Fanfic su artisti musicali > Mika
Segui la storia  |       
Autore: Michaels    02/05/2015    3 recensioni
[MIKA & Marco Mengoni]
Marco incontrò per la prima volta Mika, nel 2008, quando lavorava ancora nel bar di Frascati; molto prima di raggiungere il successo, poco più di un anno e mezzo dopo. Iniziò ad apprezzarlo come cantante, ma soprattutto come la persona delicata e simpatica che si era dimostrata.
Mika, anche se a carriera già avviata, dal canto suo non aveva mai dimenticato quel ragazzino dal ciuffone castano sparato sulla testa ed impacciato che aveva preso la sua ordinazione in quel vecchio bar.
Un lungo percorso tra incontri, rincontri, difficoltà e felicità, dal lontano 2008 al 2015.
Genere: Erotico, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Marco Mengoni, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dublino, Martedì 23 Luglio 2013 
 
 
 
Mika.
 
Dublino.
 
X Factor.
 
Mika.
 
Dublino.
 
X Factor.
 
Mika.
 
Dublino.
 
X Factor.
 


 
Quelle erano le uniche parole che la mia mente era riuscita ad elaborare nell'ultima settimana. Io e Michael saremmo andati a Dublino per scegliere le ragazze che lui avrebbe portato al live di X Factor. Aveva scelto me. Sapevo che l'aveva fatto per stare insieme il più tempo possibile, ma da un lato speravo davvero che, anche se non mi avesse conosciuto, mi avrebbe chiamato in ogni caso. Tuttavia, non ne ero sicuro. Per il momento mi bastava poter fare una piccola vacanza con lui, per quanto di vacanza si potesse parlare. 
 
Mi aveva parlato spesso di una certa Violetta, che aveva una voce che gli interessava in particolar modo e che si era esibita con il suo ukulele in una canzone che Mika amava tanto sin da quando era bambino. Dunque, in poche parole, aveva già deciso che lei doveva passare, io dovevo aiutarlo a scegliere le altre due. 
 
Quello che mi spaventava però era il dover stare davanti alle telecamere facendo finta di non essere niente di più se non colleghi, al massimo amici. Non ero bravo a mentire, almeno non col corpo. Se Michael si trovava nei paraggi, io dovevo necessariamente osservarlo. Dovevo necessariamente toccarlo. 
 
Appena atterrato nella Capitale Irlandese, accompagnato da Marta, decisi di andare subito in albergo per posare le mie cose ed andare allo Slane Castle, a cui avevo accesso anche per quel giorno. Ero curioso di vederlo. Ne avevo sentito parlare e volevo sanare quella mia curiosità. Michael sarebbe arrivato solo il giorno dopo, poco prima dell'inizio degli Home Visit.
 


 
“Sicuro che non sia un problema se ti raggiungo dopo?” Mi chiese Marta dopo aver sorseggiato un po' di caffè. 
 
Io e lei ci eravamo fermati ad uno Starbucks non troppo lontano per parlare meglio ed organizzare quelle giornate.
 
“Stai tranquilla, starò bene mammina.” Risposi divertito. “Fai quello che devi fare. Se vuoi fare un giro per Dublino, fallo. Se vuoi andare da qualche parte a rilassarti, fallo. Se vuoi tornare a dormire in albergo, fallo. Tu non preoccuparti. Io starò solo in un posto. Il massimo che mi può accadere è perdermi nel castello.” 
 
“Cosa non proprio improbabile.” Mi prese in giro ed io socchiusi appena gli occhi.
 
“Ma quanto sei simpatica, eh.” Dissi con tono acido poggiandomi allo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto. 
 
“Quando arriva Mika?” La guardai mentre si avvicinava al tavolo con aria particolarmente interessata.
 
“Domani mattina. Ci vediamo direttamente per le riprese allo Slane Castle.” Cominciai a giocherellare con la bustina di zucchero usata che avevo fra le mani.
 
“Ma come va tra di voi? Insomma, state bene, no?” Sussurrò appena per non farsi sentire.
 
“Sì, tutto bene. Ci siamo visti lunedì scorso a Milano.”  
 
