Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lullaby1992    03/05/2015    1 recensioni
Una misteriosa donna, vestita con gli abiti della gendarmeria, arriva nell'ufficio di Erwin, citando una vecchio patto che ci sarebbe stato tra i due, e incitandolo a mantenere la parola data, pena, la sua vendetta.
Inoltre, tra lei, una bellissima e affascinante donna, di nome Astrid e il Capitano Levi sembra esserci una certa conoscenza, nonchè forse, vecchi rancori. è forse un amore andato a male, o solo incomprensioni dovute alla separazione delle scelte di vita?
I membri del corpo ricognitivo non conoscono per niente questo nuovo personaggio, eppure il capitano sembra conoscerla piuttosto bene. E il suo improvviso trasferimento dalla gendarmeria al corpo ricognitivo solleva alcuni sospetti, eppure il comandante sembra fidarsi di lei...
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irvin Smith, Nuovo personaggio, Rivaille, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Astrid iniziò a risvegliarsi sentendo le campane risuonare in lontananza. La città aveva avvistato l'avvicinarsi della legione.

Le grate iniziarono a sollevarsi mentre lei si guardava intorno. Levi era alla sua destra, a cavallo, mentre alla sua sinistra era coricato Eren, e alla destra del carro, anche lei a cavallo, c'era Mikasa.

Ritorniamo nella gabbia per canarini?” sussurrò a nessuno in particolare.

Eren si girò a occhi sgranati a guardarla.

Astrid chiuse gli occhi nauseata, limitandosi ad ascoltare, per evitare il senso di claustrofobia che aveva provato vedendo il muro comparire sulla sua testa, mentre attraversavano il passaggio. Si concentrò invece sul dolore pulsante ma al momento non troppo forte sulle sue costole ad ogni respiro.

Capitano Rivaille-dono!” la voce di un uomo superò la folla, avvicinandosi al carro. Probabilmente si era accostato al cavallo di Levi.

La ringrazio per essersi preso cura di mia figlia. Sono il padre di Petra! Pensavo di fermarmi un momento a parlarle prima di andarla a trovare!”

Sentii un fruscio cartaceo, appena udibile nella ressa mormorante che circondava quasi di sicuro il rientro della truppa.

Mia figlia mi ha mandato questa lettera... Ha scritto che ha avuto il grande onore di esserle utile, Capitano. E che avrebbe dato il massimo per soddisfare le sue aspettative... e, beh, sai... per lei era un vero e proprio vanto, anche se non capiva quanto potesse preoccupare un genitore una notizia del genere...”

L'uomo ridacchiò. Io guardai Levi. Il suo viso gelido. Il suo sguardo scuro, cupo, i suoi occhi grigi oscurati come nuvole che si preparano alla tempesta.

E, Beh... comunque come suo padre io, ehm... pensavo che fosse probabilmente troppo presto per pensare al matrimonio, sa... è ancora troppo giovane, e ha ancora tutta la vita davanti, quindi...” l'uomo esitava, incespicava.

Lo sguardo di Levi rimaneva scuro e fisso verso il nulla. Il suo viso gelido e senza espressione.

Sentii Eren singhiozzare di fianco a me, si era portato un braccio sulla bocca per tentare di soffocarlo, e nascondere un po' il viso, rigato dalle lacrime.

Una profonda sensazione d'impotenza e colpevolezza stava martellando l'anima della donna come il maglio di un fabbro. Si sentiva responsabile della morte di Petra.

Con uno sforzo di pura volontà, Astrid si alzò a sedere, aggrappandosi alla sponda del carro.

Signore io...”

L'uomo portò lo sguardo su di me, incerto, poi forse mosso dalla 'pietà' verso Astrid che era evidentemente ferita, si avvicinò a questa, per sentirla.

Mi dispiace signore. Ho... ci ho provato a salvarla. Non sono stata abbastanza veloce. Mi dispiace”

Cosa... cosa stai dicendo io... dov'è? LEI DOV'È!?!”

L'uomo la prese per il bavero della camicia, la scosse, facendola sussultare di dolore, a malapena contenuto dagli antidolorifici.

Mi dispiace...” sussurrò lei di nuovo, piano, sentendosi così meschina, per essere viva, mentre Petra non lo era più. Così piccola a poter dire solo 'mi dispiace' di fronte al dolore di un genitore senza più la propria bambina.

