Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Soleil Jones    27/04/2015    4 recensioni
Ovunque fossero, sull'orologio di Molly, la lancetta di quei due era sempre lì; sì, c’era una sola lancetta per due, perché Molly Weasley sapeva che sarebbero sempre stati nello stesso posto. Si muovevano praticamente in simbiosi, i suoi figli; mai, però, avrebbe immaginato che un brutto giorno non sarebbe più stato così.
[...]
«Mh, siete per caso dei patiti dei prodotti Weasley & Weasley?» Tirò ad indovinare: perché, beh, quei due avevano tutta l’aria di due bambini che tutto possono avere tranne che buone intenzioni. I due gemelli annuirono all’unisono «Anche!»
«Ma non è questo il motivo per cui siamo qui, giusto Eric?»
«Giusto John! Detto senza mezzi termini, vuoi indietro tuo fratello, vero?»
«Oh, se è vero!»
[...]
«È semplice, tanto che neanche tu avrai problemi a capire come usarla.»
«Simpatica quanto un troll nel suo periodo rosso del mese, noto.» Bofonchiò tossicchiando sottovoce George. Gli occhi verdi dello spirito si ridussero a due fessure taglienti quanto il suo tono di voce. «Hai detto qualcosa, Weasley?»
«Io? Niente!»
Genere: Fantasy, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fred Weasley, George Weasley, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

 

Il miracolo

 