“Sei felice, Marco?” Alzai di scatto lo sguardo per far incontrare i nostri occhi. Perché questa domanda?
 
“Certo.” Risposi deciso. “Perché?”
 
“Volevo solo un'altra conferma.” Disse vaga.
 Vabbè.


 
“Allora ci vediamo dopo e fai attenzione ai fantasmi!” La sentii urlare mentre si dirigeva verso il taxi che l'avrebbe portata in albergo. 
 
“Fantasmi?!” Domandai terrorizzato, ma ormai la vidi in lontananza. 
 
Odio i fantasmi. Odio anche il loro solo pensiero. 
 
Quando vidi attentamente quella distesa di verde che si espandeva davanti a me, non riuscii a far altro se non rimanerne ammaliato. Era incredibile. Ed altrettanto incredibile era quel castello immenso e non osavo immaginare quale bellezza nascondesse dentro di sé. Potrei decidere di rimanere qui per sempre. 
 
La troupe di X Factor era già lì per sistemare le ultime cose e le varie telecamere. Ne approfittai per fare un giro per quel posto paradisiaco. Sembrava davvero un sogno. Se solo Mika fosse stato lì accanto a me, probabilmente sarei riuscito a godermelo molto di più. Ormai mancava così poco che il tempo non passava mai. Il cuore batteva più velocemente e lo stomaco faceva movimenti strani non appena lui sfiorava i miei pensieri. 

Mi addentrai tra i giardini e le siepi cercando qualcosa che non sapevo nemmeno io cosa fosse esattamente. Camminavo a passi veloci e il mio sguardo si spostava da una parte all’altra. Quando mi sedetti sotto ad un albero, sentii la vibrazione del mio cellulare provenire dai pantaloni e, dopo un po’ di tempo perso a cercare di prenderlo da quei cosi troppo stretti, riuscii a vedere il suo nome sul display ed automaticamente un sorriso si fece spazio sul mio viso.
“Pr…” Iniziai a parlare, ma fui bloccato immediatamente.
“Voltate.” E sì, udii la sua voce proprio dietro di me.
Feci come mi aveva detto di fare: mi voltai. E lo vidi. Il suo corpo slanciato, sempre coperto da migliaia di colori ed illuminato dai suoi occhioni verdognoli, che quasi riuscivano a confondersi con il paesaggio che ci circondava in quel momento, e il suo candido sorriso.
“M-Michael, che ci fai qui?” Chiesi quasi in difficoltà, indeciso sul da farmi. Avrei voluto lanciarmi contro di lui e sommergerlo di baci, ma prima che potessi farlo io, decise di farlo lui. Percepii nuovamente le sue labbra, morbide e carnose, che quasi sapevano di fragola. Questa è fragola, Marco. E sorrisi ancora di più, immaginandomelo sull’aereo a scartare ed ingurgitare le caramelline che tanto gli piacevano. Impaurito però dal fatto che qualcuno ci potesse vedere lì intorno, mi staccai da lui di malavoglia. “Come hai fatto a trovarmi? E non dovevi arrivare domani?” Gli domandai elettrizzato.
“Ti ha seguito para un po’. Voleva vedere dove andava. E sì, doveva arivare domani, ma ha potuto anticipare di un giorno e ha deciso di farte esta picola surprise.” Lo vidi mordicchiarsi il labbro inferiore e Dio se lo volevo.
“Quanto mi sei mancato.” Mi rifugiai fra le sue braccia godendo appieno di quel contatto e del calore che riusciva a trasmettermi.
“Anche tu. Te va de venir dentro? Vuole farte vedere mia room.” Affermò prendendomi per mano e, non ebbi nemmeno il tempo di acconsentire, che mi ritrovai ad essere trascinato verso il castello.
“Michael, amore, ma sbaglio o il tuo italiano è peggiorato?” Sogghignai appena e lo vidi bloccarsi di colpo.
“Tu dice? Oh, God, come fa? No vuole fare bruta figura tomorrow.” Riuscii a vedere nei suoi meravigliosi occhi il disagio e la paura più totale di non essere all’altezza della situazione.
“Non preoccuparti. Dopo facciamo un po’ di ripetizioni.” Quella frase mi uscii forse più maliziosa di quello che veramente voleva essere, ma non me ne importò più niente quando lo vidi con un sorriso altrettanto malizioso stampato in faccia e avvicinarsi in modo pericoloso a me.
“Con molto pleasure.” Sussurrò al mio orecchio per poi, poco dopo, mordicchiarmi in modo quasi impercettibile il lobo.
Inevitabilmente deglutii rumorosamente incapace di controllarmi anche il minimo. In quel momento, la mia testa riuscii a produrre un solo pensiero, e le ripetizioni di italiano non ci entravano proprio niente. Assolutamente, manco un piffero c’entrano.
 
