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Autore: hirondelle_    05/05/2015    3 recensioni
[Ristesura di "Destiny"]
[Alla luce di quanto mi è pervenuto dalle vostre gradite recensioni, ci tengo a specificare che questa NON È una storia romantica, ma la descrizione di un ABUSO (come ho voluto indicare nelle avvertenze). Grazie dell'attenzione!]
-§-
Sente il suo profumo dolce, le dita sottili che gli accarezzano la pelle, percorrendo gentilmente tutta la lunghezza del suo corpo. Chiude gli occhi, percepisce i brividi ad ogni singolo tocco, un solletico malefico e ripugnante penetrare attraverso la pelle e andare dritto ai nervi: Reize sente una parola nella sua testa. Una parola che non si sarebbe mai azzardato a pensare: nella sua mente è pronta per uscire e distruggere il mondo. La pronuncia, sbarrando gli occhi.
… no.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Paranormal'
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DESTINY V
Quando Reize si guarda allo specchio, quasi non si riconosce. Le ferite sono guarite, Natsumi gli ha fasciato quelle più gravi, le slabbrature, i morsi di sangue. E C-117 non riesce davvero a riconoscersi, rimpiange l’immagine che ha visto solamente la scorsa mattina. 
“Il quarto giorno” pensa automaticamente guardando una nuova alba fare capolino da dietro la finestra. Le nuvole la coprono, come a nasconderla con delicati veli di rosa: presto pioverà.
È seduto sul letto. Prova a mettersi in piedi, le catene fanno gridare i polsi doloranti e il corpo ulula e stride, i piedi vacillanti troppo deboli per sorreggere il resto del corpo. Ma Reize sa che deve alzarsi e preparare il vassoio per la colazione, nel solito rito mattutino.
Una volta in piedi, cade e sbatte contro il muro. Si appoggia con le mani tremanti, fa leva sulle gambe, si appoggia alla parete. Si volta e guarda in silenzio le lenzuola intrise di sangue e poi tutto il pavimento, dove imperversa una scia rossa che macchia persino la porta. È possibile lavare via il sangue dal legno, dopo che questo l’ha già assorbito? È difficile. Reize si morde le labbra, frastornato.
D’un tratto il suo sguardo si sposta sulla foto incolore. È sbiadita, vecchia, consumata: non l’aveva mai notata fino a quel momento. C’è un gruppo di ragazzini di strada addossati a un muro di qualche povera fabbrica: uno è seduto su un secchio rovesciato, i capelli lunghi e sciolti, le gambe divaricate, lo sguardo di sfida e una sigaretta accesa fra le labbra di bambino. Un altro è seduto a terra, di fronte a un altro ragazzino, stanno giocando? No, ora lo vede: stanno barattando delle bottiglie di alcolici, ancora le etichette bene in vista, forse appena rubate. Uno di loro è Atsuya, ma sarà poi vero? Dietro, la schiena appoggiata alla parete, c’è un ragazzo identico: gli occhi che sembrano fissarlo da sotto il cappello da operaio, una bottiglia di alcool in una mano callosa, il sorriso di scherno, eppure l’inesperienza della sua fanciullezza. Reize si sente giudicato da quello sguardo, è talmente intenso che a un certo punto perde pure la cognizione della realtà. Le labbra del ragazzo ad un certo punto si muovono in poche parole che non riesce a capire.
- E allora, ci muoviamo? – È la voce di Atsuya a riportarlo bruscamente alla realtà. C-117 si volta,  il domestico sembra  livido di rabbia: avrà forse notato i suoi occhi puntati sulla foto? Probabilmente sì, e ora lo vuole cacciare fuori, non vuole che veda. Reize si chiede come possa tenere ancora quel lembo del suo passato attaccato alla parete: lo sanno tutti che ricordare uccide. 
Non gli risponde, lo segue tentennando fuori dalla stanza, verso la cucina: Natsumi sta sfornando i biscotti che basteranno per una settimana. Alza lo sguardo su di lui e impallidisce, il ricordo del pavimento di sangue vivido nella sua memoria. – Mangia qualcosa. – e più che un invito pare un ordine. Reize non replica, ha fame e quindi mangia, la spaccatura al labbro inferiore che brucia ad ogni sorsata di zuppa. Nelly lo fissa intensamente, sembra intenzionata a portare lei il vassoio con la colazione, ma C-117 è consapevole che non può farlo anche se vorrebbe. Il vassoio deve portarlo lui. 
Finisce la zuppa e sta per un attimo in silenzio. Poi gli sorge una domanda, una domanda che non centra niente con niente. – Chi è Fuyuka? – Reize si chiede all’ultimo momento se usare il passato sarebbe stato meglio.
