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Autore: Mue    04/05/2015    2 recensioni
«Ehi, Folletto Saputello!»
Ecco come nei corridoi di Hogwarts il divino James Sirius Potter apostrofa Emily Hale, Corvonero, anonima, impacciata e senz'altra dote -se dote si può chiamare- che non un'estrema bibliofilia.
Sarebbe un episodio di potteriana impertinenza come tanti altri che Emily è costretta a subire se Stuart Dunneth, suo misantropo e ambiguo compagno di classe, non si trovasse per caso nei paraggi.
Emily, ligia alle regole, timida all'ennesima potenza e avversa a qualsiasi tipo di azione eroica, ancora non sa che questo incontro la coinvolgerà nel vischioso mistero che avvolge il ragazzo e sarà costretta, suo malgrado, a dare fondo a tutte le sue risorse per risolvere quello che, da giallo inquietante, potrebbe rivelarsi invece una storia dell'orrore delle peggiori. E i Potter, con le loro smanie di protagonismo, ovviamente non possono stare molto lontani.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Figli della Pace'
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I.
Infusi ed iperico

 

Emily correva senza fiato lungo il corridoio dei sotterranei. Non poteva arrivare in ritardo! Non di nuovo!
Fece uno scivolone davanti alla porta dell’aula di Pozioni e per poco non cadde a causa dell’enorme mole della borsa che le fece da contrappeso.
Ansimò, cercò di ricomporsi meglio che poté ed entrò nella classe. Subito il vapore e il fumo delle pozioni degli studenti la investirono, stordendola per un attimo.
«Bene, bene, ecco la signorina Hale», disse la professoressa Bones alzando gli occhi dal libro che aveva in mano. Era una donna alta, dalla lunga treccia di capelli ramati e gli occhi severi. «È la seconda volta che arrivi in ritardo alla mia lezione. Spero che non diventi un’abitudine.»
Emily si sentì avvampare mentre gli studenti presenti spostavano gli sguardi dai loro calderoni su di lei.
«No, mi spiace, non accadrà più», si scusò flebilmente Emily.
L’insegnante non sembrò far caso a quelle scuse. «Deduco che tu possa permetterti di arrivare tardi perché sai perfettamente come preparare un Infuso di Repellelfo, vero?»
«Io… sì, ecco…»
«Bene, allora vai a sederti subito e datti da fare. E ti avverto, se non vedrò la tua boccetta di Infuso qui con tutte le altre alla fine della lezione non sarai scusata dal minor tempo a tua disposizione.»
Emily annuì deglutendo. Si guardò intorno e vide che il suo solito posto, accanto alla sua compagna di classe, era occupato da Rose Weasley di Grifondoro. Ne cercò un altro libero con lo sguardo ed ebbe un tuffo al cuore: l’unica sedia rimasta vuota era tra due ragazzi; uno era Stuart Dunneth, che mescolava calmo il suo calderone, l’altro… l’altro era Albus Potter.
Emily detestava i Potter: pieni di sé, sempre circondati da amici, parenti o ammiratori, sembravano emanare un’aura d’oro che accecava tutti, compresa lei, che però lo trovava, a differenza degli altri, molto irritante. Tuttavia doveva ammettere che Albus era diverso dal fratello: molto meno spaccone e, anzi, a volte persino timido, almeno per quel poco che lo conosceva.
Quando la professoressa la fulminò con lo sguardo perché non si era ancora seduta, Emily si decise e si trascinò malvolentieri fino all’unico posto vuoto, lasciando cadere quanto più discretamente possibile la borsa sul tavolo.
Stuart nemmeno si voltò; invece Albus si girò a guardarla un attimo: era accaldato e rosso in viso e sembrava parecchio in difficoltà; Pozioni non era mai stata il suo forte.
Dieci minuti dopo Emily stava rimescolando il suo infuso, di quel perfetto colore verde menta che veniva descritto dal libro. Era ormai alla pari di tutti gli altri. Anzi, quasi tutti.
Albus, alla sua destra, stava cercando febbrilmente di far assumere alla sua pozione lo stesso colore di quella di Emily e di Stuart, invano. Di solito c’era sempre Rose Weasley accanto a lui per aiutarlo, ma quel giorno era seduta distante.
«Potter, ti sembra che questo colore somigli a un verde menta chiaro? Hai studiato come preparare questo infuso?», domandò severamente la professoressa Bones chinandosi sull’intruglio azzurro cielo del ragazzo.
Albus impallidì. «Io… non so, forse ho sbagliato qualcosa…», mormorò debolmente.
«Allora cerca di correggere il tuo errore. Se non riuscirai a finire nemmeno stavolta dovrò darti un’insufficienza, lo sai?», lo ammonì la professoressa.
Emily, lì vicino, fu l’unica a sentire quello scambio di battute ed ebbe improvvisamente un moto di simpatia verso il ragazzo mingherlino dagli occhi verdi.
«Iperico», mormorò piano quando la Bones si allontanò per esaminare i calderoni degli altri.
Albus alzò la testa e la guardò con tanto d’occhi.
«Cosa?», mormorò Albus.
«Iperico», sussurrò un po’ più forte Emily. «È il repellente universale contro tutti gli elfi.»
Albus, sbalordito, capì e fece cadere l’ingrediente nell’infuso, che sibilò e assunse quasi all’istante il colore di quello di Emily. Quasi incredulo, Albus le sorrise di nascosto. «Grazie.»
«Di… di niente», rispose Emily arrossendo. Si voltò tornando alla sua pozione e si accorse solo in quel momento che Stuart, alla sua sinistra, la stava fissando in modo strano. Emily incrociò il suo sguardo e stava per distoglierlo quando il ragazzo aprì la bocca per dire qualcosa.
«Bene, il tempo è scaduto, ognuno mi porti una boccetta del suo Infuso», risuonò forte la voce della professoressa Bones.
Stuart trasalì, distolse lo sguardo ed eseguì l’ordine, senza più badare a lei.
