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Autore: Gora_DC    04/05/2015    0 recensioni
Uno dei momenti più difficili e più dolorosi che hanno affrontato Micol e Blaine.
Missing moment di "Not While I'm Around", bisogna leggere la storia per poter capire il testo.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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L'amore rende ciechi devo dirtelo…
Ti ho dato i giorni migliori dei miei anni peggiori
Contraddizioni e vizi, a ognuno il suo
Ma questa notte dormo sul mio fianco preferito, il tuo
Fuori è magnifico, fuori tutto è magnifico
(Fuori è magnifico, si ma tu sei di più)
Fuori è magnifico, fuori tutto è magnifico
(Fuori è magnifico, si ma tu un po' di più)
E' possibile abbia sogni sbagliati
Un po' illusi al momento

Mi appartengono
 
“Magnifico” Fedez.
 
 
 
Micol era tornata a casa di corsa subito dopo la scuola, aveva all'incirca otto anni ormai e da "piccola donna" qual era, come spesso la prendeva in giro Kurt, ormai andava a scuola da sola - in realtà scendeva dall'autobus, che accompagnava tutti i bambini a scuola e saliva nel palazzo. L'appartamento era quasi agli ultimi piani e, anche se suo padre era sempre preoccupato che prendesse l'ascensore da sola, lei ormai aveva imparato e non desiderava altro che sentirsi grande.
 
Entrò a casa, urlando, come il suo solito.
 
"Kurt!"
 
"Tesoro sono in cucina!" Arrivò alle sue orecchie la risposta.
 
Kurt aveva sposato Blaine qualche anno dopo essere andato a vivere con loro, erano ormai quattro anni e aveva instaurato un rapporto con Micol davvero speciale. Lei non lo chiamava "papà", ma sapeva che, in fondo, era come se lo fosse.
 
"Come mai tutta questa energia oggi?"
 
Micol era entrata di corsa, buttando lo zainetto all'ingresso mentre cercava di liberarsi anche dal cappottino fucsia che Blaine le aveva comprato solo qualche settimana prima.
 
"Mi hanno invitato a una festa." Rispose entusiasta, con gli occhi luminosi e gioiosi.
 
"Davvero? Wow che bello!" Kurt si girò verso di lei e, vedendola in difficoltà con la zip del cappottino, corse in suo aiuto. "E dimmi è una tua compagna di scuola?" chiese curioso.
 
"In realtà no." Si avvicinò all'orecchio di Kurt, che intanto si era abbassato per darle una mano a liberarsi di sciarpa e cappello e bisbigliò."Mi ha invitata Chris."
 
Chris frequentava la stessa classe di Micol, era un bambino davvero carino, biondo, con due occhi azzurri limpidi come il mare e sempre sorridenti. Kurt sospettava già da un po' che le piacesse quel bambino, ne fu la conferma lo sguardo felice che aveva la piccola non appena lo aveva nominato.
 
E mentre Kurt si apriva in un sorriso compiaciuto, Micol si allontanò e abbassando lo sguardo gli chiese "posso andarci, vero?"
 
"Certo piccola!" Esclamò Kurt, accarezzandole il viso. "Anzi, sai che faremo? Adesso mi aiuti a preparare il pranzo e subito dopo usciremo per andare a comprare un bellissimo vestito per la festa e un regalo al tuo amico."
 
Micol guardò Kurt con occhi pieni di felicità, prima di urlare un grosso "grazie" e buttarsi al suo collo per abbracciarlo.
 
***
 
Andare in giro per negozi fu divertente, sopratutto se Kurt poteva condividere quel momento con la sua bambina. Da quando aveva sposato Blaine, non poteva fare a meno di sentirla ancora più sua. Micol era diventato parte di lui sin dal primo momento che l'aveva vista, e, come era successo con Blaine, se ne era innamorato follemente e avrebbe sempre fatto qualsiasi cosa pur di vederla felice.
 
