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Autore: SabrinaSala    28/04/2015    22 recensioni
Il proiettile lacerò l’aria. Poi la carne.
Sorpreso, André si portò una mano al petto. La giubba blu intrisa di sangue.
-Oscar… - mormorò in un soffio. E in quel nome c’era tutto. Dolore, sgomento, paura… Paura di perderla. Adesso. Di perdere lei, la sua vita… Dopo averla finalmente trovata - Oscar… - ripeté.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Saint-Just, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4 – GIOCO SPORCO
 
L’ampia vetrata del salone rifletté il corpo seminudo di un uomo. Un giovane uomo dalle spalle larghe, i fianchi sottili e lunghi capelli castani sciolti sulla schiena perfetta.
Prima di rivestirsi, Victor Clement de Girodel si soffermò sulla propria figura… Un sorriso quasi sarcastico si delineò su quelle  labbra troppo spesso serrate in una piega amara. Aveva un’ottima posizione, sociale e militare, un corpo e un volto decisamente gradevoli, due occhi intensi che avevano strappato più di un sospiro, modi gentili e galanti... Bello, giovane e aristocratico. Eppure, niente di tutto questo era servito.
Socchiuse le palpebre, irritato da se stesso e dai propri insulsi pensieri. Afferrando, con il braccio sinistro, il pesante tendaggio a lato della finestra, guardò quel  riflesso con disprezzo. Possibile che l’aitante Comandante delle Guardie Reali, incaricato dei compiti più delicati, dalla difesa dei Reali al presidio degli obiettivi più sensibili di una Parigi in subbuglio, fosse più interessato alle strategie sentimentali che a quelle militari? Quando aveva deciso che una donna fosse più importante del proprio orgoglio, della propria carriera?
Una donna… rifletté. No! Quella donna
Il suo pensiero corse inevitabilmente al quel primo duello… La prima volta che i loro sguardi si erano incrociati esattamente come le loro spade. Era bella, Oscar… Lo era sempre stata. Accaldata, in quella assolata giornata primaverile, e luminosa Oscar, tanto da abbacinare…
Senza distogliere lo sguardo dal cortile, che si apriva a ventaglio  sotto la finestra  riversandosi poi  a guisa di un imbuto in un viale alberato fino al cancello,  afferrò la camicia dallo schienale di una poltrona e la indossò senza troppi riguardi. Una fitta alla spalla destra gli strappò una smorfia di dolore ma due colpi secchi alla porta lo distrassero, annunciando l’arrivo  di Alphonse.
-Avanti. – invitò senza voltarsi.
Un uomo anziano, alto e segaligno ma dallo sguardo gentile, quasi paterno, si profilò sulla soglia.
-Il dottore ha finito con le medicazioni… - lo avvisò – E’ pronto a controllare la vostra spalla, signor Conte –
-La mia spalla non ha motivo di essere controllata – replicò Victor. Non era certo la spalla a creargli problemi…
Con un sospiro impercettibile, abbandonò la mesta figura riflessa nel vetro,  voltandosi verso la porta e il proprio valletto.
-Se posso permettermi, signore… sembrate stanco. – commentò questi,  con quel velo di preoccupazione nello sguardo che Victor conosceva bene.
-E’ stata una giornata faticosa… - minimizzò rassicurandolo. Omettendo tutti i dettagli di una decisione che gli sarebbe forse costata i gradi.
-La situazione a Parigi sta precipitando, non è vero, signore? – Alphonse sapeva di potersi permettere quella conversazione.  Argomento delicato, soprattutto per le voci che giravano in città e cominciavano a serpeggiare anche tra la servitù delle famiglie più altolocate. Victor era come un figlio per lui e, soprattutto, il giovane conte lo aveva sempre trattato come un padre.
Victor gli rivolse, infatti, un sorriso affettuoso.
-Proprio così.- annuì, mentre negli occhi si riversavano le crude immagini di poche ore prima. - Gerard sta bene? -, domandò a bruciapelo.
-Sì, signor Conte. Ha riportato solo  qualche ferita superficiale. Niente di preoccupante, ha detto il dottore. Si sta rivestendo. –
-Prepara una stanza per lui qui a Palazzo, per favore. Non è il caso che si rimetta a cavallo stasera. –
Alphonse annuì e congedandosi lasciò la stanza.
