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Autore: Selhen    04/05/2015    1 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quella notte il vento cantava sulle distese innevate dei terreni gelati di Beluslan. Intirizziti dal freddo io e Dhanael ci stringemmo nei nostri lunghi cappotti con l'intenzione di raggiungere la zona residenziale più lontana dalla fortezza. Era lì che a detta di Brahm abitava Silyssa, la fattucchiera che forse, avrebbe posto la parola fine alla maledizione del mio migliore amico.
Per tutto il tragitto Dahnael non aveva proferito neanche una parola. Era rimasto zitto, e il solo rumore era causato dai nostri passi cadenzati nella neve.
I nostri stivali si alzavano e si abbassavano affondando in quella soffice coltre di ghiaccio a ritmo regolare.
"Ehi Dahn...", l'avevo chiamato poi timidamente, stanca di quell'eccessivo e pesantissimo silenzio.
"Mh?", lui si era voltato un po' smarrito. Come se la mia voce lo avesse risvegliato da chissà quali pensieri.
"A che pensi?", gli domandai.
Lui non parlò subito, si concesse qualche altro minuto di silenzio poi annuì. "A niente", disse infine con un sospiro sconsolato.
Lo osservai preoccupata, quel suo sospiro non  mi aveva convinta. "Sai che non ti credo...".
A quella frase il mio amico sorrise teneramente. "Pensavo a me e Lacie".
Ammutolii. Immaginai fosse un argomento delicato di cui a Dahn non premeva mai di parlare. 
"Pensavo ai progetti che ogni tanto le sfuggono su di noi... alla nostra storia...". Si fermò, rimanendo ritto sulla neve a guardare lontano.
"E pensavo che non so se sarò mai in grado di darle quello che vuole o se sarò costretto ad infestare la fortezza di Adma con Karemiwen per sempre".
"Smettila", lo rimproverai indignata. "Sono certa che Silyssa avrà una soluzione... ha la fama di essere una strega potente".
Dahn annuì distrattamente, come se avesse voluto farmi contenta e riprese a camminare finchè non fummo giunti di fronte alla zona residenziale di cui Brahm ci aveva parlato.
"Oh, eccoci", aveva detto Dahn tetro guardandosi intorno. "E' un posto abbastanza squallido per una zona residenziale, non trovi?".
Valutai con lo sguardo che forse non aveva tutti i torti, ma senza aggiungere altro mi misi a cercare con gli occhi la casa che più mi facesse pensare all'abitazione di una fattucchiera.
Ce ne fu una, poco in fondo alle altre, ad attirare misteriosamente la mia attenzione.
Era rosa, di una forte colorazione accesa, ma le tegole erano scure e stonavano un po' con il resto del prospetto.
"Che ne dici di quella?", dissi a Dahn indicandola con il mento.
Il mio amico annuì. "Suonare non costa nulla... sempre che non ci trasformi in ribbit".
Scoppiai a ridere e insieme ci avviammo verso quella strana abitazione. Due alberi spogli erano l'unico adorno del giardinetto antistante, e una panchina deflorata dalla ruggine e dal tempo sembrava spiccare solitaria in un angolo del giardino, poco vicina ad un aiuola di rose invece coloratissime.
Quando Dahn si fermò davanti la porta e tirò l'elegante campanella, rosa anch'essa e decorata da mille ghirigori, la porta si aprì seduta stante, ma nessuno stava dietro ad attenderci.
Io e il mio amico ci scambiammo un'occhiata comprensiva, poi fu Dahn a fare ingresso per primo. Lo vidi sfiorare istintivamente con le dita i suoi revolver ma non li tolse dai foderi. Non sarebbe stato carino presentarsi in casa altrui con due revolver sguainati e l'aria tutt'altro che amichevole.
Ad un certo punto da una polverosa soffitta in legno spuntò una curiosa testolina dalla fulva chioma rossa. "Oh", disse coi capelli pensolanti perchè si era sporta dalla ringhiera. "Ospiti!", sorrise smagliante stirando le piccole labbra a cuore e cominciò a scendere le scale senza tanta fretta.
Io e Dhan avevamo avuto il tempo di studiarla in tutta la sua discesa. Teneva una mano alla ringhiera di legno. Le unghie erano affilate ma curatissime e dei pesanti bracciali le adornavano il polso.
Quanto al vestito, era chiaramente provocante e ricercato. Mi ritrovai a pensare che doveva esserle costato un occhio, sebbene fosse tanto colorato e stravagante.
Silyssa ci venne davanti e ci osservò curiosa con i due grandi occhi rossi e pesantemente dipinti. Un trucco da lolita le tagliava in croce entrambe gli occhi e lunghi e lisci capelli rossi, come una cascata rubino, le solleticavano le spalle totalmente scoperte.
