò, allacciandogli la camicia. Trattenni un risata per la scena e poi fui pervarso da un'immensa tristezza: non sarebbero più capitati momenti del genere tra qualche mese.
La mia vita stava andando a meraviglia prima dell'inizio dell'anno nuovo. Iris e Thomas avevano progettato di frequentare la mia stessa università, ci eravamo iscritti senza farlo sapere a nessuno e, quando avevamo scoperto di aver mandato la domanda di ammissione alla stessa scuola ne eravamo stati felicissimi. Anche con mio padre non stava andando poi così male.
Ora invece non ero nemmeno sicuro che sarebbe stato possibile vedere ancora Iris, lei che era l'unica persona alla quale potevo parlare di cose private senza paura di un giudizio, perché la pensava sempre come me. E mio padre avrebbe avuto un altro figlio di cui occuparsi per ricordarsi anche solo che io esistessi, non che mi importasse. Perché era dovuto succedere?
Mi voltai a guardare i miei amici e mi avvicinai a loro. Thomas era così spensierato, non avrebbe avuto nulla che potesse disturbarlo finché Iris non gli avesse raccontato ogni cosa.
Presi la ragazza per un braccio e la allontanai da Thomas con un falso sorriso, in tutta risposta ottenni un sopracciglio alzato che chiedeva spiegazioni.
- È il momento giusto per dirlo a Thomas - le consigliai.
- Come lo sai? - chese lei agitata.
- Cosa?
- Cosa?
- Del trasferimento - spiegai.
- Oh! - esclamò. - Non adesso! Non voglio una scenata davanti a tutti.
Si allontanò sistemandosi i capelli.
Una guida di nome Stacy si avvicinò a noi e ci chiese cosa sapevamo del Grand Canyon. Nessuno sapeva niente. Stacy si illuminò e decise che sarebbe stato ancora più divertente. Era una delle poche guide fiere del loro lavoro, sembrava il professore di lettere. Con un grosso sorriso si diresse verso le prime roccie.
Il Grand Canyon era fantastico, ogni singola roccia era bellissima. Guardai tutto trattenendo il fiato e la pausa pranzo non tardò ad arrivare.
Ci fermammo vicino ad una piccola cascata e Stacy ci permise di sederci sulle rocce.
Scartai il panino che mi ero preparato quella mattina e mi passò subito la fame.
- Scusa. Devo averlo schiacciato quando mi sono seduta vicino a te - disse Elizabeth sedendosi sulla roccia vicina.
Le dissi che non importava e addentai il mio panino al prosciutto che, nonostante la forma, non era affatto male.
La cascata produceva un rumore rilassante.
- Il cognome di Beth è Lane.
- Non è un caso - disse Elizabeth.
- Era una leggenda per spaventare la tua famiglia.
- Esatto.
- Ma perché vi chiamate ancora Lane? Sono trascorsi più di seicento anni.
- Già. È buffo, ma è un caso.
Non lo era. Nella mia testa quella che mi aveva raccontato non era affatto una leggenda, nonostante lei non volesse dirmelo Anche se forse mi sbagliavo.
- Di cosa parlate? - chiese Iris avvicinandosi e fissando il mio panino.
- Nulla - dicemmo all'unisono io ed Elizabeth per poi scoppiare a ridere.
Vidi Hannah avvicinarsi, abbracciò Elizabeth da dietro e poi si sedette vicino a lei.
Si coprì la bocca e sussurrò qualcosa all'amica, la quale sgranò gli occhi. La bionda si alzò dal masso e trascinò via Hannah.
Iris mi chiese cosa avevano da nascondere quelle due.
- Hai parlato con Thomas?
- Non ho visto Thomas da quando Clare... - Che era la sua compagna di corso di francese - ...si è avvicinata a me.
In realtà non avevo pensato ai miei amici per tutta la mattina, preso com'ero dal Grand Canyon.
- Credevo foste dietro di me - dissi.
Lei annuì. - Io ero dietro di te. Thomas non lo so.
