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Autore: StregattaLunatica    27/04/2015    4 recensioni
Reyna Cousland è l'Eroina del Ferelden e Comandante dei Custodi Grigi.
Mentre assolve i suoi doveri come Comandante ad Amaranthine, i ricordi delle battaglie e dei massacri accaduti durante il Flagello la tormentano, levandole il sonno la notte.
Tutti hanno sofferto e perso ciò che avevano di più caro durante il Flagello che ha martoriato il Ferelden, nessuno escluso.
Ma la colpa che le opprime il cuore, non le permetterà mai più di conoscere la pace.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Thedas'
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Epilogo

Quella sera la luna era assente, il novilunio rendeva la notte ancor più scura e tetra di quanto non lo fosse sempre stata. Toglieva quell'aria di mistero romanzesco che solitamente la caratterizzava, rendendola semplicemente fredda. L'aria era gelida, ma troppo umida perchè potesse iniziare a nevicare. Il cielo puntellato di stelle si vedeva a tratti a causa delle nuvole che venivano continuamente portate e spazzate via dal vento.
Al limitare di un anonimo villaggio nei Liberi Confini, così piccolo da non esser nemmeno segnato sulle mappe, vi era un alto ed imponente faggio. Il vento scuoteva le sue fronde spoglie, e le luci dei focolari provenienti in lontananza dalle case vi proiettavano flebili ombre sinistre.
Una di queste ombre si mosse, facendo capolino da dietro l'imponente tronco. Le foglie secche scricchiolarono impercettibilmente sotto ai suoi piedi, mentre dirigeva i suoi passi verso il villaggio.
Il mantello ondeggiava attorno alle sue caviglie mentre percorreva l'abbozzata strada di ciottoli e ghiaia che serpeggiava fra i semplici edifici.
Le strade erano deserte, a parte per un gatto grigio che gironzolava per le strade con inquietudine simile alla sua.
Si soffermò al di sotto di un portico sul quale cresceva spontaneamente dell'edera verde scuro. Sollevò appena gli occhi, sbirciando da sotto l'orlo del cappuccio quei rami che, scossi dal vento, si muovevano con placidità.
Un movimento alle sue spalle le fece abbassare gli occhi, voltandosi per controllare. «Com'è andata a Kirkwall?» domandò a voce bassa «Bene. Nuncio non sarà più un problema.» Zevran si accostò alla figura, allungando una mano per poterle scostare il cappuccio dal volto.
Erano passati quasi undici anni dalla prima volta che aveva posato gli occhi sul volto di quella donna con la pelle scura ed i profondi occhi blu, ma non riusciva mai a fare a meno di sorridere guardandola.
Gli anni erano stati clementi con lei, ora una donna con trenta inverni sulle spalle. I capelli color del cioccolato erano legati in una pratica coda di cavallo dietro alla nuca, alcune ciocche ribelli le incorniciavano il volto. Sul sopracciglio sinistro aveva una cicatrice orizzontale ed una verticale al centro del setto nasale, che le davano un aria più severa.
«Dopo quel disastro con i maghi sono stata in pensiero per  te. Stai bene?» l'elfo non rispose. Le pose le mani sulla vita, attirandola a se per stringerla fra le sue braccia. «Mi sei mancata.»
«Anche tu mi sei mancato.» le diede un breve ma intenso bacio al quale lei si permise d'abbandonarsi. «Fosse stato altrimenti, mi sarei preoccupato.»

