Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: jellyfish    26/12/2008    1 recensioni
Balor, dio della morte, decide di prendere moglie e sceglie la bellissima dea dell’amore Branwen. Dal matrimonio nascono tre figlie femmine che il dio della morte educa come sue future aiutanti. Ma cosa succederebbe se una di loro si dovesse innamorare di uno dei mortali, che invece dovrebbe uccidere? Scatenerebbe di sicuro l’ira del padre. “-saranno le mie eredi. Diventeranno il mio braccio destro. Appena avranno compiuto tutte cinque anni, le educherò io, come più mi aggrada. Mi avete capito? -sì, ma non ho intenzione di ascoltarvi! Non me le porterete via e non ne farete dee di morte e di disperazione come voi! Non lo permetterò- la voce della dea adesso era forte e acuta, disperata quasi. Sapeva benissimo che le sue erano solo vuote minacce, Balor avrebbe fatto comunque quello che voleva e nessuno lo avrebbe mai fermato.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I

Salve! Ecco la mia nuova storiella, spero che a qualcuno piaccia!!! La vera storia in realtà inizia tra un po’ ma dovevo per forza iniziare così o non si sarebbe capito niente. Per favore se a qualcuno piace mi lasci scritto almeno due righe per farmelo sapere!!! Se no mi passa la voglia di continuare a scriverla! Se poi pensate che sia tanto terribile ditemelo comunque così almeno cerco di migliorare e, se proprio devo, cancello tutto e riscrivo… adesso vi lascio alla lettura del primo capitolo. Bye ^^

I

 

-Mio signore, la vostra futura sposa è arrivata- era stato il piccolo e timido Tonke a parlare, un semi-dio dalle sembianze di un ometto piccolo e quasi insignificante, con la voce stridula e incerta e un’espressione da ingenuo continuamente stampata sulla faccia. Il suo interlocutore? Il maestoso e potente dio della morte e della guerra: Balor. Alle parole del servo, la sua reazione è strana; la fronte severa si riempie ancora di più di rughe, la mascella, già dura di suo, si irrigidisce e si serra; l’occhio aperto, quello che non distruggerebbe tutto ciò che si trova ai suoi piedi con un solo sguardo, si incupisce e si socchiude, lasciando intravedere solo una macchiolina del suo verde brillante. Non sembra molto contento dell’incontro con la sua sposa.

-falla entrare- la sua voce un tuono, cupo come il suo aspetto. Decisamente non sembra un uomo che varrebbe la pena di sposare. Ma quale donna, seppur una dea, poteva opporsi alla sua volontà di diventare sua moglie, quando quello sfortunato giorno egli decise di prendere moglie? Nessuna. Nessuna ne aveva il coraggio. Era il padre di tutti gli dei dopotutto.

Il piccolo Tonke, servitore del dio da ormai secoli, corse fuori dall’imponente stanza reale per fare entrare la sposa. La stanza era davvero regale, il trono su cui sedeva Balor era di legno finemente lavorato e magnificamente intarsiato, con alcune parti ricoperte interamente d’oro. Il trono era appoggiato alla parete di fronte alla porta, una porta in legno massiccio come il trono stesso e riccamente decorata con incisioni di manifattura divina. Davanti ai piedi del dio, c’era un enorme tappeto rosso morbidissimo e in un angolo dell’enorme sala c’era un piccolo tavolo apparecchiato con le più dolci delizie che un uomo o un dio potesse desiderare. Tutto nella stanza profumava di sfrenata ricchezza.

Ad aggiungere ancora più bellezza e meraviglia alla sala del dio Balor, fu la comparsa di una donna, anzi di una dea. Era la bella Branwen. Anche il freddo Balor non poté esserle indifferente; la sua bellezza spezzava il fiato e fermava per un attimo il cuore. Non per niente era la dea dell’amore. I capelli rosso fiamma le ricadevano sulle spalle come una cascata impetuosa, domata da due treccine molto fini, che partivano dalle tempie per poi unirsi in un’unica treccia sulla nuca. In forte contrasto con i capelli erano gli occhi; avevano un taglio orientale, leggermente allungati, ed erano di un celeste glaciale, più azzurri del cielo in primavera e più cristallini dei freddi ghiacci della loro gelida isola, invisibile agli occhi degli umani. Il viso aveva una dolcezza infinita che veniva trasmessa soprattutto dall’espressione dei suoi occhi e raggiungeva chiunque. Il suo fisico era perfetto a dir poco; alta, con la vita sottile e un portamento fiero che imponeva a tutti di portarle rispetto, oltre che amore incondizionato. Balor aveva saputo scegliere bene la sua consorte.

-e-e-eccola mio signore. La dea Branwen- anche il servitore era rimasto ammaliato dalla stupenda donna che aveva avuto l’onore di accompagnare dal suo signore. I due futuri sposi si osservarono a lungo, prima che lui iniziasse a parlare, interrompendo le fantasticherie del servo, che si era come incantato a fissarla con i suoi piccoli occhietti color nocciola.