Non ottiene risposta.

Le scale ora sono pulite, lucide e passate con la cera. Reize non vi trova alcuna traccia di sangue, tanto che l’episodio del giorno prima sembrerebbe quasi lontano anni luce, se non fosse per il dolore che sente indistintamente per tutto il corpo. Mai il vassoio gli è sembrato più pesante, eppure seppur faticosamente giunge alla stanza del Lord senza rovesciare niente.  
Bussa una prima volta già pronto per la seconda, ma sorprendentemente la voce del Lord lo invita dall’interno. Quando entra le tende sono tirate, il padrone è seduto sul letto ancora in camicia da notte, un libro fra le mani bianche. Le lenzuola sono pulite, tutto è in perfetto ordine, non sembra quasi esserci stata la lite del giorno prima. Ma appena Kira alza lo sguardo Reize lo vede e rabbrividisce: un livido viola gli circonda l’occhio pesto.
Il Lord lo guarda e sorride a mo’ di scherno: - Ma come siamo belli quest’oggi – mormora come sempre, ma il tono è ironico, perché C-117 non è più bello così, con le fasciature e le bende a coprirgli la pelle. Lo schiavo non si muove, le gambe iniziano a tremargli.
Ma il padrone non si muove. Non si muove, resta fermo, e lo fissa con quegli occhi tanto stupendi eppure così temibili, cattivi, da gatto. Poi un gesto, un invito con un cenno delle sue dita fini, delicate. Il Lord si stende, abbandona il libro sul ventre, e gli sorride calmo. E C-117 avanza, piano, le gambe che rischiano di cedere e il dolore che lo opprime. Appoggia il vassoio sul comodino, sa che il Lord non toccherà cibo. Si limita a fissare i biscotti di Natsumi, ben fatti, dolci, con macchie di cioccolato, prima che una mano lo trascini giù, a sedersi sulle lenzuola. 
- La mattina è sempre un bel momento. – gli sussurra Kira da steso, mentre una mano passa a sfiorargli le cicatrici e i residui di sangue. Reize le sente bruciare, ora più che mai, ma non dice nulla. Una mano del Lord lo prende e lo trascina  distendersi, C-117 ubbidisce senza protestare. Non ne ha il coraggio, la paura è troppa.
- Tremi, Reize-chan? Sono stato cattivo? – gli mormora il Lord, piano, all’orecchio. – Non ne avevi forse bisogno? E me lo avevi anche riferito.
Reize sente un’inspiegabile voglia di mettersi a piangere. Percepisce il corpo del suo padrone aderire al suo, calmo, la calma prima della tempesta. Non gli piacciono le trappole, nemmeno ora che le conosce così da vicino. Sente la mano del padrone accarezzargli piano i capelli, scendere giù per la guancia, il viso, il collo, la spalla, il fianco, l’inguine, giù. E fa tutto con così tanta delicatezza e grazia che C-117 si sente quasi morire: un lieve gemito gli muore in gola, deglutisce, mentre Kira già lo volta supino e lo sovrasta, guardandolo fisso negli occhi.
Reize osserva la camicia aperta appena, sfiora con l’indice la pelle nivea, un gesto quasi automatico. Guarda le sue dita scure appoggiate a quella morbidezza calda e bianca, e rabbrividisce: non ha visto mai qualcosa di più innocuo e terribile assieme. E allo stesso tempo non capisce perché il Lord sembra tanto tranquillo e non vuole fargli del male: i suoi gesti sono lievi, calmi, caldi, le sue carezze mettono i brividi e sembrano quasi teneri baci tanto sono sensuali. Sospira piano quando si china a baciargli ogni singolo centimetro delle ferite del viso, semplicemente, quasi a chiedergli perdono.
- Farò piano stavolta. Ieri non mi sono divertito, non mi piace alzare le mani. – gli confessa poi ad un orecchio, il suo respiro è già grosso e irregolare, i suoi movimenti più veloci. C-117 non fa niente, non dice niente, ma sente il fiato mancargli sempre di più, sotto il suo corpo già nudo. E d’un tratto gli viene in mente la donna e l’uomo, lì nel giardino, il nero e il bianco, il rosso a separarli, e vede loro in un contesto diverso, in un luogo diverso.
Una fitta di dolore gli fa emettere un mezzo urlo, bloccato sul nascere dalle sue labbra morbide. È la prima volta che il padrone lo bacia, è la prima volta che qualcuno lo bacia, e la sensazione è quasi disgustosa in un primo momento. 
