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Autore: Mikhael98    25/04/2015    1 recensioni
Charlotte è una ragazza che vive un po' in un mondo tutto suo, però decide di maturare, iniziando a fare un lavoretto estivo. Ed è proprio così che incontra un ragazzo che le sconvolgerà la vita. Un biondo e attraente ragazzo per il quale si ritroverà costretta a lavorare, per il semplice fatto di essersi trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
E così inizia l'avventura di un irritante immortale e una ragazza che non ha più niente da perdere, forse altrettanto irritante.
Genere: Azione, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È risaputo che il primo giorno di lavoro è necessario dare una buona impressione di sé: bisogna arrivare in tempo, vestirsi in modo decoroso, comportarsi adeguatamente, mostrarsi delle persone responsabili e mature… Ecco però che, se già non si soddisfaceva il primo requisito, quelli seguenti non sarebbero importati molto, no? Per questo Charlotte era nei guai.
Si era assicurata di non tardare ed era stata abbastanza sicura di riuscirci, essendo il suo turno di pomeriggio, ma evidentemente non era bastato. Come al solito, con la consapevolezza di avere più tempo a disposizione, se l’era presa comoda- troppo comoda- e si era ritrovata a fare tutto di fretta negli ultimi minuti rimanenti. Perciò alle 13.39 si stava lavando i denti, alle 13:43 si stava vestendo e alle 13:50 usciva di casa per arrivare al luogo di lavoro alle 14:00. Provò a prendere la bicicletta, nella speranza di accorciare i tempi, ma la trovò incastrata dietro la macchina dei suoi adorati genitori, e tirarla fuori le sarebbero costati altri cinque preziosi minuti, che però aveva già sprecato scendendo nel garage. A questo punto non le rimaneva che correre.
Uscì finalmente fuori, dove ad accoglierla c’era un bel sole caldo di cui avrebbe volentieri fatto a meno, e corse. La borsa a tracolla ballonzolava contro il suo fianco, sentiva già le goccioline di sudore bagnarle il viso e i capelli spettinati- che non aveva avuto il tempo di pettinare- mentre le persone sul marciapiede la guardavano, scostandosi quando passava. Charlotte cercava di ignorare l’imbarazzo dell’avere tutti quegli occhi puntati addosso, la sua missione era arrivare puntuale al suo primo giorno del suo primo lavoro.
Nella testa le risuonavano già le parole dei suoi genitori: “Sei una ragazza viziata”, “Ce l’aspettavamo”, “Non imparerai mai”, “”Quando ti prenderai le tue responsabilità?”… Si concentrò su quelle, usandole come carburante per correre ancora più veloce, determinata a non deludere nessuno, soprattutto se stessa.
Estrasse il cellulare dalla tasca, guardando l’ora. Le 13:59. Spostò lo sguardo davanti a sé, notando con piacere che la caffetteria era proprio di fronte a lei, dall’altro lato della strada. Poteva farcela. Sarebbe arrivata sudata marcia, con un’aria impresentabile, il fiatone, ma puntuale. Accelerò ancora, catapultandosi quasi in mezzo alla strada. Il suo obiettivo era sempre più vicino, i suoi occhi si stavano colmando delle tende bianche a righe azzurre, il ficus benjamin posto all’entrata… Era tutto così maledettamente vicino... ! Non badò neanche alla macchina che frenava di colpo per non investirla né alle imprecazioni del conducente. In quel momento c’erano solo  lei e la caffetteria.
Aprì la porta di scatto, tanto che la maggior parte dei clienti si voltò, e oltrepassò la soglia, dirigendosi a passo svelto verso il bancone, dove un uomo di mezz’età la attendeva, guardandola con due assottigliati occhi azzurri e vivaci. Il proprietario le sorrise, salutandola gentilmente.
L’orologio appeso alla parete del locale dava le due in punto. Ce l’aveva fatta.
