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Autore: Sherazad    30/04/2015    0 recensioni
Sono i percorsi tracciati nelle linee immaginarie del campo di prova, i percorsi da ricordare e da ottimizzare per il salto ostacoli, i percorsi dei sogni che fanno arrivare al traguardo trasformando il sogno in progetto.
"Sarà una mia impressione, ma tutti i miei pensieri sembrano evaporare quando entro lì dentro. Mi accolse il fiato caldo del suo muso rosa sulle mani che faceva condensa, non mi ero accorto di quanto facesse freddo per essere una giornata di settembre."
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimasi confuso tutta la sera, non sapevo come reagire a quel fatto inaspettato. Più che altro non capivo se fosse normale che mi sentissi così sconvolto. Cos'era successo alla fine? 

Una ragazzina aveva eseguito un percorso con un cavallo. Il mio stesso percorso. Con Double, un cavallo con cui Roberto non aveva fatto saltare nessuno, tanto meno un percorso così tecnico.

Mi aveva superato, ecco cos'era successo. 

E non c'è alcun dubbio sul fatto che io non sia più sconvolto ormai.

Sono solo tremendamente incazzato. 

In questo momento particolarmente sbagliato, partì la suoneria del mio cellulare, lessi distrattamente "Bea" sullo schermo, ma non ero assolutamente in condizioni di rispondere  e abbandonai l'aggeggio sulla scrivania. 

Armato di cuffie e Ipod, mi lasciai cadere sul letto, obbligandomi a dormire. 

L'indomani riuscì ad arrivare a scuola per miracolo. E, per altrettanta fortuna, sopravvissi anche a quelle cinque ore senza troppi danni collaterali; anche se dovetti promettere a Beatrice che mi sarei fatto perdonare per la mancata risposta di ieri sera, senza avere la minima idea di come fare, ma sono dettagli.

Nel tardo pomeriggio mi chiamò Federica, stupita che non mi fossi fatto vivo al maneggio. Mi era mancata la voglia, spiegai, raccontando anche l'episodio del giorno precedente. La sua reazione fu:

-Hai bisogno di svuotare un po' la testa tu, eh?-

Ormai con lei non ribattevo neanche più quando le sentivo quella voce sicura.

-Da casa mia alle nove.-  

Arrivai in ritardo e, anche se Federica mi riprese per questo, partimmo comunque mezz'ora dopo a causa di suo fratello. Quando arrivò, parcheggiò l'auto svogliatamente. Probabilmente aveva già macinato un po' di chilometri andando a prendere altri nostri amici; infatti, quando salimmo, la macchina fu al completo. Giacomo durante il tragitto cercò di delegare senza successo il ruolo di guidatore scelto ad ognuno dei passeggeri patentati superando con la voce il volume della musica con estrema facilità. 

Un'altra caratteristica di famiglia. 

Sceso dalla macchina, seguì il gruppo, poiché non avevo idea di dove dovessimo andare e mi ritrovai nel bel mezzo di una festa. Riconobbi qualche volto familiare, ma rimasi comunque insieme a Federica, era lei quella socievole dopo tutto. 

Infatti, si occupò lei di presentarmi ad un gruppo non troppo lontano. Qualche volto sapeva di già visto e capì che erano alcuni ragazzi del liceo artistico. Il suo sguardo cambiò quando m'indicò una bionda scalza, seduta a gambe incrociate sul divano che giocava con grande interesse con le stringhe delle sue scarpe abbandonate sul pavimento.

Federica mi aveva già parlato di lei e dei suoi occhi, "di giada" diceva.

-Lei, invece, è Alice.-

Le piaceva, e tanto. 

Alice, da sola, non si presentava altrettanto bene facendo fare a pugni i suoi innumerevoli dread e il dilatatore fluo con i vestiti e le scarpe pretenziosi; per sua fortuna era una ragazza parecchio carina.