Quando Eric riprese conoscenza lui e Son non erano ancora fuori pericolo; il suono distinto degli incantesimi e l'odore pungente del sangue, persistenti, ne erano la prova. Debolmente, si imponeva di ridestarsi, ma gli risultava impossibile: era una sorta di dormiveglia, la sua. 
Un campanello d'allarme continuava a suonare, a urlargli che John era in pericolo, ma il resto del suo corpo pareva essere fatto di marmo. 
A un certo punto, sentì il corpo di Son irrigidirsi contro il suo, tremare, e qualcosa di caldo, una brezza odorante di cenere e fuoco, gli sferzò il viso, facendolo tossire.
«Sta' buono, bello, sono solo dei bambini!» Proruppe una voce sconosciuta, di un ragazzo. Son si rilassò impercettibilmente. «Cosa vi è successo, piccola?»
«Per favore, è stata Firefiles a dirci di venire qui!» Squittì terrorizzata Son, prendendo a parlare nervosamente e a più non posso. «Con voi c'è anche mio fratello Shawn!»
«...Vieni con me, piccola — Artemis, apri! È tutto okay, c'è bisogno di Sigyn, qui!»
Eric mugugnò una debole protesta quando una presa più ferrea e forte rispetto a quella di Son l'avvolse, ma non ebbe nulla da ridire quando i rumori di Upside Street si fecero più lontani, sigillati dal rumore di una porta che si chiudeva.
«Chi è il mostro che li ha ridotti così?! Sembrano reduci da una carneficina!» Aveva esclamato colei che li aveva fatti entrare.
«Apollo, mi hai— Dio mio, Fitz, portami la mia bacchetta, presto!»
«Prendi il bambino, è svenuto.» 
Al che, la presa cambiò; Eric si sentì afferrare da sotto le ascelle e trascinare su quello che, a tatto, doveva essere un divano. «Torno fuori a controllare Incendio.»
«Fare da crocerossina non era esattamente la mia più grande aspirazione.» Sbottò ironica quella che doveva essere Artemis, la ragazza cui Eric era stato affidato. «Loki, reggigli il capo. Vediamo di farlo riprendere.»
«Niente sberle, Artemis, o te la vedrai con me, intesi? Loki, dategli del cioccolato.»
«Signorsì, Sigyn.»
Qualcosa di dolce e deliziosamente familiare destò Eric dal suo stato confusionale, sciogliendoglisi in bocca e scivolandogli in gola; mentre si umettava le labbra, sporche di cacao, il moro socchiuse gli occhi, incontrandone un paio azzurri come ghiaccio al sole. Illuminavano un viso femminile, tondo, roseo e puntellato di lentiggini, in perfetto abbinamento coi lunghe ciocche rosse che lo incorniciavano.
«È sveglio.» Esordì sollevata la rossa in tono brusco. Si allontanò e, così, Eric poté notare di trovarsi in un ambiente illuminato interamente da fiammelle fluttuanti, colorate di un rosso macchiato di blu. Ne rimase stupefatto, e doveva vedersi poiché qualcuno, alle sue spalle, disse in tono strafottente: «Sono Fuochi Fatui, già. Non sei di queste parti, vero?»
Ricollegando le frasi sconnesse udite poco prima, Eric ricordò la presenza di un certo Loki e realizzò di avere il capo appoggiato sulle sue gambe. Scattò in piedi barcollando appena, trafelato.
E lo vide: viso allungato, sguardo tanto intelligente quanto impertinente, di un verde glaciale, profondo ed ingannevole, ma imperscrutabile e forte, che pareva tendere al blu o alle sfumature più chiare del castano. Al vedersi osservare in quel modo, il ragazzo inarcò un sopracciglio. «Cos'è, non parli la mia lingua?»
«La parlo benissimo, invece.» Rispose ansante il castano, assottigliando gli occhi color smeraldo e guardando la rossa. «Chi siete? Che posto è questo? E già che ci siamo: dov'è Son?»
«Sta bene, piccolo, non preoccuparti!» Esordì la voce di una ragazza dai lunghi capelli biondo grano, che aveva sentito prima, quando aveva chiamato Fitz. Il suddetto – Shawn, a quanto aveva capito – era la perfetta copia maschile della sorella, e in quel momento fissava con minuziosa attenzione ogni gesto con cui la biondina – Sigyn – le stava prestando delle cure. «È una tipa tosta, vero, Shawn?»
«Se è per quello, è anche piccola.» Borbottò ansioso il dodicenne, guardando Eric come se stesse cercando il modo di ribassare il proprio orgoglio e, magari, ringraziarlo. Non dovette riuscirci, perché distolse lo sguardo e lo puntò sulla soglia di quello che, a occhio e croce, pareva un monolocale ampliato con la magia. 
«E tu non pari certo un Auror, per cui tieni.» Disse Loki, mettendo in mano ad Eric il rimanente di una tavoletta di cioccolato.
«Non sembri americano.» Esordì Artemis, giocherellando con quella che Eric riconobbe essere la sua bacchetta. «Europeo, sì? Greco o italiano, scommetto.»
«Inglese.» Biascicò il castano, incartando ben bene il cioccolato e mettendoselo in tasca. «E neanche voi lo sembrate, sinceramente.»
«Se è per come ci chiamiamo tra noi, sappi che sono solo pseudonimi. Io sono Alice, ad esempio: non Artemis, ma Alice Kirkland.» Rispose la rossa, indicando poi Loki, «Eirik Steilsson – anche se, lo so, il suo pseudonimo gli calza talmente a pennello che lo si dovrebbe chiamare Loki e basta! La sua famiglia è originaria dell'Islanda o giù di lì, hai capito.» Fitz, «Shawn Fitzgerald, l'avrai capito. Americano al cento per cento, è una matricola, tra di noi.» e Sigyn. «Julchen Beilschmidt, suo padre era tedesco. Non chiedermi come si scrive il suo cognome, è già tanto saperlo pronunciare!»
«Sbagli ancora a farlo, infatti. E mio padre era prussiano, Alice, del lato Est del muro di Berlino.» Rise Julchen. «Oh, il ragazzo che ha accolto te e Son, invece, era Apollo, altrimenti noto come Lukas Bøndevik.»
