Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Vittory7    05/05/2015    1 recensioni
La pioggia scrosciante si abbatteva contro le vetrate delle finestre del castello, creando un ticchettio a dir poco inquietante. “Strano”, pensò il re guardando la pioggia attraverso le finestre e corrucciando il mento. Il Re Perla Bianca aveva ormai 421 anni anche se il suo aspetto era quello di un trecentenne; il suo viso ovale, le sue labbra spesse e scure, come la sua carnagione, gli occhi verdi brillanti, quasi smeraldi, il naso non troppo grosso e i lineamenti ben definiti gli conferivano una grande autorità e fiducia nelle sue capacità. Era forte e potente, molto. Adorava avere sotto controllo tutto l'universo bianco, di cui lui era il re, per questo non aveva mai tempo per sé: quel poco che glie ne restava lo dedicava alla moglie, le voleva bene, l'amava veramente, nonostante la differenza di età e le sue origini. In quel momento si concentrava sulla pioggia. Lui non voleva che piovesse: non ce n’era alcun bisogno, non era la stagione delle piogge; eppure la pioggia non cessava, se si concentrava riusciva a calmare la forza con cui le gocce d’acqua cadevano, ma bastava che non ci pensasse e il temporale tornava forte come prima. “
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
- Mio re, vi prego di scusare la mia sfrontatezza nell'affrontare una situazione del genere con una così sconsiderata leggerezza. - Paul, il viso dolente, il corpo stanco. Paul era un mago alto e giovane, era il ciclone dei metalli da quasi 10 anni ormai; indossava un jeans lacerato, ed una canottiera grigia e stretta che metteva in risalto i suoi muscoli, e sulla quale c’era scritto a caratteri cubitali:”Harte ist macht!” (Durezza è potenza!); i suoi occhi grigi e profondi erano esattamente dello stesso colore dei capelli, i quali scendevano sul lato sinistro in un ciuffo; al collo portava il simbolo del suo potere: una collana in acciaio che terminava con un pendente rappresentante due barre d’acciaio nero tenute insieme da una barra di oro bianco. -Oh, non hai assolutamente niente di cui tu debba scusarti, mio amico. So che non era tua intenzione ravvivare ricordi dolenti . Ma ora c'è una cosa più importante di cui dover discutere: dobbiamo realizzare un piano per trovare e portare qui questi "sette perduti per vecchi castighi" che presumo siano sette maghi o maghe che vivono sulla terra, in mezzo agli ABIRICBA (Lett.: ineterni, esseri privi di magia). E soprattutto trovare il modo meno dispendioso possibile per sapere dove cercarli... Ho molte idee a riguardo, ma sono una più rischiosa delle altre e non voglio che qualcuno debba pagare per un mio piano che probabilmente andrà in fumo...- Il re era visibilmente provato, nel corpo e nell'animo. - Mio re, non disperate: da noi avrete tutto l'aiuto che vi sarà necessario. Sapete di poter contare su di noi. - Il re alzò il capo per guardare negli occhi chi aveva parlato, ma non per capire chi fosse: conosceva bene, forse troppo, quella voce, quel tono e quella totale fiducia e comprensione: era Angel, il ciclone dell'amore. Era una maga alta e snella, aveva i capelli lisci, bruni e lunghi fino al fondoschiena; gli occhi erano rosa, rosa perla, adornati da folte ciglia corte; indossava la veste ufficiale del ruolo che ricopriva, un top ed un pantaloncino corto rosa, pieni di brillanti che riflettevano la luce; al collo, come sempre, portava il simbolo e la fonte del suo potere, un ciondolo a forma di cuore. Angel era sempre stata molto vicina ad Evandor, ed erano fidanzati prima che lui si innamorasse di Claire, e molto probabilmente lei lo era ancora di lui: lo si leggeva negli occhi, diversi in sua presenza. - Grazie per le tue parole Angel. Sono confortanti come sempre. Ma qualcuno di voi ha qualche idea?