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Autore: tixit    27/04/2015    3 recensioni
Non una storia a puntate, ma una raccolta di favole raccontate da André ad Oscar, negli anni. Non so quante, sinceramente.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di chiunque possieda diritti su Lady Oscar, la serie di anime, i Manga, il film ... questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

Note: avevo in mente una serie di cose, e mi piacerebbe scriverle - non so bene come organizzarmi con quella delle possibilità... ora vediamo come me la cavo.
Come mi ha fatto notare qualcuno: le storie si parlano...


Le Favole di André

 

C’era una volta un mago... (III parte)

Il bambino biondo fece finta di non aver sentito.

Il ragazzino bruno sospirò:”Per una volta che desidero finire di raccontarti una storia, potresti anche collaborare...”

Il bambino biondo sospirò “Se ci tieni tanto...”.

Il ragazzino bruno continuò: “Il Lutin rispettò sempre la sua parte del patto: ogni volta che il bambino umano sbagliava un incantesimo, il Lutin sentiva dolore e non diceva mai nulla. Il bambino umano non lo faceva apposta, a lui spiaceva che il Lutin pagasse al posto suo, all’inizio no, non gli importava, è vero, ma dopo, dopo un po', finì che gli spiaceva sul serio...”

Il bambino biondo lo interruppe “Era stata una idea del Lutin quella della magia, e un patto è un patto: era giusto così. Il bambino umano faceva molto male a starci male, perché al Lutin in fondo non importava per niente!”

Il ragazzino bruno scosse la testa.

Nella cucina, seduti all’enorme tavolo di quercia, il bambino biondo, aveva preso delle boccette di linimento e aveva versato alcune gocce in una scodella di metallo, che conteneva acqua calda

“Cosa fai?”

“E’ per le vesciche” disse alzando gli occhi al cielo esasperato.

“Posso aiutarti?”

“Non serve!”

“Non ce la fai con una mano sola alla volta...”

Il bambino biondo aveva scrollato le spalle ed il ragazzino bruno gli aveva preso le mani, brusco; la pelle era bianca e molto delicata, i segni delle bacchettate si incrociavano rossi sui palmi come graffiti sui banchi vecchi della chiesa del suo paese. Quelli nuovi spiccavano rosso vivo, su quelli vecchi più pallidi; rabbrividì osservando le bolle di due vesciche scoppiate, con la carne viva esposta – come aveva potuto? come aveva potuto fare questo a quel bambino?


“Se tu non dicessi quando non ti faccio male, che non te ne faccio, potremmo farla franca, non credi?” disse piano il ragazzino bruno, con aria da cospiratore.

“Si chiama mentire, sai?” disse il bambino biondo guardandolo negli occhi.

Per la mezz’ora successiva il ragazzino bruno medicò le mani del bambino biondo, seguendo le sue istruzioni – il bambino sembrava sapere esattamente cosa fare per ogni frustata o come legare una fascia, e il ragazzino bruno se ne stupì: lui era stato picchiato così poche volte... e ogni volta qualcuno era venuto ad abbracciarlo e a consolarlo con qualcosa di dolce, di nascosto; sua madre, i suoi fratelli, il suo gemello, tutti erano stati suoi complici e protettori, meglio dei cavalieri di una favola, tutti senza spade, ma armati di miele e mele e facce buffe, e storie di mostri con voci cavernose, e capelli tirati, come ruvido gesto d’affetto.

E anche lui, aveva sempre consolato il gemello, sempre: tutti e due nascosti nel granaio, lui che svuotava sempre le tasche e divideva equamente quello che ci trovava, lui che andava nella dispensa e tornava coi lamponi... c'era tutta una storia tra di loro di quello che è mio è tuo e il tuo è mio, perfino una frustata.

Ma in quella cucina non arrivò nessun cavaliere quella sera.

E, questo lo colpì, il bambino biondo non sembrava aspettarsi l’arrivo proprio di nessuno - si limitò a ringraziare cortesemente per l’aiuto e se ne andò.

Il ragazzino bruno riprese a narrare “Il bambino umano pensò che ci fosse un modo di imbrogliare il Mago, e fare sentire meno male al Lutin, ma non funzionò...”, guardò di sottecchi il bambino biondo che aveva la fronte corrugata

“Il bambino umano non aveva onore: un patto era un patto e coi patti d’onore non si fanno trucchetti, li si onorano!”

“Il patto era scemo!”

“Era un patto,” il bambino biondo si strinse nelle spalle, “se il bambino umano non voleva, non lo stringeva. Ci doveva pensare prima. Un patto è un patto. E un patto con il Mago è un patto d’onore, che vincola ancora di più!”

 

Il ragazzino bruno entrò di soppiatto nella camera. Il bambino biondo era nel letto e leggeva un libro.