«Scandinavo anche lui, la sua famiglia a scuola è storica, una leggenda. E, a proposito, benvenuto in uno dei luoghi di ritrovo segreti dell'Armata di Amstrong.» Continuò Eirik, alzandosi dal sofà. «Se ci volessi dire come ti chiami non ci offenderemmo, promesso.»
«Eric. E se mi voleste ridare indietro la mia bacchetta neanche io mi offenderei.»
«Perché, è vera? Non sei piccolo per poter fare incantesimi fuori da scuola?» Ribatté Alice, guardandolo sospettosa. 
«Certo che è vera, e mi serve!» Disse semplicemente Eric, tendendole la mano destra. «Mio fratello è là fuori, devo andare a cercarlo!»
«Pft, non esiste proprio!»
«Alice!» Sbottò Julchen, sospirando; chiese a Son come stesse e, accertatasi che era tutto apposto, raggiunse l'amica e la guardò con biasimo. «Quel che voleva dire, Eric, è che è troppo pericoloso. Fuori c'è il caos più totale!»
«Ma a me non importa!» Sbottò Eric. «Ridammi la mia bacchetta!»
«Sennò che mi fai?»
«Alice...»
«Non ti piacerebbe scoprirlo.»
«Ha fegato, il ragazzino!»
«Mein Gott, Eirik—!»
«Ehi, che succede qui?»
«Voglio proprio vedere se hai il coraggio di far valere le tue parole!»
«Sta' pur certa che non mi manca!»
«. . . Afferrato. Accio bacchetta!» Lo sguardo di Eric, furente d'ansia e di rabbia, corse fino a raggiungere la figura di un ragazzo castano, alto, dai gentili e fieri occhi color prato e il volto lentigginoso. Quest'ultimo guardò prima lui e poi Alice con un sopracciglio inarcato, sorridendo divertito e lanciando ad Eric la sua bacchetta. 
«Il tuo comitato di benvenuto non manca mai, eh, Artemis?»
«Ci sono pericoli là fuori?» Gli domandò Eirik in tono spiccio.
«Non nelle immediate vicinanze, sembrerebbe. Ma Incendio non è tranquillo.» Rispose serio il castano.
Incendio? – si chiese Eric – Sarebbe il nome di un altro dei loro compagni?
«Allora potremmo tornare a scuola giusto in tempo per il coprifuoco, no?»
«Stai scherzando, Sigyn?! Là fuori c'è uno scontro e tu pretendi di tornartene a scuola?!»
«Artemis, datti una calmata. Parlava della bambina; Sigyn non è una Medimaga o cos'altro, e come ci hanno sempre detto: Amstrong è aperta a chiunque abbia bisogno di aiuto.»
Eric guardò Son con sguardo dispiaciuto: la maglia che indossava ora era pulita e priva di macchie di sangue – era troppo grande per essere sua – , tuttavia le fasciature erano visibili e il suo viso era pallido. Si stringeva al fratello maggiore, Shawn, come a un'ancora di salvezza e non smetteva di far correre gli occhi da un presente all'altro.
«Sì, Loki, ma sarà già tanto se troveremo il modo di spiegare come c'è arrivata, ad Amstrong, senza rivelare che abbiamo lasciato la scuola.»
«Io non la lascio qui, che sia chiaro!» S'infervorò Shawn, lasciando andare la sorella per fronteggiare Alice. Lukas si interpose tra i due.
«Non intendeva dire questo, Fitz; troveremo un modo. Non lasciamo mai nessuno indietro, lo sai.»
Neanche finì di dirlo, che un potente ruggito colorò l'aria – già intrisa di tensione – e l'acre e sgradevole odore di fumo arrivò alle narici di tutti i presenti. 
Eric vide Lukas sbiancare, Alice impugnare la bacchetta ed Eirik afferrare per un polso Julchen e spingerla dietro di lui. Di riflesso guardò Son, i cui occhi erano sgranati, e attraverso il vetro della minuscola finestra posta alle sue spalle vide un uomo dai capelli fulvi puntare la bacchetta, tra le fiamme. 
Senza pensarci, si gettò su di lei ed evocò piu forte che poté un incantesimo di protezione, che creò una barriera argentea su cui i pezzi di vetro della finestra e l'Anatema dell'uomo s'infransero.
«Alzati, muoviti!» Le urlò, spintonandola tra le braccia di Shawn, il quale indietreggiò tremante e stringendo a sé la sorella.
Eric si riconcentrò sull'uomo là fuori e, senza accorgersene, vide partire due diversi incantesimi, ad opera di Alice ed Eirik.
Quest'ultimo lo strattonò lontano dalla finestra e fece per scavalcare il davanzale e lanciarsi sullo sconosciuto, quando questo scomparve tra le fiamme. Il fuoco divampò e Alice fece appena in tempo a tirare indietro l'amico, afferrandolo per il mantello.
«Avrei usato un Protego.» La rimbeccò irritato il moro, ma la rossa non gli rispose male: doveva essere il loro modo di ringraziarsi. «Cambio di programma: qualcuno scorti Fitz e Son lontani da qui.»
«Ci penso io.» Esordì Alice, scrocchiandosi le nocche e prendendo per mano Shawn. 
I Fuochi Fatui che prima illuminavano l'ambiente schizzavano da una parte all'altra e la rossa ne evitò uno per un pelo.
Nel mentre, Julchen si era precipitata alla porta, incurante del fumo che lasciava filtrare da fuori e del calore eccessivo. La sbloccò con un colpo di bacchetta, premendosi una mano sulla bocca per non inalare tossine.
Lukas la raggiunse, le mise sul viso una maschera protettiva, tirata fuori da sotto il suo mantello, e l'allontanò, gridando: «Incendio!»
«L'abbiamo notato!» Gli urlò contro Eric, terrorizzato da tutto quel fuoco. Prese un profondo respiro e, quasi senza accorgersene, fece partire dai suoi stessi palmi un gran flusso d'acqua.
«Non quello, il mio drago!» Gli rispose agitato il castano, cercando di domare le fiamme. 
Eric lo guardò sconcertato e, quando tornò a guardare davanti a sé, si scontrò con l'uomo che li aveva aggrediti. Costui ghignò ferocemente e lo afferrò per i capelli, facendolo gridare.
In uno schiocco, Eric sentì le urla di Julchen e Son sparire ed il caldo soffocante delle fiamme venne sostituito dal duro gelo dell'asfalto.