- - Potremmo usare la biblioteca dei 100. La metà di noi può ancora andarci, non serve nemmeno che ci andiate voi . - una voce variabile: fu Cloud a parlare. Cloud era il ciclone del tempo, era il miglior amico di Evandor sin da quando erano bambini, in quel momento il suo viso mostrava ansia e preoccupazione che lo rendevano cupo, più cupo di quanto già non fosse; Cloud era un uomo con una corporatura forte, i suoi occhi cambiavano, a seconda del tempo; le sue labbra erano spesse e scure, ed i capelli di un nero intenso; indossava una stretta tunica grigia, al collo portava un ciondolo rappresentante un sole splendente, che, a seconda del tempo, si trasformava in una nuvola, un tuono o in un fiocco di neve. Il re pensò giusto un istante per controbattere:- Buona idea, ma credo che sarò io ad andarci per ovvi motivi.- Tutti sapevano a cosa il re si riferisse, ma il dolore che causava quel pensiero era troppo forte ed improvviso da sopportare, così tutti cercavano di reprimerlo in un piccolo angolino della propria mente facendo finta di non aver capito; nessuno osava guardare il re: si squadravano tra loro e tacevano, semplicemente. Il re capì all'istante che avevano compreso ma che fingevano il contrario: l'importante era che lo sapessero. Il re congedò i presenti e si diresse a grandi falcate verso la Biblioteca dei 100 saggi: vi si poteva entrare una sola volta nella vita, e vi si poteva sostare per una singola ora, ma in quell'ora, in quei soli 3600 secondi, si aveva accesso a tutti gli eventi passati, e a quelli futuri che Mideci concedeva di conoscere: visioni di indizi utili ma non troppo specifici. Alla biblioteca dei 100 saggi si arrivava attraverso un passaggio segreto nell'osservatorio, tale passaggio era protetto da una magia potente ed irremovibile: nessuno poteva parlarne. Il re salì due bianche rampe di scale ed, attraverso un'ampia volta, entrò nell'osservatorio: era una grandissima stanza di forma semicircolare, con al centro un grandissimo macroscopio per osservare l'universo attraverso il trasparente soffitto di cristallo. Le pareti erano tappezzate da due piani di vetrine in legno contenenti reperti o libri. I due piani non erano collegati: il piano superiore conteneva reperti di massimo valore ed importanza e solo chi indossava uno dei simboli del potere poteva arrivarci. Il re si fermò ad osservare la sala: non vi entrava da quando, duecento anni prima, era stato scelto come re perla bianca e aveva cercato la biblioteca dei 100 per ottenere delle risposte alle proprie domande, la maggior parte delle quali aveva trovato col tempo. Quel giorno non aveva mai trovato il passaggio segreto, né nessuno dei giorni successivi in cui ci aveva provato. Ora però la situazione era diversa, lui non cercava risposte per se stesso, doveva ottenerle per la salvezza dell'universo bianco: le sue sorti dipendevano dal suo successo o dal suo fallimento. Stavolta la motivazione era decisamente ciò che ci voleva per spingerlo ad essere più determinato. "Visto che chiunque può avervi accesso, la biblioteca dei 100 non può essere al piano superiore, ma dove diamine può essere?" Il re si guardó intorno per un po' e notò che le vetrine del piano inferiore avevano tutte un numero diverso di ripiani: uno, due, tre, poi otto, nove e dieci, e poi ancora ventidue, ventitré e ventiquattro... Il re si fermò ad analizzare la sequenza dei numeri e dopo vari tentativi capì l'equazione che li legava: La prima sequenza cominciava da uno e come le altre proseguiva per due numeri; la seconda sequenza cominciava con otto, ossia cinque numeri dalla fine della prima; la terza sequenza cominciava dodici numeri dopo la fine della seconda, quindi...... - Quattro!