Una volta solo, Victor tornò a fissare  il cortile deserto oltre la vetrata e quella piacente figura maschile dallo sguardo spento.  Si comportava come un ragazzino! Uno sciocco ragazzino innamorato.
Aveva giocato. E aveva perso.
Cosa si aspettava ancora? Una seconda possibilità, forse? E perché avrebbe dovuto dargliela, adesso. Proprio adesso..?
Gli strali rossi del tramonto gli ricordarono la loro ultima conversazione privata. Era stata secca e perentoria. Come sempre. Come se quelle parole non fossero indirizzate ad un innamorato respinto ma ad un plotone di uomini in parata. Femmina crudele come nemmeno sapeva di essere…
Si versò da bere, mentre un sorriso sarcastico gli piegava le labbra e lo sguardo scivolava ancora verso la vetrata e la sera che stava allungando le proprie fameliche ombre sul cortile… La ricca casacca azzurra, abbandonata sulla poltrona accanto alla finestra sembrava l’involucro vuoto di un uomo… spada e fusciacca scivolate a terra. Serrò le labbra. Avrebbe rinunciato a tutto per lei…
Rise tra sé, poi spinse lo sguardo oltre la porta del salone, in alto, verso il piano superiore.
Lasciò la stanza e prese le scale che conducevano alle camere da letto.
-Comandante. – salutò Gerard, scorgendolo dall’interno di una stanza.
Victor gli rispose con un rapido cenno del capo, continuando a percorrere il corridoio fino in fondo. Poi si fermò. All’altezza dell’ultima camera dell’ala destra.
Inspirò a fondo. Bevve un sorso del vino, rosso e corposo, dal bicchiere che teneva ancora in mano,  avvertendo subito un fiotto di sangue caldo scorrere ardente nelle vene.
Spalancò la porta.
Lo vide.
André Grandier riposava sereno sul grande letto morbido, tra spumeggianti lenzuola di seta. Il petto nudo, attraversato da garze pulite e sterili, si offriva agli occhi del padrone di casa come un regalo. Esposto a qualunque offesa…
André Grandier… Il garzone di Palazzo Jarjayes… Lo stalliere… il domestico di casa… il servo… l’attendente di Oscar. Sempre al suo fianco, in ogni occasione. A casa Jarjayes così come a Versailles.
Victor, il petto gonfio di rabbia a stento repressa, appoggiò un gomito allo stipite, il dorso della mano a sfiorare  la fronte accaldata.
Lo aveva capito subito. Impossibile non accorgersene. Ma aveva sperato che la differenza di rango, la buona creanza, le regole dettate dall’etichetta  le avrebbero impedito di compiere quel passo. Sciocco! Si disse. Niente avrebbe potuto fermare Oscar, testarda e orgogliosa…  Eppoi, aveva contato sulla  sua cecità. Non  quella di André, che aveva perso un occhio,  ma in quella di lei che sembrava travolgere tutto e tutti senza accorgersi mai di niente. Perché se solo se ne fosse accorta… si fosse accorta dei propri sentimenti… Allora sì,  l’avrebbe persa per sempre… E alla fine, forse,  così era stato.
Varcò la soglia, avvertendo una singolare sensazione di timore.
Che stupidaggine! Perché mai avrebbe dovuto temere di entrare in quella stanza?
Raggiunse il letto e si fermò di nuovo.
Immobile, quasi trattenendo il respiro, osservò con attenzione i lineamenti dell’uomo che temeva si fosse definitivamente insinuato nel cuore di Oscar… Un misto di disprezzo e rispetto si dipanò sul suo volto teso.
Un altro sorso, poi si lasciò cadere sulla sedia accanto al letto. Abbandonò la testa all’indietro, poggiando la nuca allo schienale di legno dorato e sospirò fissando  il soffitto, le braccia abbandonate lungo i fianchi della poltrona, il bicchiere di vino, ormai vuoto, che quasi toccava terra.
-André Grandier… - mormorò reprimendo a stento una risatina, e la sua mente ripercorse le ore concitate di quella mattina. La corsa verso le barricate, il rischio concreto di essere aggrediti dalle guardie cittadine, scoprire che Oscar si era diretta alla Bastiglia, schierata dalla parte del popolo…  Poi, l’impossibilità di raggiungere la fortezza… Le uniformi troppo riconoscibili, e l’assalto della massa, il ferimento di Gerard e il dolore lacerante alla spalla mentre lo issava sul proprio cavallo, salvandolo da un sicuro linciaggio. Irraggiungibile Oscar… sorrise amaramente… come sempre.