 

 

*

 

 

«Magie Sinister? James, non è un po' sempliciotta come possibile spiegazione?»
«La proprietaria, Glenda Hawk, era... be', il tipo di persona da cui compreresti diari e libri oscuri.» 
Max tirò per un braccio Hailey prima che questa andasse addosso a un ometto tarchiato e dall'aria maligna, intenta com'era a fissare James con aria confusa.
«Non l'ho mai sentita nominare.» Disse.
«Questo perché morirà domani, mentre i tuoi genitori ancora non si sono neanche incontrati.» Rispose semplicemente il biondo. «Nessuno sa come sia morta, nemmeno io, negli archivi che ci sono stati lasciati non c'è nulla in proposito; solo la data del decesso.»
Max lo guardò torvo, chiedendosi come accidenti potesse parlare della morte di una persona come se si trattasse del tempo o di una qualsiasi altra piccolezza.
«E credi che possa davvero aiutarci?» Insisté Hailey, sondando con gli occhi chiari Nocturn Alley.
«Ha avuto dei precedenti discutibili, ma è una strega eccellente. So che avrebbe voluto diventare Indicibile, iniziò anche il tirocinio. Ma qualcosa la convinse a desistere, non ne ho idea e non m'interessa molto. Eccoci qua.»
Max storse il naso; non avrebbe trovato un nome più appropriato per quel postaccio se non Magie Sinister. Tutto, nella sua apparenza, trasudava mistero e qualcosa di losco – o meglio, indefinito; e Max non amava ciò che non riusciva a cogliere se non con rare eccezioni.
Si tolse la protezione e la infilò in tasca, venendo imitato da Hailey.
«Entrerò con voi, okay? Dopo Max e prima di Hailey, che chiuderà la porta. I vostri nomi sono Steve Rogers e Darcy Lewis.» Si raccomandò James, guardandoli come a voler loro chiedere se avessero capito le sue istruzioni.
Quando aveva deciso di indagare oltre sullo strano volume che aveva condotto Max e Hailey nella Hogwarts degli anni settanta aveva anche pensato che se da un lato non li avrebbe lasciati tornare laggiù da soli dall'altro lui non poteva permettersi di essere scorto. Ecco perché a farsi vedere sarebbero stati solo lo Scrutatore e l'Empatica, i quali si scambiarono un'occhiata e annuirono.
Max, rivolgendo una fugace occhiata ai compagni, spinse in avanti la porta del negozio e, con passo felpato, varcò l'uscio della porta.
«Madame Hawk?» Domandò al nulla, al buio che avvolgeva quel posto. Dietro di lui, James trattenne impercettibilmente il fiato, perdendosi ad osservare con gli occhi azzurri le ombre stagliate sulle pareti di legno ammuffito.
Hailey serrò la mascella, facendo lo stesso; nei tre anni in cui aveva frequentato Hogwarts e quindi Diagon Alley non aveva mai pensato di recarsi da Magie Sinister, per altro situata a Notcurn Alley, ma immaginava che nella sua epoca fosse un posto più curato. Meno inquietante, ecco.
La porta cigolò dietro di lei e si chiuse in un tonfo, facendo sobbalzare sia Max che James; il moro fece illuminare la punta della sua bacchetta e rivolse un'occhiata di biasimo alla compagna, la quale ricambiò con uno sguardo atterrito.
«Non sono stata io.» Sussurrò. Al che, Max la superò e afferrò la maniglia della porta, tentando di aprirla. Eppure nulla: non ne voleva saperne di cedere, e la cosa lo rendeva nervoso, neanche la magia funzionava.
«Alohomora, AlohomoraAlofottutissimahomora–!»
James, dal canto suo, parve non scomporsi più di tanto. Hailey non poteva vederlo, dacché aveva indosso la sua pietra protettiva, ma immaginava che stesse esaminando l'ambiente senza batter ciglio e lo invidiò, anche, per il sangue freddo che possedeva.
Ma anche James in realtà era nervoso, e tanto, anche; un presentimento, un tarlo che lo tormentava da un po', si faceva sempre più strada nella sua mente.
«Max?» Pigolò Hailey, scrutando con interesse un punto in cui l'oscurità di quel luogo pareva farsi compatta. Assottigliò lo sguardo, distinguendovi uno scintillio che la fece arretrare di un passo. Alla cieca, cercò lo Scrutatore, trovò il suo braccio e lo strattonò. «Max—!»
«Che c'è?!» Chiese impaziente l'americano, guardandola.
«Smettila con quella stupida porta, c'è qualcosa lassù!» Sibilò in risposta la castana.
«Hai notato che quella stupida porta è stata sigillata e che siamo bloccati qua dentro?!»
«Qualcuno, testone, è stato qualcuno!»
«Piantala di tremare, okay?! Mi rendi nervoso!»
Il loro scontro sibilante venne interrotto non da James – il quale non avrebbe potuto neanche essere sentito e che, inoltre, oramai non badava molto ai loro battibecchi – , ma bensì da una voce femminile roca e suadente, proveniente dal piano superiore del negozio, impossibile da scorgere.
«Hai paura del buio, ragazza?»
Hailey sobbalzò e, prontamente, impugnò la bacchetta e la puntò davanti a sé.
«Oh, per Merlino, mettila via! Se vuoi un po' di luce, basta chiedere.»
Uno schiocco di dita annunciò l'accensione di due fila di torce appese alle pareti che – Max lo notò solo in quel momento – non erano spoglie. Magie Sinister era pieno zeppo di oggetti dall'aria strana, che venivano sfoggiati in ogni angolo libero. Putando le iridi color notte in alto, vide una donna scendere con misurata lentezza una scala di legno; era grassa e alta, dal portamento fiero e la pelle scura, vestita di colori sgargianti. Le labbra carnose sorridevano con saccenza e gli occhi scuri, in parte nascosti dai riccioli corvini, li scrutavano senza sorpresa.
Avvertì le sue budella fare un balzo e un senso di nausea pervaderlo; prima che arrivassero James e Hailey era lui l'Empatico, nel trio dei TimeRiders, e conosceva quella sensazione. 
S'interpose tra Hailey e la donna e, diffidente, chiese: «Voi diete Glenda Hawk?»
«In persona, giovane.» Ribatté mellifua, fermandosi a pochi passi da loro. «E voi sareste, di grazia?»
«Steve Rogers e Darcy Lewis.» Rispose meccanicamente Hailey. «Vorremmo farle delle domande, Madame Hawk. Possiamo?»
Gli occhi neri della donna di colore si posarono sulla castana e, un attimo dopo, un sorriso accondiscendente si delineò sul suo viso paffuto. Tese una mano, invitandola a raggiungerla, ed Hailey superò Max con passo sicuro.
Sembrava uno scricciolo, in confronto alla proprietaria di Magie Sinister. Se ne accorse quando la mano della donna picchiettò affettuosamente la sua nuca – gesto che fece assottigliare lo sguardo a James che, diffidente, si avvicinò e poggiò una mano sulla spalla di Hailey.
Un pizzicorio colse il suo palmo, ma non vi badò: tenne gli occhi color cielo su quelli della donna finché questa non ritrasse la mano, insoddisfatta.
«La gentilezza e l'educazione sono cosa assai apprezzata nei giovani d'oggi, lo sai, Darcy?» Disse bruscamente Madame Hawk, in chiaro riferimento all'atteggiamento tenuto da Max poco prima. «Volete una tazza di the?»
«Noi...»
«No, Madame, grazie della vostra gentile offerta.»
Glenda guardò Max con entrambe le sopracciglia inarcate.
«Sì, ehm, lo abbiamo preso prima di venire qui, sapete.» Intervenne Hailey, sorridendo nervosa.
La sua risposta parve non piacere molto alla donna, ma quest'ultima non insisté oltre.
«Molto bene. Cosa volete sapere, dunque?»