- Esclamò il re ad alta voce , alzandosi di scatto dalla sedia sulla quale si era seduto per riflettere. "Quattro più il numero di inizio della sequenza è l'intervallo dei numeri che vi è tra una sequenza e l'altra. Ma ora....?" Il re alzò lo sguardo e , stavolta, analizzò le vetrine del secondo piano notando che tutte erano suddivise in quindici ripiani, tranne una, che era divisa in quattro. Quindi, si incamminò verso la vetrina corrispondente al piano inferiore. Avvicinatosi, la aprì e ne prelevò il quarto libro del quarto scaffale da sinistra. Il re si aspettava di sentire un rumore, o di vedere una porta materializzarsi, ma nulla di tutto ciò accadde, così, in preda allo sconforto, chiuse la vetrinetta e tornò a sedersi. Sedutosi, si accorse di non aver riposto il libro che aveva prelevato, anzi, di averlo meccanicamente posato sul tavolo. Lo prese tra le mani e all'improvviso capì. Un sorriso, il primo quel giorno, rallegrò il suo volto e il libro giallo tra le mani riempì la sala di luce ed all'improvviso fu tutto bianco. -Ciao Evandor. Ti stavo aspettando.- Un tono pacato e gentile accolse Evandor, i cui occhi cominciavano ad abituarsi alla luce. Un'ombra, poi un immagine sfocata, poi la vista. Dinanzi ad Evandor vi era un uomo anziano, dai tratti gentili: un viso ovale, due occhi tranquilli, e le labbra sottili, come le sopracciglia. Indossava un lungo saio grigio che cadeva fino a coprirgli i piedi. L’uomo lo guardò con un’inconsueta comprensione, estranea anche al volto più maturo. -Salve- esordì Evandor ancora frastornato, inchinando il capo a mo’ di saluto; poi guardò l’uomo e con entusiasmo disse: -Non esiste nessuna prova, vero? Si può arrivare qui solo quando ce ne è realmente bisogno… Qualunque cosa avessi fatto sarei comunque qui ora, vero?- l’entusiasmo del re aumentava ad ogni affermazione. L’anziano signore sorrise ed Evandor capì di aver ragione, per poi tornare subito serio, così da chiedere: - Lei è Mideci, il Dio della conoscenza?- L’uomo anziano rise pacatamente. –Non so chi ti abbia raccontato queste fandonie, ma, caro mio, a questo mondo c’è un solo Dio, e quello, di sicuro, non sono io.- L’uomo corrucciò il viso e rise nuovamente:- Hai visto? Ho fatto la rima! Mi sto allenando per comporre delle poesie -. Evandor lo squadrò a fondo: stava scherzando o faceva sul serio? In quel momento solo di una cosa era certo: quell’uomo non era tanto sano di mente quanto pensava. –Ma allora, se non siete Mideci… qual è il nome che vi appartiene?- Il vecchio lo guardò con compassione:- Mio caro, il mio nome è perduto, nell’oblio da molti millenni, sin da quando venni scelto.- L’anziano uomo guardò Evandor, che di rimandò lo guardò come per dire ”scelto…..?”. –Ah! E’ vero! Nessuno conosce la mia storia…. Che sbadato.- Evandor ringraziò Dio che l’anziano signore avesse capito e lo guardò con curiosità per fargli intendere di voler conoscere la storia a cui aveva accennato. L’uomo si girò e si diresse verso una sedia, sedia che Evandor era sicuro non esistesse fino ad un attimo prima. Sedutosi, poi, rivolse un ampio sorriso ad Evandor e cominciò a raccontargli la sua lunga storia:- Erano 12000 anni fa, ed io non ero altro che un normale fanciullo, fino a quando non ottenni il consenso generale magico. Avrei dovuto scegliere una categoria in cui specializzarmi nella vita, ma ogni materia mi sembrava così affascinante e particolare, ed unica che non seppi proprio decidermi e, così, le presi tutte. Come oggi, anche allora le specializzazioni erano 17 (fuoco, acqua, terra, aria, flora e fauna, ghiaccio, metalli, tuono, tempo, divinazione, chimica, psiche, materia, magia bianca, magia nera, storia della magia, cosmologia ) ed io non feci altro che studiare per ben 15 anni, dopo i quali riuscii a conseguire la riconoscenza in ognuna di esse. Fui il primo a riuscire nell’impresa ed a quanto so, tutt’oggi sono studiato nei libri di storia della magia col nome di Ciedim, che altro non è l’anagramma di come oggi sono chiamato: Micedi. Ma nessuno di questi è il mio vero appellativo, ed ora te ne racconterò il motivo. Ahahah, Ho fatto di nuovo la rima!