- Piano, piano… - dice ora il Lord, ma C-117 si rende conto che sta parlando a se stesso, non a lui. – Piano…

Si sveglia con lo sbattere di una porta. Gli ci vuole un po’ per riprendersi, per capire: fumi di un sogno scarlatto e acquamarina, caldo che brucia, freddo che graffia. Poi c’è Atsuya, in piedi davanti al letto del Lord. Lo sta guardando, sembra irato, ma C-117 non capisce perché. – Vestiti, idiota.
Reize si guarda attorno confuso, prendendo sempre più famigliarità con la realtà: è nudo sul letto del padrone, le lenzuola attorcigliate alle caviglie. Appena le guarda è quasi felice di non vedere così tanto rosso, ma sono sporche comunque. Nota distrattamente il libro che è lì lì per cadere dall’orlo, lo prende e lo appoggia sul comodino, dove il vassoio è praticamente vuoto. 
- Alzati forza, devi aiutarmi. – Atsuya gli toglie bruscamente le lenzuola di dosso e le mette nella cesta. Sembra a dir poco irritato, ma C-117 non fa domande. Si alza vacillando, prende la mantellina e se l’annoda al fianco: giù per le gambe scorre un liquido denso, le ferite bruciano da impazzire, la testa gli gira e perciò è costretto a sedersi di nuovo sul letto. Sente lo sguardo di Fubuki posarsi su di lui, Reize trattiene un conato di vomito. Poi la sua voce, roca, bassa. – Stai bene?
Lo schiavo scuote lentamente la testa a destra e sinistra, sente le lacrime salirgli agli occhi. Atsuya gli si avvicina piano, si siede accanto a lui e lo osserva, anche se C-117 non ha il coraggio di voltarsi a guardarlo a sua volta. E i suoi occhi lo turbano, più di mille schegge di vetro: vorrebbe sbarazzarsene ma non può.
- Sarà sempre così? Ogni mattina?
- Sempre. Fin quando non ti avrà consumato, mente e corpo. 
- Mente e corpo?
- Mente e corpo. – si limita a ripetere il domestico. Gli sfiora la fronte in un gesto calmo. – Qui. – dice prima di passare al petto. – E qui. A S-144 è successo così.
Reize alza di scatto la testa e fissa intensamente gli occhi grigi del domestico, mille domande che premono per venire fuori. L’uomo soffre per il suo passato, non riesce a staccarsene, eppure non osa sfuggirgli. – Chi è S-144? 
Lo sguardo di Atsuya lo sorprende: è vacuo, spento, come se una patina di ghiaccio si fosse posata sui suoi occhi. E ad un tratto C-117 capisce, ascolta le parole del domestico senza neanche fiatare: - Non me lo ricordo. È morto.
All’improvviso Reize ha un brivido: è davvero meglio dimenticare? Lasciarsi andare all’oblio? Non si soffre magari come ricordare, non ne ha forse la prova concreta? O magari è la stessa morte a far scordare, a far soffrire?
Atsuya si alza bruscamente, senza una parola: prende la cesta senza guardarlo ulteriormente. Reize si alza appena in tempo e il domestico prende le lenzuola sporche cacciandole dentro alla rinfusa, per poi uscire sbattendo la porta. Lo schiavo rimane fermo e immobile per diversi secondi, poi si accoccola piano sul letto sfatto, guarda il soffitto e chiude gli occhi. Le finestre sono spalancate, una brezza leggera spira all’interno alzando le tende nivee. I raggi del sole gli accarezzano il viso con le loro dita magre e immortali, sfiorano le sue lacrime bollenti. Reize ha quasi la sensazione che un’ombra ci sia davvero, lì, seduta sul davanzale, che allunga il braccio e distrae i suoi pensieri.
Poi una voce, una voce di ragazzo, sibilante quanto il vento, tagliente più della tempesta: - Ucciderò i tuoi sogni.
C-117 si alza di scatto, sbarra gli occhi sull’ombra che scivola via dalla finestra, quasi l’avesse evocata lui dalla profondità del suo dolore: l’unica traccia che ne rimane è la risatina cupa e orme d’inchiostro sul davanzale fino a prima immacolato.

La carrozza del Lord sa di cuoio, ferro, sigari e limone. C-117 non è abituato a tutto questo, preferirebbe uscire da quel posto. Il padrone è seduto di fronte a lui, guarda fuori, non sembra voler badarlo: studia con indifferenza la fila interminabile di edifici e villette della città; a un certo punto sbadiglia, sembra volersi addormentare. Poi quando si accorge del suo sguardo gli sorride al suo solito: - Porta pazienza Reize-chan: ancora qualche ora.
