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Autore: MrRaider    05/05/2015    2 recensioni
[Post Sangue dell'Olimpo.]
ATTENZIONE: La Fanfiction si colloca dopo il Sangue dell'Olimpo, pertanto contiene spoiler. Se non avete ancora finito l'ultimo capitolo della saga "Eroi dell'Olimpo" non leggete.
E' passato un anno dalla guerra contro Gea, e il Campo Mezzosangue e il Campo Giove hanno trovato la pace. Percy e Annabeth si sono diplomati, Jason sta ancora facendo avanti e indietro fra i due Campi per la costruzione dei templi e Leo è con Calipso, ma nessuno dei suoi amici sa che è ancora vivo.
Tutti stanno vivendo le loro vite tranquillamente, fino a quando non arrivano al Campo Mezzosangue due semidei che non sono stati riconosciuti. David Miller e Ellie Walker non sapevano di essere semidei ma il loro arrivo al Campo darà inizio a una Profezia talmente pericolosa che gli dei stessi temevano già da molto tempo.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I sette della Profezia, Jason/Piper, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Due nuovi semidei
 
PERCY

Erano passati tre giorni dal capogiro che gli era venuto durante il falò al Campo. Da allora non gli era più successo nulla di strano, a parte quando dormiva. Sognava soltanto il buio assieme a una figura lontana e sfuocata, e sentiva delle voci. Sentiva la voce di suo padre Poseidone, che gli diceva di stare attento a ciò che lo circondava, che doveva essere pronto. Sentiva Annabeth che lo chiamava, come se fosse spaventata.  E quando si svegliava era sempre sudato. Solo Annabeth sapeva cosa stava passando. Quando lo aveva visto svegliarsi al suo fianco di soprassalto nella capanna di Poseidone, cercava il più possibile di supportarlo, gli chiedeva cosa sognava, se stava bene, e rimaneva al suo fianco. Era preoccupata e a Percy dispiaceva. Era un anno che i due restavano tranquilli, senza la preoccupazione di morire il giorno dopo per colpa di una profezia. E ora Percy aveva un po’ il timore che stava per accadere qualcosa. Qualcosa di grosso.
Negli ultimi giorni però cercava di non rimuginarci su. Si distraeva il più che poteva con gli allenamenti, con le partite a Caccia alla Bandiera, oppure con la compagnia di Annabeth.  Pensava che forse era la sua immaginazione, magari era un po’ teso,  ma in realtà si sbagliava completamente.

Fatto sta che dopo tre giorni decise di uscire un po’ dal Campo e di tornare a New York dalla madre, magari per qualche giorno. Voleva staccare un po’ dal mondo semidivino, e magari la compagnia della madre lo avrebbe aiutato a dimenticarsi di quei sogni.
E verso il pomeriggio eccolo là, di fronte all’appartamento dove viveva la madre. Aveva con sé uno zaino sulle spalle, dove aveva messo un po’ di vestiti, e alcune scorte di nettare e ambrosia per sicurezza. Vestiva con una giacca nera che gli ricopriva la maglietta azzurra, poi con dei pantaloncini corti beige e delle scarpe da ginnastica. Appena fu di fronte alla porta dell’appartamento fece un bel respiro, e poi bussò. Aspettò un po’, prima che la porta si aprisse e che lui vedesse sua madre Sally

-Oh, Percy!- esclamò lei stupita.

E in un attimo si abbracciarono.

Cavolo, quanto mi è mancata pensò Percy avvolto nelle braccia di sua madre.

-Ciao mamma.- disse lui.

Appena si staccarono, Sally fece entrare suo figlio in casa che si sedette nel salotto. Appoggiando lo zaino vicino alla sedia Percy sentì uno gradevole profumino: i biscotti di sua madre. I suoi preferiti. Infatti Sally uscì dalla cucina, con un vassoio pieno di biscotti blu al cioccolato.

-Allora Percy. Non credevo che saresti davvero venuto. Dimmi, sei per caso scappato?- chiese lei avvicinandogli il vassoio.

