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Autore: Chione regina della neve    03/05/2015    2 recensioni
La storia parla di Rose: una giovane orfana mezz- elfa, che si troverà suo malgrado, in uno sconvolgente susseguirsi di eventi, che la porteranno a scoprire antiche verità, per fermare un male tornato dal passato e che ora dilaga nel suo mondo.
Spero vi piacerà siate clementi è il mio primo lavoro e non sono ancora bravissima
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Era primo pomeriggio sulla cittadella imperiale e Thomas la stava ammirando, dalla balconata della sua stanza.

Sarebbe stato un momento piacevole per lui, se non fosse stato per due sgradevoli fattori.

Il primo, era che presto sarebbe dovuto partire insieme al padre verso il confine occidentale, la dove si innalzavano le montagne grigie.

Era un territorio ostile, conquistato dal nonno del suo bisnonno, esclusivamente per la ricchezza praticamente illimitata di minerali preziosi, presenti in quella roccia.

Il secondo, ben più impellente, era che da sei giorni buoni, era affetto da un malessere molto debilitante che gli stava consumando le forze.

Sotto sua espressa richiesta, non avevano chiamato il medico/erborista della città.

Quel che nessuno sapeva, è che aveva fatto quella richiesta, per il semplice fatto che quest’ultimo si sarebbe portato dietro la sua assistente; in altre parole … Rose.

Che quindi avrebbe scoperto che lui era l’erede imperiale, che le aveva mentito su moltissime cose, troncando ogni sorta di legame si fosse formato nei due anni in cui erano stati amici e non avrebbe avuto torto.

Si erano così rivolti a molti altri, che però non avevano cavato un ragno dal buco, smorzando di molto le speranze del principe.

Alla fine si era convito a convocare il medico, ma la risposta concretizzo le sue peggiori aspettative.

Il medico in quei giorni si trovava fuori città.

In assenza del medico, ad assisterlo sarebbe venuta la sua apprendista, ossia Rose.

Si, ormai il principe inventore ne era convinto, la sfortuna aveva deciso di perseguitarlo.

 

 

 

La bionda sangue misto era al settimo cielo dall’eccitazione; era stata convocata a palazzo, per assistere un membro della famiglia imperiale, che in quei giorni era stato colpito da un misterioso male, dagli effetti preoccupanti.

Un messaggero si era presentato all’erboristeria, annunciando di voler parlare con il maestro, che per supervisionare un caso, non era presente quel giorno.

Ragion per cui, fino al suo ritorno, era la stessa Rose ad avere le redini, dell’attività.

Si, il maestro aveva piena fiducia in lei, ed era scontato dire, che questo la rendeva davvero molto felice.

Il messaggero era tenuto a riferire solo il minimo indispensabile; si limitò quindi a riportare alcuni sintomi e da quanto andava avanti la cosa.

Non disse nemmeno chi era il paziente, giustificandosi dicendo, che era per la sicurezza dello stesso.

Concluse dicendo che i restanti dettagli le sarebbero stati comunicati a palazzo.

Rose era un po’ seccata da tutta quella segretezza, ma comprendeva che la sicurezza della famiglia imperiale, era prioritaria.

Soprattutto, se le voci secondo cui il confine alle montagne grigie era caduto, si fossero rivelate fondate.

Avrebbe voluto più informazioni, ma da quello che il messaggero aveva potuto riferirle, si era già fatta un idea di cosa potesse trattarsi.

Avrebbe curato il paziente e non solo avrebbe accresciuto la fama dell’erboristeria e del suo maestro.

Ma lei sarebbe stata introdotta nel migliori dei modi alla fama come professionista; cosicché al termine dei suoi studi, avrebbe iniziato il mestiere essendo già ben conosciuta.

Finì di preparare l’occorrente, per poi accodarsi alla scorta che le era stata mandata, per arrivare a palazzo.

A cosa servisse poi, era un mistero, ma certo Rose non avrebbe disdegnato un po’ di pubblicità in più .

Nessuno della scorta parlò mentre la conducevano a palazzo, creando un leggero clima di tensione.

Ma una volta arrivati, la cosa sembrò persino peggiorare, ad attenderla nella sala magna, stavano tre distinti signori, tutti impomatati e tirati a lucido.

Infilati in abiti che un qualunque altro uomo, escluso l’imperatore, avrebbe solo potuto sognare.

Non c’era neppure bisogno di chiedere chi fossero, avevano partecipato così tante volte alle battute di caccia, assieme all’imperatore e ai suoi ospiti, che ormai poteva dire di conoscerli.

Quei tre erano indubbiamente i gran ciambellani di corte, i più fedeli sottoposti della famiglia imperiale.

Dopo averla squadrata per diversi minuti, lasciando intuire dai loro sguardi, il loro ben misero entusiasmo per la presenza di una plebea a palazzo, uno di quelli finalmente si decise a parlare e con fare da imbonitore disse.

<< Mia cara signorina, lei comprenderà di certo le nostre riserve, nell’affidare la salute di un reale, alle mani ancora giovani e inesperte di un apprendista, quindi comprenderà anche se ora le chiediamo una qualche prova della sua competenza e abilità>>.

Rose annuì, cercando di mantenere la massima compostezza, prima di rispondere.

<< Posso già dedurre da ciò che mi è stato riferito dal messaggero, che il paziente non è assolutamente in pericolo, ma solo molto debilitato >>.

Mentre cercava di cogliere qualche discrepanza nelle espressioni dei tre, per capire se riusciva a ottenere il loro favore, proseguì.

<< La conferma me l’avete fornita voi stessi poc'anzi, dicendo che volete affidarmi la “Salute” del paziente e non la su vita. In oltre, posso tranquillamente escludere la possibilità, che mi abbiate chiamato per occuparmi dell’imperatrice, non solo perché ella si trova attualmente in altra sede, ma anche perché se la paziente fosse lei, mi avreste scomodato per una quisquilia. Questo restringe il campo all’imperatore e al suo erede, ma dubito che mi lascereste avvicinare all’imperatore con un bisturi, senza essere sorvegliata da almeno quindici persone, quindi posso affermare senza dubbio, che oggi farò la conoscenza del prossimo grande imperatore >>.