-Puntualissima.- La elogiò il suo capo. Charlotte non riuscì ad evitare di fare una smorfia imbarazzata, sapendo di non meritare minimamente quel complimento. –Seguimi, ti mostro dove cambiarti.- La invitò lui, sparendo oltre una porta. La ragazza lo seguì, badando a nascondere il tremore delle gambe, dovuto al fatto di essere una scansa fatiche non abituata agli sforzi fisici. Il proprietario la condusse in una stanza non molto grande, dove su una panchinetta stava appoggiata la sua divisa da cameriera, poi si congedò, lasciandola sola a cambiarsi. Appena uscito l’uomo, Charlotte sospirò, accasciandosi sulla panca. Il suo petto si alzava e abbassava velocemente, i suoi polmoni cercavano l’aria come se avesse appena rischiato di affogare, ma un sorriso faceva capolino sulle sue labbra. Al diavolo i suoi genitori: era arrivata puntuale.
E non le importava se il suo aspetto poteva essere quello di una persona sopravvissuta a un cataclisma, nel giro di poco si sarebbe sistemata.
Iniziò a spogliarsi, utilizzando i suoi abiti umidicci per asciugarsi il sudore, grata di dover indossare una divisa pulita e fresca; abbottonò la camicia a righe sottili, tirò su la gonna nera e allacciò il grembiulino rosso. Solo una volta vestita prese coraggio e si guardò allo specchio. Come si aspettava, i capelli corti erano una zazzera scompigliata in cui i ciuffi lisci andavano ovunque volessero, ognuno dalla parte opposta all’altro, quasi si stessero antipatici. Cercò di riaggiustarli con le mani, abbassando giusto i più ribelli. Alla fine si guardò soddisfatta, convinta di essere presentabile.
Fuori il proprietario la attendeva per darle le indicazioni. Le spiegò come usare la cassa, come comportarsi, come fare un buon caffè, anche se a quello poi ci avrebbe pensato la sua collega, che sfortunatamente quel giorno era assente. Charlotte imparò piuttosto in fretta, tutta presa da quella nuova esperienza e ancora eccitata per il fatto di avercela fatta, pronta a rinfacciare ai suoi genitori quanto si sbagliassero sul suo conto.
Era gentile con i clienti, sorrideva sempre, non rompeva niente, e i sorrisi che le rivolgeva il capo erano rassicuranti, perciò sentiva che quella giornata sarebbe passata liscia come l’olio. L’aroma del caffè la rilassava, donandole quel giusto tepore che la faceva sentire a casa, ricordandole quando da piccola voleva a tutti i costi aiutare sua nonna a prepararlo. A dire la verità, non le era mai piaciuto berlo, ma il suo profumo la estasiava sempre, catturandola. Forse, in fondo, era ancora una bambina.
Quell’estate avrebbe compiuto diciotto anni, come spesso le ricordavano i suoi parenti e amici, e ciò non la rassicurava. Più si avvicinava all’età delle responsabilità più sentiva una stretta allo stomaco; per questo aveva accettato di iniziare un lavoretto estivo. Charlotte era perfettamente cosciente del fatto di essere una ragazza viziata e irresponsabile quando si trattava di certe cose, ancora troppo chiusa nel suo mondo, decisamente non pronta a entrare in quello degli adulti, anzi, a volte pareva l’unica ad accorgersene. Per quanto sua madre e suo padre le rinfacciassero di vivere su un altro pianeta erano pienamente convinti che, come tutti gli altri, prima o poi si sarebbe svegliata, ma la verità era che lei non riusciva a trovare le forze per farlo. Insomma, il suo mondo era così bello, anche se stava cominciando a farsi troppo piccolo… Aveva pensato di cogliere l’occasione di quel lavoro per svegliarsi finalmente da quel sonno perenne che la prendeva, anche letteralmente, anche perché la attendeva l’università e lei non si sentiva per niente pronta ad affrontare quella nuova realtà in cui l’avrebbero trattata come un’adulta.