Sentendola il ragazzo si limitò a sorriderle e a prendere uno dei biscotti
-No, ho soltanto chiesto a Chirone un piccolo permesso per me e Annabeth, per almeno qualche giorno qui a New York. Volevamo staccare un po’ dal Campo, così ho proposto ad Annabeth di venire qui.-

-E lei dov’è?-

-Mi ha detto che doveva fare alcune faccende al Campo, arriverà sul tardi. Paul non c’è?-

-E’ al lavoro. Ma anche lui tornerà più tardi.-

I due si limitarono a parlare del più e del meno. Sally se la stava passando molto bene, con la compagnia di suo marito Paul, patrigno di Percy. Il ragazzo le raccontò della festa del Campo, di come stava andando con Annabeth e che presto i due avrebbero iniziato il college, una volta finite le vacanze. Ovviamente Percy non disse nulla sul capogiro e dei sogni che stava facendo. Non voleva far preoccupare anche sua madre, e inoltre era venuto lì proprio per non pensarci e passare del tempo con lei.

Dopo un’ora che i due avevano trascorso a parlare tra di loro, Sally andò un attimo in bagno e Percy invece nella terrazza dell’appartamento. Lì ammirò lo splendore della città di New York: le luci dei negozi, i diversi passanti che attraversavano la strada e le diverse macchine che sfrecciavano nei quartieri. Era tutto calmo e perfetto, se non fosse per i nuvoloni e i tuoni che sovrastavano il cielo. Percy alzò lo sguardo, notando le gigantesche nuvole nere.

-Pare che Zeus sia molto arrabbiato oggi…-

Focalizzò l’attenzione su un aereo che stava per atterrare nell’aeroporto, fino a quando questo non fu colpito da un fulmine. Percy sbiancò. Un fulmine aveva appena colpito uno dei motori, che cominciò a prendere fuoco, e infine l’aereo cadde in acqua.
Percy era scioccato. No, era spaventato. E lo fu ancora di più quando in quel preciso momento gli venne un maledetto capogiro.
Gli girò la testa di nuovo, cominciò a perdere l’equilibrio e si appoggiò alla ringhiera della terrazza, cercando di riprendere fiato.

-Percy…-

Quella voce. La conosceva bene. Era di Poseidone.

-Padre…- sussurrò, guardandosi intorno, dopo essersi ripreso dal giramento di testa.

-Figliolo, devi andare nel luogo dell’impatto dell’aereo. Và, subito!-

Riguardò il luogo dello schianto. L’aereo era in acqua, vicino al ponte della città. Non era molto distante, ci volevano circa cinque minuti per arrivarci.

-Oh no…-

Sua madre era appena arrivata, e si era avvicinata a suo figlio. Anche lei guardava impaurita verso il ponte, verso l’aereo che era appena caduto. Guardò prima l’aereo, poi Percy.

-Mamma… Papà mi ha appena parlato. Devo andare a vedere cosa è successo.- disse il ragazzo dispiaciuto, guardando Sally.

-Ti prego, stai attento.-

Lui l’abbracciò, le diede un bacio nella guancia e corse subito verso il ponte di New York.
 

DAVID

David non capiva cosa stava succedendo. Era successo qualcosa. Aveva sentito una specie di rumore, il rumore di un tuono, poi tutto l’aereo aveva cominciato a tremare. Si sentì scendere verso il basso, e capì che l’aereo stava perdendo il controllo. Tutti i passeggeri cominciarono ad urlare in preda al panico. Ellie, seduta vicino a lui, che si era addormentata, si svegliò di colpo.

-Cos’è successo?- chiese a David, guardando il caos che aveva intorno.

-Credo… che l’aereo sia stato colpito.-

Apparvero dal soffitto e di fronte ad ogni passeggero le maschere di ossigeno. L’hostess annunciò che l’aereo era stato colpito da un fulmine e che il pilota stava cercando di farlo atterrare in acqua. Le urla dei passeggeri scatenarono il putiferio durante la caduta. David ed Ellie indossarono le maschere e si strinsero il più possibile, pronti all’impatto.