Passarono il pomeriggio a girare ogni singolo negozio del centro commerciale, divertendosi e facendo acquisti.
A Kurt colpì particolarmente un vestito azzurro, fatto di raso e nastri blu, l'abito non era molto lungo e lo gonna era liscia e semplice, Micol lo indossava con grazia ed eleganza, così non poterono fare a meno di acquistarlo. Comprarono delle scarpette bianche da abbinare al nastro scelto per intrecciare i lunghi capelli castani della bambina e un nuovo profumo per coccolarla e viziarla, proprio come una principessa. Ebbero un po' di problemi nella scelta del regalo perfetto per il festeggiato, ma Kurt suggerì un nuovo videogioco che sicuramente sarebbe stato gradito e tutto fu risolto. Il restante del tempo mangiarono un gelato e passeggiarono ammirando le vetrine, stare insieme e fare compere con Micol, rese Kurt sicuramente più sereno.
 
Da quando erano finite le repliche di Peter Pan, l'uomo era stato contattato da diverse compagnie teatrali. Tutti lo volevano. Stava avendo davvero un enorme successo a Broadway, i suoi sogni stavano diventando realtà, solo che adesso aveva così tanti copioni da leggere e così tante offerte da valutare con il suo agente, che nell'ultimo periodo era stato un po' assente. Quella giornata, in compagnia di colei che ormai considerava anche sua figlia, lo fece sentire meglio e con le idee più chiare sul prossimo ruolo che avrebbe voluto interpretare.
 
Stavano tornando a casa, con le mani piene di pacchetti e due sorrisi da far invidia a chiunque, quando aprirono la porta un uragano li travolse.
 
"Dove eravate finiti? Sono ore che provo a chiamarvi?" Blaine era davvero agitato, rosso in viso e con gli occhi stanchi.
 
Ultimamente lavorava davvero tantissimo, l'azienda stava avendo dei problemi finanziari per via di un tragico incidente sul lavoro che aveva visto morire due operai, così tutto era finito sulle sue spalle e ne sentiva il peso più di ogni altra cosa.
 
"Siamo andati a fare spese…" rispose tranquillo Kurt, superandolo, dopo avergli sventolato le buste davanti agli occhi "… al centro commerciale mi sono reso conto di avere il cellulare scarico e non sono riuscito ad avvisarti in tempo che si è spento." Spiegò subito dopo, poggiando le buste a terra, accanto al divano seguito da Micol e avvicinandosi a Blaine per salutarlo con un bacio.
 
"Potevi lasciare un biglietto!" Urlò ancora una volta Blaine, lasciando Kurt di stucco accanto a lui "e poi cosa sono tutte quelle buste?"
 
Kurt lo guardò preoccupato, il suo cattivo umore dipendeva da qualcosa, sapeva bene quanto il lavoro fosse un argomento delicato per entrambi, ma reagire in quel modo sembrava esagerato.
 
"Blaine calmati, non sapevo di avere il cellulare scarico, per questo non ho lasciato alcun biglietto… e ho comprato un vestito nuovo per Micol..." Kurt gli si era avvicinato sorridendo, per poi sussurrargli "sabato va a una festa!"
 
Si aspettava che Blaine sorridesse e iniziasse a fare domande, quello che invece ebbe fu tutto il contrario.
 
"Dove vuoi che vada? Ha solo otto anni, è troppo piccola per andare a una festa!"
 
A quelle parole Kurt sgranò gli occhi, così come Micol, che guardava i due senza dire una parola.
 
"Appunto Blaine ha otto anni, e non ho detto che andrà a un rave party, non ci sarà musica da discoteca, alcool e droga... E' una festa con altri bambini, al massimo sigle dei cartoni animati e torta al cioccolato." Rispose seccato Kurt.
 
"Beh non ha il permesso di andarci!"
 
Micol si sentì mancare il fiato, aveva sognato tutto il giorno di poter andare a quella festa, di divertirsi con i suoi compagni di scuola e magari sarebbe stata l'occasione buona per chiedere a Chris di potersi tenere per mano, almeno qualche volta, proprio come facevano i suoi papà quando erano per strada. Ma lui ora stava rovinando tutto, le stava dicendo che non sarebbe potuta andare e così non avrebbe mai indossato quel vestito bellissimo che Kurt aveva scelto per lei.
 
"No daddy, ti prego, io voglio andarci!" Urlò la bambina, cercando di aggrapparsi a una delle gambe del padre.
 