Decisi di andare a cercarlo. Mi feci strada tra una ventina di ragazzi buttati per terra, seduti sulle roccie o sui propri zaini. Girando intorno alla cascata riuscii a trovare Thomas, che era seduto vicino ad essa, mangiando il suo panino al salame, che io avevo preparato per lui.
- Dov'eri finito? - esclamò. - Ho fatto una cazzata.
Mi lasciai cadere vicino a lui e mi passai una mano tra i capelli.
- Hannah - cominciò.
- Sapevo che c'era di mezzo lei.
- Mi ha baciato e io non ho fatto niente per allontanarla - spiegò.
- Be' è carina. Perché dovresti aver fatto una cazzata? - chiesi confuso.
- Perché io non sono innamorato di lei. Non sono il genere di persona che bacia le ragazze come passatempo, non voglio ferire nessuno.
Rimasi zitto per un po' poi dissi: - Questo ti fa onore, Thomas.
Era naturale che la pensasse così, c'erano state tante delusioni d'amore in famiglia, che non poteva neanche pensare a baciare le ragazze per sport come faceva Charles. Forse era anche per questo che quei due si odiavano.
Stacy si avvicinò a noi e ci mise una mano sulle spalle, esortandoci a ritirare tutto per tornare alla nostra escursione.
Alzandomi, tesi la mano a Thomas e lui l'afferrò, accettando il mio aiuto per alzarsi.
Ci avvicinammo al gruppo di ragazzi che si era già riunito e ne riconobbi all'interno Elizabeth e Hannah. L'amica della cugina di Thomas si accorse della nostra presenza e venne verso di noi, sorridente. Si avvicinò al mio amico e gli diede un bacio sulla guancia.
- Hannah... - cominciò lui.
Elizabeth gli lanciò uno sguardo ammonitore che voleva significare: "Non ferirla, sei migliore di così".
- ...ho bisogno di parlarti - terminò.
- Questa sera - disse Hannah non capendo di ciò che si trattava, non si accorse neanche dello sguardo di Elizabeth e del tono di voce di Thomas.


 

Anche il pomeriggio passò in fretta e fu presto sera. Il sole calò lentamente e fu uno spettacolo magnifico. Eravamo tutti sopra una roccia, a guardarlo, riempendo i nostri sguardi di meraviglia. Era tutto arancione intorno a noi. Il tramonto più bello che avevo mai visto.
Iniziò a diventare buio e ci avviammo verso il pullman per tornare in hotel, avevamo camminato così tanto da essere stanchissimi.
- Mangiate e poi venite con me - disse Stacy quando arrivammo dove l'autobus ci aveva lasciati.
Ci voltammo tutti sgranando gli occhi, non era sicuro girare per il Grand Canyon di notte.
- Non abbiamo il cibo - si fece coraggio di dire qualcuno.
Stacy aprì il suo zaino e ci distribuì altri panini. - Ragazzi, sbrigatevi. Devo mostrarvi qualcosa di ancora più incredibile del tramonto.
Stanchi, ci lasciammo cadere per terra. Sbuffai, avrei voluto sedermi sul mio letto.
Improvvisamente mi riscosse il forte rumore di uno schiaffo.
Mi voltai verso di esso e mi accorsi che era stato indirizzato a Thomas.
- Scusa - disse il ragazzo.
Hannah corse via.
Mi precipitai da Thomas, accorgendomi che tutti lo fissavano.
- Cosa cavolo è successo? - chiesi.
Iris si avvicinò a noi, chiedendo spiegazioni.
- Iris non è successo niente.
- Voglio sapere perché Hannah ti ha tirato uno schiaffo. - Strinse i denti.
- Non è importante.
- Se non vuoi dirmelo tu, lo chiederò a lei. - Si girò e iniziò a camminare verso Hannah, che era stata raggiunta da Elizabeth.
Thomas imprecò.
Mi sembrò strano che non volesse dire a Iris il motivo della reazione di Hannah, ma non gli diedi tanto peso.
- Ha reagito male -dissi.