Dopo qualche minuto riuscì ad uscire da ciò che rimaneva dell’aereo. Si trovava in acqua, vide da un lato i resti dell’aereo, dall’altro la costa e la città di New York. Per fortuna non era lontanissima. Così cominciò a nuotare il più veloce che poteva disperato verso la riva, tenendo con se Ellie che era svenuta. L’unica cosa che lo preoccupava era la salute della ragazza. Aveva perso i sensi e aveva un taglio orizzontale sulla fronte, dal quale usciva un po’ di sangue. Appena arrivò alla riva, distese Ellie sulla sabbia.
Guardò bene dove si trovava: un parchetto era poco distante dalla riva, diverse persone sopravvissute dall’impatto uscivano dall’acqua, alcuni erano molto feriti.
Vide come era ridotto: David aveva parte della maglietta rossa strappata, così come i jeans, ma una cosa che aveva notato era che non era ferito. Per niente. Non sentiva dolore, nessun livido, nessun taglio. Ellie invece non era in condizioni migliori: oltre al taglio sulla fronte e i capelli completamente spettinati, aveva perso la maglietta rosa, era ricoperta soltanto dalla canottiera bianca, e i pantaloncini azzurri erano quasi tutti strappati.  Aveva anche un profondo taglio sul braccio. Inutile dire che quella vista lo spaventò molto.

-Ellie…- disse lui, cercando di scuoterle piano la testa.

Alla fine lei si svegliò, guardando David, ancora un po’ intontita dall’impatto.

-Cos’è successo?- chiese lei.

-L’aereo è precipitato in mare...- rispose lui, indicando i resti dell’aereo ancora in acqua.
-…Sono riuscito a portarti a riva. Siamo a New York. Dove ti fa male?-

-Solo un po’ il braccio ma… ATTENTO!-

Improvvisamente indicò il cielo spaventata, notando qualcosa. David si girò e vide infatti che qualcosa stava cadendo proprio su di loro. Prese Ellie, e rotolò per terra, schivando il colpo. Si rimisero in piedi e finalmente videro la… cosa che li aveva attaccati. David era impietrito. Credeva di sognare, ma di fronte a lui c’era una specie di uccello:  le ali erano ricoperte di piume, le zampe mostravano degli artigli affilati e la testa era quella di una donna.

-Ellie. Vedi anche tu quello che vedo io?- chiese lui impaurito.

-Sì purtroppo.-

Il mostro ringhiò verso i due ragazzi, mostrando i denti affilati e sporchi. All’improvviso attaccò il ragazzo, ma questi l’intercettò, dandogli un calcio in pancia e sbattendolo indietro, ma questi si rialzò subito e riattaccò di nuovo. L’animale spinse David con una incredibile forza nell’acqua. Lui rimase un po’ stordito, poi si rimise in piedi dopo essersi ripreso. Vide il mostro che attaccava la sua ragazza, facendola cadere a terra e graffiandola con i suoi artigli. Guardò inerme la sua ragazza a terra, mentre l’animale si avvicinava lentamente verso di lei. E ciò scatenò la sua ira.

-Non toccarla!- urlò lui.

Ma quella cosa non gli degnava attenzioni, ma si avvicinava ancora di più verso la giovane.
Strinse i pugni e i denti. Improvvisamente, tutto il suo corpo cominciò a provare un certo brivido, una sensazione che non aveva mai provato. Si sentiva forte, come non lo era mai stato prima, e allo stesso tempo era furioso. Arrabbiato.

-Ho detto di NON TOCCARLA!-

Scattò in avanti e diede con tutta la sua forza un pugno nel ventre del mostro. Non se ne era accorto ma quel pugno aveva perforato il ventre dell’animale, che stava urlando di dolore. E mentre la sua mano si ricopriva di sangue David assestò un calcio verticale in piena faccia del suo nemico. Dopodiche, cominciò a dargli pugni a non finire, e in quel momento ringraziò se stesso per le lezioni di arti marziali che aveva seguito negli ultimi due anni. Diede un forte calcio e il mostro cadde a terra. Mentre quello cercava di rialzarsi, guardò intorno in cerca di qualcosa di utile, fino a quando non pose l’attenzione verso un sasso sulla sabbia grande quanto il suo pugno. Istantaneamente lo prese e si avvicinò al mostro. Appena fu sopra di lui caricò la mano che teneva il sasso e lo percosse sulla sua faccia per ben tre volte.
Aveva completamente squartato la faccia del mostro, che improvvisamente svanì davanti ai suoi occhi: tutto il suo corpo si tramutò in sabbia, vera e propria sabbia che volò via, come se fosse spinta da una folata di vento.
David aveva il fiatone: tutta quella forza lo aveva sfinito. Aveva usato i pugni soltanto per difendersi prima d’ora, e non era mai arrivato a tanto. Inoltre non se lo sapeva spiegare ma era come se qualcosa lo avesse potenziato in un nanosecondo, facendolo partire alla carica per salvare Ellie.