I tre ciambellani rimasero stupiti, quella ragazza era incredibilmente perspicace, tanto da spingerli a chiedersi, se fosse davvero solo un apprendista.

Senza proferire parola, la scortarono lungo una grande scalinata piuttosto lunga, fino a sbucare sull’immenso terrazzo dell’ala est.

Da li poi due dei ciambellani si congedarono, lasciando al terzo l’onere di accompagnare la ragazza a destinazione.

Proseguirono lungo il grande terrazzo, fino a raggiungere tre gabbie enormi, poste su uno spiazzale situato esattamente a metà della via merlata.

Rispettivamente le tre gabbie contenevano.

La prima : uno stormo di magnifici Grifoni, che scalpitavano per uscire a sgranchirsi le ali, erano un dono ricevuto dall’imperatore dopo l’ultimo trattato con gli elfi, Rose si ricordava persino il giorno in cui quella stessa gabbia, aveva sfilato per le vie della cittadella.

La seconda : ospitava un vivaio di Viverne, di mille livree diverse, che dormivano ai tiepidi raggi del sole mattutino, molto meno gradevoli alla vista, ma decisamente più mansuete.

La terza invece era stata ideata per un solo occupante, un gigantesco e meraviglioso Rook, un enorme falco dalle penne bianche, la cavalcatura personale dell’imperatore.

Dono ricevuto si diceva, quando questi era ancora solo principe, come dono personale del re della terra selvaggia, capo di tutti i bestiamorfi .

Per un istante sperò di poter cavalcare il gigantesco falco, ma era una vana speranza, infatti il ciambellano prese una Viverna, facendole segno di accomodarsi, mentre lui prendeva posto alla guida.

C’erano solo due modi per raggiungere il trespolo, uno era appunto volando, l’altro usando i passaggi segreti.

Ma purtroppo a Rose, così come a moltissimi altri, compresi i domestici meno fidati del palazzo, non era dato conoscerli.

Prese posto sulla sella della Viverna,

Quando la Viverna si posò sulla grande piattaforma che costituiva la base del trespolo, il ciambellano chiamò un gruppo di inservienti, che presero in cura la Viverna, mentre lui accompagnava Rose all’interno della struttura.

Ma come ebbero varcato la soglia, il ciambellano venne preso da parte da un servitore.

Questo gli riferì un messaggio in privato e a giudicare dall’espressione sorpresa del primo, doveva trattarsi di qualcosa di decisamente importante.

Pur vedendone la magnificenza dall’esterno, nessuno poteva immaginare quanto fosse magnifico il trespolo all’interno.

L’interno dell’enorme struttura cilindrica, era una sorta di inno alla magnificenza.

Lunghi tappeti di velluto rosso, coprivano le grandi scale di marmo rosa e immense finestre istoriate, di cristallo purissimo, illuminavano tutto di mille luci diverse, creando un atmosfera surreale.

Tendaggi e arazzi con ricami d’oro puro, facevano bella mostra sulle pareti, unendosi in un affascinante intreccio artistico, a meravigliosi affreschi e mosaici.

Ma il fascino di tanto sfarzo, ebbe vita breve; infatti dopo un primo momento di stupore, Rose cominciò a trovarlo eccessivo, la faceva sentire fin troppo piccola, fin troppo estranea a quell’ambiente.

Il ciambellano, che intanto le era tornato vicino, la riscosse dai suoi pensieri, proferendo queste parole.

<< Mi rincresce doverla far proseguire da sola signorina, ma il principe ha espressamente richiesto di lasciarla proseguire da sola, da questo punto in avanti >>.

La giovane era stupita, era una richiesta quantomeno insolita, anche da parte di un reale, ma non diede importanza alla cosa, se non per qualche minuto e si limitò a chiedere

<< Allora, potreste dirmi solo, come arrivare alla sua stanza per favore?>>.

Quello assentì col capo, dicendo poi.

<< Non dovete far altro che salire fino alla cima: li ci sono solo due stanze a occupare l’intero piano, quella sulla destra è adibita ad ospitare esclusivamente gli appartamenti del principe. Bussate tre volte prima di chiedere permesso e attendete l’autorizzazione>>.

Rose fece un leggerissimo cenno d’assenso, prima di imboccare la grande scala.

Proseguì titubante, attraversando cinque piani, che anche solo a passarvi apparivano immensi.

E finalmente, quando ebbe raggiunto il sesto, si trovò in uno spazio relativamente ristretto, un unico corridoio largo circa quattro metri, che divideva in due l’intero piano.

Come predetto dal ciambellano, sull’intero piano, erano presenti due sole porte.

O meglio portoni, si perché sia sul muro destro, che su quello sinistro, facevano bella mostra due grandi portoni di ebano, neri come l’inchiostro, intarsiati con bassi rilievi raffiguranti l’emblema imperiale.

L’unica differenza tra i due, era che quello sulla sinistra, aveva due splendidi pomelli d’oro puro, mentre quello sulla destra, ostentava due grandi maniglie d’argento.

Rose si avvicinò quindi a quest’ultima e prendendo un profondo respiro, fece come le era stato detto, bussò tre volte attendendo una risposta dall’interno.

Ma la voce che udì oltre quella porta, la lasciò come bloccata.

Aprì la porta come una furia, pronta a scusarsi in caso i suoi sospetti fossero caduti, ma quel che vide, non fece che accrescere la sua ira.

Seduto su un piccolo sofà, al centro di un esageratamente grande ed elegante salotto, che da solo avrebbe potuto contenere la casa di Rose e forse molto altro.

Stava Thomas : visibilmente debilitato, pallido e dimagrito com’era, mentre la mancanza di diversi giorni di sonno, era palesata dalle profonde occhiaie che gli contornavano le orbite.

Mentre lo guardava così, con uno sguardo a metà tra la rabbia, la delusione e la mortificazione, quello si alzò sulle gambe tremanti, per poi rivolgergli questo saluto.

<< Benvenuta, a nome della corona, ti ringrazio di essere qui>>.

Poi mentre si accasciava sul sofà, prese un profondo respiro, a cui segui qualche colpo di tosse, prima di aggiungere.

<< Immagino che avrai molte domande da farmi>>.