La sua razionalità le diceva che era naturale così. La vita si costruisce giorno dopo giorno sulla morte altrui. Che sia la vita del pollo che mangi o del soldato che muore al tuo fianco. Ma questo, alla coscienza sembrava non bastare.

Levi poggiò delicatamente la mano sul braccio del signore. Doveva essere affranto anche lui per non ricorrere a modi più bruschi, che di solito gli erano più spontanei.

Signore. Ha le costole incrinate per aver salvato la pelle di molte altre persone. Le sta facendo male”

La mia bambina... la mia bambina è morta! Morta! Non tornerà...” L'uomo aveva il viso rigato dalle lacrime. La disperazione sfigurava i suoi lineamenti.

Mi dispiace...” riuscì solo a ripetere mentre lui la lasciava, e lei ritornò a cadere sulle assi di rigido legno, con un tonfo seguito da un sibilo di dolore.

Ci fu un lungo momento in cui Astrid si limitò a fissare dritto verso il cielo sopra di lei.

Levi...” chiamò.

Lo sguardo grigio di lui si fermò su di lei, che ancora guardava il cielo.

Qualcuno dovrà pagare per questo. La vita di quella stronza... mi appartiene”

Levi vide i pugni serrati intorno al bordo del mantello verde che le era scivolato sulle gambe quando si era alzata.

Non solo a te” si limitò a rispondere.


La mente di Astrid... sobbalzava. Tra brevi istanti di coscienza e quelli di sonno angoscioso dovuto al dolore fisico e mentale.

Già, perché il peggio, non era il dolore fisico, no. Era l'angoscia che si portava dentro.

Tutte quelle vite infrante, per un cavolo di titano, che poi era riuscito a sfuggirgli! Maledizione!

E si dannava ancor di più dandosi della debole proprio perché provava queste cose. Erano soldati, si diceva, sapevano i rischi, sapevano di poter morire. Ma alla sua coscienza sembravano solo flebili scuse.

Si sentì spostare. Un paio di persone la presero su una barella e la portarono sino ad un letto, dove finalmente, dopo essere stata doverosamente medicata, cadde in uno stato più profondo d'incoscienza.

La sua mente iniziò a vagare.


Aveva quattordici anni ormai, e il suo addestramento con il padre procedeva.

La madre si era un po' rassegnata alle mezze verità che le avevano raccontato. Il padre non voleva coinvolgerla più del dovuto, per cui le aveva detto che voleva far ereditare ad Astrid la fucina e i suoi saperi di metallurgia. Non sapeva che la sua adorata figliola era capace a combattere corpo a corpo meglio di un soldato.

Già così tollerava a mala pena le stravaganze del marito, in questo campo, era meglio che di certe cose non ne sapesse nulla.

Per lei, la figlia avrebbe dovuto diventare un modello di nobildonna, con le dovute conoscenze di cucito. Saper filare, ricamare e far di conto. Una nobildonna doveva sapere gestire il patrimonio del marito, per mandare avanti una casa. Occuparsi di allevare la prole, gestire il personale. Cose simili.

E tutte le volte che vedeva quella bella bambina tornare a casa con le nocche sbucciate e il viso annerito dalla fuliggine... era per lei causa di un dolore quasi fisico.

Il padre di Astrid, di nome Falker, aveva deciso in comune accordo con la bimba di tenerla all'oscuro di quello che realmente facevano. Anche se lei ignorava che fosse anche meglio per mantenere la segretezza e proteggerla da orecchie indiscrete.

Tuttavia per il padre era un periodo agitato. Questo Astrid lo capì subito. Era nervoso e teso, e spesso fuori casa. Partiva e tornava ad orari strani, saltava le loro lezioni.

Qualcosa non andava.

La madre, prese a credere che avesse un'altra donna, ma Astrid non diede peso a quelle parole. D'altra parte, credeva che pure lei, la sua quattordicenne figlia, si vedesse di nascosto con un moroso perché di quando in quando, visto che il padre non c'era, andava ad allenarsi da sola nel retro della fucina nel pomeriggio.

Tuttavia per quanto lo martellasse di domande, il padre non disse nulla né alla figlia né alla moglie. Anzi, più cercavano di estorcergli informazioni più il suo silenzio aumentava.

Fu un pomeriggio che proprio mentre stava dicendo ad Astrid “Ti devo parlare...” venne chiamato da un apprendista nella fucina.

Dei soldati della gendarmeria ti cercano a casa. Vogliono che raggiungi tua moglie”

Perché?” chiese Astrid.