Mi sfuggì un sorriso quando notai il bustino del vestito della fattucchiera che richiamava le forme di un simpatico gatto nero col pelo ritto e la coda attorcigliata. Quanto poi alle calze, erano a rombi, nero e viola.
"Ciao", aveva detto allegramente visto che nè io nè Dahn avevamo proferito parola.
Udimmo da qualche parte il miagolio di un miol gatto, che immaginai dovessero essere la sua passione, ma non lo vidi.
"Ci... ciao!", tentai di replicare disinvolta. "Perdonate il disturbo, lady Silyssa".
Silyssa si accigliò alle mie parole. "Per quanto io possa essere vecchia, cara... gradirei che non mi fosse dato del lei!", terminò schietta cercando di ammorbidire la sua espressione in un sorriso.
Annuii spaesata. "Oh, scusa, perdonami!", avevo detto con una mano sulle labbra, "non volevo recarti offesa".
La fattucchiera fece un gesto spiccio con la mano, come a voler dissolvere quei cattivi pensieri e si accomodò su una maestosa poltrona rosa incrociando le gambe.
"Allora...", cominciò giungendo le mani in grembo sempre col solito sorriso dolce. Non potei dire quanto quel sorriso potesse essere dolce in realtà, chissà a Dahn, ma a me inquietava di brutto. 
"A cosa devo questa... visita?", allargò i palmi teatrale passando poi ad acconciarsi i capelli con una mano.
Nel movimento studiato della giovane notai sbucare, dalla cascata dei capelli, due curiose orecchie a punta, e in quel momento tutto mi fu più chiaro.
Tutti gli asmodiani dalle orecchie a punta avevano discendenze elfiche, e ognuno di loro era molto più propenso a trattare di vicende oscure di quanto non lo fossero gli asmodiani come me, di umili origini umane.
Si narrava che chi era per metà Daeva e metà elfo godesse di capacità decisamente superiori. Quanto di questa diceria fosse vero, però, era tutto da vedere.
"Si tratta di una maledizione", avevo detto tentennando sui piedi mentre mi accarezzavo nervosamente una ciocca di capelli bianchi
In quel momento il sorriso di Silyssa si fece decisamente inquietante e i suoi occhi passarono in rassegna la figura di Dhan ritta di fianco a me, poi le sue labbra tornarono a cuore. Il viso divenne attento e pensoso.
"Caspita ragazzo, devi proprio essere messo male". Arricciò il naso, come se un cattivo odore l'avesse disturbata ed in quel momento un grosso gatto nero, che si era fatto largo prepotentemente tra di noi, le balzò in grembo.
Senza scomporsi più di tanto Silyssa sorrise intenerita al suo miol e prese ad accarezzarlo massaggiandolo dietro le orecchie con gli artigli.
Io dal canto mio ero rimasta scossa dalla sua acuta osservazione. 
Per quanto sembrasse strampalata e distratta, aveva centrato perfettamente il nodo della questione.
"Tuttavia...", aveva continuato la giovane fattucchiera mentre continuava ad accarezzare il gatto con una vacua espressione tenera, "certi favori richiedono grosse quantità di kinah, oltre che... lasciamocelo dire... un pizzico di fortuna".
Dahnael corrugò la fronte ma lo trattenni per un braccio prima che potesse compiere un qualche passo falso.
"Non eravamo qui per la sua maledizione... ma se sei in grado di dirci quanto può essere risolvibile, sarebbe anche una buona cosa".
Alle mie parole Silyssa lasciò scendere gentilmente l'animale e una volta che le sue gambe furono libere balzò in piedi trotterellando alla volta di Dahn. Qui, sollevatasi in punta di piedi, avvicinò il suo visino curioso e truccato a quello di Dahn, talmente vicino che sembrava volesse contarne il numero delle ciglia.
"Mh...", mugugnò col gonnellino di toulle che si sollevava a scoprirle un'ampia porzione di cosce chiare.
Dahn era rimasto immobile, in attesa di una sentenza.
"Nah, niente da fare ragazzo...", scrollò le spalle, "ci sei dentro fino al collo".
Vidi le spalle di Dahn cadere per un sospiro più lungo di tutti gli altri.
Anch'io assunsi un'espressione addolorata, e mi domandai come facesse Silyssa a liquidare in questo modo e con tanta disinvoltura una situazione talmente grave.
"In ogni caso..." tentai di riprendere, "Ci hanno mandati da te per mostrarti questo". Infilai la mia mano artigliata nella borsa e i miei palmi si chiusero intorno al ruvido seme che avevo custodito con parsimonia fino a quel momento.
Quando lo strinsi percepii in esso una vibrazione che non avevo mai sentito prima d'allora e che mi costrinse a lasciarlo cadere sul pavimento con un'imprecazione. 
"Ahi!", gemetti. Come potevo essermi scottata?
