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Autore: Mary P_Stark    25/04/2015    2 recensioni
Anno 2034. Cameron e Domenic Van Berger, rampolli della famiglia omonima e giovani di brillante talento, si ritrovano loro malgrado nel mezzo di un intrigo internazionale. Sarà Cameron a farne le spese in prima persona, e Domenic tenterà di tirarlo fuori dai guai, utilizzando tutte le sue conoscenze tecniche... e non. Un segreto che, ormai da anni, cammina con lui, si rivelerà determinante per la salvezza del fratello. E della donna che ama. Antiche amicizie si riveleranno solo meri inganni, e questo porterà Domenic e Cameron a confrontarsi con una realtà che non avrebbero mai voluto affrontare. Chi è veramente il nemico, di chi possono fidarsi, i due gemelli? - SEGUITO DI "HONEY" E "RENNY" (riferimenti nelle storie precitate)
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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IX. Search.
 
 
 
 
In tutta onestà, Phie  non se la sentì di utilizzare la levitazione magnetica, durante quella cavolo di nevicata mastodontica.

Meglio usare le buone, vecchie, care ruote, con pneumatici termici maledettamente efficaci.

Dovevano percorrere quasi centrotrenta chilometri sotto quella che, a tutti gli effetti, sembrava un’autentica tormenta di neve in stile film apocalittico.

Pur con tutta la tecnologia di questo mondo, quando nevicava, nevicava.

Ci potevi fare ben poco, specialmente su quelle stradine di campagna, sprovviste delle serpentine per il surriscaldamento del piano stradale.

Arrivare a Sagamihara, come da accordi con Minami, non era stato un problema.

Aveva comportato solo un esagerato spreco di energie, visto che Bryce e Sophie si erano dovuti sobbarcare una trentina di chilometri a piedi.

Phie era arrivata praticamente stremata, ma non aveva aperto bocca un solo istante, per lamentarsi.

Anche in quel momento, gli occhi puntati sulla strada e sui fiocchi di neve, che cadevano copiosi dal cielo plumbeo, sembrava instancabile.

La ragazza aveva lasciato che Bryce si occupasse dell’aspetto tecnico della missione, ma aveva sottolineato quanto fosse pronta a entrare in azione.

Non voleva essere solo una pedina nelle mani del Caso, una spettatrice silente del destino.

Sbandando leggermente nel risalire un breve passo collinare, Phie sbadigliò sonoramente e disse: «In questo momento mi berrei un caffè… no, anzi, una caraffa di caffè. Nello zaino che ci hanno fornito, c’è qualcosa del genere?»

Curiosando con una mano mentre, con l’altra, inseriva freneticamente gli ultimi dati geostazionari inviatigli da Domenic, Bryce ridacchiò nel ribattere: «Compresse di caffè, in effetti. In quantità industriale. Ti sono bastate poche ore, per farti conoscere dalla cucina dell’ambasciata?»

«Ah-ah» ghignò sarcastica la ragazza, allungando una mano verso il giovane investigatore perché gliene desse un paio, da tenere sotto la lingua.

Lui gliele diede tre, dopo averne messe in bocca un paio a sua volta.

Aggrottando la fronte pochi attimi dopo, mormorò: «Al prossimo svincolo, svolta a sinistra. Dobbiamo spostarci a sud. Hanno imboccato una serie di piccole stradine di campagna, e sono diretti a Miyazawa.»

Phie si limitò ad annuire ma, quando si rese conto che il messaggio appena letto da Bryce era cifrato, gracchiò: «Come cavolo hai fatto a leggere tutte queste cose, da quell’ammasso di numeri e lettere, scusa?»

Il giovane ridacchiò e, nello scollegarsi, le rispose con tono quieto, come se stessero parlando dell’ultima partita di football vista in TV.

«Ho semplicemente imparato a farlo, Phie. Me l’hanno insegnato all’università, tutto qui.»

«Non mi sembra che a Yale insegnino crittografia» brontolò la ragazza, guidando con tutta l’attenzione possibile.

Sarebbe bastato un attimo, per finire fuori strada, e quello sarebbe stato davvero il colmo.

«Sì, se fai parte di una confraternita particolare come quella in cui ero io» ridacchiò Bryce, facendo spallucce.

«Non ho parole! Già non mi bastava Dom, con i suoi segreti governativi, che mai mi sarei immaginata esistessero. Ora ti ci metti pure tu!»

Phie gli lanciò una rapida, significativa occhiata, e Bryce scrollò semplicemente le spalle.

Che poteva dire? Gli era venuto spontaneo come, forse, era venuto spontaneo a Domenic, immischiarsi negli affari dell’Intelligence.

Tornando serio, il giovane asserì torvo: «Viviamo in un mondo troppo interessato alla privacy e ai segreti altrui, perché non nascano come funghi società segrete, una crittografia sempre più complessa, e uomini deputati a scoprire i segreti celati dietro questi codici.»

