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Autore: Letizia_Papa    06/05/2015    1 recensioni
Non fidarti mai di nessuno,piccola mia,mai,di nessuno...
L'uomo ha sempre un secondo fine...
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!, Triangolo
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Capitolo 3
 
-Jane
 
Mi lasciai cullare dall’acqua che avvolgeva il corpo esile “chissà se mia madre si era sentita così mentre volteggiava... chissà se aveva mai sognato di uscire dall’Arca per volare via, come angeli, come esseri liberi; lei no, ma io sì, io non avevo fatto altro che sognare questo momento”.
Mi ero buttata vestita, con la mia salopette impregnata d’acqua e le scarpe diventate come oceani... oceani, li avrei mai visti?
- NOOO- l’urlo di Clarke mi fece tornare alla realtà insieme al corpo di Octavia tirato sott’acqua... “perché lei e non io?” mi chiesi mentre nuotavo verso la riva, se ci fosse stata anche solo una remota possibilità di salvare Octavia non me la sarei fatta scappare.
A tre metri sporgeva un pezzo di roccia “ottimo” mi avvicinai al gruppo e calcolai velocemente la distanza... “non ce la posso fare” invece sì, mi dissi mentre correvo verso la roccia, di fronte quella che era l’unica speranza di vita per Octavia, che m’invitava a raggiungerla, mi arrampicai velocemente evitando di scivolare nella fretta.
Adesso, solo due metri mi separavano dallo spuntone: due metri per orizzontale, un gioco da ragazzi, continuai ad avvicinarmi poi presi la rincorsa e balzai;
Mentre mi staccavo il terreno, si ruppe sotto i piedi e riuscii a malapena ad afferrare la roccia.
L’impatto con la pietra mi tolse il fiato, ma il mostro era ancora concentrato sulla ragazza “ cosa piace più ai predatori?La paura, poi? Il sangue” mi tagliai il palmo e lo lascai sgocciolare –Forza, esci- delle gocce caddero in acqua e il predatore lasciò Octavia per concentrarsi su di me, imprecai quando ideai che non potevo tornare su – Dai, Octavia, sbrigati- mi ripetevo come una sorta di preghiera mentre cercavo di trovare un appiglio con i piedi, ma la superficie era liscia.
Il mostro saltò, ritrassi la caviglia un attimo prima che le fauci si chiudessero sotto di me – O tutta o niente- dissi mentre distendevo ancora la caviglia, non lo vidi arrivare prima che fosse troppo tardi, mi artigliò una caviglia non riuscendo a portarsela via si accontentò della scarpa.
Il sangue iniziò a uscire ed io a indebolirmi, balzò ancora e mi ferì l’altra gamba, superato il dolore, era un buon baratto: le mie scarpe per la vita di Octavia, ci perdeva lui.
Lì, nell’Arca si era sviluppata una leggenda metropolitana: chi beveva il mio sangue moriva avvelenato e chi voleva mangiarmi, si strozzava con le mie ossa.
Ora, forse, era arrivato il momento di vedere se era vera, per adesso non stava funzionando.
Le mie dita scivolarono verso le estremità della roccia e guardai in basso per vedere se c’era una remota possibilità di salvarmi... nessuna.
Un rumore di massi catturò per pochi attimi l’attenzione del predatore, che fu distratto del tutto dal rumore di un corpo caduto.
Guardai i miei compagni e notai che mancavano Finnick e Cole, una mano calda mi prese il polso e incontrai gli occhi azzurri di Finnick.
Mi trascinò su e il suo sguardo fu catturato da un movimento veloce nell’acqua.
Il biondo balzò dove avevo preso la rincorsa riuscendo però ad arrivare in piedi e iniziò a scendere per raggiungere Cole che stava cercando un modo per distrarre il predatore.
Strappai la parte superiore della salopette e me la passai sopra i graffi e, strisciando la buttai sotto pregando che il pesce troppo cresciuto la sentisse.
Poi caddi in una specie di sonno restaurante prima di capire che ero svenuta e rischiavo di morire dissanguata.
 