 

 

*

 

 

«Eric... George, dov'è Eric? Voglio mio fratello...»
George non gli rispose; stava delirando, John, non faceva che mugugnare la stessa tiritera da dieci minuti buoni, il che era frustrante.
Reggendo il ragazzino da sotto le ginocchia e dalle spalle, il rosso diede un'occhiata al Café dove solo poche ore prima lui e i gemelli avevano incontrato per caso alcuni dei membri dell'Armata di Amstrong e, pur vedendolo deserto, entrò lo stesso.
I proprietari e i clienti dovevano essersi precipitati allo Stadio da Quidditch prima.
«George, è in pericolo... Mio fratello, ora, sta combattendo...»
«Come se tu stessi da pascià—!» Mormorò ironico tra sé e sé, raggiungendo il bancone. Un'esplosione in lontananza illuminò il cielo di Upside Street e, scacciando dalla sua mente le immagini delle stesse esplosioni avvenute a Hogwarts poco più di un mese prima, decise che se doveva cercare del Dittamo e qualche pozione per John avrebbe anche dovuto adagiarlo in un posto relativamente sicuro.
«Ho capito, John, ho capito. Troveremo Eric, okay?» Mormorò al bambino mentre si chinava a terra e Trasfigurava un apribottiglie in un cuscino. Storse la bocca; la McGranitt gli avrebbe dato una O come minimo, se fossero stati ancora a Hogwarts. 
«Prima dobbiamo aiutare te, però.» Aggiunse in tono conciliante senza guardare il castano, frugando nei ripostigli posti sotto il registratore di cassa. Si diceva che doveva cercare di far restare sveglio John, perché altrimenti la situazione sarebbe peggiorata all'inverosimile e lui sarebbe andato nel panico più totale.
«George?»
«Che c'è?»
«Io ed Eric siamo gemelli...»
«Lo so, Johnny, lo so.»
«Sai come vanno certe cose...»
George si arrestò di colpo; le labbra pallide e sottili serrate, gli occhi color nocciola persi in un ricordo tormentoso che lo fece trasalire.
Abbassò lo sguardo su John, guardando con espressione indecifrabile il viso cadaverico, gli occhi verdi vitrei, socchiusi e le labbra sporche di sangue rappreso incurvate in un sorriso amaro.
«Io non ero gravemente ferito, John, e non sono stato lo stesso accanto a lui.» Esalò, lottando per far uscire quelle parole veritiere, tenute nascoste per troppo tempo.
«Ma ci sei adesso...» 
George sorrise mestamente, aprendo la bocca per rispondere; le parole gli morirono in gola quanto la sua ferita all'orecchio sinistro vibrò. 
Si gettò su John stringendolo a sé mentre la vetrata, i tavoli e gli sgabelli del Café venivano spazzati via da un bianco accecante.
Quando l'esplosione fu passata, George aprì gli occhi; il registratore di cassa era ridotto in cenere, qualche galeone superstite gli era caduto addosso. Si ringraziò solo per aver avuto l'inconscia accortezza di scegliere il retro del bancone come rifugio e si alzò, sentendo un mugugnio familiare.
Non appena si sporse dal bancone fu proprio il caso di dirlo: parli del diavolo e ne spuntano le corna!
«Eric–?!»
Accucciato a terra coi vestiti sbrindellati, il labbro spaccato, i capelli sporchi di cenere e una mano a massaggiarsi la nuca, il ragazzino alzò lo sguardo su di lui.
«George–? Dove— AHIA! Perché mi hai colpito?!»
Trattenendosi dall'assestargli un'altra sberla dietro la nuca, George lo prese per la collottola della maglia e lo tirò dietro il bancone, lanciando una Fattura a Dolohov – e imprecandogli contro, anche.
Non appena Eric vide il gemello riverso a terra in quelle condizioni sbiancò e quasi lo travolse, tanta era la preoccupazione.
«Che cosa gli è successo?!» 
«Il tizio che con cui stavi combattendo l'ha colpito prima. Non so con che incantesimo, ma— Ah, maledetto bastardo, non ne vuole sapere di mollare! State qui, voi due!»
Prima che Eric potesse obiettare, George era corso fuori dal Café con la bacchetta sguainata. 
Il castano respirò a fondo, portandosi una mano alle gote sentì un'umida sensazione sotto i polpastrelli: lacrime.
Le asciugò in uno scatto e si chinò sul corpo tremante del gemello.
«John? Mi senti, vero? Andiamo, sono qui, Johnny. Sono Eric!» Gli diceva, dandogli dei lievi schiaffetti e scuotendolo, mentre gli occhi tornavano a pizzicare. 
«Era ora...» Rise piano l'altro, socchiudendo gli occhi. «Ti vedo malissimo...»
«Presto starai meglio.» Gli promise Eric, scostandogli i capelli da davanti al viso. Erano così vicini che poteva percepire il lieve respiro di John solleticargli la pelle.
Un singhiozzo uscì dalle sue labbra, incontrollato.
«Ho già usato il mio Obolo, Johnny. Ma ne abbiamo un altro, no?»