Lo schiavo abbassa lo sguardo, poi si mette a guardare fuori anche lui: stanno uscendo dal centro abitato, presto attraverseranno campagne e villaggi sconosciuti. È  quello che di solito accade quando lasci una città e vai ad abitare in un’altra, da un altro padrone, in un’altra villa.
Possibile che Kira voglia già sbarazzarsi di lui? Reize non sa davvero cosa pensare, ma già si è rassegnato all’idea. Certo, il padrone non gli ha detto niente, ma agli schiavi non si dice mai nulla. 
- Sei triste Reize-chan?
C-117 si volta verso il Lord, muto. Lui sorride come sempre, rilassato sul sedile di pelle scarlatta, il vestito da sera che secondo lo schiavo gli dona moltissimo, il cilindro nero e il fazzoletto bianco nel taschino. Sembra che si sia preparato apposta per un incontro galante. 
Scuote la testa rispondendo alla domanda, si stringe le ginocchia al petto. È  strano stare seduti su una carrozza del genere, non gli era mai capitato: sempre in una gabbia, o sul pavimento come i cani. 
- Nakamura mi ha invitato nella sua Residence per una battuta di caccia. Non trovi sia stato un pensiero gentile? 
C-117 annuisce, perché del resto non sa cosa dire: Nakamura, sarà questo il nome del suo futuro padrone? Non ha certtezze se non il silenzio assorto che cala tra di loro, fatto di sguardi.
- Hai davvero degli occhi meravigliosi. – sussurra poi il Lord osservandolo più intensamente, tanto che Reize cerca di distogliere l’attenzione da lui. Subito volta lo sguardo sulle campagne ormai deserte, mentre la sera si avvicina con il suo vestito bianco e nero, la luna a fare da spilla. E d’un tratto la vede, splendida con i suoi orecchini di perla: è nera, perché la notte non può essere bianca, ha la pelle e i capelli scuri come la cenere. Gli sorride, ma è un sorriso tetro, fatto di morte.
Si sveglia non ricordando nulla di lei, se non proprio quel sorriso, la morte che si avvicina e allunga le sue dita nodose per accarezzargli una guancia. Ma la campagna già non c’è più, sostituita da boschi cupi e macabri, occhi giallognoli che li spiano da dietro le creature frondose. C-117 si ritrae dal finestrino, e sobbalza quando va a sbattere contro il Lord, addormentato accanto a lui: eppure prima era lì di fronte, dev’essersi spostato.  C-117 lo guarda per lunghi attimi, prima di spostare di nuovo lo sguardo sul mondo esterno. Si sente quasi al sicuro nella carrozza, lontano dalle ombre nemiche della paura
Lasciano la foresta nel giro di pochi minuti, arrivando infine davanti a una bella villa borghese dallo stile raffinato eppur cupo e spoglio: il giardino è poco curato e piante rampicanti si aggrappano al muro con le loro mani nodose, mentre le finestre aperte fanno intravedere tende dall’aria malinconica.. 
La carrozza si ferma e C-117 si sente in dovere di svegliare il suo padrone, scuotendolo leggermente per una spalla. Lui appena si sveglia sbadiglia, lo guarda pigramente e sorride al suo solito. Scende dalla carrozza con il suo fare elegante, le scarpe di cuoio si posano aggraziate sulla strada polverosa. Il cocchiere si appresta a prendere i bagagli sul tetto della carrozza, e Reize scende cautamente, guardandosi bene dall’inciampare sulle catene.
- Allora, che ne pensi? – gli sorride Kira guardando un punto in lontananza. C-117 volta lo sguardo e quasi gli viene un capogiro: un’enorme, immensa distesa scura appare in tutta la sua bellezza davanti ai suoi occhi ammirati. Reize è sicuro di non aver visto una cosa del genere: il telo nero si piega e si distende a formare piccole increspature, e la luna si specchia a formare una lunga scia bianca, solitaria e sfumata. Tanta è la meraviglia che rimane indietro a fissarla, ma il padrone è già entrato dai cancelli principali seguito dal cocchiere, che porta un'unica grande valigia dalle rifiniture in oro. Appena se ne accorge C-117 si affretta a percorrere i metri che li separano, affiancandosi al Lord. Egli si accorge della sua presenza e gli sorride come sempre: - Spiacente Reize-chan, temo che dovrai seguirmi da dietro: sei uno schiavo.