"Ti ho detto di no… e poi chi sono queste persone? Non permetterò a mia figlia di passare un intero pomeriggio a casa di persone estranee!" continuò ad urlare Blaine.
 
"Blaine basta. Non dire sciocchezze! Micol è una bambina educata e responsabile e io conosco i genitori del bambino." Cercò di intervenire Kurt.
 
"Ho detto di no e non ho voglia di discutere, ora fila in camera tua, ti chiameremo quando la cena sarà pronta."
Concluse prima di andare in cucina, evitando di guardare le facce tristi e arrabbiate di Kurt e Micol.
 
Blaine non voleva essere così duro, né tanto meno così arrabbiato, ma quando era tornato a casa aveva vissuto una sorta di dejavu. La casa completamente vuota, un po' di disordine in giro, ma senza nessuno che lo stesse aspettando. Non si sarebbe voluto arrabbiare con Kurt, ma nell'ultimo periodo lo sentiva così distante e lui, sull'orlo di una crisi di nervi, non riusciva a ragionare. Il lavoro non gli dava un attimo di tregua, si sentiva frustrato per non riuscire in nessun modo a passare un po' di tempo con la sua famiglia. E quando aveva sentito quelle risate dietro la porta, aver visto Kurt e Micol con le mani pieni di buste e pacchetti, si era sentito escluso, messo da parte.
 
In più a peggiorare ogni cosa fu la notizia della festa, Blaine stava organizzando di partire per Los Angeles quel fine settimana per poter portare Micol a far visita a suo padre, quel sabato sarebbe stato il suo compleanno, anche se lui ormai non c'era più.
 
"Ho detto va in camera tua!" alzò di nuovo la voce Blaine.
 
La piccola non avendolo mai visto così arrabbiato, rimase pietrificata, con il viso rigato dalle lacrime, Kurt che le era rimasto accanto, guardava la scena non sapendo cosa fare.
 
"Amo-" aveva provato a dire, notando Blaine che aveva iniziato a tremare, stava per poggiargli la mano sulla guancia, quando con un gesto secco Blaine la colpì.
 
"Lasciami stare!"
 
"Blaine cosa ti prende?" chiese Kurt questa volta impaurito.
 
"Come ti è venuto in mente di dare il permesso a mia figlia di andare a quella festa?" urlò di nuovo Blaine, sottolineando con cattiveria il "mia".
 
"Tua... Tua figlia?" ripeté Kurt, guardandolo ferito.
 
Blaine non aveva mai fatto pesare il fatto che Micol fosse solo sua figlia, da quando si erano sposati erano diventati una famiglia a tutti gli effetti e per quanto Micol non chiamava Kurt "papà" tutti e tre sapevano che lui svolgeva quel ruolo a tutti gli effetti. Blaine si era rivolto a loro sempre come "genitori" e aveva sempre preteso che Kurt avesse il suo stesso potere decisionale sulla vita di sua figlia.
 
Sarà stata la stanchezza accumulata ma Blaine sembrava non pensarla più così, sentiva come se dovesse difendere quel diritto di padre, come se stesse perdendo ogni cosa.
 
"Si mia figlia!" ripeté cattivo.
 
"Da quando è solo tua figlia? E poi smettila Blaine è solo una stupida festa!" Kurt si sentì ferito nel profondo, era deluso dal comportamento di suo marito e non riusciva a credere a quello che si stavano urlando. Tutto quello che stavano passando in quel periodo si stava accumulando fino a farli esplodere.
 
"Ho detto che non può andare, significherà qualcosa la mia parola, no? E chi ti ha dato il permesso di dirle di sì senza neanche consultarmi?"
 
"Daddy ti prego, non ti arrabbiare con Kurt, volevo andarci io..." cercava di intromettersi di tanto in tanto Micol per evitare che litigassero, non sopportava che Blaine urlasse, né tanto meno che se la prendesse con Kurt, per una cosa che aveva chiesto lei. Si sentiva così in colpa.
 
"Non pensavo dovessi chiederti ogni cosa visto che..."
 
"Visto cosa? Non sei suo padre!"
 
"Se è per questo neanche tu..."
 