Sospirò, asciugando un bicchiere, mentre la porta del locale si apriva. Un ragazzo entrò con un sorrisetto in volto, andando a sedersi al bancone. Immediatamente tutti gli individui femminili del luogo si voltarono a guardarlo; c’era chi sbirciava, chi bisbigliava quanto fosse carino, chi ridacchiava prendendo in giro l’amica fulminata… Charlotte osservò divertita le reazioni delle sue clienti- il solo pensiero che fossero sue clienti la faceva sentire in paradiso- mentre posava con cura il bicchiere appena asciugato. Il proprietario le fece cenno col capo di occuparsi del ragazzo, probabilmente ritenendo di farle un favore, senza sapere di star solo mettendo in difficoltà la cameriera, la quale smarrì l’espressione divertita e prese a fissare il ragazzo seduto al bancone.  Aveva i capelli biondi legati in un codino e indossava una camicia bianca i cui primi bottoni erano sbottonati, scoprendo lembi di pelle rosea. Gli occhi erano di un blu profondo, dalle tonalità violastre, e il volto aveva lineamenti quasi infantili, molto delicati. A giudicare dal sorrisetto stampato in volto, era pienamente cosciente dell’effetto che suscitava nelle donne, ne pareva quasi divertito. A Charlotte intanto era bastata un’occhiata per provare un’immensa antipatia nei confronti di quello spaccone dall’aria calma e compiaciuta, però sfoggiò uno dei suoi sorrisi migliori quando gli si avvicinò da dietro il bancone. –Buongiorno.- Lo accolse con tutta la gentilezza che aveva in corpo, senza esagerare per paura di sembrare falsa. Lui posò il suo sguardo su di lei quasi pigramente. –Buon pomeriggio.- Rispose, tenendo una guancia poggiata al palmo di una mano, sorridendole. –Desidera?- Domandò, sentendosi quasi a disagio per quella precisazione fatta dal cliente, il quale parve quasi fiutarlo, allargando il sorriso. –Un frappé alla fragola.- Charlotte si allontanò con un allegro: -Glielo porto subito!- Per poi fuggire a preparare ciò che aveva ordinato il ragazzo. Non si sentiva intimidita, quella presenza era semplicemente sgradevole, quasi come una fabbrica fatiscente in mezzo a un bellissimo campo di papaveri. Scosse la testa, dicendosi di essere troppo dura con una persona che neanche conosceva, per poi tornare dal cliente a portargli il suo frappé. Il biondo le rivolse un sorriso quasi felino, ringraziandola con voce vellutata, per poi bere tranquillo succhiando dalla cannuccia.
La cameriera intanto ne approfittò per guardare oltre le vetrate del locale, stando appoggiata al bancone con il mento fra i palmi delle mani. Il cielo si stava pian piano tingendo di rosso, segno che la sua giornata lavorativa stava già giungendo a termine. Si sorprese a pensare che avrebbe voluto fosse durata di più, forse aveva bisogno di fare più esperienza, ma era anche vero che bisognava avanzare a piccoli passi, andare di fretta non l’avrebbe di certo aiutata come quel pomeriggio. Sospirò, osservando le nuvole all’orizzonte; guardare il cielo la rilassava, era un suo vizio.
-Bello, vero?- Chiese una voce che non si aspettava di sentire. Posò lo sguardo sul biondo, che la stava guardando con un sorriso molto più gentile rispetto a quelli di prima. –Il cielo al tramonto è molto bello.- Specificò lui, notando la sua perplessità. –Ah, sì.- Tagliò corto lei, tornando a rivolgere l’attenzione proprio all’oggetto della loro conversazione, quasi distrattamente. –Il sole diventa un cerchio arancione, tingendo di rosso e viola il cielo, mentre le nuvole si colorano di rosa… Diventa tutto più caldo al crepuscolo.- Continuò lui. Charlotte lo guardò con la coda dell’occhio, ma  pareva assorto nella contemplazione del tramonto come lei. –A me piace in ogni momento della giornata.- Disse piano, tornando anche lei a colmare gli occhi di quei colori caldi. –Ah, è indubbiamente sempre bello, ma sono particolarmente legato al tramonto.- Il sorriso del ragazzo si allargò, come fosse perso in un ricordo molto bello. –Mi piace vederlo quando il sole affonda nel mare, sembra che il suo riflesso sull’acqua tracci un sentiero…- Anche la ragazza stava ormai andando al largo, trasportata da una corrente di pensieri, dimenticandosi del lavoro. -È vero…- Commentò il cliente, meravigliato da quell’osservazione. Stavolta sfuggì un sorriso, sincero, anche a lei.