Ellie…

Camminò verso di lei, lasciando a terra il sasso. Ellie era seduta sulla sabbia, e guardava il suo ragazzo con una faccia piena di stupore: non aveva mai visto David così arrabbiato. E lui lo sapeva. Era sempre stato dolce e calmo, e mai una volta era arrivato coi pugni contro qualcuno in presenza della ragazza.

-Ellie…- sussurrò piano lui, inginocchiandosi. Aveva ancora il fiatone.

-Hai… hai ucciso quell’affare.- osservò lei calma.

Si sentì in colpa. In colpa per esser arrivato a tanto, a uccidere. Ma cosa poteva fare? Restare fermo a guardare? No, doveva agire subito. Lo aveva fatto solo per difenderla.

-Non volevo che mi vedessi così. Io…-

Lei gemette un po’ dal dolore ma tirò a se il ragazzo per il colletto della maglietta e lo baciò.

-Sta zitto.- gli ordinò lei sorridendo
-Mi hai salvata. Come posso essere arrabbiata?-

Fu sollevato. Sollevato che la ragazza non pensasse male di lui, che l’amasse ancora.

-E’ meglio se ce ne andiamo. Hai bisogno di cure.-

Si alzò e prese delicatamente la ragazza, aiutandola a mettersi in piedi. La prese per un fianco e cominciò a camminare ma…

-O mio Dio. David, guarda il cielo.-

Alzò lo sguardo e vide quattro bestie simili a quella che aveva ucciso prima, che volavano nel cielo ricoperto dalle nuvole. In un attimo quelli scesero in picchiata e atterrarono di fronte a loro. Erano spacciati.
Mentre cercava di pensare a come scampare da quella situazione, David sentì qualcosa. Era il rumore dell’acqua, così si girò verso il mare e quello che vedette fu impressionante: una gigantesca onda si stava dirigendo verso di loro, pronta a colpirli. Lui si accasciò a terra proteggendo Ellie con il suo corpo mentre l’onda colpì la costa. Si rialzò e vide che i mostri erano di nuovo a mezz’aria ma sempre molto vicini. Lui e Ellie invece erano ancora intatti.

-State bene?!-

Udirono una voce dietro di loro, così si girarono e di fronte a loro videro un ragazzo moro coi capelli un po’ spettinati, sui diciotto anni, vestito con una maglietta azzurra e dei pantaloncini beige.

-Amico…- disse David rivolto allo sconosciuto
-Dimmi che li vedi anche tu.- e indicò le bestie in cielo.

-Intendi le arpie?- chiese lui osservandole.

-Sì, quelle… cose!-

Lui sbiancò sentendo le sue parole, e tornò a guardare i due ragazzi. David si sentì sollevato, ma al tempo stesso turbato. Quelle cose erano reali e presto avrebbero attaccato di nuovo.

-Questo è un incubo.- borbottò Ellie, che era ancora dietro David. Lui, sentendola, le strinse la mano per confortarla.

-Sentite, conosco un posto sicuro per quelli come voi.- disse poi lo sconosciuto avvicinandosi a loro.

-Eh?- esclamarono i due, senza capire cosa intendesse.

-Vi spiegherò tutto appena saremo al sicuro. Ma prima, fatemi sistemare queste.-

Il ragazzo misterioso si avvicinò nel bagnasciuga, dove si bagnò i piedi. Alzò un braccio verso il mare, e una gigantesca mano d’acqua avanzò verso i mostri, schiaffeggiandoli e facendoli cadere al suolo. Poi scattò verso di loro e con una spada (che i due non avevano capito da dove l’avesse presa) li attaccò. Colpì con un fendente un’arpia, poi evocò un’altra onda che fece volare una seconda arpia verso  di lui e che la conficcò con la spada appena  gli fu di fronte. Un’altra onda colpì la terza facendola sbattere violentemente a terra, e per l’ultima il ragazzo le lanciò la spada che si conficcò nella sua testa. Tutte le arpie scomparirono, diventando sabbia e volatilizzandosi, come era successo con l’arpia uccisa da David. I due erano rimasti a bocca aperta, osservando quel ragazzo che aveva fatto fuori con facilità quei mostri. Riprese la spada che aveva lanciato e gli mise una specie di cappuccio, e questa si tramutò in una penna a sfera. Poi si avvicinò di nuovo ai due

