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Autore: Vala    30/12/2008    2 recensioni
Vorrei, vorrei, vorrei. Se solo, se solo, se solo. Quante volte sentiamo queste parole risuonare alla tv, per le strade, nelle nostre conversazioni? Si infiltrano nella nostra mente, con un unico scopo distruttivo: renderci tutti uguali.

Serie di one-shot/flashfic ideate sui pensieri e modelli ideali con i quali sono più spesso in contatto...più spesso per scelta degli altri che mia.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Salve a voi, gentili persone che mi state guardando. Non mi state guardando? Non mentite, è impossibile che non mi abbiate notata mentre passavo davanti a voi con la mia scia di profumo da oltre 100 euro, i miei tacchi estremamente lucidati e la mia pelliccia di ermellino presa dall’ultima collezione di un grande stilista. Mi sono innamorata di questa pelliccia non appena l’ho vista sulla passerella d’alta moda a Parigi durante un viaggio di due settimane con il mio ricco marito, manager di un’importante multinazionale. Non conoscete mio marito? …meglio per voi…
Mi guardo le unghie, perfette come sempre, e le confronto con quelle di una casalinga che mi passa accanto squadrandomi dalla testa ai piedi come fossi un manichino da esposizione, e in effetti a volte è così che mi sento, un perfetto manichino da sfilate d’alta moda. I miei capi sono sempre firmati, non ho nulla preso al mercato, non ho nemmeno mai visto il mercato cittadino se non dalla finestra più alta del mio attico situato nel centro storico. È nel mio attico che coltivo le mie passioni per i fiori rari, per le gemme rare, per qualunque cosa sia costoso e raro. Perché? Perché posso permettermelo. E perché non ho nient’altro modo per spendere quei soldi che tutti si aspettano che io spenda, mio marito in particolare. Se non porto a casa qualcosa di costoso ogni tanto mi chiede immediatamente cosa c’è che non va. Non ha capito che è esattamente il contrario.
La signora di prima, dall’aria stanca e seccata, fa un rumore strano con i denti. Forse le fanno male, non può andare dal dentista. Se la conoscessi potrei pagarglielo io. Se mi rivolgesse la parola in modo amichevole magari…ma no, che vado mai a pensare! È così che ho perso la mia precedente amica, le pagavo tutto io e lei si sentiva umiliata. O almeno era quello che mi ha detto prima di girarmi le spalle nel momento del bisogno quando volevo lasciare quella vita. Sei matta, rinunciare a tutti quei soldi, tu non ti vuoi bene, tu non MI vuoi bene,…e via. La vedo ancora a volte alle feste mondane, a braccetto con qualche ricca signora a ridere delle sue battute sciocche e dei suoi pettegolezzi mentre adocchia con fare da civetta qualche riccone. La mia examica. Eppure mi manca. Anche se falsa come la pelliccia di quella donna comune che mi sta guardando con astio, era comunque qualcuno con cui scambiare due parole a parte le cameriere.
Sono depressa, lo vedo dalle rughe che compaiono sul mio volto perfetto. Se continuo così presto mio marito si troverà un’amante o mi costringerà a qualche altra cura di bellezza. Perché io sono ricca e devo essere perfetta non solo nei vestiti ma anche nella pelle.
Entro in un negozio di gioielli, ho bisogno di sfogarmi. Le mie mani sfiorano leggere le vetrinette mentre due commesse mi si accostano sorridendo come se avessero visto Dio in persona. E l’hanno visto, hanno riconosciuto immediatamente la mia pelliccia vera, i miei gioielli veri, la mia vera aria snob.
“Voglio quelli…” dico indicando con un’unghia perfetta un paio di orecchini di oro e perle, un paio simile a quello in vetrina ma più elaborato. Non chiedo nemmeno il prezzo, non ne ho bisogno. E loro non me lo dicono, mi conoscono, vengo spesso da loro, ultimamente anche troppo. Mi fanno un bel pacchetto rosso con fiocco e io poggio la mia carta di credito illimitata sul tavolino in legno lavorato della cassa. Una strisciata e sono miei. Esco dal negozio con il pacchetto in mano, e vedo davanti a me quella donna che mi fissa male. Comincio ad essere irritata, forse dovrei chiamare il mio autista per farmi venire  a prendere, non mi piace quel suo modo di guardare la mia pelliccia ed i miei nuovi orecchini di perle come se volesse afferrarli e strapparmeli via da un momento all’altro. Non dev’essere una brava persona.
Per evitarla entro nel prossimo negozio. Mi sta ancora fissando. Percepisco il suo odio attraverso la vetrina. Non comprendo per quale motivo ce l’abbia tanto con me, ma probabilmente è solo invidia. Povera donna, lei che non può permettersi abiti firmati e pellicce vere mi detesta con tutta se stessa perché rappresento quello che vorrebbe e non può!
La vedo prendere il telefonino, un vecchio nokia. Sono in un negozio di computer e telefonia, un nuovo telefonino anche a me non starebbe male. Indico il più costoso e firmato, me lo impacchettano subito. La donna da fuori continua a guardarmi male, pare quasi sul punto di mettersi a piangere. Ed ecco, fa una telefonata dietro l’altra, quasi isterica. La compatisco. Quella povera creatura che non saprà mai cosa vuol dire sfoggiare un visone a teatro, o un collier di diamanti al ristorante francese preferito con vista panoramica, che non consocerà mai il sapore del vero caviale, che non…i pensieri muoiono immediatamente sul nascere quando vedo che qualcuno la sta attaccando da dietro. Due mani le tolgono la visuale, altre due braccia la stringono, qualcuno le parla con fare minaccioso all’orecchio…e la donna ride e si libera con facilità. Incuriosita esco dal negozio con il mio cellulare nuovo tra le mani e vedo tre donne simili a lei accostarsi, salutarla, abbracciarla e baciarla con calore sulle guance colorate di piacere e sorpresa. Le vedo e le riconosco per quello che sono: amiche.
Abbasso lo sguardo sul mio nuovo cellulare. Ha la mia scheda inserita. Apro la rubrica e la sfoglio. Commercialista, commercialista, medico, insegnante di danza, manager, editore, commercialista, consulente finanziario, psicologa,…no, nessuna amica. Nemmeno un nome familiare per altro, sono tutte conoscenze di mio marito o dell’ufficio. Sono sola dunque? Poi il nome di quella mia vecchia conoscenza arriva nell’elenco e mi soffermo a guardarlo. Potrei chiamarla. Se non altro per farle vedere il cellulare nuovo. Se non altro per far vedere che anche io parlo con qualcuno. Se non altro per sentire una voce diversa dalla mia. Forse se le comprassi un cellulare nuovo mi parlerebbe ancora.
La donna del popolo dalla pelliccia finta e le sue amiche si sono infilate in un caffè e stanno parlando amichevolmente tra loro dandosi pacche sulle spalle e ridendo. Ridendo sul serio. Ridendo di gusto. Potrei unirmi a loro? Potrei farmi nuove amiche? In fondo i vestiti si possono togliere, i gioielli si possono regalare a quella zingara in un angolo. Cosa mi rende diversa da loro sono solo quegli oggetti. Se non li avessi, se fossi della plebe non avrei problemi a crearmi una cerchia di confidenti. Ma vedo la gente per strada guardare il mio ermellino e confrontarlo con il topo morto che portano loro, confrontare il mio stile di vita e il loro. No, sarebbe una caduta di stile mischiarsi a certa gente. Rinunciare a tutto quel lusso, mi prenderebbero per matta se lo facessi solo per un attimo di solitudine. Diventare povera, che assurdità! Per cui il mio dito preme con insistenza il tasto di chiamata e l’orecchio aspetta di sentire la voce falsa della mia vecchia amica. Io non ho bisogno di altro che di cose belle che mi circondino, e le finte pellicce a topo morto non sono di mio gusto. Nemmeno quel caffè è di mio gusto. Quel posto squallido con sedie in acciaio freddo. Io ho bisogno di cose lussuose servite su sedie lussuose in club lussuosi. La mia amica mi ha risposto. La invito a mangiare fuori. Lei accetta volentieri purché andiamo in quel bel ristorante indiano chic promosso dal club di golf. Va bene, qualunque posto va bene purché sia costoso. Meglio se assurdamente costoso. Ho bisogno di spendere. Per poi poterne parlare con le mie psicologhe e spendere ancora.

I miei tacchi rumoreggiano sul selciato, apposta perché si girino a guardarmi. Il mio volto è perfettamente curato così come le mie mani. I miei abiti non hanno una piega fuori posto, sono perfetti e firmati anche nell’intimo. La mia pelliccia emana una luce propria che illumina la plebe mentre sfreccio loro accanto elargendo sguardi di benevolenza e benedizioni come un santo. Mi odiano, ma a me non importa. Io vivo la mia vita tra il lusso e le feste, non esiste vita migliore della mia. Se volessi potrei fermarmi in qualunque momento, ma non voglio. In realtà io voglio continuare ad essere catapultata da una festa all’altra, da un sorriso ad un altro, da uno specialista all’altro. In realtà io voglio non avere amici perché gli amici ti sfruttano, gli amici si prendono gioco di te, gli amici sono solo inutili sanguisughe. Se hai i soldi non hai bisogno di amici. Se hai i soldi non hai bisogno di nulla.
Lo stereotipo recita: non c’è nulla che il denaro non possa comprare…a parte forse un gruppo di donne che incontrandosi per strada si abbracciano fregandosene di stropicciare la loro pelliccia finta.
  
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