-Charlotte, il tuo turno è finito, puoi andare.- La richiamò una voce gentile. Ancora una volta, Charlotte dovette cascare giù dal suo mondo. –Ah, sì, la ringrazio.- Sbottò intontita, tirandosi su.
Il ragazzo la stava guardando. –Be’, ci si vede.- La salutò sorridendo, poggiando una banconota sul bancone. –Tieni il resto, è una mancia.- Aggiunse facendole l’occhiolino, per poi uscire dal locale.
Rimase un attimo imbambolata, poi prese i soldi e andò svelta a cambiarsi, rammentandosi di non dover giudicare una persona dopo averla appena vista.
I suoi vestiti si erano asciugati, fortunatamente, anche se aveva bisogno di una doccia urgente e loro di una bella lavata; quindi si incamminò, stavolta con calma. Salutò il proprietario e uscì, godendosi la brezza estiva di quella sera. Camminare era molto meglio che correre, poteva stare ad osservare con attenzione ciò che la circondava, perdersi a guardare il cielo senza rischiare troppo di andare a sbattere contro qualcosa o qualcuno, prendersi tutto il suo tempo e non affaticarsi, nonostante il suo passo fosse piuttosto veloce. Il suo sguardo vagava tra le persone che incontrava: bambini, giovani coppie, adulti che rientravano dal lavoro… Le piaceva osservarli, chiedersi chi li aspettava a casa, esaminare le loro personalità, cercando di inquadrare chi si ritrovava di fronte. Ad esempio, su una panchina c’era una bambina dai lunghi capelli castani, di cui probabilmente andava fiera, visto come se li accarezzava maniacalmente, con indosso un delizioso vestitino giallo canarino; dondolava le gambine, in attesa di qualcuno. In un attimo nella mente di Charlotte prese forma l’idea di una bambina piuttosto vanitosa, trattata come una principessina. Ma, se le si esaminavano gli occhioni color nocciola, dietro quella vanità si poteva scorgere della malinconia. Chissà da quanto tempo era lì, ad aspettare i suoi genitori, ostentando spensieratezza, mentre nella sua testa si chiedeva quando sarebbero tornati. Si sentiva così sola…
Charlotte la superò, sentendosi un peso al petto, domandandosi quando sarebbero mai tornati i genitori di quella bambina, probabilmente l’uomo e la donna in abito elegante che scorgeva dietro al vetro di un ristorante di lusso, sui quali gli occhi della bimba erano ormai fissi da tempo. Scosse la testa, mettendosi gli auricolari alle orecchie, nella speranza che quel peso svanisse, ma le canzoni rockettare della sua playlist non aiutavano molto. Perciò entrò in casa con ancora quel pensiero a tormentarla. Tolse le scarpe da tennis, lasciandole accanto alla porta, e salutò, annunciando il suo arrivo. Si tolse gli auricolari e sentì un: -Ciao!- urlato dall’altra stanza. Si incamminò nel corridoio fino alla cucina. Sua madre era impegnata a occuparsi di più pentole ai fornelli, riuscendo contemporaneamente a lamentarsi con suo padre delle colleghe di lavoro.