Phie si limitò ad annuire, comprendendo solo in parte ciò che l’amico le stava spiegando.

Al momento, lei sapeva solamente che Dom non le sembrava più lo stesso, e che tutto il mondo che aveva fin lì conosciuto, era maledettamente meno sicuro del previsto.

 
§§§

Nascondere la jeep nel bel mezzo di un boschetto, non fu difficile.

Più complesso, fu uscirne.

Le fronde, più robuste di quanto Cam non avesse in un primo momento immaginato, si incunearono contro le portiere, rendendo un inferno la discesa dal mezzo.

Alla fine, comunque, riuscirono a trascinarsi fuori da quell’intricato groviglio di piante e neve.

Dopo essersi arrampicati su uno scivoloso muro di cinta, entrarono nel cortile della scuola elementare di Miyazawa, ben decisi a trovare un riparo per la notte.

Lì, forzarono la porta della palestra e, dopo essersi tolti le scarpe piene di fango e nevischio, si  rifugiarono nel vicino locale caldaie.

Grazie alla guida spericolata di Cam, erano riusciti a liberarsi degli inseguitori imprevisti con sorprendente facilità.

Per complicare loro le cose, inoltre, si era intrufolato in una serie di vecchie stradine di campagna quasi inutilizzate e ricoperte di neve fresca.

Avevano rischiato non meno di cinque volte di cappottarsi, ma il pericolo era valso allo scopo.

Il vento, inoltre, aveva cancellato le loro tracce, mordendo il suolo nevoso appena schiacciato dagli pneumatici.

Ora, bagnati e infreddoliti, si tolsero gli abiti per sistemarli sui tubi dell’acqua calda e, infagottati in pesanti panni – trovati nel locale infermeria – si sedettero su una serie di materassi blu.

In quel momento, all’esterno, la tormenta non accennava a calmarsi.

Se fosse perdurata con quel ritmo, il giorno seguente sarebbe stato impossibile liberare l’auto dalle fronde.

A ogni modo, non potevano fare nulla, in quel momento.

«Tutto bene? Ho visto che hai sbattuto un ginocchio, durante una delle mie manovre spericolate» le domandò Cam, sorridendole a mezzo.

Yuki appariva scarmigliata e pericolosamente pallida, ma sembrava ancora in grado di uccidere una persona a mani nude.
I suoi occhi erano lucidi e letali.

Cameron era sicuro che non avrebbe esitato un attimo, se i loro inseguitori si fossero presentati lì all’improvviso.

«Un livido, in effetti, ma niente di preoccupante. Dove hai imparato a guidare così?»

Ridacchiando, Cam scrollò le spalle e disse: «Mio cugino Aaron è un asso del volante, nel tempo libero, anche se ufficialmente è un ingegnere aerospaziale. E’ stato lui che mi ha insegnato a driftare. Naturalmente, mentre sua moglie Sylvia non guardava.»

Yuki sorrise maggiormente nel notare il ghigno dell’amico.

«Una pratica ormai in disuso, visto che quasi tutte le auto sono dotate di levitazione magnetica e non hanno più le ruote. Non ti sembra uno spreco utilizzare gli pneumatici, quando non ce n’è assoluto bisogno?»

«Se non fossi stato capace di guidare alla vecchia maniera, col cavolo che li avremmo seminati tra le campagne, dove la levitazione magnetica non c’è» ironizzò Cam, ammiccando.

«In effetti, è vero» ammise la ragazza, rattrappendosi nella sua coperta.

«Ehi, Yuki-necchan… cosa succede?»

Lei si morse il labbro inferiore, sospirò e ammise: «Continuo a non accettare il fatto che tutto questo … disagio sia causato dalla mia famiglia, che io e te siamo in pericolo per causa loro. E tutto per denaro!»

«Motivazioni simili hanno mosso il mondo fin dalla notte dei tempi, Yuki-necchan» le sorrise per contro il giovane, pacato. «Così come sono sempre esistiti i traditori. Il fatto che io o te non lo accettiamo, non lo rende meno reale.»

«Cameron-kun…» mormorò Yuki, fissandolo spiacente.

Il giovane le sorrise, scrutò curioso la piccola cicatrice sul polso dell’amica – di cui ora conosceva l’origine – e le domandò: «Puoi dirmi qualcos’altro, su quello che sta combinando mio fratello?»

«Alcune cose sono catalogate top secret, e non le conosco neppure io ma, come lui, io faccio parte di una sorta di gruppo esterno alla CIA. Puoi vederci come dei consulenti. Non siamo agenti in senso stretto. Ci limitiamo, per così dire, ad agire nella rete per risalire alla radice dei problemi che, di volta in volta, ci vengono posti innanzi. So però che, almeno in tre occasioni, Domenic-kun è uscito in missione in prima persona. Non so per andare dove, comunque.»

