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Autore: ilaperla    05/05/2015    3 recensioni
Il destino. Questa parola così comune, ma di difficile significato. Cosa celerà dietro una vita tormentata?
Alyssa, passato e presente difficili. Ha paura di combattere, di uscirne perdente. Perchè sa, che qualsiasi cosa farà soccomberà in ogni caso.
Il destino ha completato il suo corso con lei? O uno scontro può dare inizio a qualcosa di diverso?
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Dovresti rispondere” mi esorta il mio vicino di sedia in questo bar semideserto.
La sua voce mi ridesta e mi metto dritta col busto guardandomi attorno. Nel locale ci sono poche persone sedute ai tavoli che bevono birre da quattro soldi, per lo più anziani solitari mentre guardano sul televisore, l’unico a parlare, che proietta una vecchia partita di football.
Solo allora mi rendo conto di aver il telefono appoggiato sul tavolo di legno che ogni tre minuti, a cadenza regolare, prende a illuminarsi senza emettere nessun suono.
Allungo una mano e afferro il cellulare, che proprio in quel momento s’illumina per l’ennesima volta. Pigio il tasto di spegnimento e in quel momento lo schermo si scurisce mentre il nome del mittente lampeggia come se volesse imporre il suo volere.
“Non è proprio quello che volevo dire…” richiama l’attenzione su di se quel ragazzo.
Non so perché ho chiamato proprio lui, ma alle volte vorremmo solo qualcuno estraneo ai fatti. Che non ci giudichi senza protendere per forza verso una parte. Così, ho composto l’unico numero che mi è venuto in mente come un fulmine a ciel sereno. Cedric.
Mi sorride, seduto accanto alla mia sedia, mentre fuori dal bar si sta facendo sera inoltrata.
“E’ l’unica cosa che mi riesce in questo momento, onestamente” allontano da me il cellulare e guardo fuori dalla vetrata del bar mentre i primi lampioni sulla strada s’illuminano.
“Non pensi a quelle persone che ti stanno cercando?” Domanda lui, mentre beve il suo ultimo sorso di cappuccino.
Scrollo le spalle e allungo le gambe sotto il tavolino.
“Le uniche persone che dovevo avvisare le ho già contattate. Papà ed Eloise non staranno in pensiero”.
Lui fa un cenno del capo e gira il cucchiaino in quella tazza che dovrebbe riuscire a catturare le ultime briciole di zucchero, evitando il mio sguardo.
Non so cosa passi nella sua mente al momento, so solo che quando l’ho contattato ero un fiume in piena. Non riuscivo a parlare ma solo a singhiozzare, lui è stato così gentile da venirmi a prendere con l’auto e a portarmi nel posto più lontano dai luoghi che più frequento.
Non so nemmeno cosa gli abbia detto nella foga di cercare un appiglio mentre scivolavo sugli specchi, gli ho detto tutto. Solo questo so.
Gli ho detto della malattia, di mia madre, del discorso tra Liam e Sophia e lui mi ha ascoltato solamente, senza giudicare ne me ne gli altri che mi sono attorno. E non so se questo mi lusinga o m’innervosisca.
“Probabilmente ti chiederei dove tu voglia andare, ma francamente non so se sia una domanda fattibile” dice Cedric appoggiandosi con le spalle alla spalliera della sedia.
Lo guardo e so dove voglio andare. Un posto che per me sarà sempre aperto.
“Invece si, so dove andare” annuncio alzandomi e lasciando degli spiccioli sul tavolo.
 