-Ciao…- Ripetè piano la ragazza, una volta entrata. –Ah, Charlie, apparecchieresti la tavola per favore?- Chiese prontamente sua madre, guardandola da dietro una spalla. –Certo.- Rispose tranquilla la figlia, già in procinto di prendere la tovaglia. –Com’è andata il primo giorno?- Domandò suo padre, sfoderando un sorrisetto. Charlotte sfoderò un sorriso degno di quello del padre, quasi un ghigno. – Molto bene, mi ha anche fatto i complimenti per la puntualità.-
-Brava!- Esclamò contenta sua madre, facendole degustare quei complimenti. –Brava.- Ripetè il padre, con calma. La ragazza assunse un’aria soddisfatta e strafottente, per poi iniziare a raccontare per filo e per segno la sua giornata, costretta dalla donna, che non avrebbe cucinato se non avesse saputo ogni dettaglio di quell’esperienza. Come la figlia parlò del ragazzo biondo entrato nel locale, la madre si fermò, voltandosi a guardarla con i suoi grandi occhi verde salvia, ascoltando con perizia ogni singola parola. -… Un biondo, eh?- Commentò infine, sorridendo. –Uno che se la tirava.- Tagliò corto la ragazza. –Però ti ha parlato. –Sì, mamma.- I due genitori si scambiarono un’occhiata. –Chiedigli il numero, no?!- Sbottò sua madre, presa dall’euforia che la figlia finalmente avesse parlato con un ragazzo dopo tempo. Charlotte roteò gli occhi. –Certo, mamma, vado da un perfetto sconosciuto e gli chiedo il numero. E poi, no. È biondo.- A quel punto furono l’uomo e la donna a roteare gli occhi. Per sfortuna della ragazza, in cucina fece la sua apparizione il fratello. –Ho sentito parlare di biondi.- Disse un biondino sedicenne, con il sorriso in volto. –Non parlavamo di te.- Ribattè la sorella, mettendo i bicchieri sul tavolo. –Tua sorella ha incontrato un ragazzo, e chi ha anche parlato!- Spiegò entusiasta la donna, facendo sgranare gli occhi al ragazzo. –Cosa? Charlotte? Ma dici sul serio?!- Charlotte sospirò. –Non l’ha fulminato con lo sguardo?- Domandò ancora il biondino, guadagnandosi un’occhiata omicida da parte della sorella. –Non potevo, era un cliente. –E sei riuscita a non spaventare i clienti?- Fece sorpreso il fratello. A quel punto, Charlotte mollò tutto. –Ora basta, discorso chiuso.- Sentenziò autoritaria, zittendo tutti. Alzò il mento, altera, e se ne andò in camera sua.
Un coniglietto bianco stava dormicchiando sul letto dalle coperte lilla sul quale la ragazza si lasciò cadere, esausta. Prese l’animaletto e se lo portò al petto, svegliandolo. Lo abbracciò e chiuse gli occhi, godendosi il silenzio della solitudine. Dopo poco, il coniglietto si riaddormentò, cullato dal tepore emanato dal petto della padroncina, la quale invece riaprì gli occhi, fissando il soffitto. Improvvisamente le parole del ragazzo le erano tornate in mente, così come tutto il loro breve dialogo. Fece un respiro profondo, per poi rialzarsi e lasciare in pace il suo animaletto una volta per tutte. Aveva bisogno di una doccia.

ANGOLO AUTRICE

Bene, ora mi sento soddisfatta. Questa storia la sto scrivendo per svago, perciò ho pensato di metterla qui. Dunque, vi averto che non sarà come vi aspettate, o almeno, lo spero! Ho puntato molto sull'originalità, per quanto l'inizio possa sembrare quello della classica storia dove lui è maledettamente figo e demoniaco (?) e lei la sfigatella di turno che incappa in qualcosa di più grande di lei. No, non sarà così, e avverto che molte cose non le ho ancora decise!
Comunque sia, spero vi sia piaciuto come primo capitolo, che mi è servito più che altro per presentarvi la protagonista, e vi avverto ancora che le cose non sono come sembrano!
Allora, alla prossima miei cari ;)

 
  
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