- Malissimo. Le ho detto che non avrei voluto rispondere al bacio, ma era impossibile non farlo. Ha cercato di tirarmi uno schiaffo, ma le ho detto di aspettare e di sentire prima tutto quello che avevo da dirle. Le ho spiegato perché non sono innamorato di lei e mi ha fatto alcune domande, ho mentito e Hannah se n'è accorta. Così...
- Ti ha schiaffeggiato.
- Ha fatto bene. Anche se mi sembra di essere un pungball degli ultimi tempi. - Rise.
Iris tornò dopo pochi minuti e si mise a ridere a sua volta. - Devo dire che Hannah ha tutto il mio appoggio.
Il mio amico si voltò di scatto, non accortosi prima della presenza di Iris. - Ti ha detto...?
- Cosa? Che l'hai illusa e l'hai trattata male?
- Io non l'ho illusa! Le ho parlato chiaro. E prima non le dimostravo interesse! - esclamò. - Comunque non era a questo che mi riferivo.
- Mi ha parlato solo di quanto tu sia stronzo. - Ci pensò un po' su. - Ha ragione.
Il professore di lettere interruppe la nostra conversazione per chiedere a Thomas cosa era successo e se doveva fare qualcosa. Lo rassicurammo dicendo che andava tutto bene.
Stacy ci chiamò.
Presi Iris e Thomas per le spalle e li portai verso la guida, che ci fece sdraiare su alcune coperte.
Guardai il cielo sopra di me, che era costellato di stelle. Da piccolo, a circa cinque anni, credevo che di notte venisse posta una coperta nera sul cielo e che le stelle fossero dei buchi che si erano formati con il tempo, da cui usciva la luce del sole che era stato nascosto. In quel momento, sapevo che le stelle non erano affatto buchi nel cielo e che nessuna coperta era così grande da coprire l'interna superficie terrestre, ma se fosse esistita avrei voluto che non fosse mai tolta, perché il cielo era bellissimo. Sentii un brivido di freddo quando qualcuno si stese vicino a me, ma ero troppo affascinato a guardare la stella polare che non mi voltai a vedere chi era.
- Quando ho scoperto che la seconda stella a destra non esisteva ci sono rimasta malissimo - disse la voce di Elizabeth vicino a me indicando la stella polare.
Mi voltai a guardarla negli occhi e lei fece lo stesso. I suoi capelli erano un groviglio, adagiati sulla coperta e i suoi occhi brillavano al buio.
- Avevo 10 anni - disse.
Trattenni un sorriso.
- Non sono una stupida - disse. - Ma desideravo così tanto che Peter Pan venisse a rapirmi, che non mi sono mai fermata a pensare che quella stella fosse stata inventata.
- Tutti volevamo andare nell'Isola Che Non C'è - la rassicurai.
- È diverso, Matthew. Io avevo un'ossessione verso quell'isola. Tutti i miei problemi sarebbero svaniti restando per sempre bambina. Odiavo Wendy e la odio ancora. Il motivo è che non è rimasta con Peter anche se avrebbe potuto. Non mi interessa del senso della sua scelta e tutte le baggianate che raccontano sul crescere. - Sospirò. - Ancora oggi mi trovo a desiderare che Peter venga a prendermi. Sono disposta anche a crescere, ma voglio andare via di qui.
Un ciuffo di capelli le cadde sugli occhi, così alzai una mano e lo scostai. Lei sorrise.
"Sarò il tuo Peter Pan" disse una vocina dentro di me senza controllarsi. Arrossi, non era opportuno ripere quella frase ad alta voce.
In silenzio, tornammo a guardare le stelle finché Stacy ci annunciò che dovevamo andare in albergo.



Angolino dell'autrice: Innanzi tutto vorrei scusarmi per il leggero ritardo, ho avuto molto da fare e non riuscivo mai a trovare un minuto per scrivere. Seconda cosa: in questo capitolo ci sono tantissimi dialoghi, quindi mi scuso di nuovo, però erano davvero fondamentali. Bene, ciao a tutti! Come vi è sembrata questa escursione al Grand Canyon? Thomas e Hannah? Secondo voi perchè lui non è interessato a lei? Fatemi sapere cosa ne pensate nelle... *rullo di tamburi* ...RECENSIONI! A presto!
  
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