Eppoi André!
La decisione di prelevarlo, portandolo  via, lontano…  in un luogo sicuro e più salubre, perché la ferita non suppurasse, tra le proteste del soldato ferito e l’aiuto di Rosalie…
Era stata Rosalie, riconoscendolo, a permettergli di fermarsi tra le barricate, riprendere fiato e scoprire le condizioni di André. E sempre lei lo aveva rassicurato,  comunicandogli che Alain era al fianco di Oscar…  
Alain… un rozzo soldato della Guardia  dai modi spicci. Un irritante sorriso sarcastico e un’arroganza che non aveva pari. Nonostante questo,  si era subito fidato di lui. Forse per quella luce particolare negli occhi colta in ogni sguardo rivolto al comandante…
-Oscar… - aveva protestato André, semi incosciente, pallido come uno straccio, la macchia di sangue vermiglio che si allargava sul petto ad ogni respiro. – Avvisate Oscar, vi prego… -
Oscar… sempre e solo Oscar…
Victor poggiò i gomiti sulle ginocchia e intrecciò le mani sotto al mento. Era tornato a fissare il profilo di quel servo… di quel soldato figlio del popolo… dell’uomo di Oscar.
Automaticamente, gettò uno sguardo alla finestra che si apriva sullo stesso cortile visibile dal salone, domandandosi se il  messaggio era stato riportato. In quel caso, non avrebbe tardato. Ne era certo. Era solo questione di tempo… E allora, forse, l’avrebbe convinta…
 
***
 
Alphonse si affacciò alla soglia della camera in fondo al corridoio e indugiò per un istante con lo sguardo sulla curva delle spalle del giovane conte, piegato dal peso indecifrabile di un qualche  tormento.
-Ci sono visite, signore… - lo richiamò con un filo di voce, per non disturbare l’uomo addormentato sul letto.  
Victor si volse di scatto, alzandosi dalla sedia  e superando il domestico ancora fermo sulla porta.
-E’ qui?!? –
L’uomo non capì se si trattasse di una domanda o di un’affermazione. Forse di una speranza?
Ma non fece in tempo ad aggiungere altro,  perché in poche falcate Victor si trovava già dalla parte opposta del corridoio, pronto a scendere le scale, eccitato come un ragazzino, il sangue che scorreva veloce nelle vene, risvegliandolo dal piacevole torpore che il vino gli aveva regalato. Un sorriso a increspargli scioccamente le labbra.
I suoi occhi blu trafissero spietatamente l’ombra che divorava l’ingresso di casa, scandagliando ogni angolo del vestibolo.
-Nel salone. – suggerì Alphonse, immaginando le sue tacite domande e Victor volò giù dalle scale senza pensarci due volte. Ma una volta di fronte alla grande porta di legno che lo separava da quella stanza, si fermò cercando di riprendere fiato. Di calmare il ritmo del proprio cuore. Di rallentare il pulsare delle tempie dolenti. Rinunciò. Inutile tentare di ricomporsi. La sua naturale e proverbiale “etichetta” si era persa così come si era perso lui.
- Madamigella Oscar! – esordì spalancando la porta. Poi si paralizzò.
- Victor Clement de Girodel… - mormorò l’ uomo appoggiato alla mensola del camino, un sorriso sarcastico sulle belle labbra sottili. -Una bella casa.. Non c’è che dire…-  si complimentò  guardandosi  intorno.
Gli occhi castani, rapaci, sembravano sezionare ogni cosa, a fondo,  ogni oggetto così come la figura del padrone di casa.
- Louis Antoine de Saint-Just! – ribatté lui sostenendo quello sguardo agghiacciante e inquisitore
Saint Just rise. E rise di gusto.
-Vi domandate perché sono qui? Ve lo leggo negli occhi… - disse tornando a fissarlo - Voglio quello che volete voi… - asserì lentamente, scandendo ogni parola.
Victor sussultò.
-Esatto! – riprese l’altro, accentuando il proprio cinico sorriso – Oscar… - concluse.