La scuola di musica è sempre stata per me un porto dove attraccare. Si può considerare come l’inizio di tutto il mio percorso musicale.
Tutto nacque da un regalo dei miei genitori all’età di quattro anni. Un piccolo pianoforte di plastica colorato, associato ad ogni colore un tasto con una nota. Mio padre mi ha sempre detto quanto mi piacesse sedermi per terra e suonare quel piccolo pianoforte fatto di plastica. Aveva provato più di una volta a farmi innamorare di un altro giocattolo ma la mia attenzione era sempre rivolta verso questo. Crescendo, iniziai ad appassionarmi a chi componeva musica classica e il mio primo concerto, lo ricordo con molto affetto, a teatro con uno splendido musicista che suonava la Sonata in do minore di Robert Volkmann, mi fece rimanere impalata nell’ascolto per due ore di fila senza stancarmi minimamente. Era tutto allegro, scoppiettante ma anche quel retrogusto pungente e tormentato. Così iniziai a chiedere se potessi coltivare quella passione e mio padre decise, probabilmente nemmeno ricordo se mia madre fu d’accordo, a iscrivermi ad una scuola per imparare.
E ora eccomi qui. In questa scuola per me ha significato tanto, mi ha dato adrenalina, voglia di fare e non c’è posto, dove vorrei essere in alternativa.
“Ti piace questo posto?” Domando a Cedric.
Sono seduta sullo sgabello del pianoforte a coda in aula magna. Poche volte ho suonato qui dentro, la maggior parte delle volte durante le prove per accompagnare qualche violinista ma mai con un pubblico che mi guardasse. Ora quelle poltroncine di velluto blu scure non sembrano così minacciose.
“Si” risponde lui, seduto sulla prima poltroncina all’inizio della prima fila “e a te?”.
Assecondo con la testa, sollevando il coperchio e mettendo in mostra i tasti scintillanti del pianoforte, ci passo sognante un dito su questi sentendo una stretta al cuore.
Non avrò più la sensazione straordinaria di percepire questa sensazione. Mi mancherà la calma e la passione che questo oggetto, di certo non inanimato, mi riesce a trasmettere e per la prima volta spero che ovunque io andrò ci sia una cosa molto simile a questo, perché non saprei come fare senza. È il mio inizio e la mia fine.
A lui tante volte mi sono aggrappata, sfinita e affondata e ora è paradossale come mi aggrappi alla fine dei miei giorni volendolo portare via con me.
Abbasso la testa e una piccola lacrima sfugge dagli occhi sentendo una forza disumata stringermi il petto.
“Suonami qualcosa” sussurra Cedric impercettibilmente ma che qui dentro tutto risuona amplificato o probabilmente è solo il mio cuore che ha ascoltato il richiamo delle parole.
Sospiro e con mani tremanti inizio a suonare una melodia che mi rimbomba in testa, lasciando che le mani scorrano sulla tastiera senza pensarci.
È la prima melodia che io abbia suonato seriamente, non appena iniziai a saper danzare su questi tasti bianchi e neri, così essenziali ma pur così delicati.
È come se stessi scrivendo una favola e immagino, per la prima volta, seduti su quelle poltroncine tante persone, per la prima volta riesco a proiettarmi in questa sensazione senza provare angoscia e ansia.
Chiudo gli occhi e lascio che tutta questa sensazione mi trasporti via con sé. Nel mio mondo.
Un mio mondo dove non esiste vincere o perdere, dove l’inferno è stato abbattuto dalla volontà di combattere, nel mio mondo dove i desideri nell’agenda rossa nemmeno esistono perché sono così nobili da essere nel conto della vita senza chiederne il permesso, dove l’amore è una cosa semplice e infinita, dove l’amore di una madre sorvoli le distanze, il peccato e la paura, dove l’affetto verso gli amici è così grande da non riuscire a racchiuderlo con le braccia.
Ci metto potenza, ci metto grinta e solo quando suono l’ultima nota, mi rendo conto di star sudando e che ho gli occhi appannati, il fiato mi manca e respiro affannosamente. Solo in quel momento vedo Cedric che mi sta venendo in contro a piccoli passi parlandomi ma io non riesco ad ascoltare. Solo in quel momento mi rendo conto di star davvero lasciando tutto questo e sfinita, mi lascio andare alla sensazione di vuoto e leggerezza. Stanca, stanca di me stessa.   
 
Pov Liam
 
“Non credo sia il caso di fare questo passaggio” afferma Niall sedendosi sul tavolino con la chitarra tra le mani “non ha senso scendere di tono così drasticamente” continua mordendo una matita.
“Potremmo scalare in modo più armonioso così” segue Louis facendo un passaggio rapido e perfetto con la sua chitarra.
“Si, suona meglio. Che ne pensate?” Domanda Harry.
Sento gli altri approvare ma io non dico niente, non interessandomi assolutamente a questo dibattito. Ho una sensazione di gelo che mi percorre le braccia e la rabbia mi fomenta dentro l’anima facendomi credere che tra poco ne uscirà stanando tutti sul mio cammino.
“Base chiama Payne, ci senti?” Domanda qualcuno.
Mi riscuoto e mi volto a guardare i quattro al tavolo mentre cercano di mettere insieme delle note.
“Cosa?” Sento che chiede la mia voce vuota, senza espressione.
“Sei dei nostri o dobbiamo lavorare da soli?” Chiede Zayn allargando le braccia.
Giro la testa rendendomi conto di star seduto nello stesso posto da ore e senza essermi reso conto di nulla quello che mi circondava.
Dall’incontro con Sophia sembra che mi sia ribaltato in un’altra dimensione parallela, fatta solamente di pensieri e parole sussurrate.
Non so che cosa mi prenda ma so solo che quello che mi ha detto Sophia mi ha colpito come un gancio destro dritto allo stomaco, facendomi restare senza fiato e senza pensieri lucidi nella testa.
“Scusate, ho la testa che mi scoppia” mi giustifico portando una mano alla fronte e chiudendo gli occhi. Quello che vorrei fare è restare un po’ per conto mio e capire cosa mi passi in mente. Al momento c’è solo tanta confusione e la sensazione di vuoto che mi pervade è qualcosa di terrificante e doloroso.
“Non ti senti bene?” Domanda Zayn.
“Probabilmente sarà un momento. Tra poco mi passa”.
“Anche Alyssa non stava benissimo prima, vero?” Chiede Niall pensieroso.
Al nome della mia ragazza, scatto la testa verso di lui con aria dubbiosa.
“Alyssa è venuta qui?”.
I ragazzi mi guardano in modo strano, per poi scambiarsi delle occhiate. Il primo che prende la parola è Niall.
“Liam, Alyssa era qui fino a due ore fa, ha detto che veniva a salutarti”.
Il terrore mi passa sul volto e credo che se ne accorgano anche loro, Niall come un riflesso incondizionato si alza in piedi e si blocca a guardarmi.
“Non l’hai vista?” Mi domanda per avere delle certezze.
Rimango con lo sguardo perso nel vuoto e mi guardo attorno in cerca di una fonte che mi dica che fine abbia fatto.
“No…” rispondo con un filo di voce.
“E’… strano” dichiara Harry massaggiandosi il mento “Eloise aveva detto che era con te”.
La mia testa sta lavorando imperterrita e ad un certo punto si blocca.
Se Alyssa non era con me e nemmeno con Eloise, con chi è in questo momento? E se le capitasse qualcosa? E se avesse visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere?
Scatto in piedi e afferro il mio giubbotto di pelle fiondandomi alla porta ma un tarlo mi blocca voltandomi indietro.
“Alyssa è venuta da me in sala registrazione?” Chiedo sperando che se ne sia andata prima. Sperando che il suo cuore non abbia visto, sperando di poterla salvare.
“Si, ci aveva detto che sarebbe venuta a salutarti”.
Merda.
Senza rispondere mi fiondo alla macchina mettendo in moto senza sapere minimamente dove cercarla.
 
