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Autore: jellyfish    29/12/2008    1 recensioni
Balor, dio della morte, decide di prendere moglie e sceglie la bellissima dea dell’amore Branwen. Dal matrimonio nascono tre figlie femmine che il dio della morte educa come sue future aiutanti. Ma cosa succederebbe se una di loro si dovesse innamorare di uno dei mortali, che invece dovrebbe uccidere? Scatenerebbe di sicuro l’ira del padre. “-saranno le mie eredi. Diventeranno il mio braccio destro. Appena avranno compiuto tutte cinque anni, le educherò io, come più mi aggrada. Mi avete capito? -sì, ma non ho intenzione di ascoltarvi! Non me le porterete via e non ne farete dee di morte e di disperazione come voi! Non lo permetterò- la voce della dea adesso era forte e acuta, disperata quasi. Sapeva benissimo che le sue erano solo vuote minacce, Balor avrebbe fatto comunque quello che voleva e nessuno lo avrebbe mai fermato.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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II

II

 

Nove mesi dopo quel matrimonio indimenticabile, anche se non nel senso positivo della parola, Branwen stringeva tra le braccia una piccola bambina strillante, che reclamava insistentemente di essere nutrita. A vederla appena nata, non era tutta questa bellezza, ma la madre in cuor suo era convinta che sarebbe diventata una vera meraviglia. Il padre, appena sentiti gli strilli acuti di un neonato provenire dalla camera della moglie, si precipitò da lei con il cuore in gola. Era ansioso e spaventato allo stesso tempo, non aveva mai avuto altri figli e aveva paura che qualcosa potesse andare storto. Non era preoccupato tanto per la madre, ma per il figlio. Il figlio. Doveva essere un maschio. Assolutamente un maschio. Si era sposato per questo e per nessun altro motivo: poteva avere nel suo letto tutte le donne che desiderava anche prima del matrimonio, non aveva bisogno dell’amore e dell’affetto di nessuna moglie, ma necessitava di un erede legittimo. E doveva essere un maschio, per accollarsi, una volta cresciuto, parte dei doveri del padre. Balor, infatti, era stanco, tremendamente stanco del suo lavoro; ogni volta sempre la stessa cosa, era da tutta l’eternità che andava avanti così e ora da solo non ce la faceva più. Gli umani erano continuamente destinati a morire a causa della loro natura fragile e doveva esserci per forza qualcuno che ne prendesse l’anima e la trasportasse nella loro destinazione finale. Sarebbe stato più semplice e meno faticoso se il dio della morte avesse avuto un aiutante. 

Entrato nella stanza, vide la bella moglie rossa in viso e con ciocche di capelli sudati che le ricadevano scomposti sulla fronte bagnata. Sapeva essere stupenda anche in quel momento. Stringeva tra le braccia una creatura minuscola, che Balor difficilmente immaginava come il futuro aiutante del dio della morte. Branwen stava cullando dolcemente la creatura e gli occhi le brillavano per la felicità; anche il suo consorte era felice, si avvicinò a lei e accarezzò la piccola sulla testolina, dalla quale spuntavano un paio di ciuffi bianco candidi.

-mi piacerebbe chiamarla Badb- la voce della dea era bassa e più dolce e soave del solito, mentre guardava incantata la sua bambina. Non notò lo sguardo di disappunto del marito.

-la? Mi state dicendo che è una bambina?- nella voce di Balor si poteva leggere una pesante nota di rabbia e collera. Dov’era il suo erede? Cosa se ne faceva lui di una femmina?

-sì, caro, è una bellissima bambina. Non siete felice?- gli occhi di Branwen si erano spostati dalla figlia al marito ed ora avevano cambiato completamente espressione, adesso erano furenti per le parole del dio. Rispose alla rabbia del marito con un tono di accusa che lasciava spazio a ben poche repliche. Il marito non rispose, ma semplicemente uscì dalla camera con il volto più scuro e ombroso di sempre, terribilmente deluso dalla nascita di quella bambina.

Quella stessa scena si ripeté per altre due volte. A distanza di una decina di mesi dalla prima, chiamata poi Badb, nacque Macha, la secondogenita. Per concludere il trio, dopo circa un anno di distanza da Macha, arrivò anche Nemain. Erano tre bellissime bambine, ma Balor odiava tutto questo. Provò e riprovò ma la moglie non rimase più incinta. Dovette così accontentarsi di tre figlie femmine e non smise mai di rinfacciarlo alla povera Branwen, che al contrario di lui era al settimo cielo e non batteva ciglio davanti alle accuse del suo infelice sposo. Tutti i servitori degli dei erano a conoscenza della frustrazione del dio della morte, anche se egli si confidava solo con il timido Tonke.