“Cosa vuoi?”

“E’ la quarta cena che salti, ti ho portato qualcosa...”

“Non ho fame per niente!”

“Ne sei sicuro? ” mormorò il ragazzino dubbioso. “Ti ho portato dei lamponi...”

Il ragazzino biondo scosse la testa "Se ti ho detto che non ho fame!”

Il ragazzino bruno tacque. Sapeva che per i lamponi il bambino biondo andava matto.

Il ragazzino biondo aggiunse sussiegoso “... e non sarebbe corretto, un patto è un patto e un patto con l’Abbé è un patto d’onore ancora di più!”

“Perché?”

Ma il bambino biondo non rispose

 “Lo sai che sei proprio lagnoso?  Dimmi cosa sei venuto a fare e poi vattene coi tuoi lamponi!”

“Beh mi spiace non saper imparare... ma è che sul serio non so come si fa!”

“Ma va? Sul serio? Ma dai...”

 “Potrei anche non imparare mai a leggere e non mi importerebbe, sul serio, però... non è giusto, così... non in questo modo...” disse tutto imbarazzato il ragazzino bruno.

 “Forse dovresti  chiedere aiuto a chi lo sa fare, invece di cercare di fare da te.” lo interruppe piccato il bambino biondo.

“Prendi quel libro, quello lì!” ordinò brusco

“Questo?”

“Si. Lì c’è la favola che hai cercato di raccontarmi l’altra volta, quella che continuavi  a sbagliare, penosamente. Cominciamo con quella!”

“Leggo con te?”

“Direi... Altrimenti chi ti fa notare i tuoi errori? L’eco?”

“Sei sicuro?”

“Leggere una favola e scrivere un dettato è solo questione di esercizio e lì ti posso aiutare. Basta che ti impegni.
Capire quello che si legge e scrivere dei propri pensieri sensati, invece, richiede intelligenza e su quello io non ti posso proprio aiutare.” disse il bambino biondo, petulante, con uno sguardo di commiserazione.

“Volevo dire... sei sicuro di volermi aiutare?”

“Sono sicuro di volerla piantare con tutto questo olio da spalmare sulle mani ogni sera. Non riesco a voltare bene le pagine del libro!”

 “Il bambino umano una sera andò dal Lutin, perché gli voleva chiedere scusa.”

“Non c’era bisogno, i Lutin non sono come i bambini! E non si curano di cosa dicono i bambini!” disse il bambino biondo piccato.

“E invece c’era bisogno! Il bambino umano aveva sbagliato apposta le prime volte perché pensava che il Lutin...”

“Cosa pensava il bambino umano? Senti Senti... il bambino umano addirittura... pensava!”

Il ragazzino bruno tacque e poi mormorò piano “Pensava che il Lutin non provasse niente... che fosse solo un... Lutin e il bambino umano era tanto arrabbiato per delle cose sue e non aveva capito che il Lutin non c’entrava proprio niente...”

“Il bambino umano era veramente un povero scemo,” lo interruppe il bambino biondo scuotendo la testa.

“E il bambino chiese al Lutin di aiutarlo. E il Lutin disse di sì”.

“Per forza... i Lutin aiutano sempre, lo sanno tutti, è la loro maledizione!” sbuffò scocciato il bambino biondo.

 

L’Abbé sorrise divertito: “Solo quattro errori nel dettato, André... bravo!”

Il ragazzino bruno arrossì fino alle orecchie, mentre il bambino biondo sollevò gli occhi al cielo.

“Per cui  darai solo 4 bacchettate al Folletto”

“Io?”

“Si, tu, certo” disse l’Abate sorpreso “il patto era questo, lo sai... tu sbagli e Madamigella paga.”

Il bambino biondo stese la mano “Sbrigati!”

Quando il castigo fu amministrato l’Abbé guardo il bambino biondo, e come sempre, chiese: “Folletto, dimmi, li hai sentiti i colpi?”

Il bambino biondo scosse la testa. “Non mi ha fatto male per niente, si è trattenuto!”

Il ragazzino bruno arrossì e lanciò un'occhiataccia al bambino biondo - era proprio uno scemo!

“Allora Madamigella salterai la cena. Vai!”

 

 “E il bambino superò la prova e decise che avrebbe imparato ancora un bel po’ di magie insieme al Lutin.”

“Perché?” chiese il bambino biondo.

 “Bhe... perché? “ disse cautamente il ragazzino bruno “Non era né perché il Lutin era simpatico, perché onestamente non lo era per niente, e nemmeno perché era antipatico, perché, onestamente, dopo un po' ci si abituava ai suoi modi sgarbati e non era più così antipatico..."