Scaravento il telefonino sul sedile del passeggero e sbatto esasperato le mani sul volante appoggiandoci la testa.
Maledizione.
Sono un fottuto coglione, senza cervello e senza giudizio.
Sicuramente Alyssa ha visto quella scena patetica tra me e Sophia. Avrà visto la mia disperazione e avrà ascoltato le parole di quella ragazza che credevo fosse la mia metà, credendo fosse quella persona cui avrei potuto affidare il mio cuore.
Invece inaspettatamente il mio cuore l’ha preso una piccola e delicata ragazzina che nascondeva in se una vita ingiusta e sbagliata. E io la sto perdendo, lo so.
Quelle maledette lancette corrono troppo velocemente per noi. Per noi che non abbiamo ancora vissuto una vita che si rispetti. Per noi che non abbiamo avuto ancora tempo per amarci. Per noi che non stiamo avendo tempo per vivere.
Quante volta ho sperato che fosse un incubo e credo che per la prima volta io abbia davvero capito cosa prova lei, tante volte ha cercato di allontanarmi per non farmi soffrire.
E io come la ripago? Con quello stramaledetto spettacolino di oggi in sala registrazione.
Ho provato a chiamarla almeno un centinaio di volte. Prima risultava acceso e poi ad un tratto, irraggiungibile.
E se le fosse accaduto qualcosa. Quella sensazione di gelo e terrore torna a scorrermi nelle vene facendomi rabbrividire.
Alzo la testa e guardo la sua casa tutta spenta e senza vita.
E per la prima volta mi domando come io possa stare quando lei non ci sarà più. Come sarà la mia vita? Probabilmente proprio come ora è quella casa con le finestre scure e quella porta sigillata.
Chiudo gli occhi e scuoto la testa in preda al panico.
Un uomo perso.
La suoneria del cellulare mi fa sobbalzare e per un momento ringrazio il cielo perché mi abbia fatto chiamare da Alyssa ma il numero sullo schermo è un numero che non conosco e titubante apro la chiamata.
“Pronto?”
“Sei Liam?” Domanda una voce scura e torva.
“Con chi parlo?” Chiedo aggrottando la fronte.
“Liam sono Cedric. Alyssa è in ospedale”.
E se il cuore rotto potesse fare un rumore, sono sicuro di averlo sentito in questo preciso istante.
Paurosamente bene.
 


Kumusta bella gente!
Perdonate il ritardo, ma gli ultimi capitoli sono davvero difficili da scrivere.
Questo capitolo è davvero corto e non è da me. E' stato diffcilissimo scriverlo perchè è il capitolo che anticipa la fine. Mancano due capitoli alla fine di tutto, vi preparo psicologicamente.
Penso però che arriveranno un po' in ritardo perchè voglio scriverli di seguito, così non vi farò penare più del dovuto. Non appena il prossimo è online passerà poco e pubblico l'ultimo.
Vi anticipo già che alla fine ci sarà una OS per concludere in bellezza. Perciò abbiate solo pazienza che di emozioni ce ne saranno.
P.s. ho pianto mentre scrivevo la scena del pianoforte. Immaginate come starò a fine di tutto.
Lasciatemi un piccolo parere che ne ho bisogno per affrontare gli ultimi capitoli. Voglio sentirvi!
Vi abbraccio.

Sempre vostra
-IlaPerla-

 
  
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