-Credo che potrebbero arrivarne altri. E’ meglio se ci spostiamo, e non dobbiamo attirare molta attenzione. Seguitemi, vi porterò al sicuro.-

-Aspetta!- intervenne David
-Non ci hai detto come ti chiami.-

Lui gli sorrise e gli porse la mano

-Mi chiamo Percy Jackson. Voi invece?-

-Io sono David Miller, e lei è Ellie Walker.-

Anche Ellie strinse la mano al ragazzo di nome Percy. Si sentiva un po’ più sollevata di prima. E David lo capì dalla sua faccia. Era più calma e rilassata. Ma appena i due staccarono le mani lei gemette di nuovo dal dolore

-Ti fa molto male?- chiese David preoccupato.

Lei gli annuì, portandosi la mano nel braccio per coprire la ferita

-Senti, Percy.-  si rivolse lei al ragazzo
-…ti ringraziamo per averci aiutati, ma ora dovremmo andare all’ospedale.-

Lui invece non era dispiaciuto, ma continuava a lasciare il suo sorriso

-Fidatevi di me. Sono in grado di curare quella ferita.-

David e Ellie si guardarono un po’. Non sapevano cosa fare. Avevano fatto un atterraggio di fortuna a New York, erano stati attaccati da delle arpie e infine un ragazzo di nome Percy Jackson li aveva salvati, armato di spada e apparentemente in grado di controllare l’acqua. David annuì a Ellie, dicendole che potevano fidarsi di quel ragazzo. Lei ci pensò su, ma alla fine accettò.

David guardò Percy
-Va bene. Dove andiamo?-

Lui sorrise di nuovo
-In un appartamento qui vicino. Una volta lì curerò Ellie e vi spiegherò.-

I tre così si allontanarono dalla costa per addentrarsi nella città. Durante il cammino David strappò parte della sua maglietta ormai a brandelli e la appoggiò sul braccio della ragazza, cercando di coprire bene la ferita. Lei non fece a meno di sorridergli.
Percy continuava a guardarsi intorno durante il tragitto, osservava i vicoli e le strade con attenzione, come se si aspettasse che qualcosa li avrebbe attaccati da un momento all’altro.
Dopo circa cinque minuti i tre si fermarono di fronte ad un palazzo. Percy entrò, dicendo ai due di seguirlo. Salirono le scale per qualche piano, fino a quando Percy non bussò di fronte a una porta, da dove ne uscì una donna più grande di lui.

-Percy, stai bene?!- esclamò lei

-Sì mamma. Ascolta, non posso più restare qui, mi dispiace. Ho trovato due semidei e devo portarli al sicuro al Campo.- spiegò lui, mostrando alla madre i due ragazzi dietro di lui.

Lei li guardò con attenzione, poi si rivolse di nuovo al figlio

-Ho capito tesoro. Entrate, non siate timidi.-

I due entrarono in casa, tenendosi mano nella mano. Percy li fece sedere in un divano del salotto, poi uscì un attimo, dicendo che stava tornando. David rimase perplesso… aveva sentito che Percy li aveva chiamati semidei. Aveva detto semidei, ne era sicuro. Ma perché? Cosa avevano lui e Ellie di speciale? Voleva domandarlo ad Ellie ma prima di fare qualunque cosa Percy tornò con in mano un bicchiere pieno di liquido e un sacchettino. 

Porse il bicchiere a Ellie
-Bevine un po’, ma non finirlo. Ti aiuterà.-

Lei non protestò e ne bevve un piccolo sorso. David guardò la ragazza bere quel liquido, notando che lo stava apprezzando molto.

-Mi sento meglio.- osservò lei.

David la osservò: le sue ferite avevano smesso di far uscire sangue, e sembrava che si stessero rimarginando.

-Che cosa le hai dato?- chiese lui incuriosito a Percy.

-Nettare. E’ il cibo dei semidei. Prendi anche due di questi. E’ ambrosia.-

Lei prese il sacchettino di Percy e ingoiò due quadratini simili a barrette energetiche. Era impressionata.
-Wow… Mi sento meglio. Molto meglio. Grazie Percy.-

-E’ il minimo che potessi fare. Ora David, bevine un po’ anche tu.-

Appena Percy gli porse il bicchiere, David lo guardò un po’. Non era molto convinto, ma se aveva curato Ellie…
Decise di bere quello che rimaneva. Sembrava che avesse appena bevuto una aletta di pollo, il suo cibo preferito. E si sentiva veramente bene. Come se fosse rinato.