A quelle parole Kurt si interruppe e portò subito una mano alla bocca per azzittirsi, ma era troppo tardi, sapeva di aver detto una cosa piuttosto grave, ma non aveva neanche avuto il tempo di riflettere. "Blaine, io..."
 
"No.. Non dovete dirle queste brutte cose, no!" Iniziò a piangere Micol, già da un po' stava provando a mettersi tra i due per farli smettere di litigare.
 
Blaine aveva abbassato la testa, come se si stesse chiedendo se quello che avesse detto Kurt fosse vero, per poi alzare lo sguardo, con così tanto odio che Kurt iniziò a tremare.
 
"Vattene.."
 
"Blaine."
 
"Ho detto vattene, esci da casa mia! Ora!" Le urla di Blaine riempirono la stanza, mentre Micol continuava ad urlare "no" e piangere disperata.
 
Qualche minuto dopo, Kurt abbassò la testa e si diresse alla porta.
 
"Io... Mi dispiace." Sussurrò, prima di chiudersela alle sue spalle e lasciarsi andare alle lacrime.
 
***
Con i pochi soldi che aveva sul suo conto, Kurt decise di prendere una camera d'albergo. Aveva voglia di stare da solo e non pensare ad altro.
 
Erano volate parole pesanti e molto dure, ma si rese conto che non ne intendeva dire una sola. Sapeva bene quanto Blaine aveva sofferto per riavere Micol e quanto la considerasse sua figlia a tutti gli effetti. Aveva sbagliato a dire certe cose.
 
Adesso voleva solo trovare il modo di farsi perdonare.
 
***
Blaine aveva preparato la cena, anche se nessuno dei due aveva toccato niente.
 
Micol aveva pianto e singhiozzato per tutto il tempo, per poi chiudersi in camera e lasciando fuori Blaine che era andato come sempre a darle il bacio della buonanotte.
 
Adesso se ne stava sul letto a guardare il soffitto. Lo stesso letto che condivideva con l'amore della sua vita da
quattro anni e che gli sembrava vuoto e freddo senza di lui.
 
Si era arrabbiato, ma nessun motivo era valido per comportarsi in quel modo.
 
Aveva sbagliato e questo lo sapeva bene, in fondo non pensava neanche una parola di quello che aveva urlato. Kurt stava crescendo Micol proprio come se fosse sua figlia, non facendogli mai sentire il peso di non avere un legame di sangue con lei. Lo aveva sempre considerato un genitore alla pari per ogni scelta o decisione e non si era mai messo in mezzo nel loro rapporto. Non aveva neanche pensato che forse Kurt aveva bisogno di un po' di tempo con lei, che il dover prendere delle decisioni sulla propria carriera lo stava mandando in tilt, che per quanto la sua vita fosse difficile, anche quella di Kurt non doveva essere semplice.
 
Gli mancava poterlo stringere, voleva solo tornare indietro e cambiare ogni cosa.
 
Si stese sulla parte di Kurt, fredda come il ghiaccio, e strinse a sé il suo cuscino, respirandone l'odore e piangendo.
 
***
 
Nessuno dei due fece niente nei tre giorni successivi.
 
Blaine aveva provato a mettersi in contatto con Kurt, ma ogni volta che prendeva il telefono in mano, non trovava il coraggio di chiamarlo.
 
E dall'altra parte della città, Kurt faceva la stessa cosa.
 
Vegetavano perché stare divisi non poteva considerarsi vita per nessuno dei due, ma erano entrambi troppo orgogliosi per ammettere di aver sbagliato.
 
A Kurt mancava terribilmente Micol, poterla svegliare con un bacio ogni mattina, accompagnarla a scuola, per poter tornare a riprenderla e passare il pomeriggio ad aiutarla con i compiti e giocare con lei. Gli mancava il suono della sua risata, gli mancava il broncio che metteva su quando non le comprava qualche dolcetto, gli mancava vederla grattarsi la testa quando non sapeva cosa dire o quando la abbassava, nascondendo le lacrime, dopo essere stata sgridata. Gli mancava il suo sguardo furbo, la sua voce dolce e allegra, i suoi "sono tornata a casa", il voler guardare a ogni costo la tv fino a tarda sera e non dare un po' di intimità ai suoi genitori. Gli mancava uscire tutti insieme, passeggiare mano nella mano con il suo uomo e la sua bambina e tutto ciò che comprendeva la loro semplice quotidianità.
 