Mi svegliai su una specie di lettino fatto con dei vestiti da uomo – La bella addormentata si è svegliata- un ragazzo dai capelli marrone annunciò il mio risveglio, mi tirai a sedere e mi ammonì –piano, piccola intrepida, non ti vorrai rimettere a sanguinare- e m’indicò la maglia che indossava, arrossii per l’imbarazzo mentre mi fingevo intenta a studiare le fasciature.
- Grazia Murphy, torna al tuo lavoro e chiama Cole, la vorrà salutare- ordinò un ragazzo dai capelli neri – Finnick no?- chiese Murphy ma Bellamy non gli rispose e si concentrò su me.
-Se tu sei messa così, lei come sta? Il mostro la presa bene a te, invece, ha solo sfiorato-  “come osava?”.
- Ringraziami, è grazie a me se la potrai riabbracciare, o, almeno credo- mi colpì con uno schiaffo –mostra rispetto per il capo – disse colpendomi un’altra volta, non mi conosceva o non sapeva cosa ero capace di fare.
Quando cercò di colpirmi gli bloccai il polso con la mano e lo morsi poi gli sferrai un calcio sullo stomaco.
Mi sentii agguantare per i capelli e, contemporaneamente bloccare le mani in una morsa di ferro –Devi chiedere aiuto, quanto mi fai pena- non ero una tipa calma o che sapeva aspettare, no, non sapevo stare ferma e reagivo subito.
Mi alzarono dal letto trascinandomi per le ginocchia ferite e mi portarono fuori, di fronte a tutti mentre le fasciature riprendevano a sanguinare – Vi ho detto che eravate liberi ed è vero, ma vi ho detto anche di mostrare rispetto per me e per gli uomini della mia squadra- e indicò Murphy, Cole e gli altri vestiti di nero.
-Lei non l’ha fatto, lei mi ha ferito ed io mi sto pentendo di averla curata, e vi ho detto come sono trattati i negligenti, vero?Come vengono trattati?- urlò alla folla che esplose in un boato –Botte! Botte!- fece segno di sì con la testa e mi avvicinò al centro –Poi?- chiese mentre mi sollevava in piedi, la folla vedendomi già sanguinare tacquero ma fu incitata da Murphy e gli altri a continuare –Albero!Albero!- scossi la testa ma non implorai né con gli occhi né con le parole.
-Visto che sono riconoscente verso lei perché ha salvato mia sorella sceglierò tra la prima e la seconda scelta, non le farò tutte e due perché non le reggerebbero si avvicinarono ai suoi uomini e iniziò a parlare, poi, tornò da me.
E iniziò a colpirmi imitato dagli altri, il naso fu il primo a sanguinare, seguito dalla bocca e dall’apertura di altri tagli. volevo svenire, non volevo mostrarmi debole anche se probabilmente era meglio se mi calmavo.
Provai a bloccare dei colpi ma senza risultato, poi, presi la caviglia di uno e la tirai verso di me in modo da arrivare alle spalle.
Mi trovai sopra Cole – ti ho salvato la vita, non lo dimenticare... - gli dissi mentre mi tiravano indietro e, insieme con me anche Cole cambiava lato.
Ora ero sotto di lui ma, almeno, gli altri si erano allontanati; gli diedi una testata e feci per alzarmi ma mi tirò a sedere per una gamba, si mise cavalcioni su di me e alzò le mani –Niente manganello elettrico, mi dispiace-.
la carne che sfrigolava sotto l’elettricità,le mie ferite, le sue...la mia pelle piena di bolle,la sua carbonizzata
Il mio dolore, il suo dolore... le mie urla, le sue urla... le mie lacrime, le sue risate.
Il pavimento freddo, il muro ghiacciato, l’odore di bruciato, il senso di stanchezza, io che cadevo, io che ero sbattuta sul muro.
Il manganello che mi feriva, io che reagivo... il suo dolore, la mia gioia, il mio desiderio di vendetta e la porta che si chiudeva.
Il dolore,dolore,tanto dolore...rosso,rosso, tanto rosso e,infine, nero,nero,tanto nero...e sempre più dolore.
 
*note dell’autrice*
Vi prego di recensire, sennò non ha senso che scriva, anche se sono negativi come:la storia fa schifo o smetti di scrivere, vanno bene.
Ma, vi prego, recensite.
Se vi piace continuerò a postare a breve (spero).
   
 
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