«Quello è per te, Eric...»
«Ma io sto bene!»
«Hai già usato la magia dell'Obolo, ci è concesso una sola volta a testa...»
«Sono sicuro di farcela, cos'ho da perdere?»
«Troppo, Eric. E se ti accadesse qualcosa?»
«Non voglio che tu muoia!»
Quella frase quasi la urlò, Eric, poggiano la fronte contro quella del gemello e singhiozzando. John socchiuse gli occhi stancamente e, non senza uno sforzo considerevole, confessò: «Ed io non voglio vederti morire di nuovo, fratello.» 
«Non succederà. Davvero, John, non stavolta.» 
John alzò un angolo della bocca. «Promesso?»
Eric annuì. «Lo giuro sullo Stige. Ed ora... Ora lascia fare a me, d'accordo? Fidati.» 
Chiuse gli occhi, chiamò a sé quanta più magia possibile, ma quando li riaprì nel suo palmo destro non c'era alcuna moneta d'oro.
In lacrime, ci riprovò.
Una, due, tre, quattro volte.
«Andiamo... Dai... So che ci sei... Accidenti, perché non funziona?!» 
Rivolse uno sguardo a John; il cuore martellante nel suo petto si fermò quando vide l'espressione degli occhi del gemello. Stava morendo, stava morendo e lui non poteva fare nulla.
«No—!» 
Scuotendo il capo, Eric prese John per le spalle e lo scosse con forza. «John! Non farlo, ti prego! Perfavore, John, perfavore! Ti prego!»
Scoppiò in lacrime, il giovane, e strinse a sé il corpo del fratello, senza trattenere urla e lamenti.
Solo in quel momento realizzò il perché John fosse così in sintonia con George e il motivo dei suoi atteggiamenti nei suoi confronti: solo in quel momento capiva, perché stava provando il dolore di chi resta.
«Non lasciarmi solo! — Obolo, Obolo, dove sei? Perché non appari?!»
«Ne hai già avuto uno, Castore.» 
Eric alzò il capo, emergendo dai folti capelli ricci di John, e sbatté le palpebre; le lacrime gli offuscavano la visuale.
«Sorella
Una figura eterea, delicata, solenne; ecco com'era la donna che gli era comparsa davanti. Eric non si alzò, non chinò il capo in segno di saluto o altro; la guardò negli occhi con sfrontato coraggio.
«Nostro padre vi ha dato un solo Obolo a testa, fratello.» Disse la giovane in tutta calma. «Per quanto egli ami i suoi figli, non ti concederà un'ulteriore occasione. Non è in suo potere.»
«Ma John ha ancora il suo Obolo!» Obiettò debolmente Eric. «Elena, neanche tu vuoi vederlo morire, vero?»
«Certo che no, piccolo.» Rispose piccata la giovane, sorridendogli. «Polluce non può salvarsi da sé e tu hai utilizzato il tuo Obolo, ma io no.»
«...Come?»
«Dispiacerebbe a molti perdere una costellazione con una storia così piena d'amore, fratello
Elena si avvicinò ai gemelli e si chinò. Chiuse gli occhi e, prima che li riaprisse, Eric vide affiorare nella sua mano una moneta dorata splendente.
«Che il tempo per te si fermi, Polluce, figlio di Zeus e Leda.» Esordì gentilmente Elena. «Cambia il disegno del fato, salva ciò che è andato perduto, ridà la vita all'anima cui è stata sottratta.» 
Lanciò la moneta «Un Obolo per il Traghettatore.» e si alzò.
Eric, ancora intontito da tutti quegli improvvisi eventi, guardò confuso il punto in cui l'Obolo era scomparso.
«Sorell—?» Non appena fece per dirle qualcosa, per ringraziarla, si accorse che era svanita nel nulla. Nello stesso istante, qualcosa tra le sue braccia si mosse.
«Ho sentito la voce di Elena...» Bofonchiò John, massaggiandosi la nuca e rivolto al gemello, il quale lo guardò incredulo. «O forse l'ho solo immaginata— Ehi, cosa ti sei fatto al labbro?»
In una frazione di secondo, Eric gli gettò le braccia al collo, facendolo ripiombare a terra.
«Eric—! Così mi strozzi—!» Si lamentò John con voce soffocata e il viso rosso dall'imbarazzo, pur senza respingere il gemello. Gli diede qualche pacca impacciata sulla schiena, fino a sciogliersi e ricambiare l'abbraccio.
«Non sai quanto mi hai spaventato, tu!» Sbottò singhiozzando Eric, ritraendo le braccia solo per dare dei pugni poco convinti alle spalle del fratello. «Non farlo mai più, capito?!»
«Lo giuro sullo Stige, Eric.» Gli rispose con tranquillità John, stringendolo a sé per qualche altro secondo e lasciando che si sfogasse. Poi Eric si allontanò lentamente e, mentre con una mano si asciugava le guance bagnate di lacrime, con l'altra frugò nella tasca della felpa malridotta e ne tirò fuori della carta colorata. Spiegandola, essa si rivelò contenere un pezzo di cioccolato che Eric porse al fratello.
John sbuffò una mezza risata, prese il dolce e lo spezzò in due.
«Andiamo da George, forza.» Esordì, portando alla bocca il suo pezzo di cioccolato.