Forse mettere da parte l'orgoglio per poter riavere indietro la sua famiglia era la cosa giusta da fare.
 
***
 
Era rientrato da poco, aveva corso tutto il giorno per via del lavoro e ora era esausto. Nel chiudere la porta ebbe come l'impressione che non fosse tutto a posto, si guardò intorno mentre qualcosa attirò la sua attenzione.
 
Qualcuno era stato lì.
 
Un mazzo di rose rosse e gialle era sul tavolo, nel guardarlo non sapeva se esserne sorpreso o infastidito.
 
Si avvicinò accarezzando delicatamente uno dei petali delle rose notando qualcosa legato attorno al nastro.
 
Un bigliettino.
 
-SE MI AMI ANCORA, COME PENSO CHE SIA, TI ASPETTO NEL NOSTRO PICCOLO ANGOLO DI PARADISO. TI AMO-
 
***
 
Non ci aveva pensato due volte a correre a Central Park, poteva essere una cosa ridicola ma era lì che si erano ritrovati e lì che si ritrovavano ogni volta, andavano lì per stare un po' in tranquillità e ogni volta che volevano anche solo ricordare quanto fossero destinati a stare insieme.
 
"Mi ami ancora?"
 
Si stava guardando intorno, quando la sua voce interruppe il silenzio, facendolo voltare.
 
"Dopo tutto questo tempo lo metti ancora in dubbio?" Blaine gli si avvicinò e abbozzò un sorriso imbarazzato.
 
"No... È che io..." balbettò appena Kurt, abbassando lo sguardo.
 
"Mi dispiace!" Lo interruppe Blaine senza dargli modo di giustificarsi, facendo alzare di colpo la testa di Kurt, che lo guardò senza dire una parola.
 
Era incredulo, era stato lui a dire cose che non pensava, a mettere bocca su qualcosa che non lo riguardava e ora era Blaine a chiedere scusa?
 
"No Blaine è colpa mia, non mi sarei mai dovuto permettere di dire una cosa simile." Intervenne subito Kurt "Non sono ness- "
 
"È qui che tu sbagli." Lo fermò subito suo marito. "Kurt dispiace a me! È tutta colpa mia!"
 
"Ma io ho detto..."
 
"Lo hai detto perché ti ho fatto sentire come se non contassi niente! E ho sbagliato, tu sei suo padre quanto me! Questa ne è la conferma!" Blaine alzò la mano destra e gli mostrò la fede che aveva al dito.
 
"No! Non è vero.. Sebastian..."
 
Pronunciare quel nome era sempre un dolore per entrambi. Erano passati anni ma restava una ferita aperta per tutti e nessuno sapeva quando e se sarebbe mai guarita.
 
Per Kurt, Sebastian restava qualcuno con cui competere, anche se sapeva che era sbagliato, inconsciamente si sarebbe sempre sentito in competizione con lui, per essere un marito migliore per Blaine e un padre alla sua altezza per Micol.
 
Per Blaine, Sebastian era ancora quel pezzo di cuore che aveva perso con lui quella notte e che, per quanto con Kurt si sentisse completo, sapeva che mai lo avrebbe riavuto indietro. Ma questo non avrebbe dovuto influenzare Kurt, né il loro rapporto, perché lo amava e sapeva che lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per sua figlia, perché sapeva che come era già successo a lui, si era innamorato di quella creatura nell'attimo in cui l'aveva vista.
 
"Sebastian è suo padre, è vero, ma resterà sempre e solo quello biologico, la persona che ci ha regalato questa meravigliosa bambina. Ma tu sei suo padre quanto me! E sono un idiota per aver anche solo detto il contrario."
 
"Blaine, io.. " Kurt rimase senza parole nel sentire quelle parole dette con così tanta convinzione. Era dispiaciuto per ciò che era successo e non voleva altro che rimediare, ma prima che potesse chiedere ancora scusa, l'altro intervenne.
 
