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Autore: Vittory7    04/05/2015    1 recensioni
La pioggia scrosciante si abbatteva contro le vetrate delle finestre del castello, creando un ticchettio a dir poco inquietante. “Strano”, pensò il re guardando la pioggia attraverso le finestre e corrucciando il mento. Il Re Perla Bianca aveva ormai 421 anni anche se il suo aspetto era quello di un trecentenne; il suo viso ovale, le sue labbra spesse e scure, come la sua carnagione, gli occhi verdi brillanti, quasi smeraldi, il naso non troppo grosso e i lineamenti ben definiti gli conferivano una grande autorità e fiducia nelle sue capacità. Era forte e potente, molto. Adorava avere sotto controllo tutto l'universo bianco, di cui lui era il re, per questo non aveva mai tempo per sé: quel poco che glie ne restava lo dedicava alla moglie, le voleva bene, l'amava veramente, nonostante la differenza di età e le sue origini. In quel momento si concentrava sulla pioggia. Lui non voleva che piovesse: non ce n’era alcun bisogno, non era la stagione delle piogge; eppure la pioggia non cessava, se si concentrava riusciva a calmare la forza con cui le gocce d’acqua cadevano, ma bastava che non ci pensasse e il temporale tornava forte come prima. “
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
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La pioggia scrosciante si abbatteva contro le vetrate delle finestre del castello, creando un ticchettio a dir poco inquietante. “Strano”, pensò il re guardando la pioggia attraverso le finestre e corrucciando il mento. Il Re Perla Bianca aveva ormai 421 anni anche se il suo aspetto era quello di un trecentenne; il suo viso ovale, le sue labbra spesse e scure, come la sua carnagione, gli occhi verdi brillanti, quasi smeraldi, il naso non troppo grosso e i lineamenti ben definiti gli conferivano una grande autorità e fiducia nelle sue capacità. Era forte e potente, molto. Adorava avere sotto controllo tutto l'universo bianco, di cui lui era il re, per questo non aveva mai tempo per sé: quel poco che glie ne restava lo dedicava alla moglie, le voleva bene, l'amava veramente, nonostante la differenza di età e le sue origini. In quel momento si concentrava sulla pioggia. Lui non voleva che piovesse: non ce n’era alcun bisogno, non era la stagione delle piogge; eppure la pioggia non cessava, se si concentrava riusciva a calmare la forza con cui le gocce d’acqua cadevano, ma bastava che non ci pensasse e il temporale tornava forte come prima. “Strano”. Pensò di nuovo il re , trovandosi però ripetitivo. Solitamente bastava volerlo e il tempo cambiava ai suoi ordini: una parola, persino un pensiero e la pioggia avrebbe dovuto fermarsi. “C’è qualcosa di più”, ipotizzò il re,” l’ultima volta che piovve senza il volere di un Re Perla Bianca fu alla vigilia della guerra dei cent’anni, lo riporta il Re Atrox “Il Codardo” nel suo libro “La guerra impossibile”.... E’ preoccupante, credo mi tocchi verificare se davvero succede qualcosa di insolito” pensò con immenso rammarico. Non voleva parlagli, lo infastidiva, anche solo sentire il suono della sua voce metallica; l’ultima volta che gli aveva parlato era stato per chiedergli il riscatto di due sudditi ed era finita molto male…. Ma gli toccava, almeno per il bene del suo popolo… Il re si girò rapidamente e cominciò a procedere a passo svelto, sebbene controvoglia, verso la sala che più odiava, quella dello Specchio. Percorse a grandi passi un grosso salone sfarzosamente arredato e fu allora che notò una nuvoletta che aleggiava sul tavolo; il re si avvicinò e la nuvoletta si dissolse in un tuono. Il Re guardò il grosso tavolo da pranzo e raccolse un biglietto che vi giaceva. “E’ innaturale. Non riesco nemmeno io” recitava il biglietto. Per la prima volta in quella giornata un lieve sorriso si dipinse sul volto stanco del re. Sapeva che il Ciclone del Tempo se ne sarebbe accorto subito, anche se erano solo le 6 del mattino. Il Re mise il biglietto in una tasca della sua lunga veste bianca e proseguì attraverso una porta, come se non ci fosse, poiché non aveva nessuna voglia di fermarsi ad aprirla. Salì una scalinata coperta da un tappeto bianco e poi svoltò a destra. Arrivato dinanzi all’entrata di una sala senza porta si fermò con noncuranza. –Mefnp Macpi. Noifi Ibrceci? (Salve Sire. Vuole entrare?) - chiesero all’improvviso all’unisono le candele ai lati dell’entrata. –Eircia efrcadibra rcinecda zabebga e nia dobari mifi ziffe dae eicmibe?(Potrei altrimenti trovarmi dinanzi a voi munito solo della mia persona?)- rispose il re. Le fiamme delle candele passarono dal rossastro al bianco e il re si stupì di essersi ricordato la parola d’ordine, “Strano” pensò per la terza volta da quella mattina. Non se la ricordava mai, soprattutto poiché non voleva trovarsi in condizione di doverla usare. Il Re attraversò l’entrata e si guardò intorno: era proprio come l’ultima volta, buia, tetra; tutte le pareti della piccola stanza erano tappezzate di stoffa nero sangue; tutte, tranne che per una piccola parte occupata da uno specchio snello ed alto. Il Re si era fermato proprio di fronte ad esso. Abbassò il cappuccio della sua lunga veste e guardò torvo lo specchio. – Canifera i defi, liede af roi masbici! (Rivelati o male, chiama il tuo signore!)- E rimase con lo sguardo puntato allo specchio in un’espressione alquanto determinata ed impaurita insieme per alcuni minuti, poi una luce bianca illuminò lo specchio ed una figura nera e incappucciata apparve in esso, o meglio dall’altra parte. –Salve….. E’ parecchio che non ti facevi vivo, cos’è che ti preoccupa a tal punto da farti arrivare a chiedere a me consiglio?- Un lungo ed amaro sorriso sorse sulle ispide labbra che avevano appena pronunciato quelle parole. Il Re ne fu infastidito all’istante, ne furono la prova le sue labbra che si contorsero in una smorfia. - Ti chiedo, semplicemente, l’immensa cortesia di dirmi se anche da te c’è….. qualcosa di strano…..- Il sorriso beffardo dell’ombra si spense poco a poco…. – Da me…. è da due ore che il cielo è limpido, il sole splendente e non riesco a cambiare nulla…. Stavo venendo anche io a consultarti…-. Una ruga spuntò sulla fronte del re e si andò ad addossare a quelle che già corrucciavano il suo volto centenario che divenne, se era possibile, ancora più preoccupato. -Mi duole dire che mi tocca consultare l’oracolo….- Ma il volto d’ombra si infuriò in preda alla rabbia -No! Te lo proibisco EVANDOR!- Alla pronuncia del suo nome il re divenne davvero allarmato, si sporse in avanti, afferrò le estremità dello specchio e gridò:- Come hai saputo il mio nome? COME?- Ma lo specchio era di nuovo vuoto. Passati diversi minuti, il re era ancora lì ansimante; una goccia di sudore gli imperlava la fronte e scendeva verso la guancia sinistra, come la pioggia attraversava i vetri delle finestre. I suoi pensieri erano confusi, annebbiati, amareggiati. Come aveva fatto il Re Perla Nera a conoscere il suo nome? Ma il Re si convinse mentalmente che quello non era affatto il momento opportuno per preoccuparsi anche di ciò, così si mise in cammino verso l’oracolo.
  
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