-cosa posso fare? Volevo un maschio che potesse alleviare il mio peso, non tre femminucce! Non mi servivano altre tre dee dell’amore sull’isola!- gli stava salendo la rabbia che aveva cercato di reprimere fino a quel momento e il povero Tonke cominciava ad aver paura dei suoi sbalzi d’umore.

-non lo so, mio signore, se proprio non ci sono più speranze che nasca un figlio maschio, potreste sempre ricorrere ad un’amante e riconoscere il figlio bastardo, non sarebbe la prima volta che accade sull’isola

-no, non potrei mai! Lo saprebbero tutti che non è mio figlio legittimo! Non sarebbe rispettato! Ho bisogno di un erede legittimo!

-allora non lo so proprio… non credo che potreste educare le vostre figlie al vostro lavoro, non è proprio un mestiere che conviene a una donna- una risatina nervosa proveniva dalle labbra del servo. Un’idea iniziava a farsi strada nella mente del dio. Infondo erano pur sempre delle piccole dee, perché non potevano diventare tre dee della morte, invece che tre dee dell’amore? Senza nemmeno rispondere al servitore, che rimase lì impalato senza nemmeno avere il tempo di fare un inchino al dio che usciva dalla sala, corse dalla moglie che giocava con le bambine. Branwen stava tenendo in braccio la più piccola, Nemain, mentre Olimpia nutriva Macha e Badb, già più grandicella, giocava con l’orlo ricamato della veste della madre, sul letto, vicino a lei. La dea e la sua serva girarono di scatto la testa verso la porta che si apriva violentemente e Olimpia, quando riconobbe la figura che stava entrando nella stanza, prontamente fece un inchino con la testa; la piccola Nemain si spaventò, a causa del rumore della porta, e iniziò a piangere e a urlare a squarciagola tra le braccia della madre. Branwen si accigliò per la maleducazione del marito e se la prese con lui.

-non potreste entrare con un po’ più di grazia e delicatezza, almeno nella camera delle bambine?- aveva smesso di essere gentile con lui da dopo la nascita della seconda bambina.

-entro come mi pare e piace, cara moglie, e adesso fate smettere questo rumore insopportabile!

-vi ci dovreste essere ormai abituato a questo rumore insopportabile dopo tre figlie- il tono di Branwen era calmo e pacato, ma si poteva udire una venatura di cipiglio e risentimento verso il freddo marito.

-già tre figlie! Tre figlie femmine. Non siete stata nemmeno capace di darmi un maschio, ma adesso ho io la soluzione

-di cosa state parlando? Non vi lascerò toccare le mie bambine!

-fino a prova contraria sono anche le mie bambine! Quindi vedete di cambiare linguaggio e di iniziare a usare la parola nostre

-e da dove viene fuori tutto questo vostro interesse per loro?

-saranno le mie eredi. Diventeranno il mio braccio destro. Appena avranno compiuto tutte cinque anni, le educherò io, come più mi aggrada. Mi avete capito?- la dea sgranò gli occhi, ma si ricompose immediatamente.

-sì, ma non ho intenzione di ascoltarvi. Non me le porterete via e non ne farete dee di morte e di disperazione come voi! Non lo permetterò!- la voce della dea adesso era forte e acuta, disperata quasi. Sapeva benissimo che le sue erano solo vuote minacce, Balor avrebbe fatto comunque quello che voleva e nessuno lo avrebbe mai fermato. Anche lo stesso dio ne era consapevole, tanto che non le rispose nemmeno, come se non l’avesse nemmeno sentita, e uscì dalla porta, con la stessa violenza con cui era entrato e questa volta tutte e tre le bambine iniziarono a piangere. Olimpia era sconvolta quanto Branwen, non riusciva a credere che un padre potesse fare una cosa del genere alle figlie e alla moglie. La povera Branwen invece era completamente distrutta da quella decisione, presa così all’improvviso, e iniziò a piangere silenziosamente; le lacrime perlacee le rigavano delicatamente il viso, rendendola, se possibile, ancora più bella, nonostante la sua palpabile sofferenza, e scesero lente sulla nuca della piccola Nemain che piangeva. L’unica cosa che ancora la consolava era il fatto che mancasse ancora tempo al quinto compleanno di tutte e tre le figlie e nel frattempo Balor avrebbe anche potuto cambiare idea o lei gli avrebbe dato il tanto desiderato figlio maschio.

 

 

Grazie a ­_sefiri_ per aver commentato il primo capitolo! Spero che anche questo ti sia piaciuto! Grazie anche a chi ha solo letto, anche se un commentino lo potreste anche lasciare, tanto che cosa vi costa??? Bye^^

 

  
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