A Silyssa non sfuggì un dettaglio di tutto ciò che accadde in quei pochi secondi. Seguì con lo sguardo incantato il seme che rotolava per la moquette che rivestiva il suo pavimento e si fermò su di esso quando questo le fu praticamente davanti ai piedi.
"Divino Aion!", aveva mormorato colpita chinandosi a raccogliere l'oggetto e tenendolo tra le mani come fosse un raro cimelio.
Io e Dhan ci scambiammo un'occhiata interrogativa nell'attesa di un chiarimento.
"Quali mani magnifiche, quale mente insigne ha racchiuso in un misero seme tutto questo immenso potere?", aveva detto stupefatta la fattucchiera rigirandoselo sul palmo deliziata.
"Questo seme...", tentai di spiegare a una Silyssa apparentemente in trance, "proviene dalle segrete di Adma, lo custodiva il fantasma del legionario del Cielo rosso, Villaire".
"Il cielo rosso...", aveva mormorato come da eco la fattucchiera.
"E' probabile che c'entri con la maledizione di Dahnael e con la contaminazione di Brushtonin?".
Silyssa stava ancora rimirando quello che apparentemente appariva l'osso di un frutto poco più grande di un pugno e senza neanche dire una parola aveva salito le scale scomparendo nuovamente in soffitta. Tornò poco dopo, tutta eccitata, con un grosso tomo polveroso tra le mani.
Con un tonfo sonoro lo aveva appoggiato malamente su un tavolino e aveva iniziato a sfogliarlo frenetica alla ricerca di una pagina, poi aveva cominciato a leggere in una lingua arcana e sconosciuta che io e Dahn non riuscimmo a comprendere neppure impegnandoci. Elfico? Elisiano? Ibrido?
Tossicchiai, sperando di attirare nuovamente la sua attenzione, ma temevo che se l'avessi infastidita avrebbe potuto realmente trasformarci in ribbit e rinchiuderci in una gabbietta. 
L'idea mi preoccupò alquanto, ma confidai nel suo buonsenso.
E se Silyssa non avesse voluto distruggere quel seme una volta avutolo tra le mani? Dopotutto era una fattucchiera molto votata alle arti oscure. Avrebbe potuto volerlo tenere per studiarne il maleficio. Notai dall'espressione di Dahn che anche lui sembrava avere avuto lo stesso pensiero.
"Questo seme è la causa di ogni contaminazione...", aveva mormorato la fattucchiera accarezzando pensierosa la pagina del tomo in cui stava leggendo. Non ci fissava. Sembrava stare fissando molto lontano. In qualche luogo a noi precluso vagavano i suoi oscuri pensieri. 
Dahn intanto era attento, potei dire, quasi speranzoso. Respirava più velocemente e potevo notare dai suoi piccoli movimenti i suoi nervi tesi.
"Distruggendolo... tornerei il Daeva di sempre?", domandò il mio amico sfiorando il braccio della fattucchiera con una mano.
La ragazza parve risvegliarsi a forza da quello stato di trance. Lanciò un'occhiataccia a Dahnael che aveva osato sfiorarla e incrociò le braccia al petto minacciosa.
"Datemi un motivo per cui io debba farlo", disse infine altezzosa. "Distruggere un oggetto di tale potenza...", aveva detto con un'inclinazione della voce inquietante.
Dahnael boccheggiò in difficoltà, senza realmente sapere cosa dire.
"Asmodae!", intervenni io svelta. "Restituiresti la vita a una parte di Asmodae ormai distrutta".
"Coloro che sono infetti e che hanno compiuto la loro mutazione non torneranno a essere quello che erano", disse Silyssa capricciosa.
"E per quelli come me? C'è speranza?".
La fattucchiera storse il labbro un po' contraria a doverlo ammettere. "Forse..." buttò lì vaga.
"Devi farlo Sily!", dissi supplicante, "Potrai chiederci quello che desideri una volta distrutto quel seme".
La fattucchiera mezz'elfa parve valutare la mia proposta e riflettere sui suoi vantaggi.
"Mi chiedi di scegliere una ricompensa?", aveva detto deliziata studiandosi il corpetto sovrappensiero.
Annuii con vigore.
"Essia...", aveva concluso infine premendo tra le mani il seme e stringendolo con forza in un pugno. "Ma prima devi garantirmi qualcosa di molto prezioso... qualcosa di immensamente raro...", Silyssa si passò la punta della lingua sul labbro inferiore compiaciuta e i suoi canini rilucettero minacciosi.
"Cosa?", domandai risoluta. Qualunque prezzo non sarebbe stato alto se lo avessi fatto per il mio amico Dahn.
"No Selh...", stava tentando di intervenire lui.
"Cosa?", scandii quella domanda con una nuova risolutezza nei miei occhi scarlatti.