Il bambino biondo sbuffò "Ho sonno! Te ne vai?"

"Tra pochissimo... e non era nemmeno perché il Lutin era molto bravo con le magie, in fondo era solo perché il Lutin è... era... una creatura che faceva l’imprevedibile... ”

Il bambino biondo disse brusco “Non mi pare poi questo granché.”

Il ragazzino bruno sorrise ”Al bambino questo imprevedibile piaceva e bastava. E non stare a chiedermi perché, perché era così, punto e basta."

Quella sera il ragazzino bruno e l’Abate rimasero soli nella stanza.

“Lo so che vuoi chiedermi qualcosa...” disse l’Abate divertito.

“Volevo sapere se ho superato la prova...”

“Certo, sei stato molto bravo a imparare tante cose in un mese solo...”

“Se non l’avessi superata?”

“Ti avrei insegnato lo stesso a leggere e a scrivere, anche senza la richiesta del Folletto. Ma non avresti potuto studiare con Madamigella, non avrebbe avuto senso e avreste perso tempo in due... e anche così hai davvero tanto da recuperare... Madamigella è molto sveglia. E studiare le piace.”

Il ragazzino bruno annuì arrossendo.

“C’è altro?”

“Una cosa sola...”

“Di pure.”

“Se tanto mi avrebbe insegnato lo stesso, perché la prova?”

“Non amo buttare via il mio tempo.”

Il ragazzino tacque per circa un minuto mentre l’Abate aspettava paziente.

“Abbé, da quanto tempo insegna a...?”

“Al Folletto? Tre anni.”

“Quindi conosce com’è...”

“Abbastanza, è proprio come un folletto della casa, capace di rendersi invisibile quando vuole, entra nelle stanze chiuse a chiave, si tuffa nel fiume e non annega, gira nei boschi e non si perde, una creaturina suscettibile, cocciuta e dispettosa. Ti riempe le scarpe di sassolini e scambia il sale con lo zucchero se pensa che le hai fatto un torto... ed ha la testa sempre piena di sospetti, i folletti sono molto difficili da addomesticare... si, so com’è.”

“E allora lo sapevate che si sarebbe impegnata.”

“Oh, si, lo sapevo molto bene che il Folletto si sarebbe impegnato con te... il Folletto è anche una personcina molto seria. Tutti i folletti della casa, mantengono le promesse, e fanno doni senza chiedere nulla in cambio e proteggono quelli che pensano sia la loro... gente.”

 “Ma allora perché punire... il Folletto?”

“Non amo buttare via il mio tempo. E nemmeno il suo. Il Folletto non ha posto condizioni al regalo che ti voleva fare, ma io sì, perché conosco il Flletto e conosco le persone: non so se tu sai chi sei, giovanotto, probabilmente un  pochino più di un mese fa... ma il Folletto aveva tutto il diritto di sapere chi sei tu. Anche nel modo più duro.”

“Ma le frustate...”

“Ne ha prese molte più di te, ragazzino” lo interruppe bruscamente l’Abate, “molte. E credimi, le frustate non sono poi così male rispetto a tante altre cose...” scosse la testa risentito “ e ora vai a dormire!”

 

 

"L'imprevedibile bastava pure al Mago, che conosceva il Lutin da molto più tempo e gli voleva molto bene.”

 “Non lo puniva mai?”

“No, lo puniva spesso, ma ogni volta il Lutin se lo meritava!”

“Come no?” sbuffò il bambino biondo.

“Il Mago insegnò al bambino, ma solo a patto che il Lutin lo aiutasse. Volendolo aiutare.”

Il bambino biondo chiuse gli occhi.

“E nel patto volle pure che il bambino rispettasse l’aiuto del Lutin, che capisse che era un aiuto importante e che non sfruttasse la gentilezza del Lutin, le poche volte che era gentile, senza apprezzare il Lutin.”

 

Il bambino biondo serrò gli occhi “Ho sonno, te ne vai per piacere? Adesso mi stai annoiando...”

“Si, solo un’ultima cosa, Solo una cosa non era chiara al bambino, e cioè perché Il Lutin diceva sempre la verità al Mago, anche quando non conveniva...”

“Questo è facile!”

“Dici?”

Il bambino biondo esitò a lungo, indeciso tra raccontare quello che l'altro ragazzino non sapeva e tenere un segreto... “Non ti eri sbagliato: il Lutin era un Lutin, ma era anche un Changeling, uno scambiato, ma al Mago questo non importava, il Mago rispettava il Lutin come Lutin e come Changeling e il Lutin non mentiva mai al Mago per una questione di onore. Perché neanche il Mago al Changeling mentiva. Il Mago al Changeling non mentiva mai. E ora vattene che voglio dormire”.

   
 
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