Lei chiuse gli occhi, per trattenersi dall’urlargli in faccia, tutti gli insulti che aveva in mente.

Lo guardo torva, cercando di spiegarsi cosa, oltre alla minaccia della decapitazione, la stesse trattenendo dal mollare un ceffone, al principe imbroglione.

Quando quello riprese a parlare dicendo.

<< So che sei arrabbiata, ma lascia che ti spieghi>>.

La ragazza lo fermò, poggiandosi un dito sulle labbra, intimandogli così di stare zitto.

L’ultima cosa che voleva, era sentire qualche inutile scusa.

Così gli si rivolse dicendo.

<< Niente di ciò che potresti dire o fare, potrà scusarti di quello che hai fatto, quindi fa un favore a entrambi e risparmiatelo>>.

Silenzio, questo si sentì per diversi minuti, finché non fu la stessa Rose a parlare.

<< Ora, voglio che tu mi dia una buona ragione, per non andarmene, lasciandoti qui a sopportare il tuo male>>.

Prese un respiro profondo, per non rischiare, di lasciar trasparire la delusione, che gravava nella sua voce, prima di aggiungere.

<< E se riesci a convincermi, voglio che tu mi dica perché e soprattutto, come hai potuto, mentirmi per due anni interi, ti credevo mio amico, mi fidavo di te e ora scopro, che non hai fatto che mentirmi, fin dal primo momento, continuando senza ritegno, PER – DUE – ANNI >>.

Calcò molto il tono sulle ultime parole, attendendo una qualche risposta, che si fece attendere solo qualche minuto.

<< So di non meritare il tuo aiuto, ma ne ho un estremo bisogno, poiché entro tre giorni, dovrò partire per il confine est dell’impero. Non ci arrivano più notizie dalle province, quindi mio padre ha deciso, che dovremo accertarci personalmente che tutto sia a posto; ragion per cui, ho bisogno di essere in forze, per poter viaggiare>>.

La bionda allora gli si fece vicino, senza proferire parola, prese erbe e strumenti dalla borsa, iniziando così a esaminare Thomas.

Lasciò passare qualche minuto di silenzio, prima di dire.

<< Ora, aspetto di sentire una spiegazione per la tua infamia >>.

Il principe non rispose, non subito, ben sapendo che, qualunque cosa avesse detto, difficilmente avrebbe o

ttenuto il perdono.

In fine, si limitò a dire.

<< Avevo paura >>.

Di nuovo calò il silenzio, nessuno dei due trovava le parole, per esprimersi con l’altro.

E in quell’assenza di suono, Rose proseguì la sua analisi.

Chiese a Thomas di porgergli il braccio, raccomandandogli di stringere i denti, per poi afferrare un bisturi fra gli strumenti e incidere appena e con delicatezza, ma non senza una qual certa soddisfazione, la carne del ragazzo.

Un rivolo di sangue, prese a fluire dalla ferita, all’apparenza perfettamente normale.

Poteva essere un po’ lento, ma non in modo preoccupante, ne c’era di che preoccuparsi, il ragazzo era gelato, quindi era un fatto relativamente normale e per il momento trascurabile.

L’unico fattore anomalo, era forse rappresentato dalla stessa incisione, che seppur così minuscola, presentava nel suo intorno un livido spropositato.

Solitamente una cosa simile, accadeva dopo aver ricucito una ferita, ma certamente non per un taglietto tanto modesto.

Rose prese fra i vari oggetti che si era premurata di portare, una piccola fiala, che porse subito a Thomas, per poi dire.

<< E’ probabile che per un palato raffinato come il vostro altezza, questo possa risultare parecchio amaro, ma è necessario che lo assumiate>>.

Aveva deciso, di trattarlo con quanto più distacco possibile, finché non avesse ricevuto una risposta decente, poi avrebbe deciso il da farsi.

E a quanto pare, la cosa sembro infastidire non poco il ragazzo, che reagì quasi istantaneamente.

<< Ecco, era questo, che mi faceva paura>>.

Stette in silenzio per qualche istante, prima di trarre un profondo respiro e dire.

<< Io non sono solo il principe imperiale, eppure tutto il mondo mi vede solo così, nessuno pensa al ragazzo dietro al titolo, anzi nessuno pensa al ragazzo>>.

Thomas si incupì terribilmente.

<< La gente che mi circonda, è sempre più simile, a un branco di avvoltoi; non gli importa niente di me, ma solo di quello che possono ottenere da me. Persino il modo in cui mi parlano con tanta reverenza è una montatura. Mi girano attorno, sperando in chissà quale favore, che io puntualmente gli concedo, per levarmeli di torno>>.

Poi si rivolse direttamente alla mezz’ – elfa dicendo.

<< Tu sei stata la prima, anzi, forse sei stata l’unica, che mi abbia trattato, con sincera amicizia>>.

Fece una breve pausa, per poi aggiungere.

<< Ma avevo paura, che scoprendo chi fossi, anche tu avresti smesso, di trattarmi da essere umano. Ovviamente mi sbagliavo, ma quando l’ho capito, era troppo tardi per rivelare il mio errore >>.

Rose, si sentiva pervasa dal sacro fuoco dell’ira, fu un attimo, furente com’era, raccolse le sue forze e incurante delle conseguenze, sferro un sonoro schiaffo al ragazzo che le stava di fronte .

Thomas rimase sconcertato per qualche momento, prima di udire le parole, che Rose pronunciò subito dopo.

<< Sei davvero un povero stupido, ti lamenti di quelli che in te non vedono altro che il titolo, ma ti lasci condizionare da quelle stesse persone, al punto da credere che siano tutti così. Se loro non vedono in te altro che il titolo, tu non vedi altro che il tuo disprezzo, in chiunque ritieni colpevole e onestamente, questo è persino peggio>>.

Il ragazzo era come paralizzato, quelle parole, avevano avuto lo stesso effetto di un macigno : Gli erano

inesorabilmente piombate addosso.

Prima che potesse dire alcun che, la bionda parlò ancora.

<< Quello che mi ferisce di più, non è che tu abbia mentito, ma che mi abbia considerato così misera, da non meritarmi di sentire la verità dalla tua bocca. Quello che mi ferisce di più e che tu, mi abbia considerato così miserabile, da credere che non ti avrei perdonato la verità>>.