-Nettare e ambrosia… Percy puoi spiegarci ora?-

Lui fece un piccolo sospiro e cominciò
-Ok… ragazzi, io sono un semidio. Sono figlio di una divinità dell’antica Grecia, per metà dio e per metà umano.-

-E’ uno scherzo?!- chiese David

-No amico. Gli dei dell’Olimpo sono ancora vivi. Così come noi semidei e i mostri delle mitologie.-

-N…Noi?- balbettò Ellie.

-Esatto. Anche voi siete semidei. Avete preso il nettare e l’ambrosia, che vi ha curato e restituito le forze. Il nettare e l’ambrosia sono cibo divino, solo semidei e dei possono prenderli, i mortali invece morirebbero. Scommetto che siete iperattivi, dislessici e non riuscite ad ascoltare bene quando siete scuola, o sbaglio?-

David e Ellie si guardarono negli occhi. Entrambi capirono tutto: ecco perché si sentivano diversi, ecco perché non venivano accettati dal resto dei loro compagni di scuola. Annuirono a Percy.

-Appunto. Siete dei semidei. Avete un genitore divino e uno mortale, pertanto voi siete figli di un dio o di una dea.-

Abbassarono il capo. Era un po’ difficile per loro accettarlo, scoprire tutto questo in un solo giorno. Essere semidei, sapere che un loro genitore era una divinità.

David alzò il capo, guardando Percy
-Hai detto che c’è un posto sicuro. Dov’è?-

-Long Island. E’ qui vicino, in aperta campagna. Lì si trova la Collina Mezzosangue, un posto sicuro per i semidei. Una volta lì sarete al sicuro dai mostri.-

Si girò di nuovo verso Ellie. Quello non era affatto programmato. Dovevano soltanto passare qualche giorno di vacanza e visitare la città di New York, e invece tutto era andato a monte.

-Percy…- disse Ellie
-Puoi lasciarci un attimo soli?-

Lui annuì e lasciò i due ragazzi nel salotto. Una volta soli però, David mon sapeva cosa dire e cosa fare.

-Cosa facciamo?- chiese David alla ragazza

-Dovremmo andare con lui. Seguire Percy. A quanto pare non siamo al sicuro, David. Inoltre, abbiamo appena scoperto di essere dei semidei: non vorresti saperne di più? Sapere chi è tuo padre?-

Lui ci pensò su. Non aveva mai pensato a suo padre. Aveva sempre pensato a se stesso (e a Ellie quando è entrata nella sua vita). Sua madre lo ignorava, e magari lei lo sapeva, magari sapeva che David era figlio di una divinità. Ora era più determinato a scoprire la verità: scoprire chi era veramente, e chi era suo padre.

-E va bene. Facciamolo. Visiteremo New York un’altra volta, allora.-

David chiamò Percy. Appena arrivò gli disse che avevano deciso.

-Portaci in questo posto.-

Lui sorridente mostrò il pollice
-Bene. Prima però seguitemi in bagno.-

David e Ellie si squadrarono di nuovo

In… bagno?

Loro si alzarono dal divano e seguirono Percy. Una volta lì, Percy si avvicinò alla vasca e aprì il rubinetto, facendo scorrere l’acqua. Poi tolse dalla tasca una specie di moneta: aveva da un lato lo stemma di un grattacielo, e dall’altra quella di un vecchio con la barba lunga.

-Oh, Dea, accetta la mia offerta.- sussurrò e lanciò la moneta in acqua
-Mostrami Annabeth Chase. Campo Mezzosangue.-

Si formò un piccolo arcobaleno intorno alla vasca e alla fine apparve un’immagine. Intravidero una stanza ben illuminata, dove c’era una ragazza girata di spalle che aveva circa la stessa età di Percy, vestita con dei jeans corti e una maglietta arancione, e i riccioli biondi legati in una codetta. Stava preparando una borsa, mettendoci dentro i propri vestiti.

-Annabeth!- la chiamò Percy.

Lei si girò e lo vide.
-Percy! Che succede?! Perche mi hai chiamata?- chiese lei un po’ confusa.