Mistificando l’angoscia che gli attanagliava il petto, il giovane conte accennò lui stesso una risata forzata.
– Siete un folle! Esattamente come vi descrivono. – lo canzonò, consapevole dei rischi che stava correndo – Non sapete nemmeno di cosa state parlando… -
Saint –Just incrociò le braccia sul petto, appoggiando la schiena al camino.
-Io so tutto di voi. – mormorò con voce roca a profonda -  Di ognuno di voi.  – e dopo un breve silenzio, continuò: - Consegnatemi il suo uomo. –
Victor sbarrò gli occhi, abbassando il capo quel tanto che bastava affinché Saint-Just non se accorgesse.
-Il suo uomo? – domandò fingendo una qualche sorpresa.
-André Grandier. So che è qui… non tentate di negarlo. – e detto questo accennò col capo alla vetrata e al cortile interno del palazzo. Due sagome scure emersero dall’ombra.
“Spie!” Pensò Victor. Inutile mentire. Abbassò le palpebre, per un attimo, il tempo di ritrovare se stesso poi sollevò nuovamente lo sguardo ad intercettare quello freddo e tagliente di Saint-Just
-Perché vi interessa? –  la sua voce era quasi “incolore”, adesso
-Oscar è una pedina troppo importante… - sorrise l’altro -  Non posso permettermi di perderla. –
Girodel non riusciva a capire.
Accorgendosi di quell’ espressione interrogativa, Saint-Just aggiunse: -André è il suo burattinaio occulto e io ho bisogno di lui. –
Lo disse con naturalezza, come se la cosa fosse talmente ovvia da non dover essere spiegata.
Victor provò un senso di nausea e disgusto. Ridacchiò appena.
-E’ tipico di voi, Saint ­-Just… questo gioco sporco. – osservò.
-Consegnatemelo, Girodel e me ne andrò da casa vostra. –
Victor lo fissò negli occhi con una tranquillità di cui solo lui era capace.
-Perché dovrei farlo? –
L’altro sorrise, poi lo avviluppò nel suono della propria voce, profonda e sensuale, degna del demonio.
-Vi libereste di due problemi in un colpo solo, Victor… Di me e di lui… -
 
***
 
-Oscar!-
Un piede nella staffa, pronta a montare il sella, Oscar si volse al richiamo di Bernard appena rientrato con parte degli insorti.
-Vorrei ringraziarti per oggi, Oscar e chiederti a nome di tutti noi di continuare a sostenerci nella  battaglia. Ci saranno molte novità… molti cambiamenti… già a partire da questa sera… – l’aspetto trasandato, gli abiti sporchi  e la polvere non riuscivano a mitigare l’eccitazione che gli accendeva lo sguardo.
Rosalie, l’unica oltre ad Alain a conoscere i pensieri e le intenzioni di Oscar, prese il marito sottobraccio come  pregandolo di  non trattenerla oltre.
Oscar accennò un sorriso.
-Puoi contare sul mio aiuto, Bernard, e su quello dei miei uomini. – lo rassicurò - Al mio ritorno,  approfondiremo il discorso. – aveva parlato lentamente, con la fermezza che la caratterizzava, dissimulando abilmente il fremito del proprio cuore. Si compiacque per questo.
Si issò a cavallo, nuovamente splendida. Il sole alle spalle le conferiva un aspetto angelico dovuto all’aura dorata che sembrava irradiare dai suoi lunghi capelli biondi.  Non era più la Oscar dimessa di qualche attimo prima, il cuore dilaniato dal tormento.
 Era decisa ad andarsi a riprendere André. Ora sapeva dove cercarlo.  E la certezza di rivederlo presto l’aveva ammantata di una nuova serenità.
Ignaro di quanto era accaduto, Bernard lesse in quella determinazione un’ulteriore vittoria per la causa.
-Ti aspettiamo, Oscar François… - mormorò, evidentemente commosso.
Oscar alzò una mano in segno di commiato. Poi, cercò lo sguardo fermo e complice di Alain. Un cenno e l’uomo la seguì oltre il limite di quella piccola area protetta.
Inoltrandosi nei vicoli e nei sobborghi di Parigi, entrambi erano consapevoli dei rischi che avrebbero corso attraversando la città la sera di quel 14 luglio 1789… 
   
 
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