La taverna era piccola e semplice, ma calda ed accogliente. I due scelsero un tavolo distanziato dagli altri. Nessuno aveva mai visto il volto della Comandante lì nei Liberi Confini, anche se suo malgrado non era certo famosa per quel titolo, ma era sempre meglio non rischiare. 
«Sei certa che sia stata una buona idea? Forse avrebbe veramente potuto aiutare.» la donna posò il pane sul tavolo, scuotendo appena il capo «Il Flagello è stata opera sua. Così come la morte di tutte quelle persone e dei Custodi su cui ha voluto far esperimenti. Se l'avessi lasciato continuare a sperimentare senza criterio, pensi veramente che non avrebbe più fatto errori che poi sarebbe toccato a noi correggere? No, l'Artefice andava eliminato.» l'elfo alzò le spalle «Mi fido del tuo giudizio. D'altronde, sei tu l'esperta.» a Reya sfuggì una risata sommessa. «Non direi proprio. Vorrei approfondire le mia conoscenze. Ma allora io e Alistair non abbiamo avuto il tempo di studiare. Noi...» il suo tono di voce s'assottigliò fino a spegnersi. Anche dopo tutti quegli anni, la ferita bruciava come il primo giorno.
Zevran allungò una mano per poter stringere la sua. «Hai fatto più di quanto molti Custodi abbiano fatto in tutta la loro vita. Devi smetterla di crucciarti Reyna.» la donna strinse la sua mano scuotendo il capo «Non l'ho fatto per dovere, si poteva evitare, l'ho fatto per cupidigia. Puro egoismo e brama di potere, niente più.»
«Ma guarda cos'hai fatto dopo. Hai salvato il Ferelden non una, ma due volte. Sono i Custodi ad essere in debito con te, non il contrario.»
«Il mio debito non è mai stato con i Custodi. Smettila di consolarmi per questo Zevran, sai bene che non l'ho mai sopportato.» il suo sguardo s'era fatto gelido, e l'elfo ritirò la mano soffocando sul nascere un commento caustico.
Passarono qualche minuto in silenzio, mangiando e bevendo evitando d'incrociare gli sguardi. Si conoscevano bene, e sapevano che spesso e volentieri quando litigavano la situazione tendeva a riscaldarsi troppo. Zevran dovette sforzarsi di reprimere un sorriso, pensando a tutte le volte in cui lei gli aveva puntato contro una lama. Era successo sin dal loro primo incontro, e da allora non aveva perso il vizio.
«Sospettavano nulla?» riprese a parlare lui dopo un po'. La donna sollevò le spalle «Nulla. Mentre ero ancora nel Ferelden ho visto qualche Custode Grigio e l'ho sentito far domande. Ma per quanto riguarda loro sono semplicemente svanita nel nulla.»
«Adesso vuoi dirmi il perchè di tutto questo? Ammetto che l'idea della fuga romantica non mi dispiace, ma non è questo il caso vero?» la donna si guardò attorno con circospezione, il taverniere li guardava da sotto le spesse sopracciglia continuando a pulire un boccale con uno straccio non esattamente immacolato. «Andiamo di sopra.»

L'elfo si lasciò cadere sul materasso del letto imbottito di paglia con un sospiro, prendendosi qualche attimo per osservare le assi del soffitto. Voltò poi il capo, guardando la compagna mentre posava la sacca da viaggio e le armi.
Non disse nulla, aspettò semplicemente che la donna fosse pronta. Teneva le spalle particolarmente rigide, e questo non era un buon segno.
Reyna sospirò pesantemente, voltandosi verso di lui. Si posò le mani sulla cinta, aprendo leggermente il mantello sino a mostrare l'armatura. Zevran la riconobbe subito, non era quella dei Custodi ma l'armatura fatta con scaglie di drago di mastro Wade. Aveva qualche modifica e rinforzo, probabilmente erano state fatte alla Fortezza della Veglia.
«Avrei...dovuto dirtelo prima. Ma non mi pareva il caso di affidare questa notizia ad una lettera.» abbassò lo sguardo, facendo qualche passo verso il letto.
Zevran si mise a sedere, ostentando un sorriso nonostante l'aria si stesse facendo insopportabilmente pesante. «Non tenermi sulle spine!» esclamò riuscendo a tenere la voce ferma.
Lei si portò le mani alla gola, slacciando con un colpo secco del pollice il gancio di rame che teneva chiuso il mantello. Mosse impercettibilmente le spalle, ed il pesante capo cadde a terra. Slacciò le cinghie che tenevano chiuso il colletto dell'armatura, lasciando che penzolassero inermi. Scostò e tirò la pelle dell'armatura, sino a scoprire parte della spalla e della clavicola sinistra.
Il sorriso divertito si cancellò dalle labbra dell'elfo mentre sbiancava come un lenzuolo. «Reyna...» mormorò a fil di labbra il suo nome mentre lei tornava velocemente a coprirsi andando a sederglisi affianco.
«Zevran, io ho bisogno di te. Ma non sei obbligato a seguirmi. Sei già fuggito abbastanza nella tua vita, senza che io ti chieda di venire con me e sfuggire anche ai Custodi. Se non vorrai seguirmi io capirò e non ti...» l'elfo soffocò le sue parole con un bacio, attirandola a se e spingendola sul letto. Le sciolse i capelli, che formarono una corona attorno al suo capo. Reyna sentiva l'odore della sua pelle, cuoio, sudore e cannella. Lui posò la sua fronte su quella della donna, inspirando con forza e tenendole il volto fra le mani. «Sarò sempre al tuo fianco.» le sussurrò con dolcezza e fermezza per poi perdersi in lei.