Emily, perplessa, si affrettò a fare altrettanto. Sigillò la sua boccetta e la depose sulla cattedra tra le altre. Le uniche che avevano assunto la tonalità giusta erano solo la sua e quella di Stuart. Solo altre due si avvicinavano di molto al loro risultato: una, ovviamente, era la boccetta di Rose Weasley. L’altra, strano ma vero, era quella di Albus Potter.
La campanella suonò e con un tramestio di vestiti scossi e sedie spostate, gli studenti uscirono a gruppetti dalla classe. Emily, mentre ripuliva il suo calderone, fu raggiunta dalla sua compagna di classe.
«Mi spiace per non averti tenuto il posto, Emy, ma pensavo che non venissi. Di solito non arrivi mai in ritardo.»
Emily sorrise. «Lo so, Drusilla, ho fatto tardi in biblioteca. Comunque non importa.»
La ragazza, passandosi una mano nei capelli nero ebano, fece una smorfia. «Insomma, piantala di chiamarmi Drusilla; sono tre anni che ti dico che mi fa schifo.»
Emily rise. «Lo so, lo so, ma a me il tuo nome piace.»
La ragazza scrollò le spalle. «Orribile, vorrei proprio vedere se diresti la stessa cosa ritrovandotelo affibbiato.»
Emily prese il suo calderone e uscì dall'aula. Drusilla Cook, che detestava il suo nome e voleva essere chiamata da tutti Drilla, era la sua più cara amica, oltre che unica. Lei ed Emily avevano fatto amicizia il primo giorno di scuola, quando, terrorizzata e troppo timida per chiedere di sedersi, Emily non era riuscita a trovare uno scompartimento vuoto sull’Espresso di Hogwarts. Era rimasta stupidamente in piedi per metà del viaggio fino a che Drusilla, o Drilla, come lei preferiva, le aveva battuto la mano su una spalla e le aveva chiesto se aveva voglia di sedersi vicino a lei. Da quel momento e, successivamente, quando erano capitate nella stessa casa, Emily aveva seguito Drilla dovunque, come un cagnolino fedele, sentendosi sperduta in quell’immenso castello magico.
Ancora adesso non capiva come avevano potuto diventare amiche; insomma, Drilla era tutto quello che Emily non sarebbe mai stata: solare, estroversa, sfacciata, coraggiosa, bravissima a giocare a Quidditch -faceva parte della squadra di Corvonero- e ammirata da un mucchio di ragazzi, cosa che sembrava seccarla molto.
«Messer Secchione-Anti-Oche non ti ha più parlato?», domandò Drilla mentre si avviavano verso la Sala Grande. Era il soprannome che aveva dato a Stuart Dunneth quando Emily le aveva raccontato del suo intervento tre giorni prima, dopo lo spiacevole scambio di battute con James Potter.
«Non chiamarlo così!», sibilò Emily guardandosi alle spalle e temendo che lui avesse sentito. Preoccupazione inutile, dato che il ragazzo in questione camminava molti metri più indietro di loro perso in chissà quali pensieri. «No… cioè, per un momento mi è parso di sì, ma…», non seppe come concludere la frase, perciò si zittì.
«Uhm… interessante. Chissà che cosa gli era capitato martedì quando ha deciso di parlarti. Di solito non parla mai nemmeno con gli altri ragazzi, figuriamoci t… figuriamoci le ragazze!», si corresse rapida.
Emily sapeva che stava per dire “figuriamoci te”; probabilmente, come al solito, aveva parlato senza riflettere, ma si era corretta per non ferirla. Precauzione superflua, dato che ormai Emily era insensibile a qualunque argomento riguardasse il tema ragazzi. Inutile anche prenderlo in considerazione: troppo timida e troppo insignificante per attirare l’attenzione di qualcuno.
«Comunque continuo a pensare che…»
«Ehi, Hale!»
Emily si girò, sorpresa, e si ritrovò davanti Albus Potter, senza fiato dopo averla seguita per tutto il corridoio. Stuart, poco più in là, si era fermato di botto e li guardava con interesse.
«Io…ti volevo ringraziare per prima», disse Albus, un po’ rosso.
Emily arrossì a sua volta. «Oh, no, non importa. È stato un piacere.»
Albus sorrise radioso. «Già, comunque grazie.»
Emily annuì e all’improvvisò calò un silenzio imbarazzante, dato che nessuno dei due sapeva più cosa dire. Ci pensò Drilla a romperlo.
«Ehi, Potter, hai presente tuo fratello James?», lo apostrofò in tono aggressivo.
Il ragazzo fece un passo indietro. «Sì, perché?»
«Be’, è il caso che dici al tuo caro fratellino», sbottò Drilla ignorando le espressioni supplichevoli di diniego di Emily, «che dovrebbe smetterla di fare lo sbruffone con tutti quelli che gli capitano a tiro, e che se la veda con qualcuno della sua taglia piuttosto!»
Albus sembrava spaesato. «Mio fratello non fa lo sbruffone con chi capita…»
Emily, allarmata, capì che Drilla stava per uscirsene con una delle sue rispostacce taglienti, così la fermò. «Lascia perdere Drilla. Sono felice di esserti stata d’aiuto», disse in fretta rivolta ad Albus. «Ora dobbiamo andare. Ciao, ci vediamo.» Prese sottobraccio Drusilla e la trascinò lontano da lì.
«Perché non mi hai lasciato finire?!», la rimproverò aspramente lei quando Emily, davanti alla porta della Sala Grande, la lasciò finalmente andare.
«Lascialo in pace, Drilla, lui non mi ha fatto niente», la pregò Emily.
«È un Potter, e tutti i Potter sono pieni di sé da far paura.»
«No, non è vero.»
«Stai cercando di difendere i Potter?», chiese stringendo gli occhi sospettosa e incredula a un tempo Drilla.
«No», arrossì Emily. «Sto cercando di dirti che non devi prendertela con tutti quelli che stanno intorno a qualcuno che non ti va giù.»
Drilla grugnì. «Oh, lasciamo perdere! Andiamo a mangiare, piuttosto; ho una fame da Grop!»
Emily sorrise a quel modo di dire ormai comune, inventato quando, ventuno anni prima, il vecchissimo guardiacaccia di Hogwarts, Hagrid, aveva portato a vivere nella Foresta Proibita un Gigante suo fratellastro.
«Sì, andiamo», disse, seguendo la sua amica, sollevata. Grazie al cielo le sfuriate di Drusilla erano tanto improvvise quanto rapide a estinguersi.