Non mi piaceva neanche il suo atteggiamento, aveva già affogato una parte della sua lucidità in qualche bicchiere di troppo. Però, i suoi occhi avevano qualcosa di limpido che mi faceva sperare una fine quanto meno decente per Federica, che oramai era completamente affascinata da lei.

Dopo che Federica e Alice uscirono per andare a fumare qualche sigaretta, notai Andrea, più in disparte del solito. 

Spinto dalla curiosità, mi dirigo verso di lui, ascoltando i suoi problemi magari mi dimenticherò un po' dei miei.

-Ehi!-

Gli do una pacca sulla spalla e lui non si sforza neanche di fare un cenno che mi confermi che non è diventato un vegetale.

-Che succede Andre'?-

In breve, doveva esserci anche la sua fantomatica migliore amica qui, ma per qualche motivo all'ultimo minuto non è riuscita a venire. 

Me lo dice in maniera così triste che tento di aiutarlo: -Allora divertiti anche per lei.-

Lo porto verso il gruppo in cui ero prima e dopo un po' si convince a partecipare. Feci appena in tempo ad essere soddisfatto della mia buona azione che la mia attenzione dal compiacimento fu deviata verso un tavolo qualche metro più in là. Una ragazza era salita e ballava una musica tutta sua, agitando freneticamente i lunghi capelli rossi. Beatrice.

La gente intorno l'acclamava senza accorgersi che cominciava ad avere forti conati, in effetti nemmeno lei sembrava farci particolare caso, come fossero semplicemente altri passi.

Dovevo portarla via di lì.

Mi avvicinai e feci per tirarla giù dal tavolo, ma il mio braccio fu bloccato.

-Dai Tommy lasciala stare.-

Non riconoscendo la voce un po' biascicata in mezzo a quel rumore, mi girai nella direzione da cui proveniva. 

-Se ci tieni, Sara, però ti avverto che tra pochi minuti non sarà un bello spettacolo vederla vomitare nel mezzo del tuo salone.- 

Lanciò un'occhiata alla rossa che si dimenava ancora sopra di noi e

un lampo di consapevolezza le comparve sul viso, così mi lasciò il braccio e mi fece cenno con la testa verso la sua stanza, ritornando rapidamente agli ospiti. 

In qualche modo convinsi Bea a mettere i piedi a terra; la cosa però le procurò un capogiro e dovetti caricarla sulle spalle fino a quando non potei farla sedere su un piccolo divano che trovai sulla destra della stanza. Come previsto, rimise un paio di volte. Per fortuna recuperai un cesto della spazzatura in tempo. Appena si fu ripresa, cominciai a slacciarle gli stivali, non avrebbe potuto dormire con quelli addosso. In risposta, lei fece per togliersi il vestito. 

-Ferma.

Le rimisi a posto le spalline.

-E perché mai?

Disse con un tono lamentoso e cantilenante. 

-Perché no. 

Per qualche motivo, non riuscì più a guardarla in viso e abbassai gli occhi.

-Ma come? Non ti piaccio più?

Mentre lo diceva, mi tirò con una mano il viso verso il suo, aveva l'alito ancora più forte di quanto mi aspettassi.

-Ora sdraiati e dormi, domani non sarà una bella giornata. 

Mi distolsi e le presi le mani per rassicurarla, ma lei mi allontanò il più bruscamente che poté.

-Ma che ti frega di me?

Urlava.

Mi trapassò con uno sguardo pieno di rabbia giusto un momento prima che le palpebre le si facessero troppo pesanti per resistere e mi cadde sul petto, esausta. La feci sdraiare su un fianco e mi chiusi la porta alle spalle.

Perché si era ridotta così?

Avrei voluto dimenticare l'immagine di lei in quello stato.

E invece la mattina dopo non mi ricordai nient'altro che quello, almeno sapevo di essermi fatto perdonare. 