 

 

Quando combatteva George non era più George.
Diventava più scaltro, veloce, impulsivo.
Eppure rimaneva al contempo se stesso, poiché combatteva con la sua solita aria beffarda e strafottente, deridendo quasi l'avversario.
In quel momento, però, del sorriso malandrino del giovane Weasley non c'era la minima traccia. Il suo volto era contratto dalla stanchezza e dalla determinazione; non c'erano pause, né tempo per pensare a una strategia o a quale formula fosse meglio utilizzare.
No, c'erano solo scatti di luce, colpi di bacchetta e loro due: i duellanti.
Sarebbe bastato davvero poco perché uno dei de avesse la meglio sull'altro e, a riprova di ciò, il minimo tentennamento portò George a schiantarsi con l'asfalto. Sotto il suo peso, il polso destro dolé terribilmente.
Dolohov rise – non c'era che una malsana e sadica allegria nella sua risata tronfia – e, in una sola mossa, sollevò George da terra.
Il rosso si lamentò e cercò di dimenarsi, nel tentativo di afferrare con il braccio buono la sua bacchetta, rimasta a terra.
«Puoi anche smettere di dimenarti, ragazzino, tra poco non ne avrai più bisogno!» Gli urlò contro Dolohov, ghignando.
Seguendo il suo sguardo, George si accorse della presenza di un corso d'acqua che tagliava in due Upside Street; lui e i gemelli l'avevano attraversato per andare allo Stadio di Quidditch tramite un ponte. A quanto aveva capito, gli americani lo avevano posto lì per permettere agli stranieri provenienti da fuori il continente di arrivare senza dare nell'occhio coi newyorchesi – un po' come avevano fatto i bulgari quando, da Dumstrang, erano arrivati a Hogwarts in occasione del Tremaghi.
Non si sapeva bene dove finisse, né da dove cominciasse, ma la velocità con cui l'acqua scorreva e il fatto che, cadendovi, sarebbe potuto finire chissà dove, certo non tranquillizzarono George.
«Ultimo desiderio, Weasley?»
Un sorriso sghembo si fece strada sul viso del giovane, che rispose: «Sì, in effetti! Voltati!»
Il ghigno di Dolohov vacillò e quando, diffidente, voltò appena il capo, si ritrovò la bacchetta di John puntata contro e gli occhi di quest'ultimo ridotti a due fessure taglienti e gelide. Confuso, il Mangiamorte guardò anche Eric, affiancato al gemello, e inarcò un sopracciglio.
«Dunque siete due, eh?»
«Riportalo a terra.» Sibilò John. «Adesso.»
Dolohov sbuffò una risata, scoccando ai gemelli un'occhiata divertita. «Altrimenti?»
«Altrimenti per te finisce male, Antonin.» Rispose una voce ironica alle spalle di Joh ed Eric; quest'ultimo, in uno scatto fulmineo si voltò e tirò fuori la bacchetta, ritrovandosi quella del Mangiamorte a un palmo dal viso.
«Abbassa la bacchetta, ragazzino, o tuo fratello finisce male.» Intimò Rookwood.
«Tu prova a fare il furbo e non esiterò a far fuori il tuo compagno.» Minacciò Eric.
«Noi due siamo ben coordinati.» Aggiunse John. «Se colpisce mio fratello, colpisco anch'io.»
George si portò le mani davanti alla bocca, trattenendo un conato di vomito; penzolare a testa in giù non era affatto piacevole, e rimpiangeva – quasi – tutte le volte in cui aveva trovato divertente vedere gente riservare quel trattamento ad altri.
«Basta che vi decidiate in fretta, voi quattro—!» Sbottò esasperato, cercando di allungare le braccia verso la sua bacchetta.
«E voi credete davvero che a me o ad Augustus importi di difenderci a vicenda e scemenze simili? Facciamo così, mocciosi!» Esordì Dolohov. «Voi mettete giù le bacchette e, in cambio, vi uccidiamo tutti e tre insieme. Non prometto morti indolori.»
Eric guardò John con la coda dell'occhio, nervosamente; quest'ultimo tremava un po', ma mantenne il braccio teso anche se, a conti fatti, sarebbe stato arduo uscire da quella situazione di stallo.
Aggrottò la fronte quando vide le espressioni sui volti di George e Dolohov divenire sorprese e, be', anche un po' atterrite. Affianco a lui, voltato, Eric sussultò appena.
Distolse lo sguardo dal Mangiamorte di fronte a lui inizialmente con diffidenza, ma poi, quando notò due grandi occhi verde scuro brillare minacciosi dietro Rookwood, sgranò gli occhi.
«Lascia andare il ragazzo, Mangiamorte.» Ordinò una voce di ragazzo che Eric riconobbe all'istante. Si voltò appena in tempo per vedere un basito Antonin Dolohov lasciar cadere a terra la propria bacchetta.
Non fece in tempo ad avere una qualsiasi reazione che una forte folata di vento per poco non scaraventò lui e John a terra. Un'ombra gigantesca e scura li sovrastò a gran velocità e, prima di finire in acqua, la mano di George venne afferrata da quella di un ragazzo vestito di una rudimentale ma sofisticata armatura scura e leggera, con tanto di maschera che lasciava intravedere solo gli occhi verde prato.
Ma non fu l'aspetto inusuale di quello che doveva essere un sedicenne a stupire i gemelli e George, bensì la bestia su cui questi era seduto a cavalcioni: un grande, grosso drago dal manto nero come la notte e gli occhi verdi come veleno.
«Lu—» Un lampo attraversò gli occhi color prato del ragazzo mascherato, ed Eric si corresse. «—Apollo, sei tu?»
«In persona.» Rispose gentile l'americano, facendo un cenno alle spalle del ragazzino. «Tu sei il fratello da salvare, vero?»
John, boccheggiante, annuì.
«E tu, allora?» Aggiunse Apollo in riferimento a George, ancora appeso al suo braccio e che, aggrottando la fronte, rispose: «Uno che ti è debitore, amico.»
«Un secondo, un secondo! Apollo, scusa, ma... Ma quello è davvero—?»
«—Proprio lui!» Rispose con enfasi l'americano, dando un buffetto affettuoso sul muso del drago che, emettendo un verso che doveva significare gradimento, scosse il capo. «Il mio amico: Incendio