Thomas si sentiva un verme, era certo che da li a qualche momento, la ragazza se ne sarebbe andata.

Ma poi, soffermandosi a pensare sulle parole della ragazza disse.

<< Intendi dire, che sei disposta a perdonarmi >>.

Lei allora affermò molto orgogliosamente.

<< Ci devo pensare, per ora possiamo dire, che sei in prova>>.

E porgendogli nuovamente la fiala aggiunse.

<< Magari potremo discuterne meglio, quando sarai tornato tutto intero, dalla tua ispezione a est >>.

Thomas era sbigottito, quella ragazza era una sorpresa continua, chiunque altro, lo avrebbe piantato li, andandosene senza neanche guardarlo.

Lei invece era persino disposta a perdonarlo, quando le fosse passata la rabbia.

Era indubbiamente unica.

Senza aggiungere altro, ingerì il contenuto della fiala, sentendo come da preavviso, un orrendo sapore raspargli il palato.

In cambio però, sentì subito la maggioranza delle sue forze fare ritorno, salvo poi essere pervaso da un improvviso calore.

Leggermente preoccupato chiese.

<< E’ normale sentire così tanto caldo?>>.

La ragazza rispese di rimando.

<< Sarebbe strano il contrario, quella che hai appena bevuto, è un infuso di radice della cenere, il tuo corpo sarà caldissimo per almeno una settimana; ma almeno eliminerà gli effetti delle tossine, mentre il tuo corpo le espelle>>.

Il principe parve allarmarsi leggermente, mentre diceva.

<< In tutto questo però, non mi hai ancora detto cos’ho>>.

Lei annuì e rispose.

<< Bhe dati i sintomi, la cosa più probabile e che si tratti di qualche veleno non letale; probabilmente la tossina di qualche fungo, questo spiegherebbe: la spossatezza, la difficoltà a dormire, la perdita d’equilibrio e la fragilità dei tessuti. Niente di preoccupante comunque, ti riprenderai quanto prima; un po’ di riposo, qualche tisana energetica dopo i pasti e entro una settimana sarai di nuovo in piena forma>>.

Thomas era colpito.

Conosceva la grande passione di Rose , per la medicina, per la botanica e per l’erboristeria.

Sapeva, quanto impegno metteva nei suoi studi e nel suo lavoro, come assistente/apprendista.

Sapeva, quanto la ragazza desiderasse, aiutare la gente con le sue conoscenze.

Ma solo vedendola ora, si rendeva pienamente conto, di quanto, il suo talento e la sua dedizione, stessero dando i suoi frutti.

E mentre la guardava, le parole che seguirono, gli uscirono di bocca, come dotate di volontà propria.

<< Diventerai il più grande medico, che questo impero, abbia mai visto>>.

La giovane accennò un sorriso in risposta, prima di affermare .

<< Lusingarmi, non ti aiuterà, a farti perdonare più in fretta, ma grazie comunque, i complimenti sono sempre benvenuti>>.

Thomas ghignò, mentre si rivolgeva alla ragazza.

<< Capisco, allora immagino che perderei il mio tempo, chiedendoti di venire a salutarmi, per augurarmi buona fortuna, quando partirò per l’ispezione a est fra due giorni>>.

Rose sorrise, mentre assumeva un aria di finta rassegnazione, un attimo prima di rispondere.

<< Verrò, ma solo per assicurarmi, che tu sia abbastanza in forze, per affrontare il viaggio e se sarò dell’umore giusto, ci scapperà anche il buona fortuna>>.

Si scambiarono un altro mezzo sorriso, prima che Rose decidesse di congedarsi, lasciando solo il giovane principe, coi suoi pensieri.

Tutti rivolti, alla giovane mezz’ – elfa.

 

 

 

Il pomeriggio seguente, Thomas era decisamente migliorato, forse non era ancora in piena forma, ma certamente, aveva avuto una ripresa, che seppur parziale, risultava sorprendente.

Eccezion fatta, per il calore persistente, causato dall’infuso di radice della cenere .

L’imperatore, era compiaciuto al punto, da quadruplicare la ricompensa, per il servizio reso, arrivando a rendere all’erboristeria, duecento pezzi d’oro.

Ora, padre e figlio si trovavano nella sala riunioni del palazzo , con al loro cospetto, il consigliere imperiale.

I tre avrebbero deciso, cosa fare, in merito all’ispezione ormai prossima.

Il consigliere prese parola per primo, in fondo, il suo ruolo era proprio quello, di esporre le migliori alternative, per assistere il sovrano, nelle faccende più delicate.

Si schiarì la voce, rivolgendosi ai reali con quanta più reverenza possibile dicendo.

<< Vostra maestà, giovane signore , mi rincresce dover essere io a informarvi; che non abbiamo più notizie delle squadre di esplorazione e che gli ultimi rapporti pervenutici, sembrano partoriti dalla mente di poveri pazzi>>.

Thomas si infervorò e alzandosi di scatto, si rivolse contemporaneamente al padre e al consigliere.

<< State dicendo che abbiamo mandato i nostri uomini al massacro>>.

Prima che potesse aggiungere altro, il padre lo ammonì così.

<< Ora basta Thomas! E' stato un sacrificio necessario, e per quanto ciò sia terribile; i tuoi moralismi non li riporteranno alle loro famiglie>>.

Il principe riprese posto, sentendo la rabbia pulsare nel petto.

Ascoltando distrattamente la conversazione fra suo padre e il consigliere.

Finché il consigliere non disse.

<< Però fra i tanti resoconti, ritengo che c'è ne sia uno degno di nota>>.

L'uomo fece una piccola pausa, cercando le parole da riferire ai reali, per poi dire .

<< Il rapporto pervenutoci da un mercenario, sembra essere il più attendibile>>.

Sentendo quelle parole, l'attenzione di Thomas ricomparve improvvisamente.

Si sorprese però, sentendo le parole che seguirono pronunciate da suo padre.

<< Mercenario. Immagino che tu ti riferisca a quel ragazzino impudente, che ha rifiutato di inchinarsi; e che ha definito i miei soldati una massa di incompetenti>>.