"Kurt ero solo molto stressato, ero stanco e vedervi così insieme mi ha fatto sentire messo da parte. Ero geloso di non poter trascorrere del tempo con nostra figlia e quando mi sono reso conto di quanto fosse stato stupido il mio pensiero mi sono sentito malissimo. Ma è tutta colpa mia, voi non c'entrate niente. In più..." disse Blaine abbassando lo sguardo, prima di continuare "… oggi volevo portare Micol a Los Angeles per il compleanno di Seb, ma poi mi sono reso conto che non era poi così importante, non come la sua prima festa."
 
Kurt rimase per un attimo a guardarlo, rendendosi conto del perché fosse stato tanto nervoso quel pomeriggio. Blaine stava organizzando tutto per passare un po' di tempo con lei e andare a Los Angeles per il compleanno del suo papà e Kurt si era intromesso, essendo all'oscuro di tutto, combinando un casino. Ripensò velocemente a cosa gli aveva appena detto suo marito e si rese conto solo in quel momento del loro significato.
 
"Aspetta mi stai dicendo che l'hai mandata alla festa?"
 
"È lì adesso!" Rispose Blaine, annuendo con la testa e aprendosi in un sorriso.
 
"Oh Blaine, sono così orgoglioso di te!" Kurt non poté fare a meno di commuoversi e chiudere ogni distanza, baciando Blaine. Era davvero fiero di lui, aveva messo da parte i suoi desideri e il suo volere per mettere avanti quelli di Micol. Per Kurt, Blaine restava il padre migliore del mondo e se gli capitava di sbagliare, come ogni genitore, era anche capace di farsi perdonare.
 
***
 
I due uomini erano tornati a casa, mano nella mano, insieme, promettendosi di non stare più così tanto tempo lontani. Una volta tra le mura domestiche avevano approfondito le scuse a loro modo, approfittando del pomeriggio libero, visto che capitava piuttosto raramente di avere del tempo a loro disposizione e che nessuno dei due fosse stremato dal lavoro.
 
Erano a letto, ancora nudi sotto le lenzuola, Kurt disegnava pigramente dei cerchi immaginari sulla schiena di Blaine, mentre l'altro lo abbracciava.
 
"Kurt." Lo chiamò Blaine, attirando la sua attenzione, e senza altri giri di parole lo guardò negli occhi. "Adotta Micol! Prepariamo i documenti e adottala come ho fatto io..."
 
Kurt fermò la mano sulla sua schiena e spalancò gli occhi. Non avevano più detto una parola su quello che era successo, ma a quanto pareva Blaine ci stava ancora pensando.
 
"Io..." Balbettò non sapendo cosa dire.
 
"Lei non ti chiama "papà" ma ti giuro che ti vede come tale!" Spiegò velocemente Blaine, che sorrideva aspettando una risposta positiva da suo marito.
 
Kurt ricambiò il sorriso e lo guardò intenerito dal pensiero meraviglioso che Blaine aveva avuto.
 
"Lo so..." Rispose accarezzandogli la guancia. "Ma i suoi genitori siete tu e Sebastian e so cosa prova Micol..."
 
Vide Blaine incupirsi e subito dopo aggiunse "anche io non ho avuto problemi ad accettare Carole quando è entrata a far parte della mia famiglia... E le voglio bene come se fosse una madre per me, ma la mia mamma resterà sempre una." Specificò, sottolineando la parola "mia". "Capisci cosa sto cercando di dirti? I genitori di Micol sarete per sempre tu e Sebastian." Concluse, accennando un sorriso.
 
"Ma Kurt..." Iniziò a lamentarsi Blaine.
 
Kurt voleva vederlo felice, ma sapeva che adottare Micol non era la soluzione giusta, la considerava come sua figlia e niente lo avrebbe cambiato, ma aveva bisogno di altro in quel momento, così prese un respiro profondo e guardò Blaine negli occhi.
 
"Blaine perché non facciamo un figlio? Un bambino tutto nostro... Non ti nascondo che piacerebbe anche a me sentirmi chiamare "papà"." Ammettere di avere quel desiderio che da un po' di tempo aveva fatto capolino nella sua mente, lo fece arrossire e abbassare lo sguardo, ma quando sentì la mano di Blaine sfiorargli il viso, lo alzò per ritrovarsi suo marito a guardarlo con gli occhi lucidi.
 
"Lo vorrei tanto!"
 
  
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