Hanno delle domande su un sospettato... credo” rispose il ragazzo con una scrollata di spalle.

Arrivo subito” rispose.

Astrid però vide il viso gentile del padre impallidire, la pelle ricoprirsi di un leggero strato di sudore, e quando si mosse per seguirlo, lui la fermò bruscamente.

Resta qui. Se non mi vedi tornare entro tre ore... scappa. Nei boschi, nel wall Maria. Dove vuoi, ma non tornare a Sina ok?” il viso di lui era mortalmente serio.

Va... va bene” rispose incerta Astrid.

Lo attese per cinque ore.

Non tornò.

Il padre le aveva detto di fuggire. Ma perché? Cosa gli era successo? Perché doveva fuggire? E loro dove sarebbero andati?

Le domande, la curiosità, e anche una buona dose di ingenuità la fecero ritornare a casa contro l'ordine del padre.

Forse si era solo dimenticato, e ora stava cenando. In sti giorni era così teso che a volte si dimenticava anche che aveva già il cappello in testa e finiva con il cercarlo per lunghi minuti.

La casetta dove abitavano, aveva la porta e il cancelletto aperto, una luce accesa dentro.

Visto? Si era solo dimenticato. O almeno, così si disse, ignorando la sensazione di gelo che stagnava nell'aria e che le penetrava nelle ossa.

Fu più forte di lei, la curiosità, l'incredulità che le faceva in tutti i modi escludere il peggio la spinse ad agire.

Entrò chiamando “Papà... mamma?”

Si trovò di fronte uno spettacolo agghiacciante.

Il salotto era pezzi, i mobili riversi al suolo e il bel tavolino di legno ridotto a centinaia di schegge.

La madre era riversa di schiena al suolo, l'espressione sorpresa e la mano sulla gola, dove il sangue era grondato fuori allargandosi sotto di lei come la corolla di un macabro fiore.

Il padre era poco più in là, adagiato su un fianco, ferito in tanti punti diversi. La spalla, un braccio mozzato, il ventre aperto.

Ma altre tre figure, erano al suolo ormai morte, e il loro sangue sparso sul pavimento di legno. Tre figure con la divisa della gendarmeria.

La criniera dell'unicorno, di solito bianca, inondata di rosso.

Astrid provò una strana sensazione. Come se fosse uscita dal suo corpo e stesse osservando sé stessa fissare i suoi genitori morti in quel lago di sangue.

Prese a tremare.

Si mise una mano sulla bocca, come se potesse in questo modo fermare fisicamente il conato di vomito che le fece torcere lo stomaco.

Pensava che sarebbe scoppiata ad urlare, che l'odio le sarebbe montato dentro come spuma di mare. Che avrebbe magari abbracciato le figure ormai morte dei genitori, o preso a calci i cadaveri degli uomini in divisa.

Attese quei sentimenti.

Invece non arrivarono. Si sentì svuotata da ogni emozione o pensiero, rimanendo a fissare quello scempio. L'unico bisogno che udiva era di... muoversi.

I sensi erano impazziti, come se si fosse attivato un campanello dentro di lei che gridava 'allarme! Scappa!' Solo che... non sapeva cosa fare. Dove andare.

Si guardò le mani. Erano ferme. Non tremavano più. Perché?

All'improvviso sentì arrivare dei passi.

D'istinto si nascose dietro la porta.

Allora che si fa qui? L'avete trovata?” chiese un tizio.

No, alla forgia non c'era” rispose il secondo uomo.

Credevo avessero una figlia sti due” commentò.

E chi se ne frega” il tono del milite era annoiato, scocciato. Come di chi sta parlando degli straordinari dopo lavoro. “Non ci pagano abbastanza per preoccuparci di queste cose. E comunque sopra ci sono altri cadaveri. Magari è tra quelli. Diamo fuoco a tutto e amen”

Ma certo... dovevano essere ospiti alcuni amici della madre... avevano ammazzato anche loro?

Sbirciò appena dalla fessura di qualcuno che aveva tirato un colpo, forse di un pugnale o una spada nella porta.

Erano altri uomini in divisa della gendarmeria.

Tenne il respiro leggero.

No, non doveva dargli la soddisfazione di farsi trovare. Men che meno quella di farsi ammazzare.

Attese che uscissero in cerca di olio per dare fuoco alla casa, e lei se la svignò.

Dove sarebbe andata?

Non lo sapeva. Ma di certo, doveva allontanarsi da lì e alla svelta!

  
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