Cameron annuì, e Yuki proseguì nella spiegazione.

«Ci forniscono un addestramento di base per i casi di estrema necessità, ma non abbiamo nessuna arma in dotazione. Le nostre armi, sono i computer. Spesso e volentieri, entriamo in rotta di collisione con i nostri supervisori – loro, sì che sono veri agenti – perché il nostro modo di vedere le cose è un po’ differente, ma Domenic-kun fa sempre da paciere tra noi e loro.»

«Questo gli è sempre venuto bene» ridacchiò Cameron, cercando di immaginarsi il fratello, invischiato con gli affari del Governo.

La cosa era di per sé assurda eppure, a quanto pareva, maledettamente reale.

Yuki sorrise a quel commento e, nel rigirarsi le dita dalle unghie cortissime, mormorò: «Ricordo una volta in cui, per poco, non venni alle mani con uno dei supervisori. Ero stata affiliata da poco meno di un mese. Domenic-kun si mise in mezzo tra me e il supervisore, spinse via me e, senza neppure dare il minimo sentore di quello che voleva fare, scaricò un pugno in faccia all’agente.»

Cam strabuzzò gli occhi, confuso.

Suo… fratello che levava le mani contro qualcuno? Quella che era una novità.

«Doveva averlo fatto proprio arrabbiare. Di solito, Dom non è così diretto. Ama parlare, non menar le mani.»

Yuki non rispose, si limitò a sorridere imbarazzata e Cameron, dubbioso, si chiese cosa gli stesse nascondendo.
«Si beccò un richiamo formale, comunque, ma io mi liberai di quel supervisore e, da quel momento, ho sempre lavorato stabilmente con lo stesso supervisore per cui lavora Domenic-kun

Passandosi una mano tra i capelli umidi, chiaramente sorpreso da quella marea di novità, Cameron esalò: «Dio! Non mi sembra neppure di stare parlando della stessa persona.»

«Oh, credimi, Domenic-kun è sempre la stessa persona che conosci tu. Ha solo qualche angolo buio in più, oltre a qualche lato più luminoso degli altri.»

Lo disse sorridendo, e batté una mano sul braccio dell’amico per rafforzare il suo dire.

«Non poteva parlartene, per gli ovvi motivi che tu adesso sai ma ora, il suo impegno per conto di un’organizzazione federale come la CIA, non potrà che esserci d’aiuto.»

«Vorrei solo sapere se, il fatto di non dirmi nulla, lo abbia fatto sentire solo» precisò Cameron, preoccupato. «Dom è sempre stato un ragazzo chiuso… ecco, voglio solo sperare che abbia trovato qualcuno, all’interno del vostro ‘gruppo’, con cui abbia potuto parlare.»

«Oh, Cameron-kun…»

«Non puoi pretendere che io non mi preoccupi per lui. E’ mio fratello» le sorrise Cam, come se rispondere fosse inutile.

«Vorrei solo che, tra me e miei fratelli, vi fosse la stessa unione.»

 
§§§

«Com’è possibile che li abbiate persi?!» sbottò Nobu, facendo tanto d’occhi.

«Mi dispiace, Nobu-san, ma hanno imboccato delle stradine di campagna e, con questa bufera, ci è stato impossibile rintracciarli. Non appena calerà il vento, e il segnale satellitare sarà ripristinato, riprenderemo a pattugliare la zona.»

«E loro saranno chissà dove. Forse, già in un’ambasciata americana, lontano dal nostro lungo braccio!» sbottò Nobu.

Non sopportava che, a fallire, fosse proprio l’uomo che amava. Era intollerabile.

Byron reclinò il capo, sistemò meglio il cappuccio sui capelli corti e preferì non pensare allo sguardo accigliato dell’amante.

«Avranno sicuramente bisogno di un posto in cui fermarsi per la notte, e l’unico paese nelle vicinanze è Miyazawa. Lo scandaglieremo palmo a palmo per tutta la notte, finché non li avremo trovati, o finché non tornerà il segnale a dirci dove si trovano. Non penso proprio che si siano spinti ulteriormente a sud, perché lì ci sono solo campagna aperta e aree contaminate dalle radiazioni. Con il freddo che scenderà tra poche ore, morirebbero assiderati, se non si fermassero. No, sono a Miyazawa. Sicuramente.»

Nobu sospirò, annuì e infine disse: «Tienimi aggiornato. E sta attento. Yuki-chan è riuscita a uccidere tre dei nostri, e devo ancora capire come. Non mi fido di lei… come non mi fido del tizio che ci ha detto come rintracciarla. Ma, al momento, è basilare riportarli entrambi qui. Non mi interessa come.»

A quel punto, Byron ghignò.