Silyssa mi guardò negli occhi, con aria di sfida. Le sue pupille ridenti tremolarono mentre mi scrutava a fondo senza dare alcuna attenzione a Dahnael che era intento a spostare lo sguardo dall'una all'altra.
"Il sangue di un elisiano innamorato... e so... che tu puoi procurarmelo!".
Smisi di respirare e per poco non ebbi un mancamento. Le mie gambe tremarono minacciosamente mentre dovetti trattenermi al tavolo davanti a noi.
"Come... com'è possibile...?", balbettai confusa.
"Che io lo sappia?", chiese Silyssa giocherellando con un bracciale.
Annuii. 
"Ho le mie risorse, giovane Daeva, e posso garantirti che sono poche quelle che come noi riescono a rubare il cuore a un elisiano".
Non capii. Mi accorsi che le mani mi stavano tremando. Temevo per me. Per l'incolumità di me e di Velkam.
Come lo aveva scoperto? 
Perfino Dahnael appariva teso e preoccupato.
"Allora lo farai?".
"Solo se tu...", esordii timidamente.
"Se pensi che io possa denunciarti alle autorità puoi stare tranquilla. Portami quella fiala di sangue elisiano, dopodichè sarà come se non ci fossimo mai viste".
Tirai un sospiro di sollievo, poi vidi Silyssa incidersi una mano con un tagliacarte e lasciare cadere una goccia scarlatta di sangue su un foglietto di pergamena che aveva strappato dalla fine del tomo.
"E' un patto di sangue, Selhen".
Sobbalzai, come faceva quella fattucchiera a conoscere il mio nome? E cosa avrebbe comportato quel patto se non fossi riuscita ad adempiere alla mia promessa?
La fattucchiera mi tese il tagliacarte. Rimasi a fissarne la lama un po' spaventata.
"No Selhen...", era tornato a dire Dahn, ma non lo ascoltai, e prima che lui potesse fare qualcosa per dissuadermi, lacerai la carne della mia mano e premetti il palmo sul foglio, esattamente sul sangue di Silyssa che sigillò il tutto con una melodiosa formula arcana di parole sconosciute.
"Il patto è siglato Asmodiana, non dimenticartene", e detto ciò afferrò il seme dal tavolo su cui era appoggiato e si mosse alla volta di una stella a cinque punte dipinta sul pavimento davanti alla quale si sedette a gambe incrociate.
Depose il seme al centro del pentagono e le sue lunghe ciglia calarono a nascondere le pupille scarlatte che in quel momento rilucettero del bagliore della furia asmodiana.
"Siediti, ragazzo", aveva detto ad occhi chiusi con tono di comando. Dahnael eseguì sfruttando come sedia la poltrona che prima era stata occupata dalla fattucchiera. 
Il miol di Silyssa che vi era stato acciambellato fino a quel momento soffiò ostile verso il mio amico e balzò sul pavimento a pelo ritto.
Lo vidi zampettare vicino alla padrona e strusciarsi alla sua schiena finchè una forte aura di calore non la circondò facendolo fuggire atterrito sotto i piedi di una grossa libreria.

"hor rl uotivi iill'tscyvmtà rrzoco cj, imo lverdi, jmor, jjjmrchè imssolze zyiste velidmJoori n vostvm hor qe cze rqqirse hliqirJg hhi jrchi q'tscyvo cn è iolci, n hhi ro, bnlIuse, cze bjvze, bngrove iill'tscyvo n jqmce iille vovti, imjirde cweqmti cj qi czi hvietyvi, n qe wotti hhi jd jsqodei è vedvi.
jmor uivdore r czom jdiptm, wytvm im bfrgyi qe hoppe hhi wom ieize me hvietm, Godem qe ante jm czom qyoghm n jrmqe rqqovteli j holovo hhi bn bpro uivdytm uiv bjqpvi.
jmor cn GorgveJoeqo.
jmor cn GorgveJoeqo.
jmor cn GorgveJoeqo".


Cantilenava la fattucchiera dondolando sul posto e ripetendo con melodia ridondante sempre le stesse parole. Vidi il piccolo seme tremare man mano che la voce di Silyssa diveniva più forte e imperiosa. Una potente energia si sprigionò da esso e un raggio di luce accecante mi bruciò gli occhi. 
Udii un boato, immenso, e l'ultima cosa che notai fu Dahnael riverso sul pavimento della stanza, poi più nulla.

[Ho fatto presto questa volta e vabhè... era un capitolo che mi premeva scrivere. Spero sia di vostro gradimento e che me lo diciate tramite le vostre recensioni. Alle 50 uno speciale... non siete curiosi di sapere perchè Silyssa abbia fatto quella richiesta insolita? u.u
Buona lettura tesori, e ricordate, vi aspetto sul gruppo Selhen's dreams ;D ] 
  
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