Tanta è la sorpresa che si blocca di colpo, guardandolo con non poco imbarazzo. Il Lord prosegue senza badarlo, allunga il braccio e gli afferra le catene: lo tira, e lo schiavo fa una fatica terribile a tenere il passo senza incespicare nei suoi stessi piedi. Entrano nella residenza affiancati da due maggiordomi, l’uno alto e ben piazzato, l’altro più giovane e mingherlino. 
Ad accoglierli c’è un uomo non molto più giovane del Lord, la pelle abbronzata e i capelli raccolti. C-117 si sente in soggezione davanti a quello sguardo cremisi, il monocolo bordato d’oro che riflette la luce delle poche candele. Ma ciò che lo terrorizza è il relitto umano che sta ai suoi piedi, le catene che lo divorano come spire intrecciate, i capelli lunghi e crespi tanto da sembrare ricami di sottili ragnatele, la pelle ambrata segnata da lividi e ustioni. Se ne sta a capo chino, seduto sulle gambe scheletriche, le braccia smunte lungo il corpo: Reize ha un brivido quando vede il codice marchiato sul braccio, un nome che ha visto solo una volta ma che ora che è tanto vicino da fargli paura: C-118. 
I Lord si parlano come amici di vecchia data: l’uno commenta il bel tempo, l’altro la meravigliosa villa, poi l’argomento cade su di loro, i nuovi acquisti. La voce di Lord Nakamura è lasciva e strascicata, a volte si può notare la sua erre moscia. – Su Yuki… saluta Hiroto. 
Appena lo schiavo alza lo sguardo, Reize non può trattenere un verso di terrore nel vedere il suo volto sfregiato, l’occhio chiuso per sempre. Si trascina fino ai piedi del suo padrone e gli bacia entrambe le scarpe, l’occhio color delle fiamme che lo fissa sgranato. C-117 fa un passo indietro, ma Lord Kira lo strattona per le catene e lo fa cadere in avanti, sulle ginocchia già sbucciate; appena Reize alza lo sguardo su di lui gli fa un gesto col capo: dovrà fare lo stesso. E lo schiavo ubbidisce tremando, baciando le scarpe di quella persona ripugnante senza tuttavia riuscire a guardarlo in viso. 
- Lo tratti bene… - mormora piano il nobile senza trattenere una nota di disprezzo. Reize non ha il tempo di ritrarsi che una scarpata lo colpisce in pieno viso: lo schiavo arretra spaventato mugugnando di dolore, tenendosi la faccia già intrisa di sangue. Lord Kira non si muove, guarda assente il proprio collega che si è messo a ridere, una leggera smorfia a deturpargli il viso pallido.
- Ora avrei sonno, Nakamura. 
La voce del padrone è talmente stanca e fredda che pare abbia bisogno di dormire davvero.  C-117 ancora con le mani sul viso fissa sgomento il suo stesso sangue macchiare il parquet. 
Lord Nakamura si scusa più volte, bonario, poi lo conduce su per le scale di marmo bianco, senza degnare né lui né C-118 di un solo sguardo o ordine. Reize ci mette un po’ per riprendersi, soffoca i singhiozzi e le lacrime che minacciano di scendere. Non si è neppure accorto che Yuki intanto si è alzato faticosamente in piedi e gli porge la mano raggrinzita.
- Ti tratta bene. – mormora soltanto, e Reize alza gli occhi e scoppia a piangere come farebbe un bambino piccolo. Si crede uno stupido a sentirsi così.
Afferra la mano dello schiavo, callosa e rovinata quanto la propria, e si fa aiutare a rimettersi in piedi. Yuki non è forte, né particolarmente robusto, sembra piuttosto che il minimo refolo di vento possa trascinarlo via: perciò è Reize a sorreggere lui lungo le scale, il minimo cedimento lo farebbe cadere. 
- Prenderà te. – sussurra ad un tratto C-118, e Reize ha un brivido. – Prenderà te e mi ucciderà. Ti ha già adocchiato. Probabilmente ora starà provando a contrattare con il tuo padrone.
C-117 ascolta quelle parole mormorate con voce roca come se si parlasse di qualcun altro: è il destino degli schiavi del resto, il destino al quale vanno incontro tutti loro: lo scambio, l’oblio, la morte. Fa male pensarlo, ma del resto ricordare e sapere non vanno mai d’accordo.
- Non mi reggo in piedi. Prenderà te. – sussurra ancora Yuki, come una cantilena, e Reize sente il bisogno di posargli una mano sulla bocca per zittirlo, ma non lo fa. – Con lui non resisterai per molto nemmeno tu, forse qualche giorno. Prenderà te. Prenderà te.

   
 
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