“Ricordati semplicemente che quando c’è una parola maschile in italiano, va sempre con la ‘o’, e quando è una parola femminile con la ‘a’, sempre con le dovute eccezioni ovviamente.” Gli spiegai,  mentre entrambi eravamo seduti sul letto a due piazze della sua stanza con una penna e un quadernino su cui si spaziava la sua scrittura adorabilmente sbilenca.
“Okay, quindi la parola, femminile e lo stilo, maschile.” Tentò. Stilo?
“Eh, pure te, Michael però, me vai subito a becca’ la parola che fa l’eccezione.” Dissi divertito, enfatizzando con vari gesti la situazione.
“Scuse…” Sembrava abbattuto, tanto che abbassò il viso e incominciò a torturarsi le mani.
“Ehi, amore, scherzavo.” Mi avvicinai a lui e cinsi le sue spalle con un braccio per poi lasciargli un piccolo bacio sulla tempia. “Sei adorabile comunque.” Sussurrai ponendo fine a quel giochetto nervoso che stava facendo con le sue povere dita.
“Io no vuole esere adorable.” Eh, nun ce poi fa’ niente, ciccio. È una cosa de natura.
“Okay, allora ti dirò un po’ di parole che fanno eccezione a questa regola, va bene?” Annuì incerto e mi preoccupai quando mi resi conto che i suoi occhi scappavano in continuazione ai miei e che erano leggermente lucidi. “Amore, ehi, che succede?” Presi il suo viso fra le mani, allarmato, e asciugai una piccola lacrima che si stava facendo spazio sulla sua guancia.
“Io no vuole sembrare ancora più stupido.” Dichiarò con tono lamentoso tirando su col naso.
“Ma non sei e non sembrerai stupido, chiaro? Stai tranquillo. Sei bravissimo, hai imparato l’italiano molto velocemente, eri solo un po’ arrugginito perché sei stato fuori, ma non preoccuparti.” Lo guardai attentamente aspettando un segno di consenso e, subito dopo che lo ricevetti, mi avvicinai ulteriormente a lui per lasciargli un piccolo bacio all’angolo della bocca, mentre con le dita gli asciugavo le lacrime.
Si vedeva che era terrorizzato dalla cosa che stava per fare. Si vedeva che aveva paura, ma non ne aveva ragione. Doveva essere solo se stesso e tutti l’avrebbero amato, proprio come avevo fatto io. Era impossibile non amarlo, però non perché fosse stupido, bensì proprio perché era adorabile nella sua goffaggine. Ma non era necessariamente un punto a suo sfavore, anzi.

 

 

Mercoledì, 24 Luglio
 
 
 
“Stavi facendo gli occhi dolci a Violetta.” Me ne uscii da un momento all’altro socchiudendo gli occhi infastidito, dopo essere usciti dalla stanza delle audizioni e esserci diretti in corridoio.
“What?!” Esclamò con voce stridula fermandosi di botto, frenando sia il suo che il mio percorso su per le scale.
“Nega, eh. Ti ho visto, sa. Dalle telecamere si vedeva tutto, e dico tutto.” Affermai con tono accusatorio.
“Oh, come on. No può tu fa davero el geloso. No è stato così. E io ha visto te guardare fondoschiena de Chiara. E se tu dice di no, mente.”
“Spero tu stia scherzando.” Dissi scandalizzato.
 