 


 

 

Writer's Side
Bonjour tout le monde! (?) xD
Ce l'ho fatta, alé! Ricontrollare questo capitolo è stato lungo da fare, ma sono qui, ed è ciò che conta, no?
Beeeene, allora, la situazione continua ad evolversi e, infatti, sono stati introdotti dei nuovi personaggi che aiuteranno George, Eric e John a raggiungere Amstrong – possibilmente illesi, vero? XD
La faccenda degli pseudonii l'ho messa per, appunto, quegli studenti che fanno parte dell'Armata ma sono ancora o minorenni o comunque studenti che, di tanto in tanto, per un motivo o per un altro, escono di nascosto da scuola. E non li ho scelti a casaccio, anche se non ho il tempo di mettermi a spiegare ogni intrinseco significato di ciascuno di loro (sapete com'è: sono a scuola!)
Vi dico solo che simboleggiano la relazione tra i vari personaggi; Sigyn e Loki, ad esempio.
Se, come me, amate l'omonimo personaggio interpretato da Hiddleston, potete immaginare che tipetto sia Eirik (nah, non è un cattivo, è solo Loki inside). Sigyn, secondo la mitologia norrena, è la Dea della fedeltà, sposa di Loki.
Da ciò e dalle scene del capitolo in sé, intuite quanto io shippi Eirik e Julchen. XD
Artemis e Apollo, invece, secondo alcune versioni sono fratelli (gemelli, forse. Non ricordo), e quindi ho creato un legame molto forte tra Alice e Lukas. La famiglia di quest'ultimo, come anticipato da Eirik, è importante ad Amstrong – e anche nella storia. Vedrete.
Poooooi, avete visto Elena?
Eh eh eh — no, nulla avviene per caso. In questa fic, il caso non esiste!
Il giuramento sullo Stige è riferito a Percy Jackson, che mio fratello adora.
Eeeeee niente. Non so che scrivere. Se avete domande, riflessioni, ipotesi, whatever, recensite e non abbiate paura di esporle. uwu
Mi spiace solo di non essere stata qui ad aggiornare la settimana scorsa, in occasione dell'anniversario di questa fanfiction. Eh già, è un anno (e una settimana xD) che porto avanti questa storia, e non posso credere come si sia evoluta. *^*
Inizialmente non pensavo di metterci tutto questo ambaradam di personaggi & avvenimenti, prevedevo sarebbe durata una ventina/trentina di capitoli per miracolo. E INVECE NO. *Commossa*
Vi adoro, sappiatelo, vi adoro per tutto il sostegno che mi date!

Giusto per farmi perdonare (?) del mio ritardo, comunque, vi lascio coi volti – non so se li cambierò, non credo; se ve l'immaginate diversamente, vi prego, ditemelo! – dei quattro nuovi arrivati: Artemis, Apollo, Loki e Sigyn.
Con questo vi saluto e vi do appuntamento alla prossima (...che non sarà questo fine settimana, temo. Ci proverò, comunque!).

 

Soleil Jones

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Soleil Jones