Mi svegliai solo grazie al profumo di un caffè particolarmente forte, quasi quanto il mio mal di testa. Solo dopo essermi tirato su a sedere mi resi conto di non essere in casa mia. Infatti avevo ancora indosso i jeans e la camicia di ieri, ma mi ero degnato di togliermi le scarpe, se l'avevo fatto io. Ci misi ancora qualche attimo prima di realizzare che ero nel salotto della casa di Federica e Giacomo. Il pensiero successivo fu di trovare il cellulare per controllare se mia madre poteva aver superato il suo record di chiamate per scoprire dove fossi finito. Lo scovai sotto un cuscino insieme alle chiavi di casa, ma nessuna chiamata. Né un messaggio. 

-Ci ho pensato io.-

La voce di Federica che proveniva dalla cucina mi fece sorridere. 

-Sei un angelo.-

Come per confermare la mia affermazione, comparve da dietro la porta con un vassoio in mano e il profumo di caffè con sé.

-Forza, mangia, che tra poco bisogna andare.

La mattina presto è l'unico momento della giornata in cui mantiene un tono di voce normale. Annuisco mentre penso a Power, sono due giorni che non lo vedo. Finalmente stamattina andremo al centro ippico. 

Appena finisco la colazione, vado in bagno e mi sciacquo la faccia ignorando le mie occhiaie, m’infilo le scarpe e sulla porta trovo Federica che mi sta aspettando con pacchetto di gomme in mano. Ne prendo due.

Ormai ho smesso di stupirmi del fatto che questa ragazza pensi sempre a tutto. Camminiamo fino ad un fruttivendolo qui vicino e compriamo carote e sedano a volontà.

 

Giunti al cancello ci separiamo mentre cammino svelto verso lo spogliatoio. Dopo la doccia mi sentivo molto più leggero, tanto che mi sembrò un attimo arrivare fino al box di Power. Notandomi, sporse la testa e sbuffò. Gli misi la capezza e lo portai dai lavatoi dietro la scuderia. Lì trovai già Federica che strigliava il suo baio: avevamo avuto la mia stessa idea. Prima di avviarmi verso la selleria, lei richiamò la mia attenzione e mi sorrise. 

-Si, Fede, prendo anche la tua roba. 

Risi della sua espressione mentre mi strizzò l'occhio.

Quando tornai con le due selle, il bauletto e le due testiere appese alla spalla, Federica esclamò: 

-Che uomo sei!

Mostrai un'espressione compiaciuta, anche se ero perfettamente consapevole di sembrare più un mulo che altro da quant'ero carico. Dieci minuti dopo, Power era sellato. Mi sedetti sulla staccionata che reggeva il tetto dei lavatoi mentre cercavo di convincere Federica a farsi aiutare, tanto sapevo che non ce l'avrei fatta. Buttai un occhio al mio polso destro. Mancavano dieci minuti alla lezione. 

-Io vado. 

Spuntando da sotto la pancia di Commanchie mi disse:

-Sono in ritardo, vero?

-Non ancora.

Misi la testiera a Power, strinsi di un buco il sottopancia e salii con l'aiuto di una piccola scala trovata dietro le scuderie. Nonostante le nuvole scure, non minacciava ancora pioggia, quindi decisi di fare il giro largo per arrivare al coperto attraverso la pista che girava attorno ai campi esterni. In poco tempo arrivai all'entrata del coperto. 

-Permesso!