Thomas si fece sfuggire una smorfia semi divertita.

Ricordava bene quel ragazzo, era un arrogante sbruffone, impulsivo, inoltre era testardo almeno quanto lui; tanto che aveva preferito passare un giorno in cella che inchinarsi .

Quando i soldati erano andati a riprenderlo, avevano trovato tutti gli altri criminali svenuti, feriti o immobilizzati e la guardia rannicchiata in un angolo a farsela sotto.

Aveva persino dichiarato apertamente, di non riconoscere alcuna autorità se non la propria.

Dire che suo padre sarebbe potuto scoppiare di rabbia, sarebbe stato un eufemismo.

Aveva deciso però, di affidargli ugualmente l'incarico, vista la sua prova di forza.

Non gli andava minimamente a genio, quel tizio si comportava alla stregua di un criminale, forse anche di un animale.

Al contempo però, doveva ammettere di ammirarlo, era un vero ribelle, che non si sarebbe mai piegato.

Se ben ricordava quel tipo aveva detto di chiamarsi … Kevin.

Ma non era questo il momento di pensarci, piuttosto era curioso di sapere, cosa aveva combinato quel pazzo.

 

 

 

In quel momento, il sopracitato mercenario, stava ancora vagando per le terre occidentali.

Ripensava agli eventi accaduti negli ultimi dieci giorni : gli sembrava, di aver attraversato una landa infernale.

Quando era arrivato alle pendici delle montagne grige, aveva trovato un villaggio raso al suolo, le cui macerie ancora fumanti, portavano i segni del passaggio di un armata.

Un enorme armata, che aveva razziato e divorato tutto il possibile, fino a rendere il villaggio e la terra attorno, un terreno sterile, costellato di ossa e cenere.

Kevin era molto nervoso, si sentiva come soffocare, da un opprimente sensazione di costante degrado.

Come se la terra intorno a lui, stesse ancora morendo.

Era strano per lui notare una cosa simile.

Aveva passato gran parte della sua vita in battaglia, sempre al servizio del migliore offerente, a volte da solo, a volte con qualche gregario.

All'inizio era difficile, a volte anche troppo, ma poi … col tempo.

Aveva stroncato così tante vite, e tante altre ne aveva viste spegnersi; per così tanti motivi, che ormai non ci faceva neanche più caso.

Ma in quelle terre, la sensazione era tanto forte, che si sentiva come se fosse tornato un novellino, alla sua prima battaglia finita male.

Chiuse l'unico occhio non coperto, prendendo un profondo respiro, prima di proseguire.

Marciò per tre giorni ininterrotti, seguendo il profilo della catena montuosa, vedendo la devastazione crescere di dieci volte a ogni miglio in più.

I segni del passaggio di un orda di creature fameliche, si facevano man mano più evidenti.

Nonostante tutto ciò, l'esplorazione non sembrava dare alcun frutto.

Almeno finché, a meta del quarto giorno di marcia, Kevin seguendo le tracce, non decise di addentrarsi nell'entroterra.

Proseguì per diverse ore, fino al calar del sole, giungendo così in una zona di estrazione mineraria.

Quella che un tempo era una valle, ora era stata completamente sventrata dagli scavi.

Ora assomigliava più a un baratro, dove gli unici colori dominanti, erano il grigio della polvere e il nero dell'oscurità.

Incredibilmente profondo, il baratro misurava almeno un miglio verso il basso.

I picconi ancora piantati nelle rocce, le carriole e le carrucole, ancora cariche di metalli grezzi; tutti segni che quel luogo, era stato abbandonato in fretta e furia.

Eppure, le traccie indicavano chiaramente; che qualunque cosa, avesse causato quella devastazione nel resto della regione, era sicuramente passato di li.

Seguì le traccie, usando le rampe delle carriole, per scendere verso il fondo della miniera principale.

Una volta arrivato sul fondo, la situazione si fece più chiara, le traccie non lasciavano dubbi, qualunque cosa fosse successa, aveva fatto esplodere la sua violenza in quel luogo più che negli altri.

I minatori erano stati travolti da un esercito, che era sbucato dalle gallerie.

Quei poveretti non avevano avuto nessuna speranza.

Kevin decise di esplorare uno dei cunicoli, in cerca di indizi più significativi.

Le gallerie erano solcate da traccie di artigli; alcune travi erano state spezzate dalla violenza di quelle creature, tanto che alcune delle pareti di roccia iniziavano a sbriciolarsi.

Si erano riversati in quelle gallerie come vere e proprie furie.

Proseguì finché non si trovò davanti una scena, che per chiunque altro, sarebbe stata orripilante: lungo quel punto del tunnel, stavano ammassate file e file di ossa pallide, dalle dimensioni più svariate.

Ma quel che davvero era orribile, era quel che stava accasciato in mezzo a quelle ossa.

Una creatura mostruosa, deforme, all'apparenza primitiva; la cui spessa pelle nera come il catrame, trasudava melma.

Era disteso a terra con evidenti fratture, che probabilmente ne avevano causato la morte, doveva essere stato travolto dai suoi simili, mentre attraversavano le gallerie.

Dopo aver analizzato minuziosamente quella sezione del tunnel, traendo lr dovute conclusioni, Kevin riprese a seguire le tracce.

Fino a trovarsi in un insenature naturale.

Dove gli si parò davanti agli occhi, uno spettacolo raccapricciante.

In quella caverna, in cui forse nessun umano aveva mai messo piede, stava ammassato un esercito di quelle orrende creature.

Nella mente di Kevin prese a fluire un pensiero: il ricordo di una vecchia storia, sentita quando era poco più che un bambino.

Una storia che narrava di esseri orripilanti, privi di volontà propria; guidati unicamente dalla fame e dalla volontà di soddisfare il loro padrone.

Belve dallo sguardo vacuo, incapaci di pensare ad alcunché, sempre affamate e sempre spietate.

Un esercito di gusci senza anima, asserviti alla follia di un dominatore dall'anima nera.

Quest'ultimo, bramava di dominare su un deserto di cenere, che una volta era il mondo.

Per quanto potesse sembrare ridicolo, pretenzioso e assurdo, cedere in una vecchia leggenda.