Il sole era in procinto di sorgere quando uscirono dalla stanza della taverna per andare a pagare il locandiere. Reyna sbirciò dalla finestra che dava sulla sala principale. Il cielo blu scuro all'orizzonte iniziava a sfumarsi d'arancio, le nuvole si mischiavano con la luce creando sfumature violacee.
La donna pagò l'uomo, lasciando una cospicua mancia per assicurarsi che dimenticasse d'aver avuto due forestieri ad alloggiare da lui quella notte. L'uomo non disse nulla, limitandosi ad intascarsi le due sovrane luccicanti.
Lei ed il compagno si mossero verso la porta, la quale si spalancò di colpo facendo irrompere nell'ambiente una ventata d'aria gelida. Reyna si spostò per far passare l'avventore, scrutandolo con la coda dell'occhio. Lo precedette un mabari, e la Comandante non potè trattenere una punta di nostalgia e tristezza.
Si disse che se Aiace fosse stato ancora vivo, probabilmente in quel momento sarebbe corso incontro all'altra bestia. Ed invece non c'era più. Aveva trovato a sua fine in una delle loro battaglie contro i Prole Oscura, frapponendosi fra lei ed un genlck per proteggerla. Il veleno dei genlock non ha pietà per nessuno.
Ricacciò il triste ricordo, sgusciando fuori dalla porta e passando accanto alla figura per poi oltrepassarla dirigendosi alle stalle. Zevran, invece, si soffermò un paio di secondi, osservandola.
Era una donna alta, le spalle larghe tipiche di chi fa uso di armi ed armature pesanti. Difatti, da dietro la schiena faceva capolino l'impugnatura di uno spadone a due mani. La pelle olivastra, ma con le gote arrossate per via del freddo. I capelli corvini legati in una coda di cavallo bassa tenuta stretta da dei sottili lacci di cuoio. Le iridi color verde menta sondarono frettolosamente la taverna, soffermandosi sulla figura di Zevran.
Si guardarono per qualche istante, poi lei gli fece un breve cenno di saluto, che l'elfo ricambiò con un sorriso, per poi passare oltre.
Raggiunse la compagnia, già salita in sella al suo destriero dal manto nero lucido, ad attenderlo pazientemente. Zevran salì agilmente sulla propria cavalcatura pezzata.
«Eccoci qui, di nuovo all'avventura assieme.» le disse affiancandosele, mentre si lasciavano il piccolo villaggio alle spalle. «Niente arcidemoni questa volta però!» esclamò con tono divertito, ma guardandola con amorevole preoccupazione. «Potremmo affrontare ben di peggio...» gli rispose, osservando il cielo e sospirando pesantemente. C'era qualcosa di sbagliato nell'aria ultimamente. Non aveva quell'orribile sensazione da quando avvertiva il peso del Flagello sulle sue spalle. Qualcosa stava per accadere, qualcosa di brutto. La Comandante sospirò pesantemente, sperando nel profondo del proprio cuore di sbagliarsi. «Vedi? È per questo che ti amo, sei un inguaribile ottimista!» la punzecchiò l'elfo, riuscendo a strapparla dai suoi nefasti pensieri e facendole comparire un mezzo sorriso sulle labbra. La donna strinse le redini, per poi incitare il cavallo. Partirono al galoppo, sparendo nella luce nascente dell'alba.
  
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