- disse ridendo nuovamente, poi tornò serio- ma adesso lasciamo perdere la poesia… Vista la mia poliedrica padronanza delle materie, venivo convocato ed interrogato per innumerevoli e noiosissime questioni riguardanti la matematica o la storia, o molto più semplicemente anche per sentenze morali. Questo ruolo non mi dispiaceva, ma purtroppo le vicende in cui era richiesto il mio aiuto erano troppe, ed il tempo a mia disposizione troppo poco: come ben sai, all’epoca non si viveva così tanto come oggi: gli elfi non erano ancora arrivati; così ad 84 anni sentii la morte avvicinarsi e nonostante mi fossi già arreso ad essa, i saggi del pianeta ritennero fosse uno spreco che così tanta conoscenza andasse perduta, così riunirono la loro magia e la utilizzarono per ridarmi la giovinezza, pagando il prezzo dell’incantesimo con le loro stesse vite. Io condussi la mia “seconda” vita nel miglior modo possibile, aiutando gli altri, per onorare la memoria di coloro che si erano sacrificati per non lasciarmi morire. Ma prossimo di nuovo alla morte, all’età di 150 anni, i 7 saggi dell’epoca proposero di ripetere l’incantesimo e di farmi, così, ritornare giovane. Ma io non volli e mi opposi: nessun altro avrebbe sacrificato la sua vita per me. Evidentemente, questo gesto colpì IRICBI, l’Eterno, che, un giorno, mi fece visita. Si, esatto, non guardarmi così e chiudi quella bocca spalancata! Dio mi fece visita sotto magee spoglie. Io ero a letto, e la mia vita aveva i minuti contati. Lui era un bell’uomo, di quella bellezza che non si può descrivere, né rappresentare: una bellezza semplicemente ed inequivocabilmente perfetta e divina. Si avvicinò a me e disse che mi avrebbe affidato un compito molto importante: da allora in poi avrei dovuto guidare tutti i maghi verso il bene e la salvezza tramite la buona condotta terrena a cui io avrei contribuito tramite i miei consigli. Protese la mano verso il mio viso e mi carezzò: in quel momento legò imprescindibilmente la mia anima al mio corpo, fu un tocco gentile, estasiante, mi donò la pace interiore e vietò al male di violare il mio animo. Finito il momento di estasi lui non c’era più. Mi alzai dal letto e riscoprii in me una forza che non mi era più propria da molti decenni ed alla quale avevo rinunciato con malumore. Con sorpresa scoprii che non solo la forza della giovinezza mi era tornata, ma anche l’aspetto: ero nuovamente un giovane bel mago in forze. Da allora aiutai chiunque ne avesse bisogno, senza invecchiare di un giorno, fino a quando un gruppo di perfidi stregoni era intenzionato a usarmi per i suoi nefasti scopi, così per farmi fuggire dal male e dai fini malvagi, l’Eterno mi si presentò ancora, mi salvò e mi segregò, nel senso buono della parola (se mai esista), qui, in questo luogo infinito in cui tutto ciò che immagino esiste ed in cui c’è una immensa biblioteca- e mentre pronunciava queste parole una biblioteca senza inizio né fine si materializzò al loro fianco- i cui libri raccontano di tutto ciò che è accaduto ed accade, dando, però, anche indizi che possono risultare molto chiari ed esaustivi su ciò che riguarda il futuro. Ma ora che conosci la mia storia, cosa ne vuoi fare del tempo che ti resta?-. Evandor sbiancò in viso: non ci aveva pensato… La storia era così interessante che si era dimenticato totalmente del limite di tempo di un’ora per vita da passare in quel luogo. Evandor scosse leggermente il capo, come per riprendersi, e si concentrò nuovamente. Evandor spiegò “al vecchio saggio” che era giunto lì per avere consigli sulla profezia e per sapere in quale luogo cercare i “7 perduti” sulla Terra. –Va bene, vediamo cosa posso dirti a riguardo- esordì lui. –Sappi che manderai 4 maghi e 3 maghe in Italia, fra sei giorni ed un’ora da adesso, “chi veglia sull’uomo” ti dirà dove, e troverai Vanessa, Petrache, Khalan, Ioan, Fritz, Acrisio e Viviano celati dalle risa e dal gran chiasso. Mi spiace ma non posso dirti altro. Ne sono dolente ma ora devi andare-. Il vecchio si alzò, la sedia sparì, e tutto cominciò ad allontanarsi da Evandor… Tutto stava per sparire, poche ultime parole gli furono rivolte: -Stà attento alla scuola, Evandor…. Mi dispiace molto…-.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Vittory7