I ragionevoli dubbi erano sempre meno, mentre quelle creature, assomigliavano sempre di più, a quelli che nelle leggende del “Nero inverno”, venivano chiamati …

<< I senza mente >>.

Quelle ultime parole, sfuggirono ai suoi pensieri, per prendere forma nella sua voce.

Fu un errore, un tragico errore.

Almeno un centinaio di quelle bestiacce, si voltarono verso di lui, desiderose di sbranarlo.

Quelli che non l'avevano sentito invece, erano rimasti completamente indifferenti.

Forse quel “Senza mente” non era solo un nome.

Ma non era certo quello il momento di pensarci.

Prese a percorrere il tunnel al contrario, cercando di raggiungere, un punto migliore per reagire.

Quando raggiunse lo sbocco del tunnel, afferrò prontamente, un oggetto legato alla sua cintura.

Si trattava dell'elsa di una spada, che a un comando dell'uomo del nord, sprigionò una lunga lingua di fuoco, che si disperse un istante dopo, sostituita da un enorme lama.

La spada ora completa, era una Flamberg : uno spadone, decisamente lungo e pesante, ideato per comprendere contemporaneamente, le caratteristiche della spada, della lancia e del martello.

Un arma incredibilmente possente, ma circondata da innumerevoli superstizioni.

Una delle quali, sosteneva che armi di tale fattura, erano maledette.

Poiché si credeva, che si ribellassero a quei possessori, che erano indegni di brandirle, causandone il trapasso.

Kevin non era mai stato superstizioso, ma sapeva bene; che qualunque arma, se non veniva maneggiata col dovuto rispetto, o la dovuta abilità, poteva essere più letale per chi la brandiva, che per l'avversario.

Per sua fortuna, Kevin aveva entrambe le cose.

Scartò di lato, appena in tempo per evitare l'assalto di due di quelle creature, reagendo subito con un violento fendente, che li tranciò entrambi.

Dopodiché spicco un salto, riuscendo ad atterrare su una delle carrucole.

Ma quei mostri, certo non si sarebbero fermati per così poco.

Ma Kevin aveva molte risorse; gli ci volle un momento, per notare che le carrucole, mantenevano un equilibrio precario .

Così spicco un altro balzo, aggrappandosi a un punto un po più alto, della catena che sosteneva la carrucola.

Attese che almeno una decina di quelle cose, si appendessero su ciascuna estremità della carrucola.

Per poi tagliare la catena a cui si era appeso, con un fendete della sua Flamberg , ed essere trascinato verso l'alto, dal peso presente sul capo opposto della carrucola.

Mentre il carrello che lui aveva reciso, precipitava a terra, schiacciando le creature che vi si erano appese.

Sull'altro capo della carrucola, le bestiacce venivano trascinate a terra e schiantate al suolo, dal loro stesso peso.

Mentre Kevin, si era ritrovato in cima alla miniera, nel giro di qualche secondo; trascinato dalla differenza di peso, fra i due capi della carrucola.

Si arrampicò sula cima della carrucola, recidendo la seconda catena, per far precipitare le creature, che già avevano iniziato a salire.

Per poi buttar giù la struttura portante e schiacciare, quelli che s'erano ammassati sotto.

Cercò di scrutare nella nube di polvere, in cerca di qualche segno di vita.

Si rivelò un azzardo, in meno di un minuto, tre di quelle cose sbucarono dal polverone, scalando a gran velocità la parete della miniera, ormai prossima a crollare del tutto.

Quando quei cosi gli furono davanti, il cavaliere nero si rese conto, che quei tre esseri erano grandi come orsi e come orsi sembravano affamati.

Kevin indietreggiò di qualche passo, stringendo più saldamente la sua fidata flamberg, intenzionato a fare a brandelli quei tre mostri.

In quel momento, l'istinto da mercenario si fece sentire e una frase, che sembrava esulare dalla sua volontà, gli usci di bocca.

<< Se mai ho avuto un un buon motivo per chiedere più soldi, è senz'altro questo >>.

 

 

 

Era passata una settimana da quel giorno.

Aveva sgominato quei bestioni in meno di tre minuti.

Erano grossi certo, ma non avevano ombra di cervello; non rappresentavano un problema, per un guerriero esperto come Kevin.

Da quel giorno, aveva cominciato a raccogliere prove, sopravvissuti e quindi testimonianze, di quanto era accaduto in quelle terre.

Tutto per scrivere un rapporto convincente, da inviare all'imperatore.

Se poi qui è li ,ci scappava qualche rappresaglia coi senza mente, tanto meglio.

Ora il rapporto l'aveva redatto e inviato, tramite un falco messaggero, più di tre giorni prima.

Ma ora gli erano rimasti i profughi al seguito, ed era costretto a far loro da balia.

Passi per le donne e i bambini, ma che omoni grandi e grossi, che volendo potrebbero difendersi da soli, piagnucolassero almeno sei volte al giorno, per due ore alla volta.

Era una cosa che a uno come Kevin, proprio non andava giù, infatti ogni tanto, si chiedeva perché non li aveva ancora strozzati.

Poi li vedeva con le loro famiglie e decideva di far finta di niente, in fondo, molto in fondo, anche Kevin aveva un cuore tenero.

 

 

 

Nel frattempo alla cittadella avevano esaminato il rapporto del mercenario.

Era sorprendentemente dettagliato ricco di particolari, inoltre arrecava molte testimonianze, con annesse le firme dei testimoni stessi.

C'erano diversi avvertimenti sui senza mente e svariate raccomandazioni, sulla carenza di generi di sostentamento.

Ma a seguito di una considerazione del consigliere, l'imperatore aveva preferito ignorare quanto c'era scritto sui senza mente.

Nonostante Thomas avesse espresso molti dubbi su un tale provvedimento, dovette comunque arrendersi all'autorità del padre.

Ora si trovava sulla grande terrazza dei suoi monumentali appartamenti, intento ad allenarsi in vista della missione

Essere il principe di uno dei regni più potenti del mondo, a volte aveva anche dei vantaggi.

Non era sicuro che le notizie riportate su quel documento fossero attendibili, ma come si dice, è meglio prepararsi e non averne bisogno, che averne bisogno e trovarsi impreparato.