-serviteci da mangiare e da bere, non voglio che la mia ospite, nonché futura moglie muoia di fame- il dio aveva quasi sorriso, nel limite delle sue possibilità ovviamente; le labbra erano talmente poco avvezze al sorriso, che fu per lui un’impresa ardua allargarle in una parvenza di sorriso. Anche la bellissima dea sorrideva, ma di un sorriso completamente finto. Come poteva lei, dea stupenda, sposare uno come lui? Un uomo alto e muscoloso sì, ma dall’aspetto così rude e arcigno, con quei capelli spettinati e disordinati, una benda sull’occhio destro e quella voce tonante e per niente musicale? Erano così diversi, eppure aveva acconsentito al matrimonio, non aveva avuto altra scelta a dir la verità. Quando si era sparsa la voce, attraverso i diversi messaggeri alati, che il dio della morte cercava una compagna, si era sparso il terrore tra le figure femminili divine. Tutte sapevano di essere possibili candidate, sapevano che il potente dio non si sarebbe mai accontentato di una qualunque mortale o semi-dea. Sicuramente avrebbe voluto una delle più belle dee dell’isola. E così infatti era successo, aveva scelto niente di meno che la dea dell’amore, la dea più bella tra tutte, insieme alla dea della bellezza stessa. Di tutte, infatti, erano queste due ad avere avuto più paura di tutte e a ragione.

-allora, mia cara, celebreremo le nozze il prima possibile. Giusto?- i suoi occhi erano puntati con aria di sfida in quelli fieri di lei, come a volerla invitare a dirgli di no.  

-e come potrei dirvi di no, mio signore?- la sua voce era dolce almeno quanto il suo volto e non c’era nessuna traccia di provocazione, sparita anche dai suoi occhi, dove però si poteva ancora leggere molta la fierezza. Adesso Balor stava cercando di regalarle un altro sorriso; due tentativi nello stesso giorno: una gran novità portata dall’idea del matrimonio.

-bene, mangiamo pure adesso- e addentò un pezzo di una coscia di maiale, in modo piuttosto maleducato e poco fine. Branwen represse un lieve conato di vomito, vedendo il suo futuro marito ingozzarsi così, e cercò di non fargli notare il suo sguardo di schizzinoso disappunto. Distolse lo sguardo e iniziò anche lei a servirsi di un po’ di cibo, che iniziò a mangiare con educazione, sperando di mettere in imbarazzo l’altro di fronte a sé, ma senza risultati apparenti. Egli continuava a mangiare con la stessa foga di prima, senza badare alla sua ospite che gli indirizzava sguardi un po’ sorpresi e un po’ dispiaciuti nel vederlo mangiare così. Terminarono il pasto in silenzio, prima che Balor ordinasse a Tonke di sparecchiare la tavola e di lasciarli soli.

-vi accompagno a vedere il nostro giardino, sono sicuro che lo troverete di vostro gradimento- stavolta non tentò di sorridere di nuovo. Lei invece gli sorrise per fargli capire che l’idea le era gradita, anche se in realtà dentro di lei stava urlando e piangendo, al solo pensiero di essere da sola con lui in un immenso giardino. Se pensava che sarebbe stata la sua compagna per l’eternità, si sentiva svenire, quindi meglio non pensarci e continuare a sorridere per compiacere il suo accompagnatore. Ma dentro la sua testa e il suo cuore continuava a ripetersi che era impossibile che stesse per sposare quell’individuo; lei, la dea dell’amore, che si sposa con un uomo che non ama e che non a sua volta non la ama, ma vuole solo avere degli eredi da iniziare alla sua terribile professione? Un’ombra le apparve sul tenero volto e venne riflesso dai suoi occhi in una fontanella che il suo promesso le stava mostrando. Stava continuando a parlare per spiegarle come era stato creato quel magnifico giardino, ma lei non stava ascoltando una sola parola, persa completamente nei suoi pensieri, e non stava nemmeno osservando nulla del giardino, anche se sicuramente le sarebbe piaciuto, se ammirato in un altro momento. Balor si accorse della sua assenza.

-non è di vostro gradimento, cara?

-no, no di certo. È tutto meraviglioso, ma sono molto stanca e vorrei ritirarmi nella mia camera, se non vi dispiace.

-ma certo. Vi accompagno personalmente- la riportò in casa e la condusse in una camera enorme, immediatamente di fianco alla sua.

-la vostra camera è vicinissima alla mia, se avete bisogno di qualcosa non esitate a chiamarmi- e poi aggiunse, indicando una ragazzina dall’aria allegra che la fissava, tutta contenta di avere una padrona così bella da servire –questa è Olimpia, sarà la vostra cameriera e dama di compagnia, spero che andrete d’accordo-

-sarà sicuramente così, grazie mio signore- ed entrò nella sua nuova e lussuosa camera. Iniziò a guardarsi intorno.