«Non mi spaventa una piccola ragazzina capricciosa.»

«Accontentami. Stai attento.»

«Lo farò» assentì allora l’inglese, chiudendo la comunicazione prima di sbraitare i suoi ordini in un giapponese secco e deciso.

Uno dopo l’altro, gli uomini di Nobu risalirono in auto, ben decisi a battere ogni centimetro del villaggio collinare, che distava una trentina di chilometri da dove si trovavano loro.

Dopo aver infilato il cellulare nella tasca della giacca, Nobu uscì dall’ufficio per raggiungere quello del padre, dove si trovavano anche i suoi fratelli.

La scomparsa di Yuki era ormai balzata anche agli occhi dei suoi fratelli minori, Kaneda e Shunsuke, che stavano trepidando in attesa di notizie.

Se solo avessero saputo…

Quei due sciocchi non avevano la ben che minima idea di quel che stava succedendo, e lui si sarebbe guardato bene dal dire loro qualcosa.

Anche a costo di azzittire suo padre che, a giudicare dal suo sguardo combattuto e preoccupato, pareva sul punto di crollare.
Non gliel’avrebbe permesso.

Asclepio sarebbe finito nelle loro mani e, dopo aver avuto in mano quella potenziale bomba a orologeria, avrebbero pensato a tutto il resto.

 
§§§

Domenic si svegliò di soprassalto dopo un leggero sonnellino e, nell’osservare vagamente confuso la sua camera da letto, si chiese come vi fosse finito.

Ricordava di essere rimasto quasi tutto il tempo nel suo laboratorio e…

Il volto color cioccolato di Phillip si fece strada nel suo campo visivo e Dom, sbadigliando, mormorò: «Ehi, zio… sei stato tu a portarmi qui?»

«Hannah era preoccupata, e Nick era impegnato in ditta con alcuni clienti, così…» scrollò le spalle l’uomo, sorridendo a mezzo. «Hai dormito almeno un po’?»

«Credo di sì. Non ricordo di esserci arrivato, in camera» ironizzò Domenic, levandosi lentamente dal letto.

Era ancora stanco, ma la mente era sicuramente più fresca, limpida.

«Eric, dov’è?»

«Ho pensato di mandarlo a casa con Kyle, Sarah e Keath. Stare con suo cugino, gli farà bene» scrollò le spalle Phill, avvicinandosi al nipote per sedersi al suo fianco, sul letto.

Il materasso si mosse leggero, ridimensionando la superficie malleabile al nuovo peso aggiuntosi.

Le luci, soffuse come nel laboratorio, erano color crema, calde, tranquille, rilassanti.

«Non sarebbe il caso che tu delegassi un po’ di quel che fai ai tuoi… colleghi

Dom ghignò, si levò in piedi per stiracchiare il corpo lungo e tonico – Cam non era il solo ad amare gli sport – e, nell’osservare lo zio da sopra la spalla, replicò caustico: «Ufficialmente, non c’è un solo agente CIA, in Giappone, come non ci sono io a indagare, Bryce a ricevere le mie direttive, Yuki a segnalare la sua posizione e... beh, insomma, hai capito.»

«Interessi politici?» ipotizzò Phillip, sospirando.

Domenic annuì, ora sospirando stancamente.

Nell’osservare una fotografia appesa alla parete, dove lui e Cam avevano cinque anni e si trovavano ad Aspen, asserì: «Non hanno avuto materialmente il tempo di chiedere i permessi necessari da presentare ai giapponesi, così il mio supervisore, su mandato del “grande capo”…» nel dirlo, mimò le virgolette. «… ci ha dato il permesso di muoverci nell’ombra, di sfruttare Bryce e le sue abilità e Kim per investigare. Erano le persone più adatte.»

«Perché? Puoi dirmelo?»

«Non posso» scosse il capo Dom, spiacente. «Non dovrei neppure parlartene, a dire la verità, ma ora non ho materialmente la forza di mantenere così tanti segreti.»

«Non importa» replicò Phillip, raggiungendolo per dargli una pacca sulla spalla. «La mamma ti aspetta in cucina. Dal profumo, penso abbia preparato una crostata di mirtilli.»

«Sa come stanarmi» ridacchiò Domenic, avvolgendo la vita dello zio per appoggiarsi a lui, nell’uscire dalla sua stanza.

«Hannah è sempre stata un asso, nel capire le persone.»

«Già. Mamma è unica.»








Note: Viene da chiedersi chi possa aver fornito a Nobu e Byron i dati del segnalatore di Yuki, visto che solo quelli della CIA ne conoscono i codici segreti. Sarà lo stesso che ha spifferato i segreti su Asclepio, spingendo Nobu ad agire, o c'è qualcun altro, che sta tradendo i Van Berger? Le scommesse sono aperte. :)


  
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