“Tu è molto, molto, molto giovane.” Mi imitò tirando fuori la lingua come a far capire che stavo sbavando.
 
“Fino a prova contraria, era giovane.” Dissi indispettito.
 
“Pft, shut the fuck up.” Disse a sua volta incrociando le braccia al petto e girando la testa dalla parte opposta alla mia.
 
“La parte più bella però è stata quando Valentina ti ha detto che la canzone non era dedicata a te.” Dissi divertito.
“E tu ha deto che io me crede sempre chi sa chi. No è vero.” Improvvisamente si imbronciò per poi darmi un pizzico sul braccio.
“Mika!” Urlai saltando all’indietro. “Ma sei scemo…” Mi massaggiai dolorante il punto leso e decisi di superarlo e dirigermi verso la stanza che mi aveva fatto vedere il giorno prima.
Una volta entrato, mi misi di fronte alla finestra per osservare i cieli scuri e piovosi di Dublino che andavano in contrasto completo con quelle pacifiche distese verdi, che però insieme formavano un’armonia pressoché unica. Lo sentii cingermi amorevolmente i fianchi e poggiare delicatamente il mento sulla mia spalla, ad osservare anche lui il paesaggio.
“No voleva farte male.” Sembrava quasi divertito, ma quel piccolo soffio mi distolse completamente dal mio tentativo di risultare offeso.
Un brivido mi percorse giù per la schiena per poi risalire in modo fin troppo piacevole. Le sue labbra si posarono sul mio collo, mentre le sue mani facevano un percorso a parte che andava da sotto la mia camicia azzurra fino alle mie gambe. Ho bisogno di te. Avevo bisogno di lui. Avevo bisogno di essere di nuovo una cosa sola con lui.
“Perché hai scelto Dublino?” Sussurrai appena voltandomi e accarezzandogli leggermente il collo, sfiorando con le dita la sua guancia.
 
“Sei stato bene su in Irlanda e ci tornereste pure en inverno...” Canticchiò rivolgendomi un piccolo sorriso.
 
“Non siamo in inverno.” Scherzai cercando di controllare quella gioia che si era propagata pian piano per tutto il mio corpo sentendolo cantare una delle mie canzoni.
 
“Ce tornerei solo con te.” Affermò a sua volta deciso.
 
“Se mi avvicino ti lasci andare?” Domandai avanzando un passo verso di lui.
 
“Se me avvicino ti lasci tocare?” Allora la sa.
 
“Se mi avvicino ti voglio sentire.” Continuai ad andargli incontro, mentre lui indietreggiava lentamente verso il letto, dopo avermi cinto la vita con le sue mani, delicate ma forti.
 
“Se te avvicini faciamo l'amore...” Disse con un tono di voce quasi impercettibile chinando il viso per poi attaccare le sue labbra sul mio collo.
 
