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Autore: Alice Thoreau    29/04/2015    1 recensioni
Anno 1095. In un mondo dominato dalla magia e dalla superstizione, una donna scozzese si innamora di un cavaliere al punto di seguirlo in battaglia durante la prima crociata.
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
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Capitolo III. Lewin Blacksmith.
SCOZIA, ARGYLL. Domenica 16 dicembre 1095.
 
L’incenso creava nubi bianche e basse all’interno della cappella gremita di gente. Il silenzio era interrotto solo dalle risate sommesse delle giovani dame che, nascoste dietro un pilastro scialbato a calce, mi osservavano. Una ragazza dai capelli rossi mi salutò con un breve cenno della mano. Irvine MacFarlane, il signore di questo imponente castello e capostipite del potente clan MacFarlane, non era solito ricevere ospiti al castello e in verità erano assai pochi i viaggiatori nelle Highlands. Io ero una novità per le giovani in età da marito.
«Dominus vobiscum».
«Et cum spititu tuo».
La dama coi capelli rossi mi osservava languidamente. Era di notevole bellezza, ma assai mediocre se confrontata con la dolce fanciulla che io vidi ad Arrochar due settimane prima. La mia attenzione era stata catturata dai rituali blasfemi che certi bifolchi del posto compivano sul monte Cobbler alla vigilia di Ognissanti. E poi avevo visto lei. I capelli più preziosi dell’oro fino, il sorriso più dolce del miele e di un favo stillante. Gli occhi azzurri come il cielo d’estate dopo un tremendo temporale. Aveva popolato i miei sogni ogni notte da quella notte. E io intimamente sognavo di poterla incontrare ancora. Arrochar si trovava a meno di una giornata di cavallo da Argyll e avrei forse potuto tornarvi tornando verso Londinium.
«Ite, missa est».
«Deo gratias».
La grande sala dei banchetti era stata allestita con pelli d’orso e tappeti orientali. Irvine MacFarlane brillava per munificenza e liberalità nel donare e la sua corte non aveva nulla da invidiare a quella di un raffinato conte del Sud. Il capoclan mi fece sedere alla sua destra.
«Gradite il cervo?»
«Oh no, in verità la molle carne del cervo è adatta solo alle donne e agli infanti. Io amo il cinghiale. Il cinghiale! Una bestia degna di un vero signore! E’ vero, il cervo è simbolo di Nostro Signore, ma nessun animale combatte come il cinghiale… Vero Ailbert?» disse Irvine MacFarlane.
Un uomo dalla folta barba bruna si alzò in piedi ridendo, il calice traboccante vino tra le proprie mani.
«Può giurarlo, mio signore!»
Riprese Irvine MacFarlane: «Lewin Blacksmith! Il vostro è un nome umile! Come siete diventato cavaliere?».
«Il duca di Cavendish mi prese come suo scudiero all’età di otto anni, e io lo servii per quindici lunghi anni. Poi Allister Cavendish morì e io iniziai a viaggiare di corte in corte per offrire i miei servigi» risposi io.
«E siete dunque qui per offrirmi la vostra spada?»
«Non propriamente. Re Gugliemo II ha ricevuto una lettera da Clermont nella quale papa Urbano II lo invitava ad unirsi a lui nella crociata contro gli infedeli. Ora io viaggio di corte in corte per raccogliere un drappello di nobili cavalieri che si uniscano a Goffredo di Buglione, che parte dal nord della Francia alla volta della Terrasanta».
Irvine MacFarlane era un uomo scaltro e ben sapeva che questa crociata avrebbe esteso la sua influenza anche sugli altri clan minori. I MacFarlane erano ben dotati di uomini e armamenti.
«Deus vult!». Come un boato la frase si infranse sui bicchieri, sulle stoviglie, sui trofei di caccia. Deus vult! Una volta, poi centinaia di volte sulle bocche di ciascuno, come un urlo senza fine. Deus vult!
 
Iniziai a sentire un leggero formicolio alle gambe. Cavalcavo verso Londinium da ormai sei ore e lungo la mia strada avrei incontrato altri capiclan per invitarli ad unirsi alla crociata. Era la mia missione. Non capivo il perché di quel formicolio. Ad un tratto, quando ormai mi ero deciso a smontare da cavallo e ad accamparmi all’aperto per la notte, la vista mi si annebbiò a caddi per terra. Quello che poi accadde è solo nebbia e pensieri offuscati. 
   
 
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