Mi fece cenno Roberto di entrare così da farmi lasciare la porta libera per farlo uscire con Light, uno dei suoi cavalli. Il nome per intero era Light On, un castrone nero come la pece a esclusione dei suoi zoccoli e del muso macchiato di bianco e di rosa. Cavallo con grandi mezzi fin da quando è arrivato qui in scuderia a tre anni, da un conoscente di Roberto. Belga se non ricordo male. Sempre frenato però da quei suoi zoccoli delicatissimi che non gli permettevano di tenersi un ferro per più di qualche giorno. Così Roberto ha optato per il bare foot sei mesi fa, ma ora i suoi tendini devono ancora ammortizzare i danni precedenti. Mentre passeggiavo al centro del campo, salutai Cristiana, una signora arrivata qui per prendersi un puledro e qui è rimasta, insieme al suddetto Mojito, detto Momo. Adesso, tutt'altro che puledro, Momo è uno stallone di diciott'anni, sono insieme da quando ne aveva appena compiuti quattro. Solo dopo noto Andrea in sella a Sunshine, una baia con due balzane bianche e stella in fronte, lei è stata la cavalla che mi ha insegnato a saltare; prima era di Roberto ed era utilizzata per la scuola fino a che Andrea non l'ha presa con sé. Tutti eravamo affezionati a quella cavalla, certo, ma nessuno prima di lui ci aveva neanche pensato a comprarla. Per i suoi quattordici anni era in forma e competitiva in 115* e 120*, però cavalla da scuola rimaneva con tutto ciò che si portava dietro. 

Lo salutai e passeggiammo fino a quando non entrò Roberto che ci fece trasferire nel campo ostacoli esterno dove aveva montato un po' di esercizi come dentro-fuori, cavalletti in serie e qualche croce, il tutto non superava i 60 cm ad occhio. Mentre trottavo in riscaldamento sapevo di non potermi aspettare altro. Lavorammo in circolo e mi sforzai di riunire per bene Power in vista degli esercizi. E feci bene: il primo consisteva di galoppare in un circolo disseminato di barriere ognuna con due o tre tempi nel mezzo a discrezione di quello che ti urlava Roberto. A me, ovviamente, ordinò di impostarne tre per tutto il tempo. Passammo si cavalletti, erano disposti in modo da dover cambiare galoppo ogni due, fortunatamente Power se la cavava bene con i cambi. Andrea ebbe un po' di difficoltà così Roberto stoppò Federica e me e ci disse di iniziare a fare un paio passaggi sui dentro-fuori cambiando mano ogni volta. Le croci erano disposte a semicerchio, come riusciva Roberto a rendere anche 60 cm complicati? 

Comunque dopo poco ci raggiunse e ringraziai che Power fosse sciolto sulla schiena e collo quanto riunito con i posteriori. A fine lezione ero stravolto. Mi presi un po' di tempo per defaticare il cavallo e solo quando l'istruttore mi richiamò al centro mi accorsi che gli altri erano già usciti. 

-Allora Tommy tra due settimane vorrei portarvi in concorso. 

Si avvicinò a Power e gli diede una pacca sulla spalla.

-Dopo oggi, sono deciso a farvi salire un po' di categoria prima che ci sia lo stop. Che te ne pare?

Avrei voluto mettermi in piedi sulla sella e tirare fuori dei coriandoli, ma mi dovetti trattenere. Era da un po' che ero incostante tra le 115 e qualche 120, cercai di scacciare la possibilità di una 130 mentre sorridevo come un ebete.

-Pensavo di farti partire il venerdì in 125 poi vedremo

Mi sorrise d'intesa.

Improvvisamente mi trapassò una pesante consapevolezza. 

-E Laura?

Non riuscì a dire una sillaba di più. 

Strinsi i denti in attesa di una risposta che temevo. 

Sembrò passare un'eternità in pochi secondi.

-Non è ancora pronta con Power

Alle sue parole respiro di nuovo.

-Lo monta solo da poco e solo tre volte a settimana, anche se la farei partire solo in 110 non le conviene rischiare dato che deve accumulare punti ora.

Mi sento come se fossi stato liberato da un macigno che mi pesava sul petto. Sarà tutto come prima.

Saremo solo lui ed io, anche se solo per tre giorni. Tra due settimane. 

 

*categorie di salto ostacoli, si dividono secondo l'altezza degli ostacoli: categoria 115 ha ostacoli alti 115 cm

  
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