“Michael...” Un piccolo sospiro troppo preso da quel contatto che ormai sapeva farmi impazzire.
Mi accompagnò fino a farmi stendere sul materasso spostandosi sulla mia bocca. Senza neanche pensarci, presi a sbottonare la sua camicia blue, mentre lui si occupava della mia. Sentii le sue mani vagare ormai esperte dei miei punti più deboli. Riaprii gli occhi solo quando mi resi conto di essere arrivato all’ultimo bottone per osservare ammaliato il suo corpo tonico, che non esitai nemmeno un secondo ad accarezzare lievemente con le dita, quasi a volergli fare il solletico. Si accasciò appena su di me con il sorriso sulle labbra, forse un po’ divertito, forse un po’ eccitato. Anche in quella situazione riusciva ad essere come un bambino. Ma quando nella luce soffusa della stanza, portata solo dalla finestra, vidi i suoi occhi osservarmi attentamente, mi fermai. “Che hai?” Gli domandai scostandogli dal viso un ricciolo che era riuscito a scappare dalla sua precisa pettinatura.
“Ricordo.” Rispose semplicemente sistemando meglio le mani sul letto, per far sì che fosse ben sollevato su di me.
“Cosa?” Continuai ad indagare incuriosito.
“Prima volta che noi abiamo fatto l’amore.” Potei vedere le sue guance dipingersi di un leggero rosso. Se la ricorda?
“La ricordo bene.” Dissi sorridendo, quasi in imbarazzo. “Perché ci stavi pensando?”
“Uno de ricordi più beli che io ha è quando tu mi ha deto, beh, che io era el primo. In quel moment, ho capito che mi amavi davvero. Tu era troppo timido per voler solo sesso e troppo sincero per mentirme.”
Non riuscii più a trattenermi. Non riuscivo più ad aspettare. Avevo bisogno di sentirlo mio, ancora una volta, dopo tanto tempo. Ripresi a baciarlo aggrappandomi con un braccio alle sue spalle e con una mano cercavo di approfondire ulteriormente il contatto tendendola sulla sua guancia. Decisi di ribaltare la situazione facendolo ritrovare sotto di me. Volevo avere il controllo su di lui. Lasciai dei leggeri baci sul suo collo, così esile. Quando lo sentii gemere sotto i miei tocchi, dovetti lottare con me stesso per non commettere pazzie improvvise e bruciare completamente ogni tappa di quel magico momento. Una volta ripreso controllo dei miei sensi, gli sfilai con lentezza disarmante la camicia rimanendo arpionato al suo collo e lo sentii imprecare contro di me e pregarmi di sbrigarmi. Ma vogliamo mettere? C’è soddisfazione più grande di questa? Posai con calma la camicia ai piedi del letto e mi sedetti su di lui riprendendo a baciarlo e muovendo leggermente il bacino, facendolo scontrare con il suo.
“Ti amo.” Sospirai sulle sue labbra vedendolo poi sorridere, forse troppo concentrato sui miei movimenti.
Mordicchiai il suo labbro inferiore, mentre ormai entrambi eravamo entrati in affanno, e mi spostai poco dopo sulla sua guancia. Solo successivamente mi accorsi che la testata del letto aveva cominciato a sbattere appena contro il muro. Rumore che però andava forse ad abbassarsi grazie a quello della pioggia e dei lampi, che ogni tanto comparivano in cielo, illuminando in nostri corpi e, soprattutto, il volto di Michael, che teneva gli occhi socchiusi, le labbra schiuse e la testa tesa verso il cuscino dietro di lui, quasi concentrato a mantenere l’autocontrollo.  La sua eccitazione era evidente e sentirla così vicina alla mia, mentre ogni tanto andavano a scontrarsi, non faceva altro che farmi impazzire ancora di più. Quando mi fermai e mi alzai leggermente da lui, con un rigonfiamento alquanto evidente nei pantaloni, dalla sua gola uscì un mugolio che vagava tra il compiaciuto e il contrariato. Andai a slacciare e togliere la cintura di pelle marrone che aveva sempre con una certa lentezza per poi sbottonare e abbassargli la cerniera.
“Marco, please…” Stava vivendo una piacevole agonia e potevo sentirlo dal suo tono di voce, che trasudava disperazione e eccitazione al contempo.
“Sh…” Intrufolai la mia mano nei suoi boxer per accarezzare la sua erezione ormai turgida.
Improvvisamente, con un colpo secco, decisi di spogliarlo completamente, liberandolo almeno dalla tortura dei vestiti. Risalii lungo il suo corpo per incollare di nuovo le mie labbra alle sue, per scendere poi verso il suo collo, il suo petto, il suo stomaco,molto lentamente.
“Wait.” Mi fermò col poco fiato che aveva in gola e si sollevò col busto per privarmi della mia camicia azzurra, che lanciò via da qualche parte.
Decise di rimpossessarsi delle mie labbra, mentre mi levava velocemente la cintura e mi sbottonava i pantaloni. All’improvviso, sentii la sua mano pronta a vendicarsi che mi massaggiava attraverso alla stoffa. Gemetti contro la sua bocca e la sua vendetta si completò quando mi privò di ogni indumento e avvolse la mia erezione. Poggiai la fronte contro la sua spalla, sentendolo lasciare dei baci sulla mia. Incominciai a respirare affannosamente, senza pensare a chi avrebbe potuto sentirci.
Cercai di riprendere in mano la situazione, così poggiai una mano sul suo petto e lo spinsi contro il materasso, deciso a ricominciare il percorso che fugacemente prima aveva interrotto. Durante tutto quel lasso di tempo l’avevo osservato in ogni suo movimento, mentre si contorceva lievemente, cosa che si andò ad accentuare quando avvolsi il suo membro fra le mie labbra. Gemeva, si dimenava, mi accompagnava e tutto ciò non faceva altro che darmi più sicurezza e più piacere. Quando stava per arrivare al limite, decisi di fermarmi e tornare a concentrarmi sulle sua bocca, ormai costantemente aperta.
Non ci pensai molto e, dando attenzioni ad altri punti del suo corpo, mi spinsi contro di lui, cercando sempre di essere il più delicato possibile.
“Ti amo, Marco.” Sospirò contro la mia pelle e quello per me fu il segnale per iniziare a muovermi.
Gli lasciavo dei leggeri baci sul collo, sulle guance e sulle labbra, mentre lo sentivo entrare con me in un turbine di emozioni. Mi era mancato così tanto fare l’amore con lui, sentirlo così preso da me e riuscire a regalargli determinate emozioni. Cercavo di essere il più delicato possibile, ma allo stesso tempo anche passionale. Volevo fargli capire che per una notte ci saremmo potuti perdere l’uno nel corpo e nell’amore dell’altro, perché ne avevamo bisogno più di qualunque altra cosa.
Strinsi fra le mani le lenzuola cercando di mantenere ancora per un po’ l’autocontrollo e sentii quelle di Mika intrecciarsi automaticamente alle mie, stringendole il più forte possibile.
Esausto mi lasciai cadere su di lui, che poco prima aveva ceduto, e lo tenni stretto fra le mie braccia cercando di stringerlo il più possibile.
 