-Sto tornando al Campo, per cui non prepararti. Ho trovato due semidei che non sono stati riconosciuti. Devo portarli al Campo.-

E mostrò alla ragazza i due. Lei li guardò, rimanendo un po’ curiosa ma allo stesso tempo dubbiosa.

-Sei sicuro?- domandò a Percy.

-Al 100%. Gli ho dato del nettare e dell’ambrosia. Sono sicuramente semidei.-

-Mmm… Ho capito. Stai attento e portali qui. Io intanto avviserò Chirone e il signor D.-

-Dammi un oretta e saremo da te. A dopo.-

E l’arcobaleno assieme all’immagine della ragazza scomparvero, lasciando David ed Ellie a bocca aperta.

-Quella era una…- balbettò Ellie.

-Un’altra semidea? Sì. E ci aspetterà al Campo Mezzosangue. E’ meglio sbrigarci, altrimenti i mostri ci troveranno.-

I tre uscirono e tornarono in salotto. Percy si mise una giacca nera e lo zaino sulle spalle. Nel frattempo, la madre entrò in salotto dando ai ragazzi due magliette, una verde e una azzurra.

-Ho visto come erano ridotti i vostri vestiti. Prendete questi.-

-Grazie mille… davvero.- disse David, sorridendo alla madre di Percy.

Lui si tolse la maglietta rossa, ormai ridotta a uno straccio, e  indossò quella verde, Ellie invece prese quella azzurra. Mentre si vestivano Percy si avvicinò alla madre e l’abbracciò

-Scusa se non posso restare. Cercherò di tornare appena posso.-

-E’ tutto ok tesoro. Ora và, torna al Campo e portali in salvo.-

I due si staccarono, e tutti quanti si diressero verso l’entrata. David e Ellie ringraziarono moltissimo la madre di Percy per l’ospitalità, e alla fine lei li salutò, dicendogli di stare attenti.
Appena i tre uscirono dovettero aspettare nel marciapiede un taxi.
E nel mentre che aspettavano, David parlò a Percy
-Senti… io e Ellie non sappiamo proprio come ringraziarti. Davvero.-

-Non c’è problema. Salvare altri ragazzi come me è un mio dovere.-

-Parlaci un po’ di questo Campo. Quanti semidei ci sono?-

-Beh, ce ne sono molti… siamo più di un centinaio. Figli di Ares, di Apollo, di Atena, a altri... Ci sono anche figli di Zeus, Ade e Poseidone, noi li chiamiamo I Tre Pezzi Grossi, ma sono molto rari e molto potenti, in quanto figli degli dei più potenti.-

-E deduco che tu sia figlio di Poseidone, vero?- chiese Ellie sorridendogli.

-Esattamente. Per ora sono l’unico figlio di Poseidone ancora vivo.-

-Lo sospettavo.- disse David
-E comunque. Cos’è precisamente il Campo Mezzosangue?-

-E’ un Campo estivo. Lì tutti i semidei si allenano durante l’estate, anche se è possibile rimanere per tutto l’anno, dipende dalle nostre decisioni. Oh, ecco un taxi.-
Percy indicò un taxi che stava per fermarsi al semaforo. Alzò il braccio e questi si fermò davanti al marciapiede.
-Comunque… è meglio non parlare di queste cose quando siamo in presenza di mortali. Non so se mi spiego.-
 

Il tragitto fu abbastanza tranquillo. Non fecero parola di semidei o altro simile, ma si limitarono a parlare di loro. David disse che era fidanzato con Ellie, e che loro erano molto felici. Disse che entrambi venivano da Los Angeles, e che volevano partire a New York per un piccolo sogno che i due avevano in mente. Percy era un grande ascoltatore e inoltre era molto simpatico.
Dopo un’ora il taxi si fermò nella strada, in aperta campagna. Dopo aver pagato, i tre scesero dal veicolo.

-Quella è la Collina Mezzosangue. Una volta attraversata saremo all’interno del Campo, e nessun mostro potrà entrare.- spiegò lui, indicando una collina.