Anche quella camera era enorme e sfarzosa, esattamente come la stanza dove aveva pranzato con Balor. Le pareti erano decorate con pannelli color pesca e alle finestre le tende erano abbinate con lo stesso colore ed erano di un tessuto morbidissimo; sulla parete a sinistra della porta c’era un grande armadio, sicuramente già pieno di bellissimi vestiti della sua misura. Sulla parete di fronte all’ingresso c’era il gigantesco e stupendo letto a baldacchino, con delle coperte di seta anch’esse abbinate alle pareti e alle tende e i cuscini grandi e morbidi di una tonalità in contrasto; tutto era circondato da un fine e sottile velo leggerissimo e morbidissimo, che celava in parte la vista dell’interno del letto agli osservatori esterni. In un angolino della camera c’era poi un lavabo in finissima porcellana, decorata con disegni fatti a mano, e una specchiera, con appoggiati sul ripiano i profumi più delicati che una donna potesse desiderare. Era tutto stupendo, ma sembrava più entusiasta la serva che la padrona.

-vuole riposare, mia signora?- la vocetta allegra e giovane della cameriera aveva distolto Branwen dall’osservazione della camera.

-sì, grazie. Ma ti prego almeno tu, non chiamarmi mia signora, mi sento una vecchia.

-e come volete che vi chiami?- Olimpia era sorpresa, tutto si aspettava, tranne che quella dimostrazione di confidenza da parte di una dea così bella e regale.

-Branwen andrà benissimo, grazie Olimpia. 

-va bene Branwen- la dea iniziò a pensare che quella ragazzina che la serviva sarebbe stata la sua unica amica in quell’enorme palazzo, che per lei era già una prigione dorata.

 

_.¤°*.¸¸.·´¯`»*(o)*«´¯`·.¸¸.*°¤._

 

Le nozze erano programmate per due giorni dopo il loro primo e unico incontro; Balor non si era certo preoccupato di passare del tempo con lei il giorno successivo ad esso, tutto preso com’era ad organizzare nel minor tempo possibile il matrimonio. Da come erano state progettate, sarebbero state le nozze più sfarzose che si fossero mai viste sull’isola degli dei. Migliaia di servitori erano alle prese con l’organizzazione, Balor voleva che tutto fosse perfetto e indimenticabile, sia per lui che per la sua signora. La cosa sicuramente più spettacolare di tutte era il magnifico vestito della sposa. Branwen era nella sua camera e Olimpia la doveva aiutare a vestirsi, cosa non molto semplice con un vestito tanto elaborato. Era di un bel bianco panna, con delicati ricami colorati sullo stretto corpetto e sul bordo della gonna, che si allargava dolcemente dalla vita in giù; magnifiche e rare perle bianche seguivano i ricami dorati, sia sul corpetto, che sul bordo della gonna. Sul corpetto inoltre, c’erano ricchi merletti lavorati a mano, che continuavano fin sulle maniche, le quali erano aderenti alle braccia fino al gomito, per poi allargarsi fino in fondo. Tutto era accompagnato da un paio di scarpe lucide, dello stesso colore del vestito e da una fine coroncina di perle. Con tutti i nastri per allacciarlo sulla schiena, era davvero impossibile indossarlo senza nessun aiuto.

Per fortuna, Olimpia fu molto abile nell’allacciarle tutto e in poco tempo la splendida dea fu pronta per il suo matrimonio imminente. Solo la sua espressione non era radiosa, come dovrebbe invece essere per una sposa nel giorno delle sue nozze. Altro che radiosa, si sentiva come una condannata nel giorno della sua esecuzione; una bellissima lucciola imprigionata in un vaso di vetro, un magnifico e decorato vaso di vetro, ma pur sempre una prigione. Uscì con passi lenti e leggeri dalla camera, accompagnata dalla serva, e si diresse verso l’enorme giardino decorato a festa per la grande occasione. Nel giardino sembravano essere riuniti tutti gli dei maggiori dell’isola, standoci perfettamente, senza essere stretti. Non c’era un solo albero che non fosse decorato con luci, gigli bianchi o lunghi nastri color panna; non un solo tavolo che non fosse apparecchiato con le più superbe delizie paradisiache e decorato anch’esso con candele candide e fiori di ogni tipo, tutti rigorosamente bianchi o color panna. Non si era mai visto nulla del genere.

Branwen si sentì quasi mancare, ma fu prontamente sostenuta da Olimpia e nessuno se ne accorse; si stampò sul grazioso viso un sorriso che non aveva nulla da invidiare ai sorrisi di vera gioia presenti sulle facce degli invitati. Anche Balor riuscì a sorridere, anche se non con molta grazia. La cerimonia si svolse con la massima solennità, celebrata dallo stesso dio della guerra. Mentre parlava il silenzio era il più assoluto possibile, nessuno fiatava, gli invitati quasi non respiravano per paura di disturbare Balor e Branwen. In compenso, dopo la cerimonia, tutti si lasciarono andare ai bagordi, alle danze e ai canti, per festeggiare come si deve i novelli sposi. Tutti sembravano così felici per la nuova coppia… tutti tranne la sposa. Aveva una paura cieca e folle del nuovo marito e aspettava con crescente orrore il momento in cui sarebbero rimasti soli, magari in una smisurata camera da letto. Ma sapeva che quel momento di panico sarebbe arrivato, non poteva scappare, sarebbe durato per sempre. Doveva cercare di abituarsi all’idea, per quanto terribile fosse.

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: jellyfish