“Tu è così cambiato, Marco.” Spezzò improvvisamente il silenzio, mentre continuava ad accarezzarmi dolcemente con un dito lo spalla.
 
“In negativo?” Gli chiesi quasi allarmato stringendomi ancora di più contro il suo corpo.
 
“No, no para mi.” Non potei non alzare la testa per far incontrare i miei occhi con i suoi, di cui troppo sentivo la mancanza. “Sai in cosa tu però no è cambiato?” Mi domandò sorridendo. Scossi la testa a destra e sinistra curioso della sua risposta. “In tuoi occhi… Sono sempre stessi. Così espresivi, io riesce a vedere tutto di te attraverso de loro.” Li osservò per un po’, come ipnotizzato ed io non potevo che guardarlo a mia volta ammirato. Non sapevo dove voleva arrivare. “In queste…” Aggiunse dopo un po’ portando il suo pollice sulle mie labbra, accarezzandole. “E in questo.” Infine portò la sua mano sul mio petto, in cui probabilmente sarà riuscito a sentire il mio cuore battere come faceva solo quando entrava in contatto con lui.
Non sapendo cosa dire o cosa rispondergli, la cosa più giusta da fare mi sembrò quella di sporgermi verso di lui e catturare le sue labbra con le mie, fino a quando non finii nuovamente su di lui per poi poggiare la testa sul suo torace e farmi cullare dal suo respiro e dai battiti del suo cuore.
 
#MyWor(l)d
 
Saaaaalve c:
Le "vacanze" fanno beeeeeeene, dai. No. So che non è un granché e mi dispiace tanto perché non vedevo l'ora di scrivere su questo periodo e su quest'anno sinceramente, perché, andiamo, questi curuculli di cioccolato non sanno mentire e sono l'antitesi dell'antisgamo :3
Però sono una bastarda, lo so. Vi lascio a bocca asciutta in continuazione e risorgo ogni tanto. Chiedo umilmente venia. Dai, che nonostante tutto mi volete bene :3 (?) Ce se spera almeno ç_ç
In ogni caaaaaso, vi ringrazio come al solito per l'immensa pazienza che avete <3
Un bacione,
Michaels
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Mika / Vai alla pagina dell'autore: Michaels