I tre cominciarono a salire, e nel mentre Percy parlò di nuovo
-Volevo chiedervi una cosa… avete avuto nella vostra vita la sensazione di… non lo so… ehm… di sentirvi esclusi? Sentirsi isolati, pensando che il posto dove vi trovavate non fosse adatto per voi?-

I due si riguardarono ancora una volta negli occhi. Sapevano bene a cosa si riferiva Percy. A causa della loro iperattività non riuscivano a legarsi con gli altri. Tutti li ignoravano. David e Ellie erano riusciti a legarsi e ad innamorarsi non solo perché si volevano un bene dell’anima, ma anche perché vivevano con quella stessa situazione.

-Sì…- mormorò Ellie.

E Percy sorrise di nuovo

-Lo sapevo! Qui, al Campo Mezzosangue, vi sentirete a casa, Capirete chi siete veramente, cosa siete in grado di fare, e farete amicizia con altri ragazzi simili a voi. Vi allenerete per combattere i mostri e…-

Improvvisamente un muggito fermò la voce di Percy. I tre si girarono e videro un enorme sagoma avvicinarsi a loro, era circa più grande il doppio e aveva una testa di toro.

-Ohh, cavolo… ci risiamo. Voi aspettate qui, vi darò una dimostrazione.- e Percy partì all’attacco.

Prese la sua penna tramutandola in una spada e fermandosi a pochi metri di distanza urlò al mostro
-Hey! Faccia da toro! Ti ricordi di me? Siamo nello stesso punto dove tutto è cominciato, proprio sei anni fa! Che c’è? Non mi attacchi? Lo so il perché: hai paura che ti sconfigga come l’ultima volta! Andiamo!-

Il mostro sentendo gli insulti del ragazzo corse verso di lui. Appena gli fu vicino tentò di colpirlo con la sua enorme mano, ma appena colpì la terra Percy era sparito.

-Sono qui!-

Si girò verso la sua sinistra e vide Percy che gli sogghignava. Ripartì all’attacco, ma questa volta venne trafitto nel petto dalla spada di Percy. Urlò dal dolore e si dissolse in sabbia.
Percy si girò verso i ragazzi, ritrasformando la sua spada in una penna, riponendola in tasca.

-Dai, manca poco. Siamo quasi in cima.-

-Aspetta un secondo.- disse Ellie
-Quello era il Minotauro, vero?-

-Sì, e l’ho già sconfitto tempo fa. Non è stato difficile.-

-Ma se l’hai già sconfitto una volta perché è tornato? Non è morto?- chiese David.

-L’ho sconfitto, ma non è morto. Appena si sconfigge un qualsiasi mostro mitologico questi va nel Tartaro, dove cerca di riformarsi per tornare nel mondo mortale. Può impiegare ore, giorni o anche anni per riformarsi. Dipende da quanta fortuna hai. Ci sono altre cose che dovrete imparare, e al Campo saprete tutto.-

Percy continuò a salire la collina, seguito a sua volta da David ed Ellie, fino a quando non raggiunsero un pino che sovrastava la cima. Da lì poterono ammirare lo spazio che si trovava oltre la collina. Prima intravidero una semplice fattoria, ma osservando meglio tutto lo spazio cambiò: c’era un grande casa, una specie di arena, diversi fiumi, un gran numero di case (forse poco più di venti) situate al centro ed infine il mare occupava l’altra parte dello spazio.

-Ragazzi! Benvenuti al Campo Mezzosangue!-

Angolo dell'autore
Ce l'ho fatta! Finalmente! Ho impiegato molto a scrivere questo capitolo, e alle fine sono riuscito a pubblicarlo! Yay!
Allora, prima di tutto, volevo scusarmi con voi per l'enorme attesa di questo secondo capitolo. Purtroppo non sono uno che pubblica ogni giorno un capitolo, impiego molto per scriverlo e trovare idee, e ci metto circa una settimana per pubblicarlo. Inoltre ho anche un'altra fanfiction a capitoli che sto scrivendo (non su Percy), quindi devo cercare di pubblicare anche su quella. 
Però volevo anche ringraziarvi per il feedback positivo che ho avuto sul primo capitolo! Non me l'aspettavo proprio, quindi grazie infinite! Vi adoro!
Il prossimo lo sto già scrivendo e penso che sarà pronto per il weekend (più verso domenica, se non riuscirò a pubblicarlo entro domenica uscirà spero il lunedì o martedì).
Quindi, spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Se volete, recensite, e io vi aspetto al prossimo! Sciao ;)
-MrRaider
   
 
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