Note:
Ben ritrovati a tutti.
Come detto nel prologo, questa storia è stata scritta nel "lontano" 2008. Fresca della lettura dell'ultimo libro di Harry Potter, decisi di scrivere qualcosa su questo fandom: non avevo mai scritto fanfiction prima di allora: non mi sarei mai azzardata a prendere i sacri personaggi della Rowling e le loro vicende e maneggiarle ma quello spiraglio della nuova generazione è stato come un'esca irresistibile, un varco in cui riversare tutta la mia voglia di scrivere e creare nuove avventure in quel meraviglioso mondo magico che non volevo lasciare dopo sette libri. Perché, ancor più di Harry, Hermione, Ron e tutti gli altri, ancor più dei valori, della lotta contro Voldemort e il male, del sacrificio di Silente e di Piton e di tutto il resto, ciò che più mi aveva incatenato e mi incatena tuttora a Harry Potter è l'incredibile ricchezza di dettagli, di elementi nuovi, di angoli inesplorati in cui potevo e volevo avventurarmi tramite personaggi nuovi, secondari o alternativi.
Scrissi Ob Morsum cercando di ricalacare lo stile della Rowling, lo sviluppo di un avventura magica lunga un anno scolastico dentro le mura di Hogwarts come quelle vissute dal magico trio e se ci sono riuscita o no, dovete essere voi a dirmelo.
La protagonista, Emily, è un nuovo personaggio: ho deciso di crearla perché James, Albus, Rose e tutti gli altri avevano già troppa "celebrità" ereditata dai genitori addosso per potersi muovere come normali studenti a Hogwarts e perché, stupita dei numerosi belli e dannati, ragazze celebri e venerate, festini lascivi sostituiti alle serate di studio prima del compito difficile di Pozioni o di Trasfigurazione, volevo portare nel fandom di Harry Potter un po' dello spirito originale dei libri di J. K. Rowling. Dopotutto Harry, Hermione e Ron non sono mai stati i più belli o più bravi o altro della scuola, e se in alcuni momenti dei romanzi hanno acquisito notorietà, è quasi sempre stata indesiderata e spesso anche scomoda.
Insomma, lasciatemi un commentino piccino picciò e fatemi felice, ecco *-*
Al prossimo capitolo,
Mue

   
 
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