Aveva anche cercato delle informazioni sui senza mente nella biblioteca del palazzo, trovando diverse inquietanti somiglianze, con le informazioni appena arrivate.

Ma si trattava comunque di vecchie leggende, o persino leggende dentro altre leggende, niente che potesse dare la certezza, della reale esistenza di quei mostri.

Non gli restava che preparasi al peggio.

 

 

 

I tre giorni di preparativi passarono in fretta.

L'ora della partenza era ormai prossima; gli uomini che avrebbero fatto da scorta ai due reali, si stavano già radunando alle porte della cittadella.

L'imperatore non si fece attendere, presentandosi di li a poco, in sella a un possente destriero, dal manto color nocciola.

Vestito di una spessa e pesante armatura, decorata con un grande stemma dorato della casata imperiale.

E un magnifico mantello blu cobalto, decorato con ricami in argento, raffiguranti una corona d'alloro, che legava due spade incrociate.

Infine portava sul capo un elmo d'oro, sulla cui sommità, era stata fatta una fedele riproduzione, della sua corona.

Ora non restava che aspettare Thomas.

Il giovane principe avrebbe tardato ancora un po: era andato a prendere Rose.

Voleva farsi accompagnare alle porte della città, magari guadagnarsi un qualche pegno di buona fortuna.

In definitiva però, voleva passare anche solo qualche altro minuto con la ragazza, prima di partire.

Bussò alla porta del abitazione del guardiacaccia, vedendosi aprire la porta proprio da quest'ultimo.

L'uomo, dapprima sorpreso di trovarsi di fronte il principe, si aprì in un sorriso rubicondo, forse un po fuori posto sul suo volto spesso duro, ma forse cercava solo di essere cordiale.

Il guardiacaccia si rivolse dunque al giovane principe dicendo.

<< Immagino vostra altezza, che siate qui per mia figlia, giusto ? >>.

Il ragazzo annuì e dunque disse.

<< Esattamente signore, potreste annunciarmi a lei >>.

In quel preciso momento, fu Rose ad annunciarsi dicendo.

<< Non occorre, sono qui, stavo giusto venendo da te >>.

Thomas era molto felice, quasi non credeva che la ragazza, gli avrebbe accordato il suo perdono, tanto meno il suo sostegno, invece eccola li, pronta ad aiutarlo in quel momento.

La scortò fino al suo cavallo: uno splendido stallone dal manto bianco, con due macchie nere attorno agli occhi.

La aiutò a salire, per poi prendere posto alle redini, e quindi dirigersi verso le porte della città.

La prima a parlare lungo il tragitto fu Rose, che colta da un dubbio disse.

<< Cosa diranno i cavalieri, e tuo padre, il grande imperatore, quando vedranno che ti accompagni con la figlia adottiva, nonché mezz'elfa, del guardiacaccia >>.

Thomas chiuse gli occhi qualche secondo, prima di rispondere dicendo.

<< Che dicano quello che vogliono, noi siamo … amici, e ne mio padre, ne le opinioni dei cavalieri, cambieranno questa cosa >>.

Per un secondo si era sentito ferito da quella parola : “Amici”, già cosa poteva pretendere, non era neanche stato capace di essere sincero, figurarsi se lei poteva prenderlo in considerazione, per essere qualcosa di più.

Ma non era questo il momento di pensarci, ora doveva accertarsi, di passare al meglio quel momento.

Thomas sospirò, rivolgendosi quindi alla ragazza e dicendo.

<< Mi dispiace di averti mentito, ma ti garantisco, che farò di tutto per farmi perdonare >>.

Rose sorrise nel rispondere.

<< Ne sono sicura >>.

Il sorriso si fece ancora più largo, e a detta di Thomas, ancora più bello , prima che aggiungesse.

<< Ma prima devi tornare, quindi per assicurami di rivederti tutto intero, voglio darti un pegno di buona fortuna >>.

Detto questo si tolse un nastro verde dai capelli e porgendolo al giovane principe disse

<< Questa è la mia assicurazione, se vuoi restituirmelo, devi prima tornare >>.

Il giovane principe, lo prese e se lo infilò sotto la cotta di maglia.

Rivolgendo poi un gran sorriso alla ragazza e rispondendo.

<< Ti ringrazio Rose, tornerò e te lo riporterò >>.

Lei in risposta si limitò a sorridere, godendosi la cavalcata.

Che purtroppo durò assai meno del previsto, viso che di li a pochi minuti, giunsero alle porte della grande capitale.

Dove i due giovani scesero da cavallo.

La reazione dei cavalieri, nel vedere Rose, accompagnare il loro principe, fu quasi unanime : innalzarono una miriade di fischi d'approvazione, e commenti amichevoli, all'indirizzo della testa coronata.

Uno in particolare si avvicinò dicendo.

<< Allora ecco cosa faceva, tutte le volte che spariva così all'improvviso, in questo caso direi, che si può anche chiudere un occhio sulle vostre assenze >>.

Rose arrossì di colpo, desiderando di farsi piccola piccola.

Thomas lo fulminò con lo sguardo, anche lui si era sentito parecchio in imbarazzo.

Ma non era niente, paragonato all'occhiata indecifrabile, che gli rivolse suo padre.

Non riusciva a capire se stesse approvando, o se dovesse prepararsi a essere diseredato, faceva quasi paura.

Però proprio l'imperatore decise di smorzare la tensione proferendo queste parole.

<< Signorina, è giunto il momento della partenza, se vuoi salutare mio figlio, ti consiglio di farlo ora che puoi, potresti non rivederlo per un po >>.

Rose sorrise, inchinandosi appena prima di rispondere.

<< Se l'imperatore acconsente, certo non sarò io a obbiettare >>.

Così dicendo saltò al collo di Thomas, abbracciandolo forte e dicendo.

<< Torna presto e tutto intero, altrimenti te la farò pagare >>.

Un lieve coro di risate, si alzò dal drappello di cavalieri.

In quel momento, un sorta di molla scattò nella testa di Thomas : se proprio i suoi cavalieri dovevano ridere di lui, tanto valeva dargli una buona ragione.

Si scostò un istante dall'abbraccio di Rose, solo per poi catturare delicatamente il viso della ragazza, e rubargli un bacio, lasciandola spiazzata per un istante.

Quando si riscosse, lo respinse bruscamente pestandogli un piede, per poi urlargli contro così

<< Ma ti si è sciolto il cervello. Come ti è venuto in mente di fare una cosa simile, sopratutto perché hai fatto una cosa simile >>.

Ecco ormai era fatta; per Thomas era giunto il momento del, o la va o la spacca, quindi avrebbe fatto meglio a vuotare il sacco.

<< Tu mi piaci Rose. Io ti ammiro, ti stimo e a volte persino, ti invidio. Mi piaci sin da quando ti ho conosciuta. Per questo l'ho fatto >>.

Attese per qualche secondo prima di osare chiedere.

<< Dunque cosa rispondi ? >>.

Rose respirò affondo prima di dire.

<< Non puoi pretendere di avere una risposta, proprio ora che stai partendo, è una pretesa assurda, pertanto io ti risponderò, se e solo se tornerai qui sano e salvo >>.

Thomas era rimasto ancora una volta attonito difronte a Rose, ma non poteva certo negare, che la logica della ragazza fosse schiacciante.

Le sorrise, e rimontando in sella al suo destriero disse.

<< A questo punto, non mi resta che fare di tutto per tornare, ottenendo così la mia risposta, a presto mia cara Rose >>.

Detto questo si affianco a suo padre, il quale diede subito ordine di partire, così che in breve, il drappello di coraggiosi, si lasciò alle spalle la cittadella.

 

 

 

Erano già passate due settimane, da che l'imperatore era partito.

La vita sembrava procedere normalmente nella capitale.

Ma per Rose non era affatto così, da qualche giorno infatti, la giovane mezz'elfa, si sentiva oppressa da una stranissima sensazione.

L'aria sembrava essere diventata più pesante, più fredda; persino il cielo seppur chiaro e limpido, sembrava in qualche modo, minaccioso.

Non sapeva spiegarsi come, ma anche il vento era strano, il suo suono sembrava in qualche modo … minaccioso.

Ma Rose provava a non farci caso, ripetendosi che si trattava di una sua impressione, che forse aveva un immaginazione troppo fervida.

Col senno di poi, avrebbe fatto meglio a dar retta al suo istinto.

Infatti quello stesso giorno, accadde un disastro .

Era tardo pomeriggio, Rose stava tornando a casa, dopo una giornata di lavoro all'erboristeria.

La ragazza era decisamente stanca; non stava realmente pensando a qualcosa, stava solo lasciando vagare la sua mente.

Forse per questo, che il cuore quasi gli scoppiò, nel udire un assordante frastuono, provenire dalla cittadella.

Nel voltarsi per vedere di cosa si trattava, fece appena in tempo, a vedere una colonna di fumo, innalzarsi dal punto dove presumibilmente, era caduto il proiettile di una catapulta.

Prima di vedere altri due oggetti schiantarsi a terra, producendo un rumore assordante.

Presa dal panico, corse a casa per avvertire suo padre e lo trovò intento, a liberare gli animali .

Vedendola l'uomo la chiamò subito e dopo essersi assicurato che stesse bene, chiese il suo aiuto per finire prima.

Quando anche l'ultimo degli animali fu liberò, Rose chiamò a se Max, e seguendo suo padre, tornarono in città tramite una scorciatoia.

Intanto in città, erano piovuti molti altri di quegli oggetti, che ben presto si rivelarono essere degli involucri, contenente ognuno uno o due senza mente.

Quasi subito fu evidente, che la città era stata invasa, grazie a quel sadico stratagemma.

Qui mostri ormai sbucavano da ogni parte, confondendosi coi fumi sempre più numerosi per le strade

La guardia cittadina, stava facendo tutto il possibile per respingere i mostri, e mettere in salvo la popolazione.

Purtroppo, le speranze erano vane.

Ben presto, fumo e fuoco dilagarono in tutta la città.

Ovunque non si sentivano che grida, ne si vedeva altro, che il macabro sfavillare del fuoco

Le guardie, stavano facendo evacuare i sopravvissuti,consapevoli che ormai, la città era perduta.

Sventura volle, che il padre di Rose venisse caricato su un carro già pieno, e che per questo lei e Max dovettero aspettare il prossimo.

Ma il prossimo non arrivò mai .

Prima che arrivasse, alcune di quelle bestie, aggredirono il gruppo di profughi.

Alcuni, come le guardie che erano con loro purtroppo, vennero massacrati, atri vennero presi mentre tentavano la fuga.

Altri ancora come Rose e Max, vennero semplicemente sorpresi dagli incendi, che stavano divampando in città.

Furono il troppo fumo, la paura, e alcuni detriti, caduti da quel che restava di una casa, a far perdere i sensi a Rose.

Max invece, venne sopraffatto dallo sforzo, mentre tentava di trascinare via la sua padrona .

Rimasero distesi a lungo, sul sentiero che portava otre il confine ella città.

A un certo punto, Rose riacquistò un minimo di coscienza, ma era troppo debole dolorante per muoversi.

Udi distintamente i passi di più persone, forse quelle creature li avevano trovati, forse era ormai tutto finito.

L'ultima cosa che percepì, fu uno strano idioma, e la sensazione di essere sollevata da terra, prima di svenire nuovamente.

 

 

 

Quando riprese nuovamente i sensi, la prima cosa che sentì, fu la sensazione di morbido di un materasso.

Aveva la vista offuscata, ma sentiva, che quello era un ambiente ben illuminato e arieggiato.

Poco dopo, senti l'aprirsi una porta, e i passi leggeri di qualcuno, che ancora non riusciva mettere a fuoco.

Riusciva a distinguere solo, quei pochi tratti che servivano a determinare, che si trattava di una ragazza.

Quando finalmente riuscì a distinguerla bene, rimase attonita, mentre quella che doveva essere la sua salvatrice diceva.

<< Quel re piinea, lle maa quel. Creoso sinome Galial >>.

Rose era stupefatta, la ragazza che aveva di fronte era un elfa purosangue, e le aveva appena dato il buon giorno e il benvenuto nel suo